genere

  • L’uguaglianza di genere a Parigi 2024

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    All’interno del delirio ideologico rappresentato dal politicamente corretto i concetti di uguaglianza e di identità di genere vengono stravolti anche nella semplice selezione dei tedofori che ci porteranno alle Olimpiadi di Parigi 2024.

    L’uguaglianza tra le persone nasce e si conferma solo azzerando il parametro identitario e di genere come elemento caratterizzante, quindi eliminando lo stesso valore ideologico che lo sostiene.

    In altre parole, solo quando una persona non verrà più identificata in rapporto alla propria identità di genere o sulla base delle intime attitudini sessuali, ma semplicemente riconosciuta e sostenuta per le proprie capacità, solo allora si potrà parlare di una vera uguaglianza ed anche la definizione “identità di genere” verrà considerata anacronistica.

    All’interno di questo rinnovato senso di uguaglianza, quindi, la scelta di una Drag Queen come tedoforo per le prossime Olimpiadi di Parigi rappresenta quanto di più ghettizzante ed imbarazzante per la sua stessa comunità ma soprattutto per chi sostiene questa deriva ideologica, in quanto l’unico parametro utilizzato per la sua scelta è quello di rappresentare una identità minoritaria di genere.

    All’interno di un concetto ma soprattutto di un percorso di uguaglianza, che rappresenta ovviamente più una direzione che un traguardo, tutte le persone andrebbero considerate in rapporto alle proprie attività e qualità e non certo come espressione di una  propria identità di genere.

    Come logica conseguenza, allora, il riconoscimento e l’esaltazione di una qualsiasi identità di genere considerate semplicemente in base a  parametri identitari sessuali rappresenta lo stesso substrato culturale per la loro stessa marginalizzazione.

    Esattamente quanto riuscirà ad ottenere la scelta dei tedofori alle prossime olimpiadi di Parigi,  giochi che già ora rappresentano un arretramento culturale senza precedenti.

  • O maschile o femminile: la Baviera mette al bando lo schwa e ripristina la grammatica tedesca

    Simbolo del linguaggio inclusivo imposto dal politicamente corretto, per emancipare la galassia arcobaleno, lo schwa è stato messo al bando in Baviera. Il Land conservatore del sud della Germania ha infatti emanato il divieto di usare forme linguistiche neutre rispetto al genere, il Regolamento generale di procedura (Ago) delle autorità bavaresi stabilisce che “non sono consentite ortografie multigenere che utilizzano simboli verbali interni come asterisco, due punti, trattino basso o punto intermedio». Questo significa di fatto ripristinare il rispetto della grammatica tedesca classica, che ha diverse forme maschili e femminili per alcuni sostantivi e che in passato utilizzava il plurale maschile come forma predefinita onnicomprensiva.

    Il divieto è stato aspramente criticato dalla sinistra tedesca – Verdi in testa – al fianco di gruppi politici universitari, sindacati, associazioni queer. Ma il governo bavarese tira dritto: “Se o quando la soglia di negligenza rilevante ai sensi del diritto disciplinare nel senso di violazione dei doveri d’ufficio viene superata in un caso concreto e individuale dovrà essere valutata in particolare per quanto riguarda la frequenza, l’entità e il rispettivo contesto”. Il ministro Florian Herrmann é stato ancora più spiccio: “Il messaggio è: il linguaggio deve essere chiaro e comprensibile”.

    L’Associazione tedesca degli insegnanti (Dl) ha accolto con favore questa politica. Il presidente della DL Stefan Düll ha dichiarato all’agenzia di stampa Dpa che il linguaggio ufficiale dovrebbe essere incentrato su “formulazioni rispettose e sensibili al genere senza contrassegnarlo come tale”, rimarcando che anche la schwa o l’asterisco potrebbero risultare tutt’altro che inclusivi.

  • L’UE proroga la durata del piano d’azione sulla parità di genere

    Nel 2021-2022, durante i primi anni di attuazione del nuovo piano d’azione dell’UE sulla parità di genere (GAP III), l’Unione europea ha impegnato 22,4 miliardi di € per contribuire a costruire un mondo più equo sotto il profilo della parità di genere.

    Secondo quanto risulta dalla relazione intermedia comune della Commissione europea e del Servizio europeo per l’azione esterna sull’attuazione del piano d’azione dell’UE sulla parità di genere (GAP III) appena pubblicata, nel periodo 2021-2022, durante i primi anni di attuazione del GAP III, l’Unione europea ha impegnato 22,4 miliardi di € per contribuire alla costruzione di un mondo più equo sotto il profilo della parità di genere. L’UE ha sostenuto i paesi partner e la società civile nel miglioramento della parità di genere, con risultati trasformativi, tra cui un’aumentata protezione delle donne e delle ragazze dalla violenza di genere, una più nutrita partecipazione alla vita pubblica e politica, un maggiore accesso all’istruzione, alla sanità e alla protezione sociale e all’emancipazione economica nell’ambito dell’approccio Team Europa.

    Al fine di consolidare questi risultati, l’UE proroga la durata del piano d’azione sulla parità di genere dal 2025 al 2027 per conseguire l’obiettivo di un mondo equo sotto il profilo della parità di genere.

    In molte parti del mondo, i diritti delle donne e delle ragazze sono stati minacciati, ridotti o completamente eliminati, e ciò ha rappresentato un considerevole passo indietro rispetto ai significativi progressi ottenuti nel corso di decenni. Fin dalla sua adozione nel novembre 2020, il piano d’azione sulla parità di genere III ha pertanto messo i diritti umani e l’emancipazione, in particolare per le donne e le ragazze, in cima all’agenda di azioni esterne dell’UE, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e con altri impegni internazionali.

    Nel 2022 la parità di genere è stata all’ordine del giorno dei dialoghi politici, sulla sicurezza e/o sui diritti umani tra l’UE e circa 100 paesi partner. Con 33 di questi paesi i dialoghi si sono concentrati esclusivamente sulla parità di genere. Inoltre, le delegazioni dell’UE hanno elaborato 131 piani di attuazione a livello nazionale che adattano il piano d’azione sulla parità di genere al contesto locale, rafforzando l’approccio Team Europa dell’UE e dei suoi Stati membri.

    A livello mondiale, l’UE e i suoi Stati membri hanno collaborato a risoluzioni delle Nazioni Unite per combattere la violenza contro le donne, contribuito alla Commissione delle Nazioni unite sulla condizione femminile, incentivato la partecipazione politica e civile di donne e ragazze, potenziato il sostegno alle organizzazioni per i diritti delle donne e promosso le prospettive di genere nei processi decisionali in materia di clima e di digitale. Nel contesto degli allarmanti cambiamenti per quanto riguarda la sicurezza e i conflitti e della concorrenza per il potere a livello geopolitico, l’attuazione dell’agenda su donne, pace e sicurezza e l’impegno a integrare la prospettiva di genere nel rispondere efficacemente a tali minacce alla sicurezza sono sempre più importanti.

  • WORK OUT: allenamento per la distruzione del patriarcato

    Sabato 4 marzo presso il cortile Nobile del Palazzo Reale, le artiste Silvia Levenson e Natalia Saurin, realizzeranno un opera video partecipativa “Work Out” aperta a tutte e a tutti. Dalle 11.00 del mattino, sarà possibile partecipare all’azione, indossando guantoni da boxe. L’insegnante di pugilato, Angela Guidoni insegnerà ad usare i guantoni per colpire il sacco. Le riprese video verranno effettuate durante l’azione e il video verrà successivamente proiettato dal Comune di Milano l’8 marzo. Il video mostrerà volti e pugni in slow motion, evidenziando la fatica e il tempo necessario per cambiare i preconcetti e gli stereotipi radicati in una cultura maschilista. Le artiste utilizzano lo sport della boxe come simbolo della lotta contro il patriarcato, che richiede costanza e perseveranza come in un’attività sportiva per raggiungere il benessere fisico e mentale. La boxe femminile è stata riconosciuta negli ultimi decenni, solo nel 2012 è stata inclusa nelle Olimpiadi. Un’opera artistica che mira a riflettere sullo sforzo fisico e psicologico che le donne affrontano ogni giorno a causa della discriminazione, del controllo e del giudizio in una società che si dice uguale. Il progetto è patrocinato dal Comune di Milano ed è realizzato grazie all’assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità.

    Entrambe le artiste, sia individualmente che come duo, affrontano tematiche di genere con l’obiettivo di indirizzare la riflessione sul ruolo della donna nella società contemporanea, al fine di sensibilizzare il pubblico sui fenomeni discriminatori che la vedono persona offesa all’origine della violazione dei diritti umani. La collaborazione artistica fra Silvia Levenson e Natalia Saurin è iniziata nel 2005 con “Something wrong”, un video tutto rosa dove affrontano la quotidianità di coppia e le tensioni nascoste pronte ad affiorare per un non nulla. Nel 2018 iniziano il progetto partecipativo “il luogo più pericoloso” ponendo il focus sul linguaggio e femminicidi, un progetto corale in tre atti che ha coinvolto la comunità e le istituzioni (Comune di Firenze nel 2019 e il Comune di Milano nel 2020 e 2021). Le due artiste hanno realizzato laboratori partecipativi coinvolgendo la comunità e associazioni che lavorano sul territorio e che sostengono donne vittime di violenza maschile. I laboratori sono stati realizzati presso: MUDA Museo Diffuso- Albissola, Chiostri di Santa Caterina – Finale Ligure, Palazzo Arese Borromeo – Cesano Maderno, RoFa project – Maryland USA, 3Dots – Pennsylvania USA.

  • Mind the STEM gap, un’installazione alla Triennale di Milano per superare gli stereotipi di genere

    Si intitola Mind the STEM Gap – A Roblox Jukebox l’installazione interattiva ideata da Fondazione Bracco e progettata da Space Caviar, con la collaborazione di Joseph Grima, visitabile fino al 31 ottobre presso il giardino della Triennale di Milano. Un viaggio virtuale con la fisica Marie Sklodowska–Curie, le matematiche Ada Lovelace e Maria Gaetana Agnesi, la filosofa Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la botanica Anna Atkins, l’astronoma Annie Jump Cannon, ovvero una “Virgilia”, una scienziata del passato che si è distinta in quella disciplina per introdurre bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne alla scoperta della bellezza delle scienze. Attraverso un vero e proprio gioco, che utilizza la piattaforma Roblox, con tanto di joystick che aiuta a districarsi nell’affascinante percorso, il progetto contribuisce al superamento degli stereotipi di genere nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) incoraggiando il libero accesso ai saperi di bambine e ragazze e dialoga con i temi della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano dal titolo “Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries” (15 luglio – 11 dicembre 2022) curata da Ersilia Vaudo.

    Un’operazione prima di tutto culturale quella di avvicinare le bambine e le ragazze alle discipline scientifiche a partire da una nuova educazione delle famiglie che spesso ostacolano o non incentivano abbastanza le figlie ad intraprendere studi e professioni STEM, questo il claim dell’incontro di presentazione del progetto. “Dobbiamo costruire nuovi uomini e nuove donne, bisogna trasmettere alle ragazze la voglia di sapere fare tutto e la consapevolezza di poter arrivare dappertutto”, sottolinea Diana Bracco, Presidente dell’omonimo Gruppo chimico farmaceutico che da 95 anni sostiene il valore aggiunto che le donne apportano ad un settore come quello tecnico scientifico da sempre ritenuto appannaggio degli uomini.

    Secondo le statistiche, infatti, appena il 9% delle ragazze decide di intraprendere un percorso universitario tecnico scientifico che, seppur terminato brillantemente, le vede operare in posizioni di secondo piano rispetto ai colleghi maschi.

    Della necessità di un cambio di passo, compreso il modo di comunicare che deve adeguarsi ai tempi, ha parlato anche il Ministro dell’Università, Maria Cristina Messa, affermando come “i cambiamenti culturali sono sempre i più complessi e scuola e famiglia insieme sono fondamentali. Le donne sono un valore aggiunto, la concezione sul loro ruolo sta cambiando anche se un sondaggio IPSOS racconta che l’80% degli intervistati vede la donna ancora legata ala cura della famiglia. E’ necessario che le aziende attivino un progetto per l’integrità di genere per poter avere accesso ai fondi”.

    Un processo culturale sposato da tempo anche da Confindustria che, attraverso programmi mirati, trasmette a famiglie e ragazzi un nuovo storytelling sul modo in cui stanno cambiando il mondo del lavoro e l’occupazione. “Il nostro Paese è a vocazione imprenditoriale – sottolinei a Giovanni Brugnoli Vice Presidente per il Capitale Umano – e l’impresa è al centro del progetto didattico. Le discipline STEM sono il fulcro della crescita perché c’è bisogno di capitale umano aderente alle richieste del mercato. Quando le ragazze decidono di iscriversi alle discipline STEM si sono già svincolate da vecchie logiche”.

  • “Ritratte – Direttrici di musei italiani”: la mostra fotografica che racconta la leadership al femminile

    Apre il 3 marzo 2022 nelle Sale degli Arazzi a Palazzo Reale di Milano la mostra fotografica “Ritratte – Direttrici di musei italiani”, promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di Milano Cultura e Fondazione Bracco e visitabile gratuitamente fino a domenica 3 aprile 2022. Con questa mostra Fondazione Bracco continua nel proprio impegno per valorizzare l’expertise femminile presentando le professioniste che dirigono i luoghi della cultura italiani.

    Il progetto artistico con gli scatti d’autore del fotografo Gerald Bruneau si colloca nell’impegno della Fondazione per valorizzare le competenze femminili nei diversi campi del sapere e contribuire al superamento dei pregiudizi, così da incoraggiare una sempre più nutrita presenza di donne in posizioni apicali.

    La mostra illumina vita e conquiste professionali di 22 donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese, una sorta di Gran Tour che tocca 14 importanti città italiane da Nord a Sud: da Trieste a Palermo, da Napoli a Venezia per citarne solo alcune. Il soggetto principale di “Ritratte” è la leadership al femminile. I musei, “luoghi sacri alle Muse”, sono spazi dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori di pensiero per costruire il futuro. Inoltre, sono anche imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in modo cruciale alla nostra economia. Dirigere tali istituzioni comporta competenze multidisciplinari, un connubio di profonda conoscenza della storia dell’arte e di capacità gestionali e creative.

    Tra le protagoniste della mostra figurano i ritratti di Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese di Roma; Emanuela Daffra, Direttrice Regionale Musei della Lombardia; Flaminia Gennari Santori, Direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma; Anna Maria Montaldo, già Direttrice Area Polo Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Milano; Alfonsina Russo, Direttrice del Parco Archeologico del Colosseo; Virginia Villa, Direttrice Generale Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari di Cremona; Rossella Vodret, Storica dell’arte, già Soprintendente speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma; Annalisa Zanni, Direttrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

    Fondazione Bracco da tempo è impegnata per contribuire alla costruzione di una società paritetica, in cui il merito sia il criterio per carriera e visibilità. Nel 2016 è nato a questo scopo il progetto “100 donne contro gli stereotipi” (100esperte.it) ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall’Associazione Gi.U.Li.A., sviluppato con Fondazione Bracco, grazie alla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. La banca dati online raccoglie profili eccellenti di esperte, selezionate con criteri scientifici, in vari settori del sapere, strategici per lo sviluppo del Paese, allo scopo di aumentarne la visibilità sui media: l’ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics – dal 2016), le esperte di Economia e Finanza (dal 2017), Politica Internazionale (dal 2019), Storia e della Filosofia (dal 2021). Basti pensare che secondo il Global Monitoring Project 2020 in Italia nei media tradizionali le donne interpellate come esperte sono solo il 12%, contro il 24% dell’Europa.

    Accanto alla banca dati online, Fondazione Bracco ha deciso di sviluppare una narrazione complementare. Nel 2019, sempre grazie alla collaborazione con Gerald Bruneau, è stata realizzata la mostra fotografica “Una vita da scienziata” con i ritratti di alcune delle più grandi scienziate italiane, da allora esposta in numerose sedi italiane e internazionali, tra cui Milano, Roma, Todi, Washington, Philadelphia, Chicago, Los Angeles, New York, Città del Messico e il prossimo 8 marzo a Praga.

    In ottica di continuità e dialogo, l’esposizione “Ritratte”, dedicata al settore dei beni culturali, aggiunge un importante tassello all’intervento di lotta agli stereotipi di genere e di promozione delle competenze, unico discrimine per qualsiasi sviluppo personale e collettivo.

  • La competenza non ha un genere privilegiato

    Una delle forme più ridicole di “politicamente corretto” utilizzate con l’obiettivo dichiarato di dimostrarsi anche progressisti è quella di individuare nel genere femminile la soluzione ai problemi della nostra articolata e complessa società in quanto l’universo femminile sarebbe espressione di una superiorità congenita rispetto a quello maschile. Contemporaneamente si arriva anche ad affermare come le donne sarebbero solo in quanto tali migliori dei colleghi maschili all’interno di qualsiasi campo operativo nel quale si trovassero ad interagire.

    La sacrosanta parità di genere rappresenta sicuramente un obiettivo da raggiungere attraverso atti normativi e comportamenti i quali possono indicare la direzione da seguire.  In un contesto più articolato e complesso questo traguardo, la parità, rappresenta e soprattutto esercita quella funzione svolta “dall’ascensore sociale” all’interno delle società democratiche per le classe meno abbienti. Il riconoscimento dell’assoluta uguaglianza deve venire ricercata e contemporaneamente conseguita, o quantomeno progressivamente avvicinata, tanto nei diritti quanto nell’accesso a supporti attraverso sostegni normativi e finanziari. Il tutto come semplice e naturale riconoscimento delle articolate espressioni del genere umano e non tanto come uno specifico supporto ad una sola delle forme di genere.

    Il mondo progressista, invece, per dimostrare la propria posizione “all’avanguardia” risulta andare oltre questa parità “dalla linea di partenza”, individuando ed identificando come una vera e propria icona la superiore potenzialità dell’universo femminile quale nuova forma di rivincita e rinascita della civiltà occidentale.

    La vicenda dei vaccini dimostra, invece, come Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, assieme a Sandra Gallina, interprete, la cui competenza in passato è stata espressa nell’ambito della pesca, entrambe prive di una minima competenza in ambito contrattualistico, abbiano gestito in modo indegno i contratti con le Big Pharma. Le problematiche relative all’approvvigionamento dei vaccini nascono essenzialmente dalla loro responsabile incapacità, per di più ammessa dalla stessa Presidente. Contemporaneamente, sul suolo italiano due esponenti del genere femminile e maschile, Azzolina ed Arcuri, hanno investito centinaia di milioni in banchi a rotelle, ora vergognosamente accatastati nei magazzini.

    Queste due coppie di genere, la prima iconica ed europea, la seconda italiana ed espressione dei due generi, dimostrano come abbiano entrambe espresso la propria incompetenza. In più il commissario Arcuri (per l’emergenza sanitaria) avrebbe dovuto elaborare, ancor prima di sapere quando potessero diventare disponibili, un piano vaccinale articolato e preciso da attuare immediatamente dopo la disponibilità dei vaccini. Basti ricordare in questo senso la vergognosa operazione delle primula (https://www.ilpattosociale.it/attualita/le-1-500-primule-il-fiore-del-delirio-italico/).

    Sembra incredibile come non si riesca, all’interno del mondo della politica e in quello dell’intelligentia italiana, a comprendere come la competenza non sia legata al genere (e ancor meno alle tendenze sessuali) ma sia espressione finale di una forma mentale assolutamente indipendente dal genere stesso che si esprime all’interno di un percorso di apprendimento cominciato (la vera base di partenza) dal conseguimento del titolo di studio.

    In altre parole, non può essere il semplice titolo di studio, unito ad una qualità di genere riconosciuta, a certificare la competenza di una persona quanto la capacità, con la disponibilità e la volontà ad un continuo miglioramento ed aggiornamento delle proprie competenze da sviluppare partendo proprio da quelle conseguite e certificate dal titolo di studio.

    Mai come ora l’arretramento culturale assume caratteristiche macroscopiche proprio all’interno di quegli ambienti che si considerano progressisti. Si indica nel genere femminile la soluzione ai nostri problemi incapaci di comprendere di commettere il medesimo errore dal quale la società vorrebbe ora emendarsi: cioè la superiorità di un solo genere.

    Sembra incredibile, in più, come questa visione colpevole dei medesimi vizi della cultura maschilista da combattere altro non sia che l’espressione di una visione infantile la quale tende ad annullare il valore della preparazione preferito ad un concetto di “competenza espressione di una qualità di genere”.

    L’incompetenza emersa evidente dalla vicenda dei vaccini nel contesto europeo ed italiano rappresenta il vero problema in ambito politico, e soprattutto istituzionale, pur vedendo come protagoniste anche delle donne, perché dimostra esattamente come la competenza sia l’unica qualità da ricercare indipendentemente dal genere che la esprime.

    All’interno di una società evoluta è necessario operare sulle opportunità da offrire per valorizzare le competenze indipendentemente del genere.

    In una società evoluta, democratica e liberale le differenze, di genere o espressione di altri fattori, non vengono annullate ma sublimate in quanto l’interazione tra queste offre come risultato non la semplice somma delle singole qualità di genere ma la crescita esponenziale come espressione della moltiplicazione delle stesse differenze. Annullare le evidenti differenze di genere difatti annulla il valore che queste possono produrre all’interno un sistema politico economico paritario.

    Mai come ora contro il nuovo massimalismo di generi Vive la difference!

  • La Veterinaria al femminile va oltre gli stereotipi

    Le donne Veterinarie sono il 51,8% della categoria professionale. Sono soprattutto libere professioniste, titolari di Partita Iva o a regime agevolato/forfettario, e ritengono “irrinunciabile” l’indipendenza economica (95%). Ma giudicano il proprio reddito “insoddisfacente” (44%) e per questo chiedono allo Stato politiche di sostegno economico-finanziario. Soprattutto per la maternità.

    E’ l’istantanea di una consultazione condotta dall’ANMVI (v. nota) sulla professione veterinaria al femminile, dalla quale emerge una questione di genere concreta e priva di luoghi comuni.

    In attività– La maggioranza delle partecipanti (90%) è in attività professionale e il settore prevalente è la medicina veterinaria per animali da compagnia. Ha un’età compresa fra i 30 i 50 anni (il 64% del campione) ha almeno un figlio (48%) e vorrebbe più tempo da dedicare alla famiglia attuale o di origine (70%).

    La carriera- Le Veterinarie chiedono di non dover essere costrette a scegliere fra vita extra-professionale e carriera professionale. Carriera professionale che le vede prevalentemente (42%) in posizioni di collaborazione presso realtà societarie o associative delle quali sono ancora poche quelle al vertice come direttrici sanitarie, comproprietarie di quote o titolari (23%).

    L’80% delle partecipanti non ha mai ricoperto ruoli di vertice in ambito veterinario. E tuttavia, gli incarichi di rappresentanza non sembrano attrarre: il criterio dell’equilibrio di genere introdotto dalla riforma degli Ordini delle professioni sanitarie (cd Legge Lorenzin) è valutato positivamente dal 33%, ma è indifferente per il 59%.

    Gender o a-gender? – Le Veterinarie non danno una connotazione di genere alla professione medico veterinaria in sé, ma spostano il focus sulle condizioni di esercizio in quanto donne. Anche il sorpasso di genere fra gli iscritti all’albo nazionale non vale come rivendicazione, ma è principalmente un dato “neutro”.

    Maternità e tempo– La dimensione donna entra davvero in gioco quando si tratta di maternità e genitorialità. L’88% chiede sostegni strutturali allo Stato più che alle organizzazioni di categoria. Il 51,5% vorrebbe sostegni al lavoro domestico per poter ridurre il carico di lavoro extra professionale. Conciliare il tempo professionale con quello extra-professionale è un’abilità che riesce a poche (16%). Solo il 19% auspica una riduzione del carico professionale. E per il 52% delle rispondenti il tempo da dedicare all’aggiornamento professionale è “insufficiente”.

    Una professione adatta alle donne– Per il 60% delle Veterinarie la professione è adatta alle donne. Che le donne abbiano un proprio peculiare approccio- sia al cliente che al paziente in cura- è vero “a volte” per la maggioranza delle rispondenti (36%) e non lo è per il 17%. Percentuali che diluiscono e la connotazione di genere, guardando alla professionalità come ad un valore a-gender.

    Discriminazione– Quando c’è discriminazione (23% sì, 22% a volte) verso la Veterinaria donna, essa proviene soprattutto dai clienti (33%): in generale, la discriminazione verso la donna Veterinario è dovuta principalmente a pregiudizi sulle capacità professionali (66%) e alla resistenza culturale a guardare alla donna come al “dottore” e non a una figura ausiliaria. Raggiunge la significativa percentuale del 45% la quota di Veterinarie che intravvede una esposizione al rischio di discriminazione e di violenza di genere.

    I rapporti con i Colleghi- Nei rapporti con i più stretti Colleghi di lavoro, le Veterinarie si confermano ben poco influenzate dal genere, a prevalere nei giudizi è un equidistante “dipende” (42%) seguito da un 37% di rispondenti per le quali “non c’è differenza” di genere. Nei commenti liberi, le partecipanti stigmatizzano però che la maternità, in atto o potenziale, è un fattore sfavorevole nei colloqui di lavoro o per il mantenimento dei rapporti di lavoro. Ma il gender gap, per il 63%, è un problema culturale generale universale, che va oltre lo specifico della Veterinaria (solo il 15% pensa che la mancanza di pari opportunità per le donne Veterinarie dipenda da fattori endogeni della Categoria). Un 10% attribuisce delle responsabilità alle stesse donne.

    Superare gli stereotipi- Superare gli stereotipi di genere e favorire la sensibilità di genere sono due priorità culturali, accanto ad un cambio di mentalità e allo sviluppo di una maggiore coesione fra i sessi.

    NOTA – “Essere Veterinarie, essere Donne Consultazione sulla dimensione professionale femminile” – Questionario e commenti liberi somministrato nel periodo settembre- novembre 2020. Rispondenti 2.246 Veterinarie – ©ANMVI 2020

    Ufficio Stampa ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani- 0372/40.35.47

  • Giornata Internazionale della donna: “Ti piace la versione covid di te stessa?”

    L’Ufficio del Parlamento europeo a Milano promuove un evento digitale in occasione della Giornata Internazionale della donna.  L’evento, organizzato in collaborazione con Radio Popolare, sarà trasmesso giovedì 4 marzo alle ore 17, in diretta Facebook sulle pagine di Radio Popolare e Parlamento europeo in Italia.

    Il tema di quest’anno, scelto dalla Commissione Donne del Parlamento europeo per la Giornata Internazionale della Donna, è “Empowerment e leadership femminile ai tempi del COVID-19”. Si tratta di un tema che si declina in diverse possibili direzioni quali: sostenere l’uguaglianza di genere attraverso l’inclusione delle donne nei media, utilizzare le nuove tecnologie per difendere i diritti delle donne e per diffondere dibattiti di genere, comunicare idee e azioni dei movimenti femminili nel nuovo scenario digitale. Le donne sono state particolarmente colpite dal Covid-19: la pandemia ha messo a dura prova una condizione già spesso fragile e oberata di compiti.  Le statistiche sulla disoccupazione dicono molto in questo senso. Eppure, proprio le donne sono considerate elemento chiave della ripresa in chiave europea. Non solo, l’argomento è sentito dall’opinione pubblica tanto che la parità di genere, secondo un recente sondaggio, è al primo posto tra i valori che gli italiani vogliono che il Parlamento europeo difenda.

    Con la sua iniziativa, l’Ufficio del Parlamento europeo a Milano intende favorire il dibattito su questi temi e, al tempo stesso, diffondere la conoscenza presso il pubblico delle attività promosse dalla nostra Istituzione, dalle associazioni che si occupano della tutela delle donne e della promozione dell’uguaglianza di genere.

    L’evento sarà moderato dalla giornalista e speaker radiofonica Florencia Di Stefano-Abichain che creerà un dialogo con eurodeputate e prestigiose ospiti su lavoro, vita privata e rappresentazione femminile, trattando i problemi messi a nudo e esasperati dalla pandemia.

    Quali soluzioni per far crescere l’occupazione delle donne? Come alleggerire il carico domestico e familiare? In che modo TV e cinema plasmano l’immagine del femminile? E in tutto questo, quale ruolo ha l’UE nel costruire un’Europa più equa?

    Ospiti del dibattito saranno: Monica D’Ascenzo, giornalista Sole24Ore, responsabile di Alley Oop, Francesca Dellisanti, presidentessa YoungWomen Network, Maurizio Molinari, direttore Ufficio del Parlamento europeo a Milano, Marina Pierri, critica, saggista e direttriceartistica del Festival delle serie, Giusy Sica, fondatrice del think tank Re-Generation Y-outh e volontaria della community del Parlamento europeo, insieme-per.eu, Patrizia Toia, eurodeputata Vicepresidente Commissione parlamentare ITRE, Isabella Tovaglieri, eurodeputata membro Commissione parlamentare FEMM

  • La giornata europea per la parità retributiva

    Il 3 novembre si è celebrata la giornata europea per la parità retributiva. Una ricorrenza, se così la si vuol chiamare, che cerca di attirare l’attenzione su un problema da tempo discusso ma che pare non accenni a vedere vie risolutive o, quantomeno, a proporre un miglioramento delle condizioni dell’ormai noto gap. Non si parla solo di Italia, contrariamente a quello che, troppo spesso, si cerca di far credere, ma di Europa dove le lavoratrici guadagnano in media circa il 16% in meno  dei loro colleghi uomini. Alla vigilia della ‘celebrazione’ il primo Vice Presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, e le Commissarie Marianne Thyssen e Věra Jourová avevano affermato: “L’uguaglianza tra donne e uomini è uno dei principi basilari dell’Unione Europea. E’ ora di porre fine alle discriminazioni, di carattere retributivo, ancora esistenti tra queste due categorie. Tale disparità di trattamento riguarda anche le retribuzioni pensionistiche. Anche se non s’intravede una risposta immediata a tale questione, numerosi sono stati i progetti, pensati e proposti dalla Commissione per affrontare questa spinosa problematica. Non si deve rinviare in alcun modo il lavoro congiunto di Parlamento e Consiglio, affinché si possano adottare provvedimenti legislativi a livello europeo su tale questione. In particolare, insistiamo affinché venga garantito il diritto sia per i genitori che lavorano sia anche per chi presta assistenza ai familiari svolgendo, in parallelo, un’attività lavorativa, di usufruire di un congedo per aiutare la propria famiglia. Dopo la pubblicazione dei dati dell’euro barometro sulla necessità di un maggior equilibrio tra attività professionale e vita familiare, è oltremodo doveroso tradurre in un concreto risultato legislativo i piani decisi all’interno della Commissione”.

    Sono tante le situazioni, nel mondo lavorativo in cui è evidente una disuguaglianza nel trattamento retributivo tra lavoratori e lavoratrici: in particolare, le donne svolgono più lavori a tempo parziale, sono costrette a lavorare in settori in cui i salari sono più bassi, e spesso, hanno sulle loro spalle la responsabilità della gestione familiare.

    L’azione della Commissione si colloca all’interno del pilastro dei diritti sociali dell’Unione Europea e si traduce in molteplici iniziative, fra cui la proposta di una direttiva, volta proprio a salvaguardare il giusto bilanciamento tra attività professionale e vita familiare, assicurando sia a uomini sia a donne la possibilità di un congedo dal lavoro al fine di essere di aiuto per le proprie famiglie. La proposta di direttiva potrebbe essere adottata entro la fine dell’anno.

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