guerra

  • Ora un nuovo multilateralismo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ItaliaOggi il 26 maggio 2022

    Lo scorso 19 maggio i ministri degli Esteri dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) si sono incontrati, in via telematica, per discutere della situazione strategica globale e per promuovere il loro processo di cooperazione e d’integrazione.

    Si tratta di un evento degno di grande attenzione da parte dell’Occidente e in particolare dell’Unione europea. È opportuno sempre ricordare che i Brics rappresentano più del 40% della popolazione mondiale e ben il 20% del Pil del pianeta.

    Ovviamente anche la guerra in Ucraina è stata affrontata. Al punto 11 della Dichiarazione finale si afferma: «I ministri hanno ricordato le loro posizioni nazionali sulla situazione in Ucraina espresse nelle sedi appropriate, segnatamente il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’Assemblea Generale dell’Onu. Essi sostengono i negoziati tra Russia e Ucraina. Hanno anche discusso le loro preoccupazioni per la situazione umanitaria in Ucraina e dintorni ed hanno espresso il loro sostegno agli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite, delle agenzie Onu e del Comitato Internazione della Croce Rossa per fornire aiuti umanitari in conformità con la risoluzione 46/182 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite».

    Importanza grande ha assunto la sessione separata del gruppo «Brics Plus», che ha incluso l’Argentina, l’Egitto, l’Indonesia, il Kazakistan, la Nigeria, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, il Senegal e la Tailandia in rappresentanza dei paesi emergenti e di quelli in via di sviluppo. È in considerazione un possibile allargamento dei Brics. Se ne discuterà a giugno in Cina al 14° summit annuale, dedicato a una «Nuova era di sviluppo globale».

    Il presidente cinese Xi Jinping, definendo la situazione attuale di grande «turbolenza e trasformazione», ha chiesto un rafforzamento della cooperazione, della solidarietà e della pace attraverso la Global Security Initiative per una «sicurezza comune» da affiancare alla sua Gdi, Global development initiative. Egli ha rilevato che lo scontro tra blocchi contrapposti e la persistente mentalità della guerra fredda dovrebbero essere abbandonati a favore della costruzione di una comunità globale di «sicurezza per tutti». È opportuno ricordare che la Gdi è stata valutata positivamente da più di 100 Paesi e da molte organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite.

    La Dichiarazione fa del multilateralismo l’idea portante della politica dei Brics. Ribadisce il ruolo guida del G20 nella governance economica globale e sottolinea che esso «deve rimanere intatto per fronteggiare le attuali sfide globali». Evidentemente l’aggettivo «intatto» indica la volontà di avere anche la Russia nei meeting del G20, che, dopo l’Indonesia, nei prossimi tre anni saranno presieduti rispettivamente dall’India, dal Brasile e dal Sud Africa.

    Un certo disappunto è stato manifestato nei confronti dei paesi ricchi che nella pandemia Covid non hanno dato una giusta attenzione ai bisogni dei paesi in via di sviluppo.

    In sintesi, di là del dramma della guerra, nel mondo ci sono segnali per realizzare iniziative miranti a un nuovo ordine mondiale. Per esempio, l’ex presidente brasiliano Lula Da Silva, candidato alle elezioni di ottobre, propone esplicitamente la creazione di una nuova valuta, il Sur, da usare nel commercio latinoamericano per non continuare a dipendere dal dollaro.

    A marzo diverse società cinesi hanno acquistato carbone russo pagando in yuan. È il primo acquisto di merci russe pagate in valuta cinese dopo che la Russia è stata sanzionata dai paesi occidentali.

    Crediamo che sia il momento non solo di valutare meglio gli interessi dell’Unione europea ma anche di accentuare il ruolo di maggiore autonomia per contribuire a realizzare un assetto multipolare.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • La libertà prevalga sulla legge del più forte

    Il sacrificio dei soldati, donne ed uomini, e dei  civili che per 84 giorni hanno combattuto nell’acciaieria Azvostal aveva impedito, per quasi tre mesi, la caduta definitiva di Maripoul e la totale occupazione del Mar d’Azov da parte dei russi che oggi invece controllano quel mare, quel territorio e si stanno spingendo sempre più oltre.

    I soldati, proprio perché soldati, hanno obbedito agli ordini dei loro superiore e del presidente Zelensky e sono usciti consegnandosi a coloro che hanno distrutto la città di Mariupol e le  vite di troppe persone inermi. Ora spetta veramente alla comunità internazionale fare sì che la Russia rispetti gli accordi e che queste donne e questi uomini, che hanno anteposto la libertà dell’Ucraina alla loro stessa vita, possano tornare in patria senza subire quelle violenze che sappiamo fanno parte dei sistemi post sovietici.

    Rimanga a tutti impresso, nel presente e nel futuro, che ci sono ancora persone che credono che la libertà, la sovranità nazionale vadano difese contro ogni sopruso perché la legge del più forte, del più potente, del più sanguinario non può ancora prevalere. Lo ricordino i cittadini europei e in speciale modo diversi politici italiani.

  • Berlusconi ed il senso sbagliato dell’amicizia con Putin

    L’Italia è veramente un Paese inaffidabile, non solo storicamente, almeno dall’unità dello Stivale in poi, con tutte le giravolte delle alleanze politiche e militari di questi ultimi 160 anni, ma proprio nei comportamenti disinvolti e contraddittori dei suoi politici, anche a prescindere dalle loro posizioni di sostenitori del governo o meno.

    In nessun altro Paese al mondo potrebbero restare al governo, per continuare a bombardarlo come i Russi a Mariupol, personaggi come Salvini e Conte, e cioè due leader in caduta libera, che giocano unicamente una partita personale sperando di risalire nella ormai perduta considerazione degli elettori e che armano polemiche ingiustificate su argomenti tragici come il diritto alla difesa del popolo ucraino, a cui giornalmente negano il diritto a ricevere armi, diventando di fatto complici dei sostenitori degli aggressori.

    Ma l’inaffidabilità è anche di alcuni generali, diplomatici, giornalisti, conduttori televisivi, professori universitari, opinionisti e pacifisti delle varie scuole, che più che esercitare il diritto di esprimere il loro libero pensiero appaiono piuttosto disposti ad ogni possibile manipolazione della verità, pur di non deludere lo Zar nella narrazione di menzogne gratuite, massacri negati, giustificazioni improbabili se non ridicole del perché avrebbe dato luogo ad una guerra di cui nessuno, compresi loro, riesce a comprendere il senso.

    Ed in ultimo l’intervento, quasi messianicamente atteso e probabilmente sollecitato dallo stesso Zar, del Cavaliere Berlusconi che ha lasciato basita l’opinione pubblica sull’aplomb innaturale di un intero partito, che ha subito in silenzio, tranne la Gelmini, una sconfessione pubblica dei propri valori e contenuti, da parte del suo fondatore.

    Ma la sorpresa è tale solo per i distratti e quelli che hanno scarsa memoria.

    Il cavaliere ha preso per la prima volta la parola sulla guerra dell’Ucraina il 2 aprile 2022, ben 38 giorni dopo l’inizio del conflitto e decine di migliaia di morti da ambo le parti, specialmente civili, per dichiarare “inaccettabile l’aggressione militare dell’Ucraina” ma senza nominare Putin.

    Nessun altro intervento di rilievo, mentre però stringeva una forte intesa operativa con Salvini che, invece, si batte da tempo per non inviare armi offensive all’Ucraina. Improvvisamente dal 16 maggio in poi il Cavaliere ha iniziato una escalation di interventi, con cui anch’egli ha cominciato a sostenere l’inopportunità di mandare armi all’Ucraina, ed ha preso pubblicamente le difese di Putin dagli attacchi di Biden e del Segretario della Nato.

    E perché? Ma perché Putin è un suo amico e secondo Berlusconi “Ha le sue ragioni”. Quindi, il capo di un partito della maggioranza di governo, dopo che i suoi parlamentari hanno preso all’unanimità, insieme ai colleghi degli altri gruppi, decisioni inequivocabili, ritiene pubblicamente che Putin “Abbia le sue ragioni” nell’aggressione all’Ucraina?

    Contraddicendo di fatto il voto parlamentare e l’azione di governo?

    Ma ovviamente, essendo da sempre esagerato, il Cavaliere non si ferma lì e va oltre.

    Senza neanche spiegare quali sarebbero le ragioni di Putin, venerdì 20 maggio fa l’affermazione più grave in assoluto e cioè “Credo che l’Europa debba fare una proposta di pace a Putin e agli ucraini, cercando di fare accogliere agli ucraini quelle che sono le domande di Putin”.

    Fare accogliere agli ucraini le domande di Putin?

    Cioè chiama domande le indegne rivendicazioni territoriali già fatte proprie nel 2014 con l’annessione della Crimea, e che oggi vorrebbe estendere al Donbass, più probabilmente la rinuncia a tutti gli sbocchi a mare dell’Ucraina, Odessa compresa?

    Magari imponendo agli ucraini un vero e proprio diktat?

    Berlusconi deve essere proprio tanto amico di Putin per potere mortificare se stesso, la sua identità di convinto liberale sempre rivendicata e annullare quasi trent’anni di politica, sconfessando la natura stessa del suo partito, pur di appoggiare le insostenibili pretese di un signore della guerra del genere.

    O ha altre ragioni che in qualche modo lo costringono a fare queste dichiarazioni inaccettabili.

    Una cosa però è certa, l’inaffidabilità del personaggio.

    Perché dopo avere pronunciato queste affermazioni tanto forti quanto gravi, senza chiedere scusa e senza ritrattarle, non se ne può uscire a “chiarimento” con la dichiarazione che “FI si fonda su principi liberali, cristiani, garantisti, europeisti e atlantisti, ed è sempre dalla parte della libertà, della Democrazia e dell’Occidente e vuole porre fine alla guerra e garantire al popolo ucraino il suo legittimo diritto all’indipendenza e alla libertà, anche con le armi”, perché è evidente che nessuno con un minimo di senso logico gli potrà mai credere.

    La convention tematica di Napoli di FI, voluta per lanciare un piano europeo, anche per l’assenza di una reazione del partito alle dichiarazioni inaccettabili del suo fondatore, segnerà al contrario l’inizio del definitivo declino di FI quale partito di Destra liberale europeista, per difetto di credibilità e congenita inaffidabilità del suo leader, perché i valori della libertà e della democrazia non sono mai negoziabili, anche quando possono dispiacere agli amici.

  • Arriva il piano per la difesa Ue, via al fondo comune

    La guerra ucraina ha cambiato radicalmente i piani europei per l’autonomia strategica: quello che era considerato un ambizioso obiettivo sta diventando via via una necessità. Mercoledì prossimo, facendo seguito alle conclusioni del vertice di Versailles dello scorso marzo, la Commissione presenterà il piano Defend Eu per correre ai ripari su quelle che sono ritenute mancanze e sovrapposizioni nelle strategie di difesa dei Paesi membri. Il piano includerà un fondo ad hoc, non computato nel budget ordinario dell’Unione, per dare il là a investimenti europei nel campo della difesa e, soprattutto, per istituire degli appalti comuni nell’acquisto di armi.

    Di fronte alla minaccia russa, Palazzo Berlaymont ha voluto fare una profonda ricognizione dello status quo nel settore. E ha riscontrato “gravi carenze” che includono limiti nelle difese aeree di fronte ad attacchi con missili, droni, aerei, navi o carri armati, problemi logistici e di connettività nonché scarsità di munizioni. I motivi sarebbero soprattutto due: da un lato il progressivo depauperamento del Fondo europeo per la difesa e dall’altro lo scarso coordinamento tra gli Stati membri, punto quest’ultimo che più volte è stato rimarcato dall’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell. Uno degli obiettivi del Defend Eu è proprio quello di “deframmentizzare” la spesa militare dei 27 Paesi membri. Il piano chiaramente non prevede alcun smantellamento degli eserciti nazionali. E anche il contributo per il fondo comune, secondo quanto risulta dalle bozze che circolano in queste ore, sarà su base volontaria. La procedura perché il piano sia davvero in vigore non sarà breve e necessiterà dell’ok unanime dei 27. Martedì, in occasione della riunione dei ministri della Difesa Ue, il commissario al Mercato Interno Thierry Breton anticiperà l’iniziativa che, certamente, sarà sul tavolo del summit straordinario dei leader del 30 e 31 maggio.

    La settimana prossima potrebbe anche essere quella finalmente decisiva per il via libera al sesto pacchetto di sanzioni. La questione resta complessa, l’Ungheria non arretra e una soluzione non appare “vicina” hanno spiegato fonti europee dicendosi tuttavia ottimiste per i giorni che verranno. Bruxelles resta determinata a mantenere i 27 uniti e a non spacchettare le sanzioni dilazionando l’embargo al petrolio. Una diversa exit strategy sarebbe vista come “un fallimento”, ha spiegato un alto funzionario europeo. Ma per superare lo scoglio dei magiari (e le perplessità di altri Paesi orientali) servirà, per lo meno, venire incontro a Budapest sulle richieste dei fondi necessari per lo stop al greggio russo: circa 700 milioni che l’Ue potrebbe inserire nel piano RepPowerEu. Non è detto che basti. E l’impressione è che Viktor Orban voglia mantenere il punto fino al vertice dei leader.

  • Ciascuno faccia quello che deve

    La vittoria della Kalush Orchestra all’Eurovision Song Contest con una musica coinvolgente ed un brano le cui parole, dense di significato, riconducono anche i più giovani a valori imprescindibili come l’affetto per la propria madre e per la propria patria ha visto uniti popoli diversi in una scelta comune.

    Questo successo, che rappresenta per tutta l’Ucraina un nuovo inno di speranza, dovrebbe far comprendere, anche ai più distratti, la portata ed il valore della cultura e della determinazione di un popolo aggredito che ha visto uccisi i suoi cittadini inermi, rapiti bambini, seviziati civili, distrutte le proprie case e la propria economia, e che con determinazione continua a difendere l’integrità nazionale, il diritto e la libertà.

    L’Ucraina difende se stessa ma anche, per tutti noi, difende le regole internazionali che Putin ha coscientemente e volutamente calpestati e che invece devono continuare a rappresentare, per tutto il mondo, i limiti invalicabili oltre i quali c’è solo la barbarie.

    Mentre risuonano le note e ascoltiamo le parole d Stefania il nostro pensiero, come tutti i giorni, da molti giorni, è là nei cunicoli dell’acciaieria Azovstal tra i soldati feriti, i civili rimasti, i combattenti irriducibili e coraggiosi che vorremmo aiutare e salvare e per i quali continuiamo  a sperare.

    Ciascuno, per quello che può, faccia quello che deve.

  • La supremazia militare e l’indebolimento diplomatico

    In un contesto complesso e  problematico che solo una guerra può determinare e mantenendo come primario il  principio che impone sempre la  ricerca di una via diplomatica per creare le condizioni per il raggiungimento  ed il  mantenimento di un cessate il fuoco stabile, solo una irresponsabile visione suprema militare, incurante di ogni conseguenza politica e bellica, avrebbe avviato e velocizzato le procedure per l’ingresso della Finlandia e della Svezia all’interno della NATO. Una scelta che è espressione di una scellerata strategia militare, sovrapposta a quella  politica, incurante tanto della posizione dei due Paesi a ridosso della Russia (e della stessa Ucraina) quanto della tempistica assolutamente inopportuna.

    Questa disastrosa escalation di una seconda “guerra di posizione”, in aggiunta a quella del territorio ucraino,  posta in campo ed  imputabile in toto alla direzione della NATO, andrebbe quantomeno negoziata perché va ampiamente oltre i propri compiti e i perimetri di competenza, dimostrando, in più, probabilmente, come la vera intenzione non si debba individuare nella ricerca complessa e difficile di un accordo  con l’obiettivo di bloccare la guerra e le sue terribili conseguenze quanto in quella di aumentare la zona di ingerenza della Nato stessa fino alle porte della Russia, ponendo fine quindi al concetto di stati “cuscinetto non allineati”  i quali  avevano assicurato comunque un instabile equilibrio.

    In più, all’interno di questa incerta quanto impervia trattativa diplomatica vengono fornite, con questa iniziativa della Nato, nuove argomentazioni alla retorica russa, il che si traduce nell’indebolimento negoziale della posizione occidentale all’interno di una trattativa finalizzata al raggiungimento di  una tregua stabile. Un indebolimento pericoloso e progressivo anche in considerazione dell’opposizione della Turchia a tale allargamento ai paesi scandinavi la quale, a tutt’oggi, rappresenta l’unico negoziatore occidentale con la Russia di Putin.

    Sembra veramente incredibile come tutte le istituzioni politiche nazionali ed internazionali possano accettare supine l’ingerenza politica della NATO che si insinua anche all’interno delle strategie  diplomatiche che, invece, dovrebbero restare di  esclusiva  pertinenza  politica.

    Sostanzialmente l’autorità militare della NATO sta invadendo quello spazio istituzionale nazionale ed internazionale  ponendosi  come una autorità suprema militare al vertice decisionale e negoziale.

    Questo percorso della Nato rappresenta una pericolosa sovrapposizione da considerarsi imbarazzante per l’intero continente europeo il quale non può più venire considerato un modello democratico all’interno del quale le forze armate rappresentano un elemento di difesa dello stesso sistema istituzionale basato  sulla precisa separazione democratica dei poteri tra i  quali quello militare non viene previsto.

    La mancata percezione di questa sempre maggiore ingerenza  militare all’interno di  sfere di competenza prettamente politiche definisce inequivocabilmente anche il livello di sensibilità istituzionale della classe politica italiana ed europea incapaci persino di difendere le proprie prerogative istituzionali ed il sistema economico.

  • Guardare il proprio ombelico pensando di guardare il mondo

    In poco più di due anni la maggior parte delle nostre sicurezze sono venute meno: il covid ci ha dimostrato che ogni parte del mondo può essere colpita all’improvviso, la guerra in Ucraina che libertà, democrazia, diritto internazionale se non sono difesi diventano carta straccia bagnata di sangue.
    Entrambi gli avvenimenti hanno portato molti a riconsiderare vari aspetti delle nostre società evidenziando, se non ancora le soluzioni, almeno i problemi che ormai non possono più essere nascosti sotto il tappeto degli interessi finanziari, personali o degli Stati.
    Dobbiamo confrontarci con alcune inoppugnabili realtà:

    Non esiste, in un mondo che ha sposato in modo acritico la globalizzazione senza guida, uno strumento concreto per fare rispettare i principi cardine del diritto internazionale e la carta dei diritti fondamentali.
    La transizione ecologica è urgente, l’ecosistema, nella sua completezza e complessità, è gravemente minato, sostituire completamente, nell’immediatezza, le attuali fonti energetiche è impossibile ma si deve procedere il più celermente possibile mentre, invece, si rischiano ulteriori ritardi per la miopia di alcune forze politiche, le lentezze burocratiche e gli affari sporchi che non si riescono ancora a debellare.
    Il nuovo assetto delle aree di influenza, economica, politica e militare non sarà raggiunto in breve e non sarà immune da nuovi conflitti e azioni di forza in ogni campo, anche culturale, con la necessità di ridefinire chiaramente il concetto di libertà, individuale e collettiva, ed i conseguenti limiti e le necessarie garanzie.
    Lo sviluppo sostenibile non può prescindere dalla valutazione delle conseguenze, a medio e lungo termine, delle scelte che si fanno in ogni campo, compreso quello del progresso tecnologico. Vale la pena chiedersi quanto danno fanno e hanno fatto al riscaldamento globale i viaggi nello spazio per diporto, le migliaia di bombe, i continui esperimenti di nuove armi anche intercontinentali, l’uso smisurato della rete con il conseguente dispendio energetico.
    I diritti individuali e collettivi si devono coniugare con altrettanti  doveri, si deve tornare a far crescere la società nel rispetto di quelle esigenze che sono diverse a seconda dell’età dell’essere umano così che i più piccoli abbiano i tempi necessari per crescere e maturare, i più anziani siano rispettati, le persone con malattie o disabilità abbiano opportunità concrete.
    La funzione politica, per chiunque, non può prescindere dall’impegno ad acquisire  quella preparazione storica, geopolitica, sociale ed economica necessaria a garantire che chi rappresenta i cittadini, e a maggior ragione lo Stato, le istituzioni, sia in grado di farlo adeguatamente. La democrazia è un bene prezioso che va difeso anche dando agli elettori strumenti adeguati di conoscenza e valutazione e la difesa della libertà di stampa e del diritto di parola deve poter contare su una evidente distinzione tra la notizia ed il suo commento.
    Vorremmo, mentre c’è in corso una guerra con morti e feriti veri e il covid non è ancora sconfitto, che le forze politiche italiane cominciassero a ragionare di questi e dei tanti altri aspetti che, per ovvie ragioni di spazio, non ho elencato. Vorremmo, proprio in vista delle amministrative e delle prossime politiche, che si smettesse di innaffiare solo il proprio orticello perché i voti servono a poco se non si è poi in grado di governare, come gli ultimi anni hanno dimostrato.
    Sentiamo parlare di Pace alcuni  politici che fino a poco tempo fa avevano grande simpatia ed ammirazione per Putin, l’uomo i cui eserciti hanno già commesso crimini orrendi in Cecenia, Georgia, Siria, il presidente che ha invaso ed occupato la Crimea mentre tanti dei suoi avversari, giornalisti, funzionari, oligarchi sono stati e sono uccisi o imprigionati.
    La pace è un concetto serio non da battute sui giornali e in tv per acquisire qualche ipotetico voto, la pace si ottiene con capacità, lavoro, diplomazia e la pace non può essere mai una resa a chi invade la tua casa, la distrugge ed uccide i tuoi figli.

    Non rimaniamo stupiti per certe dichiarazioni da Conte e Salvini ad alcuni sindacati e movimenti di estrema sinistra, non rimaniamo  stupiti perché, purtroppo, siamo abituati a sentire parlare per fare aria ai denti senza comprendere i danni che si fanno con certe affermazioni. La pace si può ottenere solo se al tavolo delle trattative l’Ucraina potrà sedersi da Paese libero ed indipendente e per difendere libertà ed indipendenza è necessario poter respingere l’invasione e la violenza dei russi, cosa che si può fare solo con le armi. Se poi qualcuno preferisce che l’Ucraina scompaia e che i suoi abitanti siano deportati od uccisi lo dica chiaramente, l’Italia è un Paese dove si può dire tutto e il contrario di tutto.

    Se crediamo veramente nella pace parliamone meno in tv e mettiamo in piedi iniziative concrete per cercare di aprire quegli spiragli che ora le bombe ed i missili di Putin hanno chiuso.

    La pace si ottiene guardando alla realtà, al mondo e non fissando il proprio ombelico convinti di essere uomini politici mentre si è solo persone di parte.

  • La Guerre en Ukraine et la Bataille de Varsovie (1920)

    Riceviamo un articolo dal Club Danton che pubblichiamo

    La Guerre en Ukraine et la Guerre Russo-Polonaise de 1920 sont très semblables.

    Il est important de comprendre que le but des Russes était de propager le communisme à toute l’Europe, avec une coordination avec les communistes et certains restes de l’armée allemande, avec pour but de prendre Berlin et Paris.

    La Pologne venait juste de recouvrer son indépendance, et l’armée polonaise, qui avait fait la guerre aux côtés de Français, était la base des forces polonaises.

    La France avait détecté très tôt les volontés de Lénine et Trotski, dont dépendait l’armée Russe du Nord contre la Pologne.

    La France a envoyé des quantités massives d’armements résidus de la guerre de 14 avec 400 officiers chargés de l’instruction des forces polonaises. Ils avaient interdiction de participer aux combats, mais ils se sont intégrés dans leurs armées. Pendant ce temps-là, les dockers communistes anglais refusaient de charger les armes à destination de la Pologne.

    Et c’est le général Weygand qui a eu le rôle de chef d’État-Major, à la base du retournement des attaques vers les arrières russes.

    On a appelé cela le Miracle de la Vistule (15 Août) car les chances de victoire étaient minimes. Les troupes polonaises ont poursuivi l’armée russe en retraite et s’avançaient sur Moscou, lorsque les Français et les Anglais les ont arrêtées.

    Espérons qu’il en sera de même en Ukraine.

  • La metamorfosi istituzionale europea

    Tutti noi siamo a conoscenza ed in grado di riconoscere chi sia, in questa terribile guerra, l’aggressore e la nazione (intesa come popolazione) vittima. La frase del Presidente del Parlamento Europeo Metsola “Continueremo con le sanzioni alla Russia e gli aiuti a Kiev. L’Ucraina vincerà” rappresenta tuttavia una chiara espressione di una coalizione di Stati (Ue) già in guerra ed intrisa di una sorta di integralismo ideologico e finalizzata a galvanizzare le truppe.

    Ma veramente si crede, o lo crede la rappresentante del Parlamento europeo, di vincere (1. una battaglia? 2. la guerra? Non è ancora dato sapere) inviando qualche miliardo di armamenti allo stato aggredito ed applicando delle sanzioni economiche le quali stanno, invece, testimoniando il ridicolo livello di coesione europeo ed il cui unico effetto finora è stato solo quello di mettere in ginocchio il sistema industriale ed economico europeo ed italiano in particolare?

    Nessuno intende contestare la pericolosità di Putin e il dramma di una possibile estensione della guerra, ma proprio per evitare queste problematiche, sarebbe opportuno che un’istituzione come l’Unione Europea si facesse portavoce di un messaggio di mediazione e contemporaneamente si prodigasse per una conferenza di pace che riuscisse a portare allo stesso tavolo Russia ed Ucraina.

    Proprio rispondendo a questo spirito si dovrebbe cogliere e valorizzare l’apertura politica di Zelensky il quale si è dichiarato disponibile ad avviare una trattativa diplomatica con Putin che parta dai confini del 23 febbraio 2022 e non più da quelli del 2014 e quindi si dovrebbe trasformarla in una vera e propria opportunità diplomatica.

    L’Unione Europea, invece, si allinea alle posizioni “politiche” della Nato la quale, per voce del proprio segretario, ha dichiarato la propria contrarietà all’apertura di una trattativa diplomatica su queste basi.

    Viene da chiedersi quale metamorfosi istituzionale abbia interessato l’UE e i maggiori stati membri i quali riconoscono ad una organizzazione militare (la Nato), per giunta di difesa, la possibilità di intervenire nel dibattito politico istituzionale internazionale quando dovrebbe esprimere un parere solo ed esclusivamente nel caso venisse richiesto da un Paese membro e sempre nell’ambito delle proprie competenze militari di difesa.

    Il livello della inaccettabile intromissione nel contesto politico di una istituzione militare come la Nato nell’attività politica ed istituzionale indica senza alcuna ombra di dubbio il livello di metamorfosi istituzionale e di rappresentanza che investe l’intera Europa  e i Paesi che la compongono.

    Andrebbe ricordato, infatti, al presidente del Parlamento europeo e a tutti gli Stati Membri come due dovrebbero essere, ora più che mai, le priorità di tutti i vertici europei, e a maggior ragione italiani, in un contesto di guerra e dopo due anni di pandemia.

    Sicuramente la prima è individuabile nel tentativo di bloccare la guerra e favorire le condizioni per il mantenimento di un cessate il fuoco il più possibile duraturo indipendentemente dalle considerazioni politiche relative alle cause e ai responsabili della stessa.

    Ne esiste, poi, una seconda, altrettanto importante, rappresentata dalla improcrastinabile volontà di riportare al centro dell’attività dell’Unione Europea lo sviluppo economico europeo dopo due anni di terribile pandemia partendo dalla considerazione, forse non troppo chiara ai vertici politici nazionali ed europei, di come le popolazioni non possano continuare a sopportare ancora gli effetti di queste politiche estere irresponsabili i cui costi, ancora una volta, andranno a ricadere sulle fasce deboli della popolazione. (*)

    Il nostro Paese e l’Europa sono già in “guerra” dal marzo 2020 e francamente meriterebbero una maggiore attenzione rispetto a quella dedicata dai governi degli ultimi anni, anche solo come forma di rispetto delle istituzioni nazionali ed europee, nei confronti dei propri cittadini.

    (*) La Fao calcola ad oggi in 200 milioni le popolazioni che non avranno più la possibilità di alimentarsi per il blocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina.

  • Putin, il narcisista che si sente uno zar

    In queste settimane ci sono state molte supposizioni, non solo in occidente, su presunte malattie del presidente russo. Presunte malattie che avrebbero, secondo indiscrezioni ed osservazione dei filmati, spiegato i suoi comportamenti e le nefaste conseguenze che ne sono derivate per tutti.

    Intanto la guerra continua in un’escalation di violenza che travolge anche migliaia di giovani russi portati a morire, come carne da cannone, sul campo di battaglia. Le crudeltà ed efferatezze verso i civili ucraini, spesso torturati prima di essere uccisi, si moltiplicano mentre continua la distruzione sistematica di città e villaggi. Non sappiamo, ovviamente, se Putin prenda farmaci per curare questo o quel problema, quello che comunque è chiaro, dai suoi comportamenti anche passati, è il suo narcisismo. Come tutti i narcisisti ha fantasie grandiose, progetti di illimitato potere e successo e, come tutti i narcisisti, se non è soddisfatto prova rabbia ed ira.

    il narcisismo è un disturbo della personalità caratterizzato tra l’altro da egocentrismo e incapacità a provare empatia emotiva, e porta a fidarsi solo di se stessi trovando tutti gli altri inferiori ed inadeguati. I narcisisti hanno una grandissima percezione di se ed ogni critica è vista come un attacco personale, si sentono superiori agli altri con i quali non amano avere contatti ravvicinati. I narcisisti sanno essere convincenti, carismatici e manipolatori e non dimenticano o perdonano presunti torti subiti. All’origine del disturbo ci possono anche essere problemi e traumi legati all’infanzia.

    Forse sarebbe bene che coloro che intendono provare nuovamente ad avere un incontro con Putin, per continuare sulla sempre più difficile strada di un compromesso di pace o almeno di armistizio, studino quali sono i comportamenti ed i modi di dialogo che è meglio tenere con un narcisista, specie quando questi  si sente uno  zar.

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