Nel nostro ordinamento c’è un sistema che, forse, è sconosciuto persino alla Corea del Nord e al Niger post golpe militare, un sistema che invece – secondo il Ministro Piantedosi – tutto il mondo ci invidia ma delle cui abnormità si sta accorgendo persino la CEDU e che è sino ad ora sopravvissuto con buona pace dei principi di identità culturale, tradizioni giuridiche e garanzie su cui si fonda il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in ambito UE.
L’argomento del giorno sono le misure di prevenzione patrimoniali che ci regalano il primato mondiale assoluto di soperchieria normativa del quale dovremmo vergognarci: questa volta con buona pace del plaudente questurino che siede sullo scranno più alto del Viminale.
Vediamo cosa comporta e cosa può regolarmente accadere applicando questa disciplina: può succedere (e succede, eccome) che Tizio, processato ed assolto da ogni accusa, in seguito si veda confiscare tutti i suoi beni, sulla base dell’indecente assioma “innocente, ma pericoloso”.
Si tratta, in sostanza, di un metodo di persecuzione riservato ai reati più gravi e non solo quelli collegati alla criminalità organizzata di mafia che affonda le sue radici nella cultura della intolleranza e del sospetto e che si può sintetizzare in questi termini: se sei stato indagato qualcosina ci sarà pur stata a tuo carico e se non è possibile punirti perché le prove non ci sono tengo per buono un semplice sospetto e così, se in carcere non ci vai, almeno ti riduco in miseria.
La svolta che conduce al giudizio di Strasburgo è merito di una famiglia di imprenditori calabresi, i signori Cavallotti, gran lavoratori e persone per bene: arrestati, processati e definitivamente assolti da accuse di contiguità alla ‘ndrangheta, sono stati tuttavia spossessati di tutti i loro beni e le loro aziende affidate alla vorace spoliazione degli amministratori giudiziari: soggetti che, non di rado, non sarebbero in grado di amministrare un piccolo condominio, immaginatevi il destino di imprese commerciali…
Il ricorso dei fratelli Cavallotti non solo è stato ritenuto ricevibile dalla CEDU – si dice così quando un caso è ritenuto meritevole di attenzione – ma la Corte è andata oltre ed ha rivolto al nostro Governo una serie di quesiti sul tema dei beni confiscati con le misure di prevenzione patrimoniali ai quali dovrà essere data risposta entro il prossimo 13 novembre. Dal tenore dei quesiti traspare un incredulo stralunamento della Corte Europea: “Nel caso di una assoluzione in un processo penale, la confisca dei beni viola la presunzione di innocenza? è proporzionale è necessaria? è forse una sanzione penale surrettizia, violativa dell’art. 7 della Convenzione Europea? ”… e tanti altri, secchi e non equivocabili. Intanto sono passati già sette anni dalla confisca e alcune delle aziende dei Cavallotti sono fallite grazie all’insipente ma ben retribuita gestione degli affidatari.
Siamo, forse, all’inizio della fine di un sistema legalizzato di abusi il quale, tanto più in presenza di giudizi penali assolutori, supera ogni limite di tollerabilità in uno Stato di diritto. Un sistema che -in una malintesa prospettiva di difesa sociale- rende il sospetto più forte della prova, sanzionando ben più gravemente che con la privazione della libertà personale chi non saprà – o non potrà – concretamente difendersi dalla brutale spoliazione di tutti i suoi beni; già, perché c’è un dettaglio non trascurabile di cui non abbiamo ancora parlato: il sistema delle misure di prevenzione non prevede l’onere della prova in capo al Pubblico Ministero: e, per forza! Se basta il sospetto, di quale prova stiamo parlando? Di quella che incombe sui prevenuti, a volte estremamente complessa se non impossibile come nel caso di beni ereditati rispetto ai quali si deve fornire l’evidenza di originaria lecita provenienza dei denari con cui il trisnonno comperò un immobile poi andato in successione di generazione in generazione. I lettori non ci crederanno ma funziona proprio così e l’esempio appena fatto è uno dei tanti casi reali.
A proposito di questo sistema, in un passato recente, il Ministro Carlo Nordio ha scritto parole di fuoco, da liberale autentico quale egli è ed in aperto contrasto con le magnificazioni provenienti dagli Interni: bella prova per il Governo, dunque e da seguire con molta cura mentre l’attesa di Giustizia di sposta a Strasburgo.