guerra

  • Realtà che non si possono nascondere

    …Salvi le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi.

    Da una lettera mandata il 18 aprile 2022 a Papa Francesco

    Dopo 54 giorni continua spietata la devastante e sanguinosa guerra in Ucraina. Era stata prevista, voluta, programmata, ordinata ed avviata nelle prime ore del 24 febbraio scorso. In Russia era ed è tuttora vietato parlare, scrivere, rapportare e fare riferimento a tutto ciò che sta accadendo in Ucraina, considerandolo per quello che realmente è: una guerra. Il 4 marzo scorso, il parlamento russo ha approvato una legge speciale, firmata alcune ore dopo dal presidente ed entrata in vigore in grande fretta il 5 marzo. Con quella legge si tenta di annientare ogni possibilità di evidenziare e denunciare  tutto quello che realmente sta accadendo in Ucraina dal 24 febbraio scorso. Si tratta di una legge che, come aveva dichiarato il dittatore russo durante un suo lungo discorso trasmesso in diretta televisiva nella serata del 23 febbraio, considera cinicamente e sarcasticamente l’aggressione russa e l’invasione dei territori ucraini come “un’operazione militare speciale”. Una legge che considera gli ucraini come dei “neonazisti’ e un “genocidio” tutto quello che si presume sia stato fatto alla popolazione russofona in Donbass. Per chi viola e/o si oppone a questa legge, che siano dei media, delle associazioni o dei singoli cittadini, sono previste ed attuate pene che vanno fino a 15 anni di carcere. La legge prevede il divieto assoluto di usare le parole “guerra” ed “invasione”. Si considera un “traditore”, che agisce contro “l’interesse nazionale,” chiunque non ubbidisce. Una legge che però non riuscirà mai ad alterare la vera, vissuta e drammaticamente sofferta realtà. Perché si tratta di una realtà che non si può offuscare, annientare e nascondere. Ormai, soprattutto nelle ultime settimane ed ogni giorno che passa, l’orrenda crudeltà della guerra, con tutte le sue drammatiche, inevitabili e comprensibili conseguenze, si sta svelando al mondo intero.

    Quanto sta accadendo in Ucraina dal 24 febbraio scorso è stato denunciato dalle massime autorità dei singoli Stati in tutto il mondo e dai massimi rappresentanti delle più importanti organizzazioni internazionali. Contro le crudeltà della guerra in Ucraina si sono convintamente schierati anche i massimi rappresentanti delle religioni. Eccezion fatta soltanto per il patriarca della Chiesa ortodossa russa, un convinto sostenitore del dittatore russo. Mentre Papa Francesco, in tutte le occasioni dal 24 febbraio scorso, è stato esplicito e perentorio contro la guerra, chiedendo e pregando per la pace in Ucraina. Anche domenica, durante il suo messaggio Pasquale, il Pontefice ha chiesto di smettere di “…mostrare i muscoli mentre la gente soffre”. Rivolgendosi a tutti, egli ha detto: “…non abituiamoci alla guerra, impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace!”. E per l’ennesima volta, rivolgendosi ai “grandi del mondo”, Papa Francesco ha ribadito determinato che “…Chi ha la responsabilità delle Nazioni ascolti il grido di pace della gente!”.

    L’indispensabilità di interrompere immediatamente e definitivamente questa spietata, sanguinosa e devastante guerra in Ucraina diventa un imperativo per tutti. Comprese le parti belligeranti; gli ucraini che si difendono e gli aggressori russi che hanno invaso i territori ucraini mietendo la morte tra gli inermi, innocenti ed indifesi cittadini, compresi i bambini, e causando ingenti danni materiali. Ovviamente non è facile per i cittadini ucraini dimenticare subito tutto. L’autore di queste righe, trattando per il nostro lettore le drammatiche conseguenze e sofferenze della crudeltà delle forze armate russe, ha espresso e condiviso la sua comprensione per i cittadini ucraini. Perché è molto difficile, se non impossibile, per una persona normale, dimenticare subito tanta crudeltà. Perché è molto difficile, se non impossibile, per una persona normale, perdonare “…coloro che hanno goduto delle drammatiche sofferenze causate dalla loro spietata crudeltà”. Riferendosi a coloro, tra ufficiali e soldati delle forze armate russe, che hanno le mani impregnate di sangue innocente, l’autore di queste righe si chiedeva: “Come possano gli ucraini, che hanno perso i propri cari per la crudeltà dei russi, chiedere perdono per loro?!” (Le drammatiche sofferenze della crudeltà; 11 aprile 2022). La necessità di porre fine alla spietata e sanguinosa guerra, ma anche la comprensione delle reazioni dei cittadini ucraini, devono essere trattate, da chi di dovere, con la dovuta e saggia pazienza e responsabilità. Per affrontare e trattare con lungimiranza e saggezza determinate realtà che non si possono nascondere. Ma anche non si devono nascondere.

    Una significativa dimostrazione di una simile situazione, vissuta realmente, responsabilmente ed emotivamente è stata evidenziata la scorsa settimana. In occasione delle preparazioni fatte per la celebrazione della Via Crucis, la sala stampa della Santa Sede ha pubblicato, all’inizio della scorsa settimana, il libretto con le meditazioni e le preghiere da essere recitate durante la cerimonia svolta nel pieno centro di Roma, intorno al Colosseo. Si tratta di un evento molto seguito in tutto il mondo. Compresa l’Ucraina. E si tratta di un evento che riprende tutto intero ed in presenza di migliaia di cittadini, dopo due anni di impedimenti dovuti alla pandemia. Secondo quanto pubblicato dalla Santa Sede, nella tredicesima stazione, intitolata “La morte intorno”, come un significativo segno di riconciliazione, la croce dovevano portarla due donne ed amiche: un’infermiera ucraina ed una studentessa russa in infermieristica. È la stazione dedicata agli ultimi momenti di vita terrena di Gesù crocifisso che, rivolgendosi a suo Padre, poco prima di morire “…gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”. Che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Vangelo secondo Marco; 15/33,34). La stazione rappresenta il simbolismo della deposizione dalla croce di Gesù. Durante la camminata delle due portatrici della croce era stato previsto che si leggesse una meditazione scritta, secondo il direttore della sala stampa vaticana, da due famiglie: una ucraina ed una russa. Ebbene, subito dopo essere stato reso noto il testo della meditazione, in Ucraina si sono verificate delle polemiche e delle contestazioni in seguito a questa decisione. Contestazioni che hanno suscitato sconcerto e reazioni di protesta in merito, generando così anche un incidente diplomatico. A presentare ufficialmente la protesta sono state sia l’ambasciata ucraina presso la Santa Sede, sia la Chiesa cattolica ucraina. Rendendo chiaro anche la ragione che si riferiva alla decisione di Papa Francesco di chiamare due donne, una russa e una ucraina, per portare insieme la croce alla XIII stazione della passione, in segno di riconciliazione. Ma nonostante le polemiche suscitate, la Santa Sede ha deciso che la croce fosse tenuta dalle due donne ed amiche, una ucraina e l’altra russa. C’è stato però anche un significativo cambiamento nel programma prestabilito, reso pubblico all’inizio della scorsa settimana. Invece della lettura dell’intero testo della meditazione, è stato scelto e deciso il silenzio. Il direttore della sala stampa vaticana ha dichiarato che “…si tratta di un cambiamento previsto che limita il testo al minimo per affidarsi al silenzio della preghiera”. Mentre il giornalista, che da anni legge i testi della Via Crucis, ha detto che “…di fronte alla morte, il silenzio è più eloquente delle parole. Sostiamo pertanto in un silenzio orante e ciascuno nel proprio cuore preghi per la pace nel mondo”. Ma neanche dopo la decisione di non leggere per intero il testo preparato e precedentemente pubblicato della meditazione alla tredicesima stazione della Via Crucis in Ucraina molti media e diverse testate televisive, comprese anche quelle nazionali, non hanno trasmesso la cerimonia della Via Crucis. Il Servizio di Informazione Religiosa Ucraina, affiliata alla Chiesa greco-cattolica, in una sua dichiarazione ufficiale, ha chiarito che “…Gli ucraini ritengono che gesti di riconciliazione siano possibili solo dopo la fine della guerra e il pentimento dei russi”. Viste le reazioni suscitate dalla decisione di far portare la croce nella tredicesima stazione della Via Crucis a due donne ed amiche, una ucraina e l’altra russa, nonché il testo della meditazione scritto da due famiglie scelte dalla Santa Sede, anche esse una ucraina e l’altra russa, Papa Francesco dopo la fine della cerimonia, rivolgendosi al Signore onnipotente ha pregato: “…converti al tuo cuore i nostri cuori ribelli, perché impariamo a seguire progetti di pace; porta gli avversari a stringersi la mano, perché gustino il perdono reciproco; disarma la mano alzata del fratello contro il fratello, perché dove c’è l’odio fiorisca la concordia”.

    Al nostro lettore potrebbe venire naturale la domanda: qual è il testo della meditazione scritto dalle due famiglie, che si doveva leggere mentre le due donne, una ucraina e l’altra russa, portavano la croce insieme? Testo che poi non è stato letto, sostituito dal silenzio della preghiera. La sala stampa della Santa Sede ha pubblicato tutto il testo nell’apposito libretto, reso noto all’inizio della scorsa settimana. Essendo un testo scritto da due famiglie, una ucraina e l’altra russa, due famiglie che, in teoria, dovrebbero essere “avversarie e nemiche”, il testo non poteva non fare riferimento alla guerra in corso e alle sue orrende, atroci, crudeli e soffertissime conseguenze. Il testo evidenziava “La vita che sembra perdere di valore”. E poi continuava, affermando che “Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore”. Poi il testo proseguiva: “…Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima”. Sono naturali ed espressione dei sacrosanti diritti degli esseri umani anche le seguenti domande rivolte a Dio: “Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”. La meditazione scritta dalle due famiglie, una ucraina e l’altra russa, dedicata alla tredicesima stazione della Via Crucis continuava, ribadendo che “Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci”. E poi, dopo la naturale e sentita domanda “Signore dove sei?” la meditazione della tredicesima stazione si chiude con la preghiera: “Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”. Questo è stato il contenuto del testo della meditazione dedicata alla tredicesima stazione della Via Crucis non letto, in seguito alle contestazioni e le polemiche che hanno suscitato delle reazioni di protesta in Ucraina e che sono state presentate ufficialmente sia dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede, sia dalla Chiesa cattolica ucraina.

    Nel frattempo continuano i bombardamenti e gli attacchi missilistici in varie città ucraine. Anche oggi sono state fatte altre denunce di altrettante atrocità della guerra in Ucraina. Proprio poche ore fa è stato reso noto ufficialmente che solo nella regione di Kiev “…sono stati rimossi quasi 16mila ordigni esplosivi (esattamente 15.993) dopo l’occupazione russa, tra cui 661 nelle ultime ventiquattro ore”. Mentre l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha affermato oggi che “Sono quasi cinque milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina dall’aggressione militare lanciata dalla Russia lo scorso 24 febbraio”.

    Chi scrive queste righe ha semplicemente scelto oggi di riportare, per il nostro lettore, quanto ha scritto poche ore fa il comandante della 36ma brigata dei marines ucraini, assediati a Mariupol. Nella sua lettera indirizzata a Papa Francesco egli chiedeva il supporto del Santo Padre “per salvare la popolazione civile allo stremo nella città”. Ed in seguito scriveva che “è giunto il momento in cui solo le preghiere non bastano più. Aiuti a salvarli. Porti la verità nel mondo, aiuti ad evacuare le persone e salvi le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi”.

  • Ukraine war could worsen crises in Yemen and Afghanistan

    “Don’t make us take food from children that are hungry to give to children that are starving,” pleads the United Nations World Food Programme (WFP).

    Soaring food and fuel costs, together with budget cuts in some traditional donor countries, have forced the WFP to halve the amount of food it is giving to millions of people in Yemen, Chad and Niger.

    In December 2021, the UN made a record appeal for $41bn (£31bn) to help 273 million people this year.

    As aid workers stress, these are not people who will be made a bit more comfortable by help from the UN. They are people, particularly children, who will probably die without it.

    But that appeal was made before Russia invaded Ukraine. Both countries used to sell grain to the WFP.

    Back then, Ukraine was a supplier, not a country in need of humanitarian assistance, as the WFP’s Geneva director Annalisa Conte points out.

    Food shortages

    In the first month of the war, the WFP reached a million people inside Ukraine. But its supply of Ukrainian grain, destined to feed some of the hungriest on the planet, has dried up.

    Meanwhile, many African countries, while not dependent on UN aid, import grain from Ukraine.

    Somalia gets more than 60% of its grain from Ukraine and Russia, while Eritrea gets nearly 97% of its wheat from Ukraine.

    They now have to bid against Europeans and North Americans on the international market in search of food.

    Jan Egeland, former head of UN emergency relief and now with the Norwegian Refugee Council, describes this as a “catastrophe” for the poorest parts of the world. “They will starve,” he says.

    Selective aid?

    This March, in the hope of reminding donors of the continued needs in Yemen and Afghanistan, the UN launched emergency “flash” appeals.

    UN Secretary General Antonio Guterres warned that Afghans were “selling their children, and their body parts, in order to feed their families”. But the flash appeal for Afghanistan achieved about half of what the UN asked for.

    A similar appeal for Yemen, which the UN says is the world’s worst humanitarian crisis, got less than a third.

    Although aid workers don’t like to say it publicly, there is an uneasy feeling that traditional donor countries in Europe, who in recent weeks have raised record sums for Ukraine and offered tens of thousands of places in their homes for Ukrainian refugees, are being somewhat selective about who they help.

    There is no question that vulnerable civilians in Ukraine “deserve all our compassion, and the outpouring of generosity that we have seen”, says Robert Mardini, director general of the International Committee of the Red Cross.

    But, he adds, there is a long list of unresolved conflicts elsewhere that continue to unfold day in, day out.

    The crises in Afghanistan, Yemen and Syria among others have only got worse since the Ukraine war. Jan Egeland admits aid agencies feel “overstretched, underfunded, overwhelmed like never before”.

    Compassion for all

    The generosity towards Ukrainians who have fled their homes has been welcomed by the UN Refugee Agency. But aid workers also know that until quite recently, many European countries, among them Hungary and Poland, were pushing Syrian refugees back across their borders.

    The refugee agency’s Shabia Mantoo thinks the Ukraine war could be an opportunity for the world to come to a better understanding of what it is to be a refugee, or to be a neighbouring country, like Lebanon, Uganda or Turkey, hosting hundreds of thousands of people.

    She hopes the countries now throwing their doors open to Ukrainian refugees will “extend that solidarity, that compassion to all others in a similar situation”.

    Tough year ahead

    But even if this crisis does cause a surge in global solidarity, aid agencies know this will be a very difficult year.

    The fact that Russia, a permanent, veto-wielding member of the UN Security Council, is the aggressor in this latest war will probably make the delivery of aid more complicated.

    The UN needs co-operation between Russia and the West, for example, for cross-border deliveries to Syria. But this relationship is now “in the deep freeze”, as Jan Egeland puts it.

    Meanwhile, food and fuel prices are set to rise still further, while wealthy countries are looking to balance their books after spending tens of billions on their Covid recovery programmes.

    It’s a perfect storm, aid workers say, which shows once again that humanitarian aid is never a solution and usually only an inadequate sticking plaster on the gaping wound of war.

    Peace is the precondition to everything else, says Annalisa Conte.

  • La Z di Zorro e la Z di Putin

    Per decenni, per molti, la lettera Z rappresentava la Z di Zorro, quella Z che il cavaliere mascherato tracciava, con il fioretto, sulle divise di coloro che avevano usurpato il potere, affamato il popolo, inculcato la libertà. I poveri dei villaggi, i contadini, i lavoratori forzati nelle miniere avevano trovato in Zorro, sul suo mitico cavallo nero, il loro difensore senza macchia e senza paura che compariva quando c’era qualcuno fa difendere dai soprusi.

    Molti siamo cresciuti con il mito, la leggenda di Zorro, e in tanti avremmo voluto essere come lui quando abbiamo assistito ad ingiustizie che non siamo stati in grado di impedire. Molte generazioni sono nate e cresciute nella convinzione di vivere in una società che, malgrado i tanti difetti e storture, era ormai libera dalle guerre e che la libertà, l’indipendenza, la democrazia, almeno per una larga parte del mondo, fossero acquisite per sempre.

    In questi anni, invece, troppi sono stati indifferenti ai richiami che, metodicamente, altri facevano, anche da questo nostro giornale, per ricordare che proprio libertà, pace, democrazia non sono valori acquisiti, o da enunciare pedissequamente senza comprenderne a fondo i contenuti e gli impegni che comportano per poterle preservare e tramandare. Troppi hanno sproloquiato sui valori senza mai identificarli fino in fondo, senza capire le responsabilità, politiche, economiche, sociali che ciascuno, nel suo vivere quotidiano, si deve assumere, specialmente se ha un ruolo pubblico.

    Troppi hanno preferito gli affari, hanno pensato al loro piccolo o grande orto personale o di gruppo, hanno lasciato che la finanza prevalesse sull’economia, che il guadagno di oggi fosse più importante della protezione del pianeta che, piaccia o non piaccia, risponde a precise, inderogabili leggi di natura.

    Troppi hanno voluto guidare nazioni e mercati ignorando la storia, le realtà geopolitiche, le conseguenze di un progresso che può comportare anche risvolti negativi quando mancano analisi e previsioni, dalla mondializzazione all’uso delle reti, ed hanno, anche da posizioni ideologiche diverse, consentito che si sviluppassero sistemi senza regole.

    Sono state scritte decine di migliaia di carte, trattari internazionali, professioni di pace e sviluppo senza però creare i presupposti per potere concretamente difendere i diritti dei popoli e dei singoli.

    Così siamo  arrivati ai giorni nostri, le certezze di decenni sono state spazzare via da qualche settimana di guerra, i diritti umani, la convenzione di Ginevra, la carta universale dei diritti e quanto altro, sono diventate  parole impotenti davanti ai missili ed alle bombe a grappolo e tutti gli affari che, negli anni, abbiamo fatto con paesi illiberali, violenti, totalitari ci hanno portato ad assistere, più o meno impotenti, al massacro del popolo ucraino e a subire una dipendenza energetica, alimentare, economica che ci mette a rischio tanto quanto il possibile uso delle  armi contro di noi.

    Non possiamo più sperare, come quando eravamo in un mondo dove era chiaro da che parte stava il bene ed il male, la giustizia e l’ingiustizia, nell’arrivo di un moderno Zorro, la Z è diventata il simbolo di una violenza bieca, barbara, efferata, il simbolo della guerra che un uomo, Putin, sta conducendo a tutto campo per inseguire il sogno, antistorico e nefasto, di rendere la  Russia un nuovo impero sempre più vasto per poi, da lì, cercare di cambiare il futuro anche dei paesi fuori dagli immensi confini che sogna.

    La Z di Putin è diventata simbolo del male, del sopruso, ma comincia con la Z anche il nome del presidente ucraino che, in questo momento, con tutti i suoi pregi e difetti, rappresenta il coraggio di un popolo che si batte, fino all’estremo sacrificio, per difendere la propria libertà ed indipendenza. E l’indipendenza dell’Ucraina può significare anche la nostra indipendenza. Questo è il momento per decidere con chi vogliamo stare, senza i troppi distinguo, senza i se e i ma che hanno impedito, fino ad ora iniziative più determinate ed immediate.

    Una parte dell’Ucraina sta cadendo in mano alle milizie di Putin, i morti ed i feriti non si riescono neppure a contare, in parte sono sepolti in fosse comuni o rimasti sotto le macerie delle città, completamente distrutte, ed i bambini, futuro di ogni popolo, sono traumatizzati ed in continuo pericolo mentre noi stiamo a discutere. Da giorni si parla di armi in arrivo ma i giorni passano e a Mariupol, come in altre città, da giorni e giorni mancano cibo ed acqua e ormai non ci sono più munizioni per difendersi. La città, i suoi abitanti, i coraggiosi difensori sono stati lasciati soli senza i mezzi per continuare a contrastare la efferata violenza degli uomini di Putin.

    Di fronte a questo attendismo viene spontaneo pensare che, una volta di più, l’Occidente aspetti gli eventi, prenda decisioni a metà per non precludersi gli affari di oggi e di domani, e quello che sta avvenendo in Germania, sia per l’invio di armi, promesse e in ritardo, che per il gas, ne è un chiaro esempio.

    Si parla di pace, di negoziati, di crimini di guerra e contro l’umanità ma se si vuole uscire veramente dall’ambiguità o tutti i leader europei vanno insieme, domani, da Putin per chiedergli conto di questa guerra e per dire, tutti insieme, che è il momento di fermarsi o, se non si sentono di fare insieme questa ultima, ferma, iniziativa di diplomazia attiva mantengono le promesse fatte e diano ora agli ucraini quel sostegno in armamenti necessario a fermare lo sterminio e la deportazione di un intero popolo. Abbiamo già visto come colpevoli ritardi ci abbiano poi costretto alla Seconda Guerra Mondiale, con milioni di morti che si sarebbero evitati intervenendo prima.

    Certo abbiamo bisogno dell’energia, certo abbiamo bisogno dei cereali e di materie prime ma quello che è più certo di tutto è che gli ucraini hanno bisogno di armi oggi non domani e che anche la nostra futura libertà ha un prezzo da pagare.

  • Le drammatiche sofferenze della crudeltà

    La gente spesso parla di crudeltà ‘bestiale’ dell’uomo,

    ma questo è terribilmente ingiusto e offensivo per le bestie.

    Fëdor Dostoevskij

    Era proprio convinto Fëdor Dostoevskij, uno dei più noti scrittori russi, che la gente spesso parla di crudeltà ‘bestiale’ dell’uomo, ma questo è terribilmente ingiusto e offensivo per le bestie. Era convinto della crudeltà degli uomini, dalla sua vissuta e sofferta esperienza personale, l’autore di molti famosi romanzi letti ed apprezzati in tutto il mondo. Una condanna a morte, a soli 28 anni, per la sua partecipazione a società segreta a scopi sovversivi contro lo zar Nicola I ha segnato la sua vita. Una condanna in seguito commutata, senza che lui lo sapesse, in lavori forzati in Siberia. Una grazia, quella dello zar, coperta di crudeltà. Una diabolica decisione per farlo soffrire fino al ultimo momento quando, salito sul patibolo, gli comunicarono la grazia dello zar. Dostoevskij descrive maestosamente quella opprimente e traumatica sensazione che prova colui che attende di subire, a breve, la sua condanna a morte. Lo fa esprimere dal principe Myškin, personaggio di un suo noto romanzo, L’idiota. “…A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante: se potessi non morire, se potessi far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto questo sarebbe mio! Io allora trasformerei ogni minuto in un secolo intero, non perderei nulla, terrei conto di ogni minuto, non ne sprecherei nessuno!”. Era molto convinto l’autore dei romanzi Povera gente, Umiliati e offesi, L’idiota, Delitto e castigo, I demoni, I fratelli Karamazov e tanti altri ancora della crudeltà ‘bestiale’ dell’uomo e delle sue drammatiche sofferenze. Perciò, dopo aver constatato che “la gente spesso parla di crudeltà ‘bestiale’ dell’uomo, ma questo è terribilmente ingiusto e offensivo per le bestie”, Dostoevskij spiega anche la ragione: “…perché un animale non potrebbe mai essere crudele quanto un uomo, crudele in maniera così artistica e creativa”.

    Il 10 aprile Papa Francesco ha presieduto in piazza San Pietro la celebrazione della Domenica delle Palme. Una ricorrenza importante per la religione cattolica, che descrive l’ingresso a Gerusalemme di Gesù. Dall’evangelista Marco ci viene testimoniato che Gesù entrò a Gerusalemme mentre molti ebrei “…stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde che avevano tagliate dai campi. Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!” (Vangelo secondo Marco; 11; 8-10). Gli stessi ebrei però, soltanto una settimana dopo, ebbero due diversi comportamenti. Non pochi di essi credettero ai capi e ai farisei e insieme con loro volevano la morte per crocifissione di Gesù. Mentre gli altri dovettero assistere silenziosi alla sua crocifissione. Questo ci insegnano le Sacre Scritture. Durante l’omelia della messa di domenica scorsa in piazza San Pietro, Papa Francesco, parlando delle conseguenze dell’uso cieco, spietato, sproporzionato e crudele della violenza, ha ribadito che “…Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo”. Parole forti e molto significative quelle del Santo Padre, che si riferiva alla sanguinosa e devastante guerra in Ucraina e alle sue atrocità.

    Sono ormai passati 47 giorni dal 24 febbraio scorso, quando le truppe militari russe cominciarono l’invasione dell’Ucraina. Mettendo così in atto una vera e propria sanguinosa guerra che si è, in seguito, diffusa su tutto il territorio ucraino. Una guerra che, nonostante il dittatore russo l’avesse classificata come “un’operazione speciale”, ha devastato e raso al suolo intere città e centri abitati. Una guerra che, secondo i dati ufficiali di oggi, pubblicati dall’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha causato la spietata morte di 1.793 inermi ed innocenti cittadini ucraini, mentre 2.439 altri sono rimasti feriti. Solo nella regione di Kiev sono 1.222 i cittadini uccisi dalle forze armate russe, secondo quanto ha dichiarato oggi il procuratore generale ucraino. Una sanguinosa e spietata guerra in Ucraina che ha barbaramente tolto la vita a 183 indifesi bambini, mentre 342 altri sono stati feriti. Lo rapporta oggi la commissaria per i diritti umani del Parlamento ucraino. Ragion per cui, come ha dichiarato ieri il procuratore generale ucraino, sono state aperte più di 5.600 indagini sui crimini di guerra russi contro inermi cittadini ucraini. Sono tante, tantissime le crudeltà degli invasori russi, documentati e rapportati da fonti ufficiali ucraini e/o internazionali, nonché dagli inviati dei giornali e delle televisioni di diversi Paesi del mondo. Dopo quanto è stato rapportato dal 3 aprile scorso sullo spietato massacro nella cittadina di Bucha, vicino a Kiev, molte altre documentate testimonianze, non solo da Bucha, ma anche da altre città e centri abitati in Ucraina, sono ormai di dominio pubblico. Il presidente ucraino denunciava il 5 aprile scorso che “…il numero delle vittime degli occupanti potrebbe essere ancora più alto a Borodyanka e in alcune altre città liberate che a Bucha”. Aggiungendo che il bilancio di Bucha è solo provvisorio e denunciando torture e l’uccisione di oltre trecento persone, essendo però secondo lui “…. probabile che l’elenco delle vittime sarà molto più ampio quando verrà ispezionata l’intera città. E questa è solo una città”. Evidenziando e denunciando la stessa crudeltà, gli stessi modi di barbare esecuzioni dei civili, con le mani legate dietro la schiena, gli stupri, ed altro, il presidente ucraino lo ha considerato quello degli invasori russi come “Il disprezzo totale per la vita dei civili”. Sempre riferendosi alle crudeltà degli invasori russi sugli inermi, innocenti ed indifesi cittadini, il presidente ucraino dichiarava il 5 aprile scorso che “…In molti villaggi dei distretti liberati di Kiev, Chernihiv e Sumy, gli occupanti hanno fatto cose che la gente del posto non ha visto nemmeno durante l’occupazione nazista 80 anni fa”. Ragion per cui oggi una squadra della gendarmeria francese è arrivata a Leopoli, nell’Ucraina occidentale, per collaborare con le strutture specializzate locali sui presunti crimini di guerra commessi dalle forze armate russe nella regione di Kiev. Lo ha annunciato oggi pomeriggio l’ambasciatore francese in Ucraina. Mentre il ministro degli Esteri ucraino ha dichiarato ieri che “…Bucha non è il risultato di un giorno. Per anni le élite russe e la propaganda hanno incitato all’odio, alimentando idee sulla superiorità russa, la disumanità degli ucraini e gettando le basi per queste atrocità. Io incoraggio gli studenti di tutto il mondo a studiare che cosa ha portato a Bucha”. Dopo 47 giorni si continua a combattimenti, bombardamenti, spietati massacri e inaudite crudeltà, la realtà vissuta e sofferta in Ucraina è di dominio pubblico e non la può alterare, offuscare ed annientare qualsiasi sforzo, bugia ed inganno della propaganda russa. Proprio oggi il presidente ucraino ha dichiarato che i russi, e si riferiva ai massimi vertici istituzionali, il dittatore russo per primo, hanno “…perso la connessione con la realtà fino al punto di accusare noi di aver commesso quello che le truppe russe hanno ovviamente fatto”. Il presidente ucraino in seguito ha aggiunto, perentorio, che “…Quando le persone non hanno il coraggio di ammettere i propri errori, scusarsi, adattarsi alla realtà, imparare, diventano mostri. E quando il mondo lo ignora, i mostri decidono che il mondo si debba adattare a loro”. Si tratta di una sanguinosa guerra quella che ha ordinato la sera del 23 febbraio scorso il dittatore russo, presentandola però come “un’operazione speciale” e cominciata alcune ore dopo, nella mattinata del 24 febbraio. Una guerra che, oltre alle tantissime vittime e feriti, oltre a degli ingenti danni materiali, ha costretto più di 4,5 milioni di cittadini ucraini a lasciare il Paese come è stato rapportato ieri, 10 aprile, dall’agenzia Onu per i rifugiati.

    La guerra in Ucraina non ha risparmiato neanche diversi patrimoni culturali. Secondo il ministero della Cultura e delle Politiche dell’informazione ucraina sono stati evidenziati e documentati 166 siti culturali distrutti o danneggiati. Proprio oggi il ministro della cultura ucraino ha dichiarato che “…Attualmente conserviamo registri ufficiali sul sito web del ministero. Si tratta di 166 siti del patrimonio culturale che sono stati distrutti o danneggiati durante l’invasione russa. Non sappiamo ancora di alcuni siti che si trovano nei territori completamente occupati”. Ma l’aggressione delle forze armate russe non ha risparmiato neanche gli ospedali. Il presidente ucraino ha dichiarato oggi, durante una videoconferenza con il Parlamento della Corea del sud, che “…i russi hanno distrutto centinaia di infrastrutture chiave in Ucraina, compresi 300 ospedali”. Ed è sempre di oggi la denuncia della commissaria per i diritti umani del Parlamento ucraino, secondo la quale “…i russi stanno obbligando i bambini delle aree temporaneamente occupate ad andare a scuola in zone ai limiti delle aree di combattimento.”. Sottolineando e, allo stesso tempo, denunciando che così facendo “…i bambini diventano così ostaggi e scudi umani per le truppe dell’aggressore russo”.

    Durante l’Angelus di ieri, nella Domenica delle Palme, Papa Francesco ha ribadito la necessità e l’impegno di chi di dovere perché “…si ripongano le armi e si inizi una tregua pasquale, ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere. […] Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?”. Stranamente però e purtroppo, proprio ieri il patriarca ortodosso russo Kirill, convinto sostenitore del dittatore russo, ha pregato così: “In questo periodo difficile per la nostra patria, possa il Signore aiutare ognuno di noi a unirci, anche attorno al potere!”. In seguito ha aggiunto che “è così che emergerà la vera solidarietà nel nostro popolo, così come la capacità di respingere i nemici esterni e interni e di costruire una vita con più bene, verità e amore”! Mentre l’Arcivescovo di Kiev ha denunciato sempre ieri cheNella regione di Chernihiv, e precisamente nel villaggio Lukashivka, nella chiesa ortodossa dell’Ascensione del Signore – monumento di architettura – gli occupanti hanno dislocato la loro sede, profanando la chiesa ortodossa. Vi hanno interrogato e torturato le persone”. In seguito l’Arcivescovo ha affermato che “Oggi vicino a questo edificio sacro troviamo decine di corpi di ucraini innocenti assassinati […] Quelli che si proclamano cristiani ortodossi hanno profanato il tempio, e il tempio dove deve essere onorato il nome di Dio è stato trasformato in un luogo di tortura, umiliazione e omicidio”. Ragion per cui oggi i sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca stanno raccogliendo firme per un appello al Consiglio dei primati delle antiche Chiese orientali per avviare “una causa contro il patriarca Kirill”.

    Chi scrive queste righe, nonostante avesse promesso di continuare ad analizzare gli argomenti della scorsa settimana, ha dovuto, non a caso, trattare oggi per il nostro lettore, le drammatiche conseguenze e sofferenze della crudeltà delle forze armate russe, da quando hanno cominciato l’invasione dei territori ucraini il 24 febbraio scorso. Riflettendo su quello che ha detto Papa Francesco durante l’omelia della messa la Domenica delle Palme in piazza San Pietro, egli non poteva non fermarsi e pensare su una frase citata dal Pontefice. Si tratta della preghiera che Gesù, crocifisso tra due ladri, rivolgeva ripetutamente a Dio. “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Vangelo secondo Luca, 23/34). Per chi scrive queste righe diventa però molto difficile, se non impossibile, che si possa chiedere perdono per coloro che volutamente hanno commesso i tremendi e orribili crimini durante queste settimane di guerra in Ucraina. Come si possa chiedere perdono per coloro che hanno goduto delle drammatiche sofferenze causate dalla loro spietata crudeltà?! Come possano gli ucraini, che hanno perso i propri cari per la crudeltà dei russi, chiedere perdono per loro?! Chi scrive queste righe si chiede dove è Dio? Perché non ha fermato tutta questa crudeltà bestiale dell’uomo? Dio dove sei? Perché hai abbandonato alla morte tante vittime inermi, innocenti e indifese in Ucraina?! Tutto il mondo deve gridare forte: Dio dove sei?!

  • Il tempo sta per scadere

    Ci sono dei momenti, nella vita di ciascuno, nei quali viene fuori di che pasta, di quale tempra, si è fatti, vale per donne ed uomini, vale per i governi e per i popoli.
    La verità può essere soggettiva, la realtà è inoppugnabile e guardando la realtà, basandoci sui fatti, ora sappiamo con chi abbiamo a che fare, in Ucraina, in Russia, in Italia e nel resto del mondo.
    I fatti inoppugnabili sono che Putin ha scatenato la sua guerra, partendo anche da informazioni sbagliate, avendo un piano preciso per distruggere l’Ucraina come nazione indipendente. Per raggiungere questo obiettivo si è servito del consenso di un altro servo del male, Kirill, la coscienza del quale è obnubilata dal desiderio di predominio e potere su tutti gli ortodossi nel mondo e non solo. Per distruggere l’Ucraina il piano, come è già stato reso noto, era, ed è, radere al suolo ogni edificio così che gli abitanti, in fuga verso l’Europa, non possano più tornare, deportare, in regioni russe, i superstiti al massacro per rieducarli, eliminare fisicamente, bambini e donne compresi, tutti coloro che possano rappresentare un ostacolo al suo disegno.

    I fatti inoppugnabili sono che l’esercito di Putin ha raso al suolo case, ospedali, asili, edifici amministrativi costringendo alla fuga milioni di persone che non hanno più nulla, mentre chi è rimasto subisce fame e sete, è deportato in Russia o ucciso, seviziato, mentre i militari russi violentano le donne e rubano dalle case abbandonate come i peggiori barbari.
    I fatti inoppugnabili sono che gli ucraini si stanno battendo per la loro e per la nostra libertà, per la loro terra, con un coraggio ed una forza morale che deve essere a tutti di esempio mentre è, purtroppo, chiaro che l’Occidente, che ora sembra mostrarsi unito nella solidarietà, ha decisamente ritardato nel fornire tempo fa all’Ucraina aiuti militari adeguati, ed ancora ritarda di fronte all’enorme disponibilità ed aggressività dell’esercito russo.

    I fatti inoppugnabili sono che la Polonia ha dimostrato e dimostra una gigantesca solidarietà e molto coraggio così come la Romania, la Moldavia e le Repubbliche baltiche, tutti Paesi che rischiano di entrare, ancora di più, nel mirino di Putin e che hanno pericolosi confini e vicinanze territoriali con la Russia.

    Purtroppo è anche inoppugnabile che in Italia ci sono troppi distinguo, troppe pavidità, troppi vecchi e recenti interessi che hanno legato personaggi della politica e dell’economia al sanguinario zar il quale, mentre bacia crocifissi, fa camminare i suoi carri armati sui corpi di cittadini inermi.

    Ci rendiamo più che mai conto, ancora una volta, che, al di là delle parole, i valori ai quali spesso ci si appella non hanno per tutti lo stesso significato e che mala fede ed ignoranza si sposano bene con interessi e denaro.

    I fatti inoppugnabili sono, come le parole del Santo Padre e del presidente ucraino hanno sottolineato, che l’Onu, così com’è, non ha nessun capacità di difendere la legalità, di difendere la pace e la vita di chi subisce stragi e violenze di ogni tipo. L’ONU non ha fatto nulla neppure di fronte al rischio nucleare quando sono state attaccate le centrali ucraine. L’ONU è ostaggio del diritto di veto della Russia e si trastulla da troppi anni in dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. L’ONU deve essere riformato e da subito va abrogato il diritto di veto della Russia, un Paese il cui governo conduce una guerra scellerata, chiamandola operazione militare, non può fare parte di quel ristretto consesso che dovrebbe sapere e poter decidere come e quando intervenire per impedire massacri e minacce di catastrofi nucleari.

    Il tempo sta per scadere, il tempo che scandisce il nostro grado di civiltà ed umanità sostanziale, ogni ulteriore indugio ci renderà complici delle atrocità che oggi subisce il popolo ucraino e che domani potremmo essere noi a subire per i troppi tentennamenti e distinguo di oggi.

  • Quousque tandem abutere, Putin, patientia nostra?

    Fino a quando il Cremlino continuerà ad abusare della nostra pazienza?

    Fino a quando le paure, gli interessi, gli sproloqui dei veri e presunti equidistanti continueranno a dilazionare gli aiuti militari, quelli veri, quelli che servivano già due mesi fa, quelli che almeno dovrebbero arrivare domani e non dopodomani, al popolo ucraino?

    Le persone inermi trucidate, deportate, sfollate senza più nulla, imprigionate in città dalle quali non possono uscire, mentre le bombe ed i missili si susseguono incessanti distruggendo tutto, le donne violentate, i bambini morti o dispersi ci continueranno a fissare con occhi disperati se non riusciremo subito a capire che per arrivare alla pace, quella vera, occorre sconfiggere ora il male oscuro che Putin ha portato in Ucraina e che continuerà a portare avanti, sempre più oltre.

    L’Occidente ha fatto molto ma non ha fatto tutto quello che poteva e doveva e non lo ha fatto in tempo. Putin non farà nessun tipo di accordo e renderà sempre più violenta la sua “operazione militare” perché solo vincendo sul campo in tutta l’area, dal Donbass a Odessa, potrà tentare di giustificare, a se stesso ed ai russi, le atrocità che ha commesso e dimostrare al resto del mondo la sua potenza. E questa potenza e violenza le utilizzerà ancora verso altri popoli e stati se non lo fermeremo ora.

    Per fermare Putin, per impedire altre atrocità, che peserebbero non solo sulla nostra coscienza ma anche sulla nostra sicurezza, vi sono poche strade: 1) armare veramente gli ucraini, senza centellinare le armi, quelle necessarie a respingere  i russi fuori dai confini, 2) accettare il sacrificio di oggi e rinunciare al gas russo per garantirci un domani da esseri umani liberi, 3) iniziare una politica agricola che porti, con gli adeguati aiuti, a coltivare tutte le terre dismesse in questi anni visto che il Cremlino userà presto anche l’arma del grano.

    E per continuare con quanto aveva detto Cicerone, parole più attuali che mai, “Quanto a lungo ancora, Putin, codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?

  • Humane Society International rimborsa cure veterinarie fino a 250 euro per animale al seguito di rifugiati ucraini

    Humane Society International, insieme a FVE e FECAVA, lancia un programma paneuropeo: contributo finanziario alle cure veterinarie di animali al seguito di rifugiati ucraini.
    Fino al 21 maggio sarà attivo il programma Humane Society International Vets For Ukrainian Pets Care Scheme, con l’obiettivo di offrire un livello minimo di assistenza veterinaria agli animali da compagnia al seguito dei proprietari che hanno lasciato l’Ucraina. Il progetto è paneuropeo e chiama a raccolta i Veterinari di tutti i Paesi Europei (qui il link per i Medici Veterinari che intendono aderire dall’Italia) per offrire assistenza agli animali giunti nel loro Paese. Possono aderire singoli Medici Veterinari oppure strutture veterinarie singole o in gruppo.
    Rimborso fino a 250 euro per animale– Il progetto (Scheme) si applica a tutti gli animali da compagnia, inclusi conigli, porcellini d’India, furetti, cavalli e altri animali domestici.
    Fatte salve le limitazioni di budget, i fondi raccolti da Human Society International (HSI), fino al 21 maggio prossimo copriranno i costi delle cure veterinarie fino a un valore massimo di 250 euro per animale.
    Tetto di cinque rimborsi per Veterinario– Ogni singolo Veterinario può presentare fino a cinque richieste di rimborso. Le prestazioni rimborsate consistono principalmente nelle procedure di certificazione/legalizzazione dell’animale nel Paese di accoglienza se queste spese non sono rese gratuitamente da governo nazionale. Ciò può includere la vaccinazione antirabbica, il test dell’antirabbica, l’inoculazione del microchip e la registrazione dell’animale con rilascio della prevista documentazione ufficiale.
    Vaccinazioni e trattamenti antiparassitari- Nel budget sono comprese anche alcune prestazioni di prevenzione di base: vaccinazioni standard, trattamenti antiparassitari per assicurare un livello di protezione di base, anche nei confronti di  malattie eventualmente più diffuse in un dato territorio nazionale o regionale.
    Farmaci veterinari (fornitura fino a 4 mesi) –  Nei rimborsi sono compresi i costi di qualsiasi farmaco prescritto da un veterinario per trattamenti di durata fino a 4 mesi. Il rimborso è principalmente in favore di animali che hanno interrotto i trattamenti o affetti da patologie croniche, per le quali i proprietari hanno esaurito la scorte o non hanno potuto portarle con sè durante l’evacuazione.
    Condizioni acute e di breve durata– Vengono rimborsati anche i trattamenti necessari per condizioni acute quando la prognosi dopo il trattamento sia buona. Ad esempio per il trattamento di ferite, otite esterna o per l’attenuazione del dolore.
    Evitare spese al proprietario– La decisione di curare un paziente è “interamente a discrezione del singolo Veterinario”. Human Society International consiglia di considerare l’inopportunità di addossare al proprietario costi futuri impossibile da sostenere.
    E se il costo del trattamento supera il limite di 250 euro?  Humane Society International contribuisce finanziariamente ad uno sforzo collettivo a cui tutti sono chiamati. Molti Medici Veterinari si stanno già offrendo gratuitamente per fornire assistenza ai rifugiati ucraini, laddove manchino forme di aiuto da parte delle autorità nazionali- disponibili a coprire la spesa- o donazioni liberali sufficienti.
    In generale, HSI chiede che il voucher di 250 euro non sia utilizzato nell’ambito di un servizio a tariffa intera. “L’obiettivo è fornire assistenza al maggior numero possibile di animali e i budget sono limitati”. Si tratta inoltre di una forma di supporto contingente, applicabile alla situazione di emergenza e non in via permanente.
    Come essere sicuri che l’animale domestico appartiene a rifugiato ucraino– La guerra ha improvvisamente movimentato milioni di persone dall’Ucraina spesso prive di documenti. Se disponibile, il veterinario può verificare il passaporto del proprietario e dell’animale e la documentazione del passaggio di frontiera. “Ove non disponibile, ti chiediamo di esercitare il tuo miglior giudizio”- dicono da HSI.
    In ogni caso, il Veterinario sarà tenuto nel processo di verifica del pagamento a certificare che, per quanto ha potuto riscontrare si tratta di animali domestici di rifugiati ucraini.
    Le richieste di rimborso da parte del veterinario vengono presentate tramite il portale online: www.vetsforukraine.com. Ogni veterinario risponde delle proprie prestazioni. HSI non è responsabile. La rimborsabilità delle spese presentate dal veterinario segue unicamente le regole e i limiti di budget dello Scheme. I tempi di rimborso possono variare da 4 a 8 settimane.

    Fonte: AnmviOggi

  • A Kiev danneggiati 279 ospedali e 19 completamente distrutti

    Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina i russi hanno danneggiato 279 ospedali e ne hanno completamente distrutti 19. La notizia, riportata da Ukrinform e ripresa da Tgcom24, cita una dichiarazione del ministro della Salute ucraino Viktor Lyashko. “Durante la guerra, 279 ospedali sono stati danneggiati, 19 sono stati completamente distrutti. 20 operatori sanitari sono rimasti gravemente feriti, 6 sono stati uccisi. Ma i nostri medici non si arrendono, salvano vite ogni giorno”.

  • Moldova: l’UE annuncia un sostegno supplementare da 53 milioni di euro

    Il Commissario per il Vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha annunciato un sostegno supplementare da 53 milioni di euro per aiutare la Repubblica di Moldova a far fronte alle molteplici ripercussioni dell’aggressione militare russa contro l’Ucraina.

    L’aiuto, che assumerà la forma di un programma di sostegno al bilancio, si aggiunge all’assistenza macrofinanziaria da 150 milioni di euro e agli aiuti d’urgenza già forniti dall’Unione europea alla Moldova sotto forma di aiuti umanitari, sostegno all’accoglienza e alla gestione dei rifugiati e rinnovata cooperazione nella gestione delle frontiere, in particolare a seguito dell’accordo firmato il 17 marzo tra l’UE e le autorità moldove.

    L’annuncio è stato fatto in occasione della conferenza ministeriale tenutasi il 6 aprile a Berlino, in Germania, per il varo della piattaforma di sostegno alla Moldova. La piattaforma, nata su iniziativa di Germania, Francia e Romania, riunisce gli Stati membri dell’UE, i paesi del G7, i partner internazionali e alcuni paesi partner e mira a mobilitare un sostegno internazionale immediato e concreto per aiutare la Moldova a far fronte alla situazione attuale.

    Fonte: Commissione europea

  • Il piano di Mosca per ‘denazificare’ l’Occidente

    Tgcom24 di Mediaset ha scovato il manifesto politico di Putin sulla denazificazione in un articolo di Ria Novosti: “Via il nome Ucraina e rieducazione per la popolazione”.

    Sul sito dell’agenzia di stampa della Federazione russa, riferisce la testata italiana, è apparso un lungo editoriale del politologo e filosofo russo Timofey Sergeytsev sul piano del Cremlino: “Durerà una generazione». “L’operazione russa – sostiene Sergeytsev – ha rivelato che non solo la leadership politica in Ucraina è nazista, ma anche la maggioranza della popolazione. Tutti gli ucraini che hanno preso le armi devono essere eliminati, perché sono responsabili del genocidio del popolo russo». A detta dell’autore “la giusta punizione di questa parte della popolazione è possibile solo sopportando le inevitabili fatiche di una giusta guerra contro il sistema nazista, svolto con la massima cura e discrezione nei confronti dei civili. Un’ulteriore denazificazione di questa massa di popolazione consiste nella rieducazione, che si realizza attraverso la repressione ideologica degli atteggiamenti nazisti e una severa censura: non solo nell’ambito politico, ma anche necessariamente nell’ambito della cultura e dell’istruzione”. “Tutto ciò – argomenta Sergeytsev – significa che per raggiungere gli obiettivi della denazificazione è necessario il sostegno della popolazione, il suo passaggio dalla parte della Russia dopo la liberazione dal terrore, dalla violenza e dalla pressione ideologica del regime di Kiev, dopo il ritiro dall’isolamento informativo. Naturalmente, ci vorrà del tempo prima che le persone si riprendano dallo shock delle ostilità, per essere convinte delle intenzioni a lungo termine della Russia, che non saranno abbandonate». E anche “l’élite politica ucraina deve essere eliminata perché non può essere rieducata. Gli ucraini devono sperimentare tutti gli orrori della guerra e assorbire l’esperienza come lezione storica ed espiazione della loro colpa». «Gli ucraini mascherano il nazismo chiamandolo ‘desiderio di indipendenza’ e ‘modo di sviluppo europeo’. L’Ucraina non ha un partito nazista, un Führer, – continua l’esperto russo, – ma a causa della sua flessibilità, il nazismo ucraino è più pericoloso per il mondo di quello di Hitler».

    «La storia dimostra che l’Ucraina, – si legge in un altro stralcio, – al contrario di Georgia e Stati baltici, non è uno Stato naturale, ma i tentativi di costruire uno Stato hanno naturalmente portato al nazismo. Gli ucraini sono un costrutto artificiale anti-russo. Non dovrebbero più avere un’identità nazionale. Un Paese denazificato non può essere sovrano. Denazificazione dell’Ucraina significa anche la sua inevitabile de-europeizzazione». Di conseguenza “il territorio liberato e denazificato dello Stato ucraino non dovrebbe più essere chiamato Ucraina. La denazificazione dovrebbe durare almeno una generazione, (25 anni), che deve nascere, crescere e raggiungere la maturità nelle condizioni della denazificazione. La nazificazione dell’Ucraina è continuata per più di 30 anni, almeno a partire dal 1989, quando il nazionalismo ucraino ha ricevuto forme legali e legittime di espressione politica e ha guidato il movimento per ‘l’indipendenza’ verso il nazismo”. Così, “iniziata con una fase militare, seguirà in tempo di pace la stessa logica a tappe di un’operazione militare” e “la Russia non avrà alleati nella denazificazione dell’Ucraina. Poichési tratta di un affare puramente russo». “La denazificazione come obiettivo di un’operazione militare speciale nell’ambito di questa stessa operazione è intesa come una vittoria militare sul regime di Kiev, la liberazione dei territori dai sostenitori armati dei nazisti, l’eliminazione degli implacabili nazisti, la cattura di criminali di guerra e la creazione di condizioni sistemiche per la successiva denazificazione in tempo di pace”.

    “Per attuare il piano di denazificazione dell’Ucraina, la Russia stessa – ammette l’autore – dovrà finalmente rinunciare alle sue illusioni europeiste e filo-occidentali, per realizzarsi come ultima istanza di protezione e conservazione dei valori del Vecchio Mondo”.

    Non solo l’Ucraina nel mirino del Cremlino, ma tutto l’Occidente, che è stato storicamente ingrato nei confronti della Russia, è l’accusa. “La Russia – scrive Sergeytsev – ha fatto tutto il possibile per salvare l’Occidente nel Ventesimo secolo. Ha realizzato il principale progetto occidentale, l’alternativa al capitalismo che ha sconfitto gli Stati nazionali, il progetto socialista. Valori che l’Occidente ha abbandonato, avendo perso nella lotta per se stesso. Questa lotta è andata avanti per tutto il Ventesimo secolo e si è manifestata nella guerra mondiale e nella rivoluzione russa, inestricabilmente legate l’una all’altra”. Senza dimenticare, inoltre, che la Russia “ha schiacciato il nazismo tedesco, la mostruosa progenie della crisi della civiltà occidentale. L’ultimo atto di altruismo russo è stata la mano tesa di amicizia della Russia, per la quale la Russia ha ricevuto un colpo mostruoso negli anni ’90”.

    “Tutto quello che la Russia ha fatto per l’Occidente, – conclude Sergeytsev – l’ha fatto a proprie spese, facendo i più grandi sacrifici. Ma l’Occidente alla fine ha rifiutato tutti questi sacrifici, ha svalutato il contributo della Russia alla soluzione della crisi occidentale e ha deciso di vendicarsi della Russia per l’aiuto che ha disinteressatamente fornito”.

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