guerra

  • Testimonianze di crudeltà, sofferenze ed inganni istituzionali

    L’arroganza, la presunzione, il protagonismo, l’invidia:

    questi sono i difetti da cui occorre guardarsi.

    Plutarco

    Da 68 giorni ormai continua la guerra in Ucraina. Dal 24 febbraio scorso, quando le truppe armate russe entrarono nei territori ucraini, violando la sovranità di una nazione indipendente e membro dell’Organizzazione delle Nazione Unite, la popolazione ucraina sta subendo tutte le crudeltà della guerra. Di quella guerra che il dittatore russo e la sua propaganda cinicamente l’hanno considerata e continuano a farlo, come “un’operazione militare speciale”. Di quella guerra che, dal 5 marzo scorso, in Russia è vietata per legge considerarla come tale: chi trasgredisce rischia una pena fino a 15 anni di carcere. Una guerra che non riguarda soltanto e purtroppo i cittadini ucraini, ma per le dirette e/o indirette conseguenze derivate, riguarda anche i cittadini di molti altri Paesi. Perciò riguarda, purtroppo, tutti noi. Si, perché le mancate forniture di gas, di altri carburanti, nonché di generi alimentari di primissima necessità, come il grano, il mais, l’olio alimentare ecc., ormai stanno generando una crisi multidimensionale e a livello globale. Secondo un alto rappresentante del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite “…quasi 4,5 milioni di tonnellate di grano sono state bloccate nei porti ucraini a causa dell’invasione russa”. Sottolineando e ribadendo che “…La fame non dovrebbe diventare un’arma”. Ma, dati e fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo alla mano, il dittatore russo e/o chi per lui stanno usando quell’arma consapevolmente ed irresponsabilmente non solo contro gli ucraini, ma in una vasta scala globale. La stessa allarmante situazione l’ha confermata oggi anche il presidente ucraino. Secondo lui “…Il conflitto in Ucraina potrebbe innescare una crisi alimentare che interesserà tutti i Paesi del mondo”. Egli ha affermato anche che “…l’Ucraina potrebbe perdere decine di milioni di tonnellate di grano perché la Russia ha bloccato i suoi porti sul Mar Nero”. Ragion per cui diventa obbligatorio, seguire sempre con la massima attenzione e trattare con la massima responsabilità quanto accade in Ucraina. Ma anche capire le ragioni che hanno portato ad una simile, grave, preoccupante, pericolosa e drammatica situazione. Comprese tutte le derivanti conseguenze.

    Le crudeltà dell’invazione russa in Ucraina e della spietata aggressione che continua ormai da 68 giorni ha causate molte vittime tra gli inermi, innocenti ed indifesi cittadini. Solo nella martoriata Mariupol, la “città di Maria”, secondo quanto ha dichiarato ieri il sindaco, le vittime sembrerebbe siano veramente molte. Paragonando quelle attuali alle vittime della seconda guerra mondiale, il sindaco di Mariupol affermava ieri che “Nell’arco di due anni, i nazisti uccisero circa 10mila civili a Mariupol. Gli occupanti russi ne hanno uccisi 20 mila in due mesi. Oltre 40 mila persone sono state trasferite con la forza”. Per lui si tratta di “…uno dei peggiori genocidi di una popolazione pacifica della storia moderna”. E riferendosi proprio ai crimini di guerra, proprio ieri la procuratrice generale ucraina dichiarava che “…sono oltre 9 mila, nel dettaglio 9.158, i casi di crimini di guerra indagati in Ucraina e che sarebbero stati commessi dalle forze russe dall’inizio dell’invasione”. Mentre l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati rapportava oggi che “…sono più di 5,5 milioni le persone che sono fuggite dall’Ucraina dall’inizio dell’invasione russa”. Solo nella regione di Kiev “…Sono 219 i bambini uccisi e 405 quelli rimasti feriti in Ucraina dall’inizio della guerra lanciata dalla Russia lo scorso 24 febbraio”. L’ha confermato oggi il procuratore generale della capitale ucraina. E riferendosi solo alla regione di Kiev, il capo della polizia della regione ha dichiarato oggi pomeriggio che “Purtroppo, abbiamo reperti orribili e abbiamo registrato i crimini commessi dall’esercito russo nella regione di Kiev quasi ogni giorno. Dei 1.202 corpi di civili uccisi, 280 sono ancora da identificare”. E queste sono una minima parte di quanto è accaduto in Ucraina dall’inizio della guerra 68 giorni fa e che continua ad accadere. Purtroppo si tratta di numeri che inevitabilmente sono destinati ad aumentare con il passare dei giorni. Oggi pomeriggio l’Ufficio dell’organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti umani ha rapportato che in Ucraina “… sono 3.153 i morti accertati fra i civili dopo l’invasione russa del 24 febbraio”. Ribadendo però che “…si tratta delle uccisioni verificate, ma che il vero numero potrebbe essere molto più alto”.

    Dopo lunghe e difficili trattative tra i rappresentanti istituzionali ucraini, insieme con quelli dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e del Comitato internazionale della Croce Rossa da una parte e i rappresentanti russi dall’altra si è arrivato finalmente a un accordo d’evacuazione. Grazie a quell’accordo sono cominciati ieri, domenica, e stanno continuando anche oggi ad uscire i primi gruppi di civili assediati da diverse settimane nei sotterranei del complesso siderurgico di Mariupol. La “città di Maria”, pesantemente bombardata da settimane con artiglieria, missili di ogni genere e ormai rasa al suolo, è diventata la città simbolo delle barbarie, della spietatezza e della programmata devastazione messa in atto dalle forze armate russe in Ucraina. Le immagini trasmesse in diretta dalle emittenti televisive locali ed internazionali testimoniano le drammatiche e vissute sofferenze di centinaia di donne e bambini asserragliati da tempo ed in condizioni disumane nei sottofondi dell’acciaieria di Mariupol. Quel complesso siderurgico, o meglio quello che è rimasto dopo pesanti e lunghi bombardamenti, rappresenta anche l’ultimo baluardo dove si sono ritirati e stanno continuando la loro resistenza anche i militari del battaglione Azov. Le immagini, trasmesse durante le ultime ore oggi mostrano donne e bambini che sembra uscissero dalle tenebre, dalle catacombe. Riuscivano con molta difficoltà ad abituarsi alla luce naturale. Sono delle testimonianze viventi della crudeltà degli invasori russi, che hanno causato tante privazioni e tante sofferenze umane per i civili asserragliati nei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol, la martoriata “città di Maria”. Ma sono, allo stesso tempo, anche delle testimonianze viventi ed inconfutabili che evidenziano, smentiscono e denunciano tutti gli inganni istituzionali e della propaganda russa, da quando è cominciato questa sanguinosa e orrenda guerra.

    Ieri, domenica 1 maggio, il ministro degli Esteri russo durante un’intervista a “Zona Bianca”, un programma di approfondimento politico di Rete 4 (Mediaset; n.d.a.), ha dichiarato tra l’altro, che “…La denazificazione dell’Ucraina non è argomento delle negoziazioni ma esiste”. Mentre per il battaglione Azov che sta difendendo eroicamente dall’inizio della guerra Mariupol ha dichiarato che “[esso] sostiene apertamente Hitler e il suo credo”. Il battaglione per il quale, oggi, il presidente ucraino ha dichiarato che “… fa parte della Guardia nazionale”. Il ministro degli Esteri russo, durante la sopracitata intervista televisiva, riferendosi alle origini ebree del presidente ucraino ha affermato che “…anche Hitler aveva origini ebree, i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo hanno subito suscitato la reazione delle massime autorità istituzionali in Israele, ma anche dei rappresentanti delle istituzioni in Ucraina e delle altre organizzazioni. Sono “gravi” per il primo ministro di Israele le dichiarazioni del ministro russo. Aggiungendo anche che…si smetta immediatamente di ricorrere alla Shoah (parola ebraica che significa catastrofe, disastro e distruzione; n.d.a.) del popolo ebraico come strumento per polemiche politiche”. Per il ministro degli Esteri di Israele le parole del suo omologo russo sono “imperdonabili, oltraggiose e un errore storico”. Riferendosi alla Shoah del popolo ebreo durante la seconda guerra mondiale, il vice presidente della Commissione europea ha detto oggi che “I commenti di Lavrov sulla Shoah sono inaccettabili”. Aggiungendo anche che “Qualsiasi tentativo di trasformare le vittime della Shoah in carnefici è inaccettabile”. Mentre per il ministro degli Esteri ucraino le dichiarazioni dell’omologo russo fatte ieri “…Più in generale, dimostrano che la Russia di oggi è piena di odio verso le altre nazioni”.  Un simile parere lo ha espresso oggi anche uno dei consiglieri del presidente ucraino, per il quale “…Mosca sta semplicemente cercando argomenti per giustificare gli omicidi di massa degli ucraini”. Per il presidente di Yad Vashem il Museo della Memoria di Gerusalemme, le parole del ministro russo sono “False, deliranti e pericolose”, aggiungendo che si tratta di affermazioni “degne di ogni condanna”. Ha reagito anche la Comunità ebraica di Roma, tramite la sua presidente. Per lei “Le affermazioni del Ministro degli Esteri russo Lavrov sono deliranti e pericolose”.

    L’autore di queste righe valuta che, riferendosi alle sopracitate dichiarazioni del ministro degli Esteri russo, sarebbe proprio il caso di fare riferimento al Salmo 12 dell’Antico Testamento, quello attribuito a Davide, re degli ebrei.  Sono molto significativi i seguenti versi del Salmo: “Si dicono menzogne l’uno all’altro, labbra bugiarde parlano con cuore doppio. Recida il Signore le labbra bugiarde, la lingua che dice parole arroganti” (Salmo 12/3-4).

    Gli stessi versi sono molto significativi anche per degli altri rappresentanti diplomatici. Ma non in Ucraina e neanche in Russia. Bensì in Albania. Si tratta dell’ambasciatrice statunitense che, da quanto è stata accreditata, ha palesemente e consapevolmente violato quanto prevede l’articolo 41 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Lo ha fatto in ogni occasione presentata e/o creata “a proposito” per appoggiare, accreditare qualsiasi azione governativa. Ma anche per giustificare e/o addirittura offuscare e, se possibile, annientare qualsiasi scandalo governativo. E questi ultimi sono innumerevoli, sempre milionari e in palese violazione delle leggi in vigore. La stessa ambasciatrice, dati e fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, sta coprendo anche il voluto, ben programmato ed altrettanto bene attuato fallimento della riforma del sistema della giustizia in Albania. Tutto per mettere il sistema sotto il controllo personale del primo ministro e/o di chi per lui. L’autore di queste righe da anni ormai e molto spesso, partendo dal 2016, quando sono stati approvati gli emendamenti costituzionali per avviare la Riforma del Sistema di giustizia, ha informato il nostro lettore con la necessaria oggettività di tutto ciò. Ebbene il 12 aprile scorso è stato pubblicato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America il Rapporto annuale sui diritti dell’Uomo. Il contenuto del capitolo sull’Albania è stato molto critico, evidenziando anche il controllo del sistema “riformato” della giustizia, la corruzione, il controllo, il condizionamento e la manipolazione dei risultati elettorali da parte delle istituzioni governative, il controllo crescente del potere politico sui media e tanto altro. Si tratta proprio dell’esatto contrario di quello che da anni l’ambasciatrice statunitense, dipendente proprio di quel Dipartimento di Stato, ha fatto e sta cercando di fare tuttora. Chissà perché ed in cambio di che cosa?!

    Chi scrive queste righe è convinto che l’ambasciatrice statunitense in Albania è diventata, nolens volens, una “validissima sostenitrice” di tutte le malefatte del primo ministro e dei suoi. Mettendosi così in palese violazione non solo dell’articolo 41 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Ma così facendo lei si è messa anche in palese contrasto con quanto viene scritto da anni sull’Albania nei rapporti ufficiali del Dipartimento di Stato, suo datore di lavoro. Così facendo però lei sta appoggiando il consolidamento della nuova dittatura sui generis in Albania, come da anni sta cercando modestamente di denunciare chi scrive queste righe. E in tutto quello che l’ambasciatrice statunitense ha fatto e sta facendo si nota la sua arroganza, la sua presunzione, il suo protagonismo. Non si sa se si tratta anche della sua invidia. Ma invidia o no, secondo il saggio Plutarco, tutti gli altri rappresentano dei difetti dai quali occorre guardarsi.

  • Un filo conduttore di menzogne

    Che esista uno stretto filo conduttore tra l’Unione sovietica e l’attuale Unione russa è chiaro da tempo e l’intervista al ministro Lavarov lo ha reso evidente anche a quella parte del mondo che, per interesse o vigliaccheria, cercava di negarlo. Un filo conduttore di menzogne, contro informazione, disinformazione mischiate con impudenza ed indifferenza rispetto alla realtà.

    Il modo di operare della dirigenza russa e dei suoi servizi segreti, da sempre, è negare l’evidenza, confondere le acque, mentire comunque ed accusare gli altri, sempre, non importa che i fatti reali siano diversi, opposti, da quello che loro sostengono. Chi mente in modo spregiudicato sa che può far nascere un dubbio e, a forza di mentire anche a se stesso, si convince di potere modificare la realtà secondo i propri interessi, mente sapendo di mentire perché quella menzogna è la sua verità.

    I droni ed i satelliti hanno fotografato i morti abbandonati nelle strade durante l’occupazione russa, giornalisti di tutto il mondo hanno visto le fosse comuni, le persone uccise da colpi alla nuca mentre erano legate ed imbavagliate. Le città rase al suolo, le case, gli ospedali, le scuole, i teatri che sono ormai solo macerie non possono essere negati, i cittadini di Mariupul costretti a vivere senza acqua e cibo, obbligati a non poter scappare, i costanti bombardamenti sull’acciaieria dove vi sono civili, bambini, feriti, le violenze fatte alle donne hanno migliaia di testimoni ma Lavarov dice che non è vero e il mondo dovrebbe credere a lui? A lui e al suo padrone Putin il blasfemo?

    Il delirio di onnipotenza del presidente russo sta per infrangersi contro la dura realtà: non si riescono a sterminare i popoli che hanno scelto la libertà e quelle menzogne che avevano reso forti Putin e i suoi soci e servitori ora, nonostante la tragedia della guerra, li stanno rendendo ridicoli.

    Cosa ci può essere di più ridicolo di un ministro degli Esteri di uno dei più grandi Stati del mondo che, nell’aplomb del suo abito di sartoria, nega le affermazioni che ha fatto lui stesso i giorni precedenti e paragona il presidente ucraino a Hitler sostenendo che anche il Führer era ebreo?

    Agghiacciante, inverecondo, patetico ma anche assurdo e ridicolo, ridicolo che un uomo, Putin, per sentirsi potente debba viaggiare con la valigetta del nucleare al seguito ed un altro, per compiacere il suo capo, debba mentire, sapendo di mentire, davanti a mezzo mondo.

    Il nuovo pericolo che dobbiamo saper prevenire ed affrontare è quello che deriverà dal loro rendendosi conto di come sia ormai impossibile sfuggire alla realtà dei crimini che hanno commesso e cerchino di alzare sempre di più l’asticella dell’orrore.

  • Ukraine crisis: Why India is buying more Russian oil

    As calls continue for India to keep its distance from Moscow after the invasion of Ukraine, its oil purchases from Russia have more than doubled from last year.

    The Indian government has defended the move to buy Russian oil, and said what it buys from Russia in a month is less than what Europe buys from Russia in an afternoon.

    Why is India buying more Russian oil?

    India has taken advantage of discounted prices to ramp up oil imports from Russia at a time when global energy prices have been rising.

    The US has said that although these oil imports do not violate sanctions, “support for Russia…is support for an invasion that obviously is having a devastating impact”.

    UK Foreign Secretary Liz Truss also urged India to reduce its dependence on Russia during a trip to Delhi in March, which took place at the same time as a visit by the Russian foreign minister, Sergei Lavrov.

    Mr Lavrov told his Indian counterparts that Russia was willing to discuss any goods that India wanted to buy and urged that payments be made in roubles.

    Where does India get its oil?

    After the US and China, India is the world’s third-largest consumer of oil, over 80% of which is imported.

    But in 2021, only around 2% of its total oil imports (12 million barrels of Urals crude) came from Russia, according to Kpler, a commodities research group.

    By far the largest supplies last year came from oil producers in the Middle East, with significant quantities also from the US and Nigeria.

    In January and February, India didn’t import any oil from Russia.

    But so far, the amount of Urals oil contracts made for India covering March, April, May and June – around 26 million barrels – is higher than the quantity purchased during the whole of 2021, according to Kpler.

    What’s the deal India is getting?

    Following its invasion of Ukraine, there are now fewer buyers for Russia’s Ural crude oil, with some foreign governments and companies deciding to shun Russian energy exports, and its price has fallen.

    While the exact price of the sales made to India is unknown, “the discount of Urals to Brent crude [the global benchmark] remains at around $30 per barrel”, says Matt Smith, an analyst at Kpler.

    These two types of crude normally sell at a similar price.

    At one point in March, as the price of Urals crude continued to drop, the difference between them reached an all-time record, he adds.

    So “India is likely to purchase at least some of this [Russian] crude at a significant discount,” he says.

    What’s the impact of financial sanctions?

    Although the price is attractive, India’s big refining companies are facing a challenge trying to finance these purchases, because of sanctions on Russian banks.

    It’s a problem facing trade in both directions.

    One of the options India is looking at is a transaction system based on local currencies, where Indian exporters to Russia get paid in roubles instead of dollars or euros.

    The US has made clear its reservations with this, saying it could “prop up the rouble or undermine the dollar-based financial system”.

    Where else is India looking to buy oil?

    India’s oil imports from the US have gone up significantly since February, according to analysts at Refinitiv.

    However, market analysts say this may not be sustainable in the future as the US seeks to use its domestic oil production to replace supplies from Russia after its invasion of Ukraine.

    There are also suggestions that trade with Iran could resume under a barter mechanism which Indian oil refiners could use to buy its oil. This arrangement stopped three years ago, when the US re-imposed sanctions on Iran.

    But this is unlikely to resume without a wider deal reached in international negotiations with Iran over its nuclear programme.

  • L’Unesco denuncia che in Ucraina sono stati distrutti quasi 100 siti di pregio

    Cittadini che circondano statue e monumenti con sacchi di sabbia e fortificazioni improvvisate a Kiev, Leopoli, Odessa e tante altre città del Paese. Libri e opere d’arte spostate in luoghi più sicuri. È l’altra resistenza ucraina, quella culturale: fatta di storia, arte, fede e un passato che non vuole essere cancellato. Anch’essa vittima della guerra, come i civili (adulti e bambini, senza alcuna distinzione) e i quartieri delle città; mentre l’Unesco avverte che sono “quasi 100, finora, i siti culturali e religiosi che hanno subito danni dall’inizio dell’invasione russa il 24 febbraio”.

    “La soglia dei cento beni danneggiati o totalmente distrutti sarà raggiunta domani o dopodomani, finora siamo a 98 siti e monumenti elencati in otto regioni del paese”, ha dichiarato il 13 aprile all’Afp il Direttore del Centro per il Patrimonio Mondiale dell’Unesco, Lazare Eloundou Assomo, precisando che nell’elenco figura una vasta gamma di siti, compresi alcuni di epoca medioevale e altri risalenti al periodo sovietico. Un numero destinato ad aumentare, anche perchè, se alcune aree stanno diventando accessibili solo ora, altre sono ancora teatro di combattimenti via via più intensi.

    “Finora nessuno dei sette siti Unesco dell’Ucraina ha subito danni”, ha rassicurato Lazare Eloundou Assomo. Tuttavia c’è preoccupazione per i monumenti delle città di Kharkiv e per il centro storico di Chernihiv, pesantemente colpiti dai russi. Paese ponte tra Oriente e Occidente, l’Ucraina vanta sette siti (sei culturali e uno naturale) tutelati dall’Unesco: la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, il centro storico di Leopoli, l’arco geodetico di Struve, le antiche faggete primordiali dei Carpazi, la residenza dei metropoliti bucovini e dalmati, l’antica città di Kherson e, infine, 16 chiese (tserkvas) in legno nella regione dei Carpazi.

  • Il “nuovo” tennis della regressione medioevale

    La unicità dei valori espressi dal mondo dello sport nasce dalla distinzione rispetto ai contesti storico-politici nei quali viene praticato e dalla sostanziale lontananza dalle azioni e dalle scelte delle diverse nazioni di appartenenza dei singoli atleti. Allo sport andrebbe sempre confermato il riconoscimento della propria specificità nella quale tutti gli atleti di ogni nazione si impegnano in allenamenti e sacrifici (talvolta anche ben remunerati) e dovrebbe rappresentare l’occasione per dimostrare di possedere una cultura di livello accettabile con la consapevolezza dei valori e contesti diversi da quelli ormai sempre più invadenti della politica.

    Lo sport sublima e valorizza la performance atletica e la propone agli spettatori negli stadi o attraverso la televisione, indipendentemente dalla provenienza geografica dell’atleta e dalle proprie singole posizioni politiche o attitudini sessuali, assolutamente ininfluenti nel conseguimento del risultato sportivo.

    Talvolta la retorica politica cerca di impossessarsi dei risultati di un atleta per promuovere una propria retorica ma quasi sempre con scarsissimi risultati.

    La triste decisione di escludere dal prossimo torneo di Wimbledon gli atleti di origine russa e bielorussa, ed ora maldestramente adottata dal Presidente del Consiglio Draghi, rappresenta invece la negazione dei valori di fratellanza ed uguaglianza dei quali ogni sport da sempre si deve rendere interprete e portatore. (*)

    Se poi tale posizione, favorevole all’esclusione degli atleti semplicemente sulla base della propria provenienza geografica, viene addirittura sostenuta dal Presidente del CONI allora ci troviamo di fronte all’ennesima conferma di come gli enti rappresentativi dello sport rappresentino una semplice quanto banale emanazione di accordi politici basati sui più dozzinali accordi e scambi di interesse personali.

    In questo contesto allora il declino culturale del nostro Paese, una volta culla della cultura, ci avvicina sempre molto più all’era medioevale. Anche perché se, come vengono addotti dai sostenitori di questo apartheid geografico, si vivesse veramente in tempi di guerra allora le competizioni andrebbero sospese in attesa di una tregua rendendo così lo sport stesso un valido strumento di pressione politica negli scenari di guerra.

    Viceversa l’ipocrisia dominante non intende rinunciare ad una forma di business assicurata dalle manifestazioni sportive ma contemporaneamente vorrebbe pure “sbiancarsi” l’anima.

    Mai come ora lo sport dovrebbe, invece, rappresentare, rispetto al contesto circostante, un’area distinta in grado di promuovere valori alti della cultura contemporanea all’interno della quale sia possibile ritrovare ancora vivi, ed anzi rafforzati, tutti i sentimenti di uguaglianza e fratellanza dei quali una volta lo sport si faceva interprete e non come adesso ridotto a misero supporto alla propaganda  politica.

  • A ciascuno secondo le proprie responsabilità

    Dire le bugie è un difetto e le bugie sono sempre inutili perché, prima o poi,

    si sa la verità e ci si guadagna solo la vergogna di averle dette.

    Jules Renard

    La guerra in Ucraina purtroppo sta continuando da 62 giorni. Da quel 24 febbraio scorso, quando le truppe armate cominciarono quello che il presidente russo chiamò “un’operazione militare speciale”. E guai se qualcuno, chi che sia, parlasse invece di una guerra. Guai, perché soltanto alcuni giorni dopo l’invasione dei territori ucraini, il parlamento russo approvò in fretta e furia. il 4 marzo scorso. una legge che fu decretata subito dopo dal presidente ed entrata in vigore il 5 marzo. Una legge, l’unico obiettivo della quale era quello di impaurire e dissuadere chiunque avesse intenzione di considerare e trattare quello che stava accadendo in Ucraina dal 24 febbraio come una guerra. In caso contrario, essendo considerato “traditore”, perché stava consapevolmente operando contro “l’interesse nazionale”, per ogni cittadino russo la pena sarebbe stata fino a 15 anni di carcere. Da 62 giorni ormai quanto sta accadendo in Ucraina denuncia però proprio una sanguinosa e spietata guerra che ha causato molte vittime tra gli inermi ed indifesi cittadini ucraini. Ogni giorno che passa si stanno rendendo pubblici ulteriori casi di una barbara e consapevole crudeltà, attuata dai russi. Domenica scorsa si celebrava la Pasqua ortodossa, ma nessuna tregua è stata concessa in modo che i credenti ucraini potessero onorare i riti religiosi e festeggiare. A niente sono valsi neanche gli appelli di Papa Francesco al patriarca della chiesa russa Kirill, convinto sostenitore del presidente russo. Ragion per cui in nessuna città ucraina è stata possibile celebrare la messa a mezzanotte; un importante rito ortodosso. Domenica scorsa, giorno della Pasqua ortodossa, non solo non è stata concessa nessuna tregua, ma, addirittura, sono continuati i pesanti bombardamenti dell’artiglieria e gli attacchi missilistici. Soltanto ad Odessa, dai bombardamenti dal mare Caspio, sono state uccise otto persone. Compresa una giornalista ucraina e sua figlia di soli tre mesi. Il 25 aprile i russi hanno bombardato cinque stazioni ferroviarie nella parte centrale ed occidentale dell’Ucraina. Sono stati, purtroppo, diversi i morti e i feriti soltanto da quei bombardamenti. Nel frattempo la Commissione europea ha proposto ieri alcuni emendamenti alle normative dell’Eurojust (l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale; n.d.a.). Un’agenzia, il cui obbligo istituzionale è quello di aiutare le amministrazioni nazionali a collaborare per combattere il terrorismo e gravi forme di criminalità organizzata che interessano più di un Paese dell’Unione. Ieri la Commissione europea ha chiesto perciò quegli emendamenti proprio per dare all’agenzia “la possibilità legale di raccogliere, conservare e condividere le prove dei crimini di guerra”. Perché, facendo riferimento a quanto sta accadendo in Ucraina dall’inizio della sanguinosa e spietata guerra, risulterebbe che “…a causa del conflitto in corso, è difficile immagazzinare e conservare le prove in modo sicuro in Ucraina”. In seguito “all’operazione speciale”, da un rapporto ufficiale dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, reso noto il 24 aprile scorso, risulta che il numero esatto dei profughi ucraini è 5.186.744. In più, all’interno dell’Ucraina, gli sfollati sono oltre 7,7 milioni.

    Le notizie che ogni giorno arrivano dalle varie città, o meglio da quello che è rimasto dalle varie città ucraine, sono veramente drammatiche e molto preoccupanti. Preoccupanti, ma anche ciniche, come la notizia resa nota oggi dal ministro della Difesa ucraino. Secondo lui anche durante questi ultimi giorni “…si stanno susseguendo contro il territorio ucraino una serie di attacchi missilistici senza precedenti”. Lui ha ribadito anche che “…Nella fase attuale i combattimenti più pesanti si svolgono sul fronte orientale. Nonostante le richieste del presidente Volodymyr Zelensky di dichiarare una tregua durante le vacanze della Pasqua ortodossa, che si è celebrata domenica, il nemico ha lanciato una serie di attacchi missilistici senza precedenti […] Con particolare cinismo sui missili lanciati dai russi è stata apposta la scritta ‘Cristo è risorto'”. Sempre oggi l’autorità nucleare statale ucraina Energoatom ha confermato ufficialmente che “…Due missili da crociera lanciati dall’esercito russo hanno volato a bassa quota questa mattina sopra la centrale nucleare di Zaporizhzhia a Energodar, nell’Ucraina sud-orientale”. Specificando anche che “…Il sorvolo di missili a bassa quota proprio sopra il sito della centrale, dove si trovano sette impianti nucleari, comporta rischi enormi. I missili possono colpire uno o più impianti nucleari, è una minaccia di catastrofe nucleare e radioattiva per tutto il mondo”.

    Ma oltre ai rapporti ufficiali delle istituzioni locali ed internazionali, oltre alle dichiarazioni delle massime autorità ucraine, soprattutto quelle del Presidente della Repubblica, un enorme contributo per conoscere la vera, vissuta e drammaticamente sofferta realtà in Ucraina, lo hanno dato e lo stanno dando anche i tanti giornalisti ed inviati speciali dei giornali e delle televisioni da diversi Paesi del mondo. Proprio grazie ad essi, alla loro professionalità, al loro coraggio, ai loro sacrifici e alla loro abnegazione che adesso si sa molto dai diversi fronti di guerra in Ucraina. Grazie ai tanti giornalisti ed inviati speciali è stato possibile conoscere le spaventose verità e le crudeltà patite e sofferte da inermi, innocenti ed indifesi cittadini ucraini ogni giorno dal 24 febbraio scorso. Realtà e verità che la propaganda a servizio del dittatore russo cerca con tutti i modi di camuffare, alterare, annebbiare e, se possibile, annientare. Diffondendo anche molte notizie false per confondere e ingannare l’opinione pubblica, sia in Russia che altrove.  Grazie al coraggio, alla professionalità e ai tanti sacrifici dei giornalisti e degli inviati speciali dei giornali e delle televisioni è stato reso possibile sapere realmente quello che sta accadendo in Ucraina durante questi 62 giorni di sanguinosa e spietata guerra.

    Purtroppo notizie preoccupanti, anche se per fortuna non dovute alla guerra, pervengono da diverse parti del mondo. Notizie che evidenziano e rendono pubblici allarmanti abusi di potere, atti di corruzione ai massimi livelli istituzionali. Notizie che testimoniano, documentano e denunciano delle verità dovute e derivate dal reale e palese pericolo della restaurazione e del consolidamento di regimi autocratici in altri Paesi del mondo. Compresa l’Albania.

    Il 4 aprile scorso l’autore di queste righe ha informato il nostro lettore di un articolo pubblicato il 28 marzo 2022 sul Corriere della Sera ed intitolato Covid Lombardia, la missione albanese nel 2020 tra festini e multe (con un benzinaio infiltrato tra i medici). L’autore di quell’articolo trattava quanto accadeva due anni fa con un gruppo di 30 medici ed infermieri arrivati il 29 marzo 2022 a Verona dall’Albania per poi affiancare i colleghi italiani dell’ospedale di Brescia. Era un periodo drammatico dovuto all’allarmante propagazione della pandemia in Italia. L’autore di queste righe scriveva convinto allora, nel marzo del 2020, che “…Fatti accaduti alla mano, sembrerebbe che al primo ministro interessi soltanto l’apparizione mediatica e le immagini di facciata per usi puramente propagandistici”. L’autore di queste righe era convinto allora, come lo è anche oggi, che si trattava di “…una ghiotta opportunità per il primo ministro albanese di apparire mediaticamente a livello internazionale”. Egli esprimeva per il nostro lettore la sua ferma convinzione che si trattava di “…una ghiotta opportunità per il primo ministro albanese di apparire mediaticamente a livello internazionale” (Decisioni ipocrite e pericolose conseguenze; 30 marzo 2020).

    Nel sopracitato articolo, apparso sul Corriere della Sera il 28 marzo scorso, l’autore affermava che “…Analisti internazionali avevano sintetizzato l’essenza della delegazione quale mossa geopolitica, legittima e regolare, del premier Rama, classiche manovre diplomatiche per avanzare crediti e acquisire ulteriori punti nella corsa a entrare nell’Unione europea”. L’autore di quell’articolo ha fatto però anche una denuncia. Si perché, riferendosi al gruppo dei 30 medici ed infermieri albanesi arrivati in Italia, egli ribadiva che “…Sopra il mar Adriatico, la squadra di Tirana viaggiò a bordo di un aereo in compagnia – non esiste nessuna indagine in quanto all’epoca e anche dopo non si vollero compiere accertamenti -, di soldi in contanti. Più di quelli, molti di più, ma tanti di più, che sarebbero serviti per vivere a Brescia, poiché gli albanesi furono ospiti come lo furono i russi, costatici 3 milioni di euro”. In seguito egli evidenziava che “…a ritroso si deve per la cronaca evidenziare l’azione di collante del famoso avvocato albanese Engieli Agaci, difensore spesso di grossi narcotrafficanti e uomo assai ascoltato dalle nostre istituzioni”. Per rendere chiaro di che si trattava, l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “…Guarda caso però, quel “famoso avvocato albanese” è anche il segretario generale del Consiglio dei ministri in Albania e anche l’eminenza grigia del primo ministro”. E poi, siccome lo spazio non glielo permetteva di continuare a trattare quell’argomento, prometteva al nostro lettore di continuare “…a trattare questo argomento, perché è convinto che aiuterà molto a comprendere la gravissima realtà albanese, dovuta al consolidamento della dittatura sui generis in Albania” (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano; 4 aprile 2022). Egli chiede scusa di non averlo fatto la settimana successiva, come aveva promesso, perché per due settimane non poteva non trattare, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, la crudeltà con la quale gli invasori russi hanno massacrato centinaia di inermi, innocenti ed indifesi cittadini ucraini. Compresi, purtroppo, anche centinaia di donne e bambini. Ma siccome ogni promessa è un debito, l’autore di queste righe continuerà ad informare il nostro lettore anche della vera, vissuta e sofferta realtà albanese. Come ha cercato di fare, con la massima responsabilità ed oggettività da diversi anni ormai. Ragion per cui egli oggi informerà il nostro lettore chi è e cosa rappresenta l’avvocato, l’eminenza grigia del primo ministro albanese. Colui che, dal 2013 ad oggi, è anche il segretario generale del Consiglio dei ministri, e al quale si riferiva l’autore del sopracitato articolo apparso il 28 marzo scorso sul Corriere della Sera. Sono state diverse le denunce pubblicamente fatte e mai contestate dal diretto interessato, che accusano l’eminenza grigia del primo ministro albanese. Denunce ed accuse che hanno a che fare con tanti scandali milionari, con l’abuso del potere istituzionale, compresa la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali ed istituzionali che vedono direttamente ed istituzionalmente coinvolto “il famoso avvocato”. Proprio colui che, non a caso, l’autore del sopracitato articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 28 marzo scorso, lo evidenziava come “il difensore spesso di grossi narcotrafficanti”.

    Chi scrive queste righe continuerà ad informare il nostro lettore dei continui e crescenti scandali che si stanno evidenziando e denunciando in Albania. Scandali che vedono coinvolti direttamente il primo ministro, la sua eminenza grigia ed altri suoi fedelissimi, nonché certi “rappresentanti internazionali”. Tra i quali l’ambasciatrice statunitense in prima linea, in palese e scandalosa violazione dell’articolo 41 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Chi scrive queste righe pensa ed auspica che tutti loro debbano essere trattati secondo le proprie responsabilità e conseguenze causate. Egli condivide la convinzione di Jules Renard, cioè che dire le bugie è un difetto e le bugie sono sempre inutili perché, prima o poi, si sa la verità e ci si guadagna solo la vergogna di averle dette. Se solo i bugiardi riuscissero a vergognarsi però.

  • Putin e Kirill: i cristiani che uccidono i cristiani

    Putin, il Cristiano, a fianco di Kirilli, capo dei cristiani ortodossi di Russia, ha celebrato in chiesa, in una messa solenne, la festività Pasquale mentre i cristiani ortodossi ucraini continuavano a morire sotto le bombe ed i missili russi.

    Putin, il Cristiano, si è segnato più volte, con il segno della croce, mentre i suoi amici ceceni, per suo ordine, al grido di Allah akbar uccidevano civili inermi e perpetravano violenze indegne. Putin si aspergeva di acqua Santa mentre decine di migliaia di persone stavano morendo di sete e di fame dopo settimane senza acqua, luce, cibo, senza corridoi umanitari e tante altre migliaia di cittadini inermi erano deportati lontano dalle loro case, dalla loro terra.

    Putin e Kirilli sempre più vicini, sia per  un passato comune, che ha visto entrambi conoscere dal vivo i segreti  del Kgb, che per un presente che li  accomuna in una visione imperialista: il presidente zar rivuole l’impero sovietico di prima del 1989 ma ammantato della coreografia e della ricchezza zarista, e il patriarca Kirilli ambisce ad essere più potente del patriarca di Costantinopoli per ergersi a portavoce di tutti gli ortodossi nel mondo. A loro poco  importa se per raggiungere questi scopi si uccidono bambini, si violentano donne, si sterminano cittadini inermi, spesso mentre sono in fuga disperati, si radono al suolo città, si deportano centinaia di migliaia di persone, si annientano tutte le leggi  e le regole internazionali, si utilizzano contro popolazioni cristiane i mussulmani ceceni, scatenati e noti al mondo per la loro disumana efferatezza.

    Putin e Kirilli, hanno sporcato la Pasqua, negato il sacrificio di Cristo, calpestato ogni precetto divino ed ogni legge di umana convivenza, potranno anche illudersi di aver vinto e di poter vincere qualche battaglia ma dopo oggi, 24 aprile 2022, qualunque cosa succeda prima o poi pagheranno perché il sangue innocente, versato senza ragione, il sacrilegio fatto ed il tradimento perpetrato anche verso coloro che hanno creduto alle loro menzogne li perseguiterà per sempre e li dannerà in eterno.

    Essi comincino a temere l’ira dei giusti

  • Ukraine war: Can India feed the world?

    Last week, Indian PM Narendra Modi told US President Joe Biden that India was ready to ship food to the rest of the world following supply shocks and rising prices due to the war in Ukraine.

    Mr Modi said India had “enough food” for its 1.4 billion people, and it was “ready to supply food stocks to the world from tomorrow” if the World Trade Organization (WTO) allowed.

    Commodity prices were already at a 10-year high before the war in Ukraine because of global harvest issues. They have leapt after the war and are already at their highest since 1990, according to the UN Food and Agricultural Organisation (UNFAO) food-price index.

    Russia and Ukraine are two of the world’s major wheat exporters and account for about a third of global annual wheat sales. The two countries also account for 55% of the global annual sunflower oil exports, and 17% of exports of maize and barley. Together, they were expected to export 14 million tonnes of wheat and over 16 million tonnes of maize this year, according to UNFAO.

    “The supply disruptions and threat of embargo facing Russia means that these exports have to be taken out of the equation. India could step in to export more, especially when it has enough stocks of wheat,” says Upali Galketi Aratchilage, a Rome-based economist at UNFAO.

    India is the second biggest producer of rice and wheat in the world. As of early April, it had 74 million tonnes of the two staples in stock. Of this, 21 million tonnes have been kept for its strategic reserve and the Public Distribution System (PDS), which gives more than 700 million poor people access to cheap food.

    India is also one of the cheapest global suppliers of wheat and rice: it is already exporting rice to nearly 150 countries and wheat to 68. It exported some 7 million tonnes of wheat in 2020-2021. Traders, reacting to rising demand in the international market, have already entered contracts for exports of more than 3 million tonnes of wheat during April to July, according to officials. Farm exports exceeded a record $50bn in 2021-22.

    India has the capacity to export 22 million tonnes of rice and 16 million tonnes of wheat in this fiscal year, according to Ashok Gulati, a professor of agriculture at the Indian Council for Research on International Economic Relations. “If the WTO allows government stocks to be exported, it can be even higher. This will help cool the global prices and reduce the burden of importing countries around the world,” he says.

    There are some reservations though. “We have enough stocks at the moment. But there are some concerns, and we should not become gung-ho about feeding the world,” says Harish Damodaran, a senior fellow at the Centre for Policy Research, a Delhi-based think tank.

    First, there are fears of a less-than-expected harvest. India’s new wheat season is under way and officials project a record 111 million tonnes be harvested – the sixth bumper crop season in a row.

    But experts like Mr Damodaran are not convinced. He believes the yield will be much lower because of fertiliser shortages and the vagaries of the weather – excessive rains and severe early summer heat. “We are overestimating the production,” he says. “We will know in another 10 days.”

    Another question mark, say experts, is over fertilisers, a basic component of farming. India’s stocks have fallen low after the war – India imports di-ammonium phosphate and fertilisers containing nitrogen, phosphate, sulphur and potash. Russia and Belarus account for 40% of the world’s potash exports. Globally, fertiliser prices are already high due to soaring gas prices.

    A shortage of fertilisers could easily hit production in the next harvest season. One way to get around this, says Mr Damodaran, is for India to explore “wheat-for-fertiliser deals” with countries like Egypt and in Africa.

    Also, if the war gets prolonged, India might face logistical challenges in stepping up exports. “Exporting huge volumes of cereals involves huge infrastructure like transportation, storage, ships. Also the capacity to start shipping in high volumes,” says Mr Aratchilage. There is also the question of higher freight costs.

    Lastly, there is the overriding concern over galloping food prices at home – food inflation hit a 16-month-high of 7.68% in March. This has been mainly driven by price rises of edible oils, vegetables, cereals, milk, meat and fish. India’s central bank has warned about “elevated global price pressures in key food items” leading to to “high uncertainty” over inflation.

    The Russian invasion is likely to have “serious consequences” for global food security, according to IFPRI, a think tank. The UNFAO estimates that a prolonged disruption to exports of wheat, fertiliser and other commodities from Russia and Ukraine could push up the number of undernourished people in the world from eight to 13 million.

    By the government’s own admission, more than three million children remain undernourished in India despite bountiful crops and ample food stocks. (Prime Minister Modi’s native state, Gujarat, has the third highest number of such children.) “You cannot be cavalier about food security. You cannot play around with the food earmarked for the subsidised food system,” says Mr Damodaran.

    If there is one thing India’s politicians know it is that food – or the lack of it – determines their fate: state and federal governments have tumbled in the past because of soaring onion prices.

  • La ‘Casa dell’Europa’ reindirizza i fondi per l’emergenza guerra in Ucraina

    Il programma “Casa dell’Europa”, finanziato dall’UE, che promuove scambi professionali e creativi tra gli ucraini e le loro controparti nell’UE e nel Regno Unito, ha reindirizzato i finanziamenti per sostenere l’emergenza, raccolto centinaia di opportunità per gli sfollati e si è concentrato sulla creazione di nuovi regimi di sostegno per affrontare le sfide del tempo di guerra.

    Prima della guerra, il programma si concentrava su cultura e industrie creative, istruzione, salute, impresa sociale, media e giovani. Adesso “House of Europe” fornisce supporto di emergenza ai suoi beneficiari e alle organizzazioni che lavorano in settori correlati.

    Il programma ha sostenuto le persone che hanno rischiato la vita per salvare il patrimonio culturale unico in Ucraina. Venticinque musei delle regioni di Leopoli, Odesa, Kiev, Donetsk, Luhansk, Sumy e Mykolaiv hanno ricevuto 137.184 euro per proteggere le loro collezioni.

    Cento membri della Alumni Community del progetto hanno ricevuto 1.000 euro ciascuno. Coloro che sono al sicuro e desiderosi di tornare al lavoro possono spendere il denaro per riprendere le proprie attività. Chi ha perso il lavoro e non solo potrà pagare beni di prima necessità come alloggio, cibo, medicine e carburante.

    Il programma ha anche invitato professionisti e organizzazioni che hanno vinto le sovvenzioni e non hanno ancora implementato completamente i loro progetti a spendere quei soldi per il sostegno all’emergenza e contrastare l’aggressione russa. È anche possibile continuare il progetto come pianificato o aggiornarlo.

    Inoltre, “House of Europe” sostiene i suoi partner coinvolti nell’evacuazione dei cittadini, nella salvaguardia del patrimonio culturale, nel volontariato e in altre operazioni salvavita in tutta l’Ucraina. Le loro squadre hanno ricevuto 75 set di kit protettivi e medici.

    Il progetto raccoglie continuamente diverse opportunità: borse di studio, borse anticrisi, residenze, corsi, alloggi, opportunità, raccolte di libri gratuiti e contatti di psicologi. Tutte le informazioni utili vengono regolarmente pubblicate sulle pagine dei social media del programma, su Facebook e Telegram.

  • La Moskva come il Kursk nel 2001, ora scenderanno sul piede di guerra le famiglie russe?

    “Dedicherò tutta la mia vita perché la verità prevalga”: Dmytro Shkrebets, padre di Yegor, marinaio del Moskva dato per disperso, prende l’iniziativa e si fa portavoce delle famiglie dei membri dell’equipaggio dell’incrociatore lanciamissili russo affondato nel Mar Nero. I russi negano che ci siano stati morti, ma i parenti parlano ormai apertamente di decine di vittime in questa tragedia sempre più simile a quella del sottomarino Kursk che 22 anni fa sollevò un’ondata di indignazione e proteste che investì direttamente Vladimir Putin, da poco salito alla presidenza.

    Le cause dell’affondamento del Moskva, fiore all’occhiello della flotta del Mar Nero, rimangono misteriose. Nemmeno una fotografia e un video di tre secondi circolati in rete, che mostrano la nave piegata su un fianco con una densa colonna di fumo nero che si alza da poppa, consentono di valutare se sia l’Ucraina a dire la verità, quando afferma di aver colpito l’unità con missili Neptune, o la Russia, quando dice che il Moskva è andato a picco a causa dell’esplosione di un suo deposito di munizioni durante una tempesta. L’unica cosa chiara – sempre ammesso che le immagini siano autentiche – è che non si vede traccia di maltempo.

    Mosca non ha parlato di vittime, ma in rete circolano dichiarazioni di persone che si presentano come parenti di morti o dispersi. Il Guardian scrive che Yulia Tsyvova, la madre di un marinaio di leva di 19 anni, ha ricevuto direttamente dal ministero della Difesa la notizia della morte del figlio Andrei.

    Varvara Vakhrusheva, moglie del guardiamarina Iva Vakhrushev, 41 anni, annuncia il decesso del marito, scrivendo su un social network che è morto da “eroe, facendo il suo dovere”. Il bilancio sarebbe di 40 morti e molti feriti stando alla testimonianza di una donna che si presenta come la madre di un marinaio sopravvissuto, ma non fornisce il suo nome, citata dalla Novaya Gazeta Europe.

    Emblematica delle contraddizioni della società russa è la reazione di Dmytro Shkrebets. Da un lato l’uomo sostiene quella che le autorità chiamano “l’operazione militare speciale” arrivando ad affermare che “l’Ucraina non dovrebbe esistere”. Ma dall’altro fa sentire la sua protesta. “Ho chiesto direttamente perché voi ufficiali siete vivi e mio figlio, appena arruolato, è morto?”, afferma l’uomo, citato dal sito indipendente Meduza.

    La reazione ricorda quella dei parenti dei 118 membri dell’equipaggio del sottomarino nucleare Kursk, affondato nel Mare di Barents nell’agosto del 2000, che Putin incontrò nella base della Marina di Vidyayevo dieci giorni dopo la tragedia. Madri e mogli dei marinai gridarono tutta la loro rabbia contro il presidente, eletto per la prima volta solo 5 mesi prima, protestando per i ritardi nei soccorsi e la mancanza di spiegazioni. Ma non si era trattato della prima oscura tragedia nella storia della Marina russa. Nel 1961 un sottomarino sovietico K-19, aveva subito un guasto al reattore e diversi membri dell’equipaggio erano stati colpiti da radiazioni letali. Mosca nascose la tragedia per quasi 30 anni, prima che diventasse di pubblico dominio e ispirasse anche il film ‘The Widowmaker’, (il fabbricatore di vedove) del 2002, con protagonista Harrison Ford.

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