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  • Nasce il Portale Consumi: ecco come risparmiare e non sprecare

    C’è un nuovo strumento che farà felice tutti gli utenti desiderosi di controllare le proprie spese. Dal primo luglio le bollette e i consumi di luce e gas potranno essere consultati online. Oggi diventa infatti operativo il nuovo Portale Consumi dell’Arera, l’Autorità per l’energia e l’ambiente, come previsto dalla legge di Bilancio 2018. Il Portale è stato sviluppato grazie ad Acquirente unico, il garante affidato per legge che acquista energia elettrica alle condizioni più favorevoli sul mercato e la cede alle imprese di vendita al dettaglio per rifornire gli utenti domestici e le piccole imprese che non acquistano sul mercato libero.
    La piattaforma sarà suddivisa in una sezione informativa e un’area riservata dove sarò possibile verificare la situazione relativa alle bollette di luce e gas. Per accedere, il consumatore dovrà disporre di credenziali Spid, cioè del Sistema pubblico di identità digitale, attraverso il quale è possibile accedere a tutti i servizi online della Pubblica amministrazione. Consiste in un username e una password che possono essere utilizzati sia da computer che da tablet o smartphone e che si possono richiedere attraverso la compilazione di un modulo online, fornendo indirizzo e-mail, numero di telefono, documento di identità valido e la tessera sanitaria con codice fiscale.
    Al momento sul portale sarà possibile consultare solamente i dati di consumo degli ultimi 12 mesi. L’archivio conterrà quindi tutto lo storico delle bollette saldate dai consumatori, permettendo di avere sempre a disposizione una fotografia sull’evoluzione dei propri consumi e delle proprie spese nel tempo. Il portale metterà anche a disposizione uno studio dei dati attraverso tabelle o grafici per rendere più semplice e automatica la comprensione delle informazioni.
    Non tutti potranno però accedere alle stesse informazioni: ciò dipenderà in primo luogo dal tipo di contatore installato. Quelli di ultima generazione rendono le letture dei dati disponibili in modo continuo. Tuttavia, dipenderà anche dalla frequenza con la quale queste verrano messe a disposizione del Sistema informativo integrato, cioè il database per le informazioni dei clienti del mercato libero e del tutelato.
    Con il tempo non sarà più solamente possibile consultare il proprio storico, ma le funzioni del portale verranno ampliate. Ad esempio, si preveder che venga creato un rapporto di stretta collaborazione fra il Portale Consumi e quello delle offerte, di Arera. In questo modo, infatti, si potrà anche guidare il consumatore nella ricerca dell’offerta più adatta ai suoi specifici consumi. La conoscenza dei propri dati di consumo è considerata, dalla normativa europea, una delle chiavi per aumentare la consapevolezza del consumatore e consentirgli di compiere scelte più accurate ed ecosostenibili. Avere a disposizione il proprio preciso profilo di consumo, infatti, può, da un lato, indurre a modificare le proprie abitudini di consumo, dall’altro a scegliere una fornitura di energia più coerente al proprio reale profilo di consumo.
    Mentre esordisce il Portale Consumi, arriva anche una brutta notizia: il rincaro dei prezzi dell’energia. Per tutto il mese di luglio – afferma il Codacons – si susseguiranno aumenti su telefonia, energia elettrica e le spese per andare in vacanza. Le tariffe della luce aumenteranno dell’1,9% per decisione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Un aumento che avviene proprio nel momento di maggior consumo di elettricità da parte delle famiglie, visto il grande caldo di questi giorni.
    I ritocchi delle tariffe telefoniche, già avviati a giugno, avanzeranno anche nel mese in corso. Ci saranno poi i tradizionali rincari estivi nel settore trasporti, accompagnati per i milanesi dall’incremento dei prezzi per i mezzi pubblici da 1,5 a 2 euro.

  • Ue, Russia e Ucraina a confronto sulle forniture di gas

    Nuovo round di colloqui trilaterali tra Unione europea, Mosca e Kiev a Bruxelles sul transito del gas attraverso l’Ucraina. In agenda, le questioni del prezzo del gas, dei volumi, della durata e del quadro giuridico, con l’obiettivo di raggiungere un nuovo accordo sulle forniture il prima possibile. Il contratto esistente tra Mosca e Kiev scadrà infatti alla fine del 2019, e si vuole scongiurare che la Russia chiuda definitivamente il passaggio di idrocarburi attraverso l’Ucraina, lasciando i cittadini ucraini senza forniture.

    “Sono passati esattamente sei mesi da quando ci siamo incontrati in questo formato per la prima volta a Berlino, da allora si sono svolti un paio di colloqui a livello di esperti ed è tempo di fare un bilancio e discutere la via da seguire sui parametri chiave concordati – ha sottolineato il commissario Ue all’Energia, Maros Sefcovic -. Abbiamo bisogno di un forte impegno da entrambe le parti”. Al tavolo, oltre a Sefcovic, saranno presenti anche il ministro ucraino degli Esteri, Pavlo Klimkin, il ministro dell’Energia russo, Alexander Novak, e i rappresentanti di Naftogaz per l’Ucraina e Gazprom per la Russia, le due compagnie nazionali del gas. Una portavoce dell’Ue nei giorni scorsi ha negato le voci sulla possibile rinuncia di Gazprom a partecipare.

    Intanto,  il numero uno di Gazprom, Alexey Miller, ha reso noto che la costruzione di un braccio settentrionale lungo 403 chilometri del gasdotto TurkStream sarà completata in Serbia entro la fine del 2019. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa serba Beta, Miller ha specificato che il gasdotto attraverserà il confine tra Bulgaria e Serbia per poi procedere verso Nord, fino al confine serbo-ungherese. Miller ha anche assicurato che tutte le questioni relative al trasporto di gas saranno risolte in linea con la legislazione serba e dell’Unione europea. Ieri, durante una visita ufficiale a Belgrado, il presidente russo Vladimir Putin aveva affermato che la Russia è favorevole all’estensione al Paese balcanico del progetto Turkish Stream e che Mosca è pronta a investirvi 1,4 miliardi di dollari. Putin aveva anticipato che il progetto potrebbero essere esteso anche ad altri Paesi europei. Da parte sua, il presidente serbo Aleksandar Vucic ha ribadito che “il gas russo è la migliore opzione” per Belgrado e che la Serbia ha fatto tutto il necessario per garantire l’estensione del gasdotto al territorio serbo.

  • Accordi peccaminosi

    Non vendere il sole per acquistare una candela.
    Proverbio ebraico

    La questione dei confini tra l’Albania e la Grecia è stata trattata, all’inizio, dalla Conferenza degli Ambasciatori a Londra del 30 maggio 1913 e successivamente dal Trattato di Bucarest del 13 agosto 1913. L’autorità internazionale dell’Albania in quel periodo era quella di un paese che aveva proclamato la sua indipendenza dall’Impero Ottomano soltanto il 28 novembre 1912.
    Da quegli accordi il territorio dove vivevano storicamente gli albanesi è stato diviso ingiustamente a favore della Serbia e della Grecia. Una situazione questa contestata dai rappresentanti albanesi nelle capitali europee. Ad onor del vero, in quel periodo il nascente Stato albanese, tra l’altro, continuava ad essere succube anche dei contrasti e degli scontri interni tra i diversi capi clan che controllavano il territorio. Il che ha indebolito molto la voce delle delegazioni albanesi nelle sedi internazionali. Anche il Trattato di Versailles, sottoscritto il 28 giugno 1919 ed entrato in vigore il 10 gennaio 1920, non ha reso giustizia alla separazione di molti territori albanesi da quello della madre patria, per “ragioni geopolitiche”.
    Nel periodo tra le due guerre mondiali i confini tra l’Albania e la Grecia sono stati oggetto di dibattiti e trattative a livello internazionale. La decisione definitiva per la delimitazione dei confini tra i due paesi ha trovato espressione nel Protocollo di Firenze delle grandi potenze del 27 gennaio 1925. In seguito, il 30 luglio 1926 a Parigi, la Conferenza degli Ambasciatori delle grandi potenze ha sancito definitivamente e unanimemente tutti i confini tra l’Albania e la Grecia. La decisione presa dalla Conferenza degli Ambasciatori era obbligatoria per le parti. Nonostante i rappresentanti dei due paesi avessero delle obiezioni per la delimitazione dei confini, l’Accordo di Parigi è stato firmato e, in seguito, rispettato sia dall’Albania che dalla Grecia. Gli Atti Ufficiali che delineavano i confini tra i due paesi, una volta firmati, sono diventati incontestabili e obbligatori. Quegli Atti sono stati depositati, all’inizio, presso la Lega delle Nazioni e dal 1945, presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Quanto previsto e definito in quegli Atti è stato rispettato dalle parti e non sono state mai espresse ufficialmente e in sede internazionale rivendicazioni territoriali dai diretti interessati. Questo fino ai primi anni 2000.
    Era proprio il periodo in cui sono state effettuate perforazioni sulle piattaforme marine per cercare probabili giacimenti petroliferi e definire le loro potenzialità. Dallo studio dei dati elaborati, risulterebbe che sotto la piattaforma marina albanese, al confine con quella greca, potrebbero esserci buone probabilità di trovare ricchi giacimenti di petrolio e/o di gas. Ragion per cui la diplomazia greca si mise subito in moto per trovare dei motivi e aprire un “Caso marino bilaterale” tra la Grecia e l’Albania. Un compito non difficile, visto anche che non sempre la controparte albanese era allo stesso livello come esperienza, professionalità e altro. Il che ha facilitato l’abile diplomazia greca a trovare, tecnicamente, un modus vivendi e portare le trattative per i contenziosi relativi alla delimitazione dei confini marini, dalla sede legale internazionale, come prevedevano gli Atti Ufficiali sanciti dalla Conferenza degli Ambasciatori delle grandi potenze il 30 luglio 1926 a Parigi, ad una sede bilaterale tra i due paesi. La parte albanese ha acconsentito. Musica per le orecchie dei greci.
    Nell’arco di pochissimi anni le delegazioni dei due paesi hanno negoziato insieme un accordo bilaterale sulla delimitazione del confine marino. Il 27 aprile 2009 a Tirana è stato firmato l’Accordo tra la Repubblica d’Albania e la Repubblica di Grecia per la “Delimitazione delle loro rispettive zone della piattaforma continentale sottomarina e delle altre zone marine, che a loro appartengono in base al diritto internazionale”. Quell’Accordo è stato contestato fortemente allora in Albania dall’opposizione, capeggiata dall’attuale primo ministro. La questione arrivò alla Corte Costituzionale, la quale il 15 aprile 2010 decretò l’anticostituzionalità dell’Accordo e proclamò la sua nullità. Nonostante ciò, la diplomazia greca ha continuato a fare pressione perché la parte albanese continuasse a rispettare il sopracitato Accordo, tenendo sempre aperto il “Caso marino” tra i due paesi. Trattative che sono state riprese, in modo del tutto non trasparente e in palese violazione della sopracitata decisione della Corte Costituzionale, e sono state molto attive da un anno a questa parte. Le cattive lingue dicono che tutto era dovuto alla disperata situazione in cui si trovava il primo ministro albanese. Lui cercava di trovare, a tutti i costi, l’apertura dei negoziati, come paese candidato, per l’adesione dell’Albania all’Unione europea. La Grecia poteva mettere il veto contro. Come da anni sta facendo con la Macedonia. La grande fretta per concludere il “Caso marino” potrebbe dare ragione alle cattive lingue. Anche perché simili contenziosi tra paesi sui confini non mancano. Neanche nei Balcani. Sono almeno tre e tutti e tre durano da almeno una ventina d’anni. Mentre il caso tra l’Albania e la Grecia è stato “risolto” in quattro e quattr’otto! Basta riferirsi al caso tra la Slovenia e la Croazia e quello tra la Romania e la Bulgaria. Quest’ultimo per una piccola area di mare, con sotto il petrolio. Molto aspro è anche il contenzioso tra la Turchia e la Grecia, sempre per alcune aree marine sul mar Egeo. Anche in questo caso, la presenza dei giacimenti petroliferi sottomarini sembra sia la vera ragione dei disaccordi.
    Le inattese dimissioni del ministro degli Esteri greco hanno riportato a galla non poche gravi problematiche. Compresa anche quella del “Caso marino” e il rispettivo accordo tra l’Albania e la Grecia. Alcuni giorni dopo le sue dimissioni, l’ex ministro degli Esteri greco si vantava che dopo 75 anni, in pieno accordo con l’attuale ministro albanese degli Esteri, hanno “allargato il confine [marino] della Grecia”. Senza più vincoli istituzionali, il ministro dimissionario greco ha cominciato a dire delle verità tenute segrete fino ad ora. Chissà perché! Forse per mettere in imbarazzo anche il suo “amico” primo ministro Tzipras.
    Immediate sono state le reazioni in Albania. Ma anche e soprattutto in Turchia. Il 23 ottobre scorso il ministro turco degli Esteri dichiarava che ogni tentativo della Grecia “per allargare la sua linea marina, nello Ionio o nell’Egeo, rappresenterà [per la Turchia; n.d.a.] un Casus belli”. È bastata questa dichiarazione e la reazione statunitense, per costringere Tzipras, subito dopo, a ritirarsi, per il momento, dalle sue pretese. Il che riguarda anche il “Caso marino” con l’Albania. Tutto è da vedere!
    Nel frattempo un’altra e inattesa dimissione, questa volta in Albania, ha suscitato molte reazioni. Sabato scorso si è dimesso il ministro degli Interni. Un nuovo caso che produrrà, forse, altri inattesi sviluppi.
    Chi scrive queste righe tratterà il caso la prossima settimana. Egli però è convinto che colui che si dovrebbe dimettere è proprio il primo ministro. Lo doveva fare da tempo, ma probabilmente non lo farà neanche adesso. Le cattive lingue dicono che non glielo permette la criminalità organizzata. Lo doveva sapere. Il peso degli accordi peccaminosi spesso ti schiaccia!

  • Le forniture di gas rinsaldano la collaborazione tra Egitto e Israele

    Il 19 febbraio, il consorzio israelo-americano che detiene le concessioni di gas naturale nella zona economica esclusiva di Israele (ZEE), compresi i giacimenti di gas Tamar e Leviathan, ha annunciato un accordo con la compagnia egiziana Delphinus, del valore approssimativo di 15 miliardi di dollari. Il 27 settembre 2018, Delek Drilling, parte del consorzio, ha annunciato che East Mediterranean Pipeline (EMED) – il 25% delle cui azioni sono di proprietà di Delek – ha acquistato il 39% della società egiziana Eastern Mediterranean Gas (EMG) per 518 milioni di dollari. EMG è tra i proprietari del gasdotto per il trasporto di gas naturale dall’Egitto verso la Giordania e Israele: un gasdotto trasporta gas in Egitto a el-Arish, da dove il gasdotto si divide in due con una linea da el-Arish ad Aqaba, e una da el-Arish a Ashkelon. I ripetuti danni a questi oleodotti da parte di gruppi terroristici locali hanno interrotto il flusso di gas dall’Egitto ai suoi vicini, sebbene la sezione da el-Arish ad Ashkelon sia rimasta intatta. Come parte dell’accordo, Delek ha acquisito il diritto esclusivo di gestire il gasdotto di 90 km da el-Arish ad Ashkelon. La conclusione finale dell’accordo è subordinata a varie approvazioni governative egiziana e israeliana, controlli operativi e riparazioni e aggiornamenti. In una svolta interessante, l’accordo finale potrebbe anche includere l’uso del gasdotto el-Arish-Aqaba per fornire gas israeliano all’Egitto.

    Con l’acquisto di una partecipazione nel gasdotto egiziano, il consorzio israelo-americano ha assunto il rischioso compito di assicurare l’attuazione dell’accordo di fornitura decennale. Ma al di là degli aspetti economici, ci sono anche implicazioni politiche per l’accordo. Per il momento, gli unici acquirenti non israeliani del gas naturale di Israele sono Egitto, Giordania e palestinesi. Gli accordi con questi tre mercati di esportazione sono commercialmente solidi, ma soggetti a rischi politici e di sicurezza e alla possibile concorrenza commerciale. In assenza di altri mercati disponibili, l’Egitto è il più grande mercato per il gas israeliano, finché risorse proprie non ne soddisfino bisogni (il che, si prevede, non avverrà prima del 2019-2020).

    Gli accordi per vendere gas in Egitto e acquistare un controllo parziale del gasdotto sono particolarmente apprezzati, dato che le altre opzioni per Israele di vendere e trasportare gas naturale sono ora meno praticabili. Il mercato turco sarebbe stato un’opzione interessante per il gas naturale israeliano e del Mediterraneo orientale. Tuttavia, l’imprevedibilità politica dell’attuale regime politico in Turchia, compreso il suo atteggiamento nei confronti di Israele, la mancanza di stabilità politica in Libano e Siria e l’assenza di una soluzione politica al conflitto a Cipro rendono la vendita di gas naturale alla Turchia e l’uso della Turchia come hub troppo rischioso per ragioni politiche e di sicurezza. A sua volta, le instabili condizioni economiche in Turchia riducono l’attrattiva di questa opzione di esportazione. L’idea di estendere un oleodotto dalle coste orientali del Mediterraneo attraverso Cipro alla Grecia appare invece tecnicamente molto difficile e politicamente esposta ai problemi legati alla disputa su Cipro, nonché finanziariamente dipendente dalla disponibilità di altri produttori del Mediterraneo orientale a condividere le proprie capacità con Israele. Un simile progetto creerebbe vantaggi politici ed economici per Israele, in quanto garantirebbe un mercato ampio e stabile, aggiungerebbe una dimensione importante alle relazioni di Israele traballanti con l’Ue e aumenterebbe la stabilità nel Mediterraneo orientale, con tutti i produttori e gli utenti di un simile oleodotto interessato alle entrate derivanti dal suo funzionamento sicuro e continuo

    Pertanto, l’opzione egiziana – sia come mercato o ponte per l’esportazione di gas liquefatto verso l’Europa – è l’unica opzione valida per esportare il gas naturale di Israele. Aggiunge un’altra dimensione allo sviluppo positivo nelle relazioni tra Israele ed Egitto, al di là della stretta cooperazione in materia di sicurezza. Ma comprare una partecipazione nel gasdotto egiziano, oltre alla futura vendita di gas, comporta ancora alcuni rischi. Le attuali relazioni di Israele con l’Egitto sono probabilmente le migliori di sempre, ma l’attuazione degli accordi sul gas è stata firmata da società commerciali soggette alle considerazioni politiche del governo egiziano. Inoltre, le riserve naturali egiziane potrebbero espandersi in modo significativo, e questo a sua volta potrebbe influenzare le considerazioni egiziane riguardanti l’acquisto di gas o la disponibilità di capacità di liquefazione nelle loro installazioni.

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