guerra

  • Alberghi in allarme per il caro energia “insostenibile”

    “Nel settore alberghiero, stiamo vivendo la tempesta perfetta. Prima è arrivata la pandemia, poi la guerra e con quella il rincaro energetico. Secondo le nostre stime il costo dell’energia passerà dal 5% al 20% nel fatturato delle imprese, ed è insostenibile”. Lo ha detto la presidente di Confindustria Alberghi Maria Carmela Colaiacovo, nella conferenza stampa alla Camera “Caro energia, è allarme per il settore alberghiero. La crisi energetica dopo due anni di pandemia, impatti sulle imprese alberghiere e sui servizi”, su iniziativa dell’onorevole Maria Teresa Baldini (Italia Viva) organizzata da Confindustria Alberghi e Assosistema Confindustria.

    “Speriamo che il governo inizi a strutturare gli interventi secondo una logica di filiera”, ha sottolineato il vicepresidente di Assosistema Confindustria Marco Marchetti. Tra le proposte congiunte di intervento all’esecutivo: l’innalzamento al 25% del credito di imposta previsto per l’acquisto di energia elettrica, analogamente a quanto stabilito per le imprese energivore; la proroga immediata almeno di un ulteriore trimestre dei crediti di imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas, dell’Iva agevolata per l’acquisto di gas e delle misure di azzeramento/riduzione degli oneri di sistema; l’introduzione di maggiorazioni sui crediti di imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas nel caso di imprese che hanno perdite di fatturato nel secondo trimestre 2021 superiori al 50% rispetto l’analogo periodo 2019.

    “Con oltre 32mila strutture e un milione di camere e due milioni di posti letto l’industria alberghiera italiana è fra le prime per capacità in Europa – ha ricordato Colaiacovo – Secondo l’Istat il settore prima della pandemia occupava 220mila lavoratori per un fatturato complessivo di 21 miliardi e secondo le nostre stime, le spese per l’acquisto di energia nel 2019 erano di 1,1 miliardi di euro, il 5% del fatturato”. Il Covid “ha falcidiato” il settore. Da un fatturato “di oltre 21 miliardi nel 2019 c’è stato un -54%, con un fatturato di 9,5 miliardi nel 2020”. Inoltre “già nel 2021 tra gennaio e dicembre per il gas aumentato del 400% a fronte di un fatturato ancora in contrazione”. Ora con l’ulteriore aumento di costi energetici, “non si possono aumentare i prezzi nelle nostre strutture, anche perché c’è ancora una bassissima domanda. Si devono trovare altre soluzioni” sottolinea.

    “Associo al grido d’allarme del settore alberghiero anche quello delle lavanderie industriali, sviluppate su tutto il territorio, che provvedono a reperire tutto il materiale tessile necessario per vestire le strutture alberghiere e gli hotel, anche con una manutenzione costante e quotidiana – sottolinea Marco Marchetti -. Stando all’Osservatorio di Assosistema Confindustria che ha periodicamente analizzato i numeri del settore, a dicembre 2021 ha registrato un calo dell’attività dell’85% con una previsione per i primi 3 mesi del 2022 di -65%”. Nel 2020 il settore delle lavanderie industriali per il turismo “ha registrato una perdita di 395 milioni di euro di fatturato, mentre nel 2021 una perdita di 350 milioni di euro”. A questa situazione già grave “si aggiungono i rincari delle bollette di gas ed energia ed i costi delle materie prime. I numeri parlano chiaro: sono circa 30.000 mila i lavoratori (di cui il 65% donne) a rischio. La situazione diventa decisamente drammatica se si considerano i valori del 2019 rispetto ai quali, nelle rilevazioni di energia e gas si registrano aumenti, rispettivamente, del +500% e, addirittura, del +800% per il gas (8 volte il corrispettivo del 2019)».

  • Putin gioca a Risiko e i dipendenti italiani di Aeroflot rischiano stipendio e posto di lavoro

    Voli fermi e stipendi bloccati. Le sanzioni economiche varate dall’Unione Europea nei confronti della Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina stanno colpendo anche i 35 lavoratori italiani dell’Aeroflot, la compagnia di bandiera di Mosca.

    “Il 27 febbraio è stato chiuso lo spazio aereo per tutte le compagnie russe. Questo ha comportato lo stop per tutti i lavoratori dell’Aeroflot: niente voli, niente lavoro”, spiega Giovanna Frunzio, coordinatore Aeroflot a Fiumicino. “Dal 25 febbraio il conto della compagnia presso la Bnl di Roma è bloccato, e tutti i dipendenti Aeroflot in Italia, parliamo di 35 persone tra Milano, Roma, Venezia e Napoli, non hanno potuto percepire lo stipendio – aggiunge -. E’ stata chiesta la cassa integrazione, già dal 3 marzo, e fino ad oggi non è stata ancora approvata. Non capiamo come delle sanzioni contro la Russia vadano a colpire noi, cittadini italiani. Perché tutti i 35 dipendenti sono di cittadinanza italiana”.

    Un fulmine a ciel sereno per i lavoratori italiani, come sottolinea Giovanna Frunzio: “Prima d’ora non abbiamo mai avuto nessun tipo di problema: per noi l’Aeroflot è sempre stata una compagnia solida e, francamente, non abbiamo mai nemmeno immaginato uno scenario del genere. Ci siamo trovati dall’oggi al domani in una situazione senza alcun precedente”.

    “In questa azienda non ho mai ricevuto il mio stipendio con un solo giorno di ritardo. Non ho mai visto dei licenziamenti senza giusta causa – spiega Francesca, anche lei tra i 35 dipendenti italiani di Aeroflot -. Oggi mi ritrovo a 46 anni con due figli e il mio posto di lavoro a rischio. Ora la compagnia potrebbe avvalersi della legge 223 per un eventuale licenziamento collettivo per i 35 lavoratori italiani”.

    “Noi abbiamo un contratto italiano, il cosiddetto F.A.I.R.O. (Foreign Airlines Industrial Relations Organization) che è un contratto collettivo nazionale – precisa invece un altro dipendente, Libero Di Zillo, in forza allo scalo di Fiumicino -. La nostra compagnia sta vedendo quello che può fare, ma in ogni caso sono già stati fatti tutti i passi possibili e immaginabili. Non sono serviti però a superare la chiusura da parte delle autorità italiane a far sbloccare il conto corrente in Italia dell’Aeroflot”.

    La situazione precipitata dopo lo scattare delle sanzioni preoccupa anche la compagnia: “Abbiamo già mandato tre lettere dirette a ministeri e due alle banche, non c’è risposta – dice Andrey Dobrakov, direttore generale per l’Italia di Aeroflot -. La nostra attività è completamente bloccata. I soldi per coprire gli stipendi, le tasse e altri servizi, come il rimborso dei biglietti, sono stati inviati regolarmente dalla compagnia, e sono sul conto in banca dal 25 febbraio. Se la situazione non dovesse cambiare, il licenziamento dei dipendenti italiani resta l’unica strada percorribile. In altri paesi, come in Germania o in Gran Bretagna, i soldi per i dipendenti sono disponibili senza problemi. Le sanzioni ci sono, ma i soldi per gli stipendi restano accessibili”.

  • Due pesi e due misure

    Da più parti ci si chiede se fossero o meno ucraini i due elicotteri che hanno incendiato i depositi russi di carburante, vicino al confine con l’Ucraina.

    Nella miglior tradizione del governo di Putin, campione mondiale nel sostenere la logica dei due pesi e due misure, si è già dichiarato che questa azione creerà problemi nel prosieguo delle trattative. In sintesi la distruzione di due depositi di carburante, in territorio russo, dovrebbe, secondo il governo del Cremlino, pesare di più della distruzione che l’esercito russo ha sistematicamente perpetrato in Ucraina radendo al suolo case civili, ospedali, scuole, biblioteche, teatri, uffici governativi, oltre che, ovviamente, varie realtà militari, procurando la morte di migliaia di persone inermi, di decine e decine di bambini e rendendo profughi, privati di tutto, già più di quattro milioni di ucraini.

    Secondo la logica dei due pesi e due misure che, purtroppo, ha estimatori anche nel mondo occidentale, gli ucraini possono, al massimo, difendersi, senza avere aiuti militari dall’esterno, per poi accettare di essere russificati ed asserviti, sotto un governo amico di Putin, e con il territorio massacrato e parcellizzato, sempre secondo il volere del presidente russo e dei suoi amici e simpatizzanti.

    Conoscendo da anni la sistematica disinformazione attuata  da Mosca ora, come durante il tragico periodo sovietico, e la ridda di informazioni false e depistanti che si susseguono non sappiamo, ad oggi, se i due elicotteri fossero ucraini, di dissidenti russi o proprio dell’esercito di Mosca, mandati per creare un nuovo casus belli. Quello che è certo, per tutti  coloro che si opporranno sempre alla regola dei due pesi e due misure, è che Putin ha invaso l’Ucraina, che l’esercito russo ha raso al suolo interi villaggi e città, con vittime civili colpite appositamente per creare panico e disperazione, che militari russi hanno violentato donne ed ucciso persone inermi, che Putin ha mandato a morire tanti soldati russi che erano ragazzini impreparati ed inconsapevoli e che anche di questo dovrà, prima o poi, rispondere al suo popolo e al resto del mondo.

    Se poi i due elicotteri fossero stati ucraini onore alla coraggio dei piloti e dei loro equipaggi che hanno cercato di rallentare l’avanzata di quei carri armati che stanno uccidendo la popolazione Ucraina.

    Spero che tutti le persone di “buona volontà“ siano d’accordo sulla necessità di rivolgere un pressante invito all’Unione Europea, in attesa che si formalizzino le procedure per l’ingresso dell’Ucraina, ad aiutare di più, e più celermente, la resistenza e perché l’Unione stessa sia parte attiva per ottenere dalla Russia il pagamento degli ingenti danni di guerra.

  • Diritto e dovere di difesa

    Una domanda semplice semplice: la Russia aveva il diritto di invadere l’Ucraina e semi distruggerla senza neppure avere dichiarato guerra?

    Se la risposta è sì Putin aveva il diritto e ha fatto bene a perseguire i suoi presunti o veri interessi, scaturisce una seconda domanda: è lecito in un’azione militare, che è una guerra dichiarata su tutto il territorio ucraino, compiere quelli che il diritto internazionale definisce crimini di guerra? Parliamo di distruzione di case di civile abitazione, scuole, ospedali e di lasciare centinaia di migliaia di persone senza riscaldamento, acqua, luce, cibo e di sparare sui civili inermi?

    Se anche questa volta la risposta è sì chiunque abbia risposto affermativamente è un criminale di guerra tale e quale a coloro che hanno comandato o materialmente commesso questi delitti.

    Se alla prima domanda la risposta è no, Putin non aveva il diritto di invadere l’Ucraina, la seconda domanda è: gli ucraini hanno il diritto di difendersi o il dovere di soccombere perdendo libertà ed indipendenza?

    Se Putin non aveva il diritto di invadere l’Ucraina e gli ucraini hanno il diritto di difendere se stessi, le loro famiglie, la loro libertà ed indipendenza come possono farlo se non hanno le armi sufficienti per fermare i cannoneggiamenti, i missili a lunga gittata, le bombe al fosforo e a grappolo?

    Essere pacifici e cioè vivere rispettando gli altri, credendo nel dialogo, operando per la pace non vuole dire accogliere a braccia aperte chi ti entra in casa e si appropria della tua vita.

    Difendere gli ucraini è insieme un dovere ed un diritto e a chi pensa il contrario auguro di non trovarsi mai nella vita a incontrare i tanti Hitler e Putin che vivono purtroppo anche tra noi.

  • Così la guerra di Putin cambia gli equilibri globali

    Nulla sarà più come prima. La guerra di Putin in Ucraina è destinata a cambiare gli equilibri geopolitici e la scacchiera globale che conoscevamo poco più di un mese fa, prima che i tank e i missili russi riportassero una guerra novecentesca nel cuore dell’Europa. Molti cambiamenti sono già in atto, altri sono in parte prevedibili, altri ancora potrebbero sorprenderci nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

    È facile vedere quello che sta accadendo in Europa. Il futuro è già qui tra noi: il forte riavvicinamento tra Stati Uniti ed Unione europea dopo anni di rapporti faticosi, il rafforzamento della Nato che dalla ‘morte cerebrale’ vista da Macron adesso ha di nuovo un senso e un orizzonte, il passo deciso dell’Ue verso una politica estera comune e la creazione di un’identità di difesa comune, sempre che i leader europei non cadano di nuovo in qualcuna di quelle amnesie da cui ciclicamente sono colpiti.

    Sono passi che si pensava potessero richiedere anni e che invece stanno avvenendo, sotto i nostri occhi, in poche settimane. Ma allargando lo sguardo si può intuire come la guerra di Putin sia destinata a cambiare i rapporti diplomatici e gli schieramenti in tutti gli angoli del mondo.

    La Cina, suo malgrado, è al centro di queste novità. Pechino ha mantenuto una posizione volutamente ambigua ma sta già pianificando le mosse per i prossimi anni. Il recente rafforzamento delle relazioni voluto da Putin e Xi non è stato rinnegato. Ma la Cina da un lato evita di condannare esplicitamente Mosca e dall’altro continua a dire di credere nel dialogo e nel rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità degli Stati. Il timore di Pechino è che la crisi economica conseguente alle sanzioni possa influire sul suo espansionismo centrato sul progetto nella ‘Nuova via della seta’.

    D’altra parte la globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi è destinata a mutare velocemente e l’interconnessione e l’interdipendenza dell’economia globale sicuramente subiranno sensibili passi indietro.

    La Cina non si esporrà sulla guerra e nel frattempo preparerà il terreno per nuove alleanze. Il ministro degli Esteri Wang si è recentemente recato in India, per la prima visita dagli scontri del 2020 sul confine himalayano che portarono a un rapido deterioramento dei legami tra i due Paesi più popolosi del mondo. Ora tutto sembra quasi dimenticato di fronte ai nuovi problemi da affrontare. Possibilmente insieme. La Cina e l’India importano energia dalla Russia e il 50 per cento degli armamenti indiani viene da Mosca.

    L’Occidente teme quindi che nel medio periodo si possa creare un’alleanza tra India e Cina che strizzi l’occhio alla Russia. Sarebbe uno scenario impazzito che riporterebbe il mondo diviso fra 2 fronti con una nuova forma di Guerra fredda. Ma stavolta a guidare il fronte orientale non sarebbe più Mosca ma Pechino.

    Ma sarebbe anche uno scenario che andrebbe, in parte, contro gli interessi cinesi: dove finirebbero gli scambi commerciali con gli Usa e l’Europa di un Paese che punta tutto o quasi sul commercio internazionale? Anche, e soprattutto, nelle scelte di Pechino e nella risposta a questa domanda, che potremmo avere da qui a pochi mesi, si formerà il nuovo assetto della geopolitica globale dei prossimi anni.

    Per capire quanto la guerra di Putin stia cambiando il mondo si può anche guardare all’America latina dove Argentina e Brasile sono molto cauti nella condanna all’invasione russa e pensano invece a sostituire Mosca e Kiev nelle esportazioni di mais nei mercati globali. Buenos Aires e Brasilia sono rispettivamente il secondo e il terzo produttore mondiale di mais e adesso guardano alla guerra con un’altra prospettiva.

    Il Donbass, un mese fa, sembrava molto lontano. Adesso dalla guerra nata in quella piccola regione nascono i cambiamenti globali che costruiranno il mondo di domani.

    E Putin, dando il via libera ai suoi carri armati, voleva cambiare la storia. Ed è quello che sta accadendo, ma non nella direzione che voleva lui.

  • L’attualità della metafora di Davide e Golia

    Davide raccolse cinque pietre lisce e le mise in una sacca.

    Prese la sua fionda e il bastone da pastore e andò ad affrontare Golia.

    Primo libro di Samuele; 17/38-39

    Sono il primo ed il secondo libro di Samuele, come anche alcuni altri testi dell’Antico Testamento, nonché la Bibbia stessa, in cui si scrive di Davide, figlio di Iesse, vissuto in Giudea circa tremila anni fa. Secondo la religione ebraica Davide, re d’Israele, era il progenitore della stirpe alla quale doveva appartenere il Messia. Mentre per la religione cristiana invece, era Giuseppe, marito di Maria, uno dei discendenti di Davide. Ma per tutti però, Davide era colui che affrontò ed uccise in un duello il temibile Golia. Secondo i testi dell’Antico Testamento Dio aveva deciso che il futuro re d’Israele doveva essere uno dei figli di Iesse da Betlemme, visto che Saul, l’allora re dell’Israele, non era più il suo prediletto. Ragion per cui Dio incaricò il profeta Samuele di andare a Betlemme ad incontrare Iesse. Nel primo libro di Samuele, il profeta racconta che nessuno dei primi sette figli di Iesse poteva essere il prediletto di Dio, ma quando Davide, il figlio minore di Iesse, gli si presentò davanti, dopo essere stato chiamato dai suoi, mentre pascolava le pecore, il profeta udì la voce di Dio che disse: “Alzati, ungilo, perché è lui!”. Lo stesso profeta Samuele ci racconta nel suo primo libro che il re Saul, disperato perché si sentiva abbandonato da Dio, ma senza sapere niente della sua volontà, aveva scelto proprio Davide come suo scudiero e suonatore di strumenti a corda. Era il tempo in cui i filistei, un popolo che viveva nella regione di Canaan, cercavano di sconfiggere l’esercito di re Saul e invadere la Giudea. Il profeta Samuele ci racconta che un filisteo di spiccata corporatura, feroce e temibile, di nome Golia, ogni giorno sfidava l’esercito di re Saul, chiedendo duello con uno di loro. Ma nessuno osava sfidare Golia. Una sfida che andava avanti da quaranta giorni, come racconta Samuele. Il popolo al quale doveva appartenere il vincitore del duello avrebbe avuto in seguito il diritto di sottomettere quello del vinto. Ma nessuno degli ebrei osava affrontare Golia. Questo racconta il profeta Samuele. Un giorno però Davide era stato mandato da suo padre a portare del cibo ai suoi fratelli che erano arruolati nell’esercito di re Saul. Trovandosi nell’accampamento, Davide dovette assistere all’ennesima sfida e alle irritanti ed insopportabili offese di Golia. Non potendo però tollerare simili sfide e offese, Davide chiese il permesso a re Saul di affrontare il terribile Golia, rivelando così la sua parte coraggiosa del pastore di pecore, che aveva affrontato e ucciso un orso ed un leone per difendere il suo gregge. Il profeta Samuele ci racconta che “Davide raccolse cinque pietre lisce e le mise in una sacca. Prese la sua fionda e il bastone da pastore e andò ad affrontare Golia”. Vedendo quel ragazzo andargli incontro, Golia cominciò a deridere ed offendere Davide, sicuro che un “pastorello non avrebbe potuto sconfiggerlo”. Ma niente poteva fare indietreggiare Davide, sicuro e fiducioso com’era che “il Signore lo avrebbe protetto”. E trovandosi di fronte a Golia, lanciò subito e con destrezza una delle sue cinque pietre lisce con la sua fionda. “La pietra colpì Golia in fronte e il gigante cadde a terra”, racconta il profeta Samuele che poi aggiunge: “Il Signore aiutò Davide a sconfiggere Golia senza spada né armatura” (primo libro di Samuele; 17/42-47; n.d.a.). Poi Davide prese la grande spada di Golia e gli tagliò la testa. Seguendo il duello ed assistendo alla morte del loro spavaldo eroe, i filistei si diedero alla fuga. Il profeta Samuele ci testimonia che subito dopo “…gli uomini d’Israele e di Giudea sorsero, alzando grida di guerra, e inseguirono i Filistei fino all’ingresso di Gat e alle porte di Ekron. I Filistei feriti a morte caddero sulla via di Shaaraim, fino a Gat e fino ad Ekron” (primo libro di Samuele; 17/52; n.d.a.).

    Oggi occorre il 33o giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate della Russia. Un’invasione massiccia che cominciò nelle primissime ore del 24 febbraio scorso, dopo un lungo discorso televisivo del presidente russo. Un’invasione che lui, con il suo spudorato e sfidante cinismo, con un irritante sarcasmo tipico di tutti i dittatori, ha cercato di classificare come “un’operazione speciale”! Nel frattempo però l’efferata aggressione russa non ha risparmiato neanche tantissimi innocenti ed inermi cittadini ucraini assediati nelle città, compresi i bambini, come sta accadendo dall’inizio dell’invasione. Soltanto durante le ultime 24 ore, come risulta da fonti mediatiche, sono stati effettuati più di 40 bombardamenti da artiglieria e da attacchi aeri delle forze armate russe. Così come risulta che soltanto durante queste ultime 24 ore la regione di Kharkiv è stata attaccata più di 200 volte con artiglieria, lanciarazzi e anche con bombe a grappolo, vietate dalle convenzioni internazionali in vigore. Una grave e preoccupante situazione continua tuttora ad essere rapportata dalla martoriata Mariupol, una città dell’Ucraina sudorientale sulle coste del mare Azov. Mariupol è stata assediata, attaccata e bombardata continuamente dalle forze armate russe dal primo giorno di marzo, diventando così una città fantasma. Sempre oggi il ministero degli Esteri ucraino ha fatto ufficialmente sapere che “…le forze russe hanno trasformato ‘in polvere’ la città assediata di Mariupol, dove la situazione umanitaria è catastrofica”. Secondo fonti mediatiche ucraine ad oggi, 28 marzo, sarebbero circa 5 mila le vittime civili a Mariupol, uccise soprattutto dai bombardamenti russi. E tra loro, purtroppo, risulterebbero esserci anche 210 bambini. Il sindaco dichiarava oggi che Mariupol ormai “…è sull’orlo di una catastrofe umanitaria e deve essere completamente evacuata”, aggiungendo che “…circa 160.000 civili sono intrappolati nella città senza elettricità”. Mentre ha denunciato che “…Ventisei autobus erano in attesa di evacuare i civili, ma le forze russe non hanno acconsentito a concedere loro un passaggio sicuro”. Un fatto grave questo, denunciato anche dal portavoce del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Secondo lui “…Le parti devono essere i garanti e trovare un accordo per consentire un passaggio sicuro. Devono pubblicizzare il percorso e concedere molto tempo alle persone per uscire”. Lui ha dichiarato che le squadre della Croce Rossa non hanno ancora potuto a raggiungere Mariupol. Il portavoce del Comitato Internazionale della Croce Rossa ha anche sottolineato che “…Il diritto internazionale umanitario richiede che le persone possano partire e che non siano costrette ad andarsene”. Ma per le forze armate russe sono gli ordini del dittatore e/o di chi per lui ai quali devono ubbidire. Mentre quanto viene sancito e reso obbligatorio dai canoni del Diritto internazionale umanitario per loro rappresentano soltanto una cartastraccia.

    In questi ultimi giorni, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono stati verificati e denunciati “…più di settanta distinti attacchi contro ospedali, ambulanze e medici in Ucraina, con un numero che aumenta ogni giorno”! Risulterebbe altresì che “…dal 24 febbraio, l’OMS ha esaminato e verificato 72 attacchi separati contro strutture sanitarie in Ucraina che hanno provocato almeno 71 morti e 37 feriti”. In seguito alle atrocità dei russi contro l’inerme e innocente popolazione ucraina, ad oggi, secondo un annuncio ufficiale dell’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees – l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati; n.d.a.) risulterebbe che “…oltre 3 milioni e 800 mila persone hanno lasciato l’Ucraina” specificando che “…sono soprattutto donne e bambini”. Aggiungendo però anche che “…chi rimane nel paese vive in condizioni sempre più disperate. E per oggi [28 marzo 2022; n.d.a.] non è previsto nessun corridoio umanitario”. Mentre da valutazioni specializzate e rese note da fonti mediatiche oggi, risulterebbe che “La guerra ha causato danni alle infrastrutture dell’Ucraina per oltre 57,5 miliardi di euro”. Dalle stesse valutazioni risulterebbe, altresì che “…almeno 4.431 edifici residenziali sono stati danneggiati, distrutti o sequestrati, insieme a 378 scuole, 92 fabbriche e magazzini. Sono 12 gli aeroporti distrutti, danneggiati o sequestrati così come 7 centrali termiche o idroelettriche”.

    Lo stesso presidente ucraino continua a chiedere un concreto e vitale sostegno per il suo Paese da parte dei “grandi del mondo”. Nelle primissime ore di domenica scorsa egli ha chiesto di nuovo e per l’ennesima volta di avere armi per far fronte agli invasori russi. Ha chiesto di fornire altri indispensabili aiuti militari all’Ucraina, compresi carri armati, sistemi di difesa antiaerea ed altro. “…Ce li hanno i nostri partner, ma semplicemente si stanno ricoprendo di polvere”, ha detto. Ribadendo che “…Tutto questo serve per la libertà non solo dell’Ucraina ma anche dell’Europa”. Facendo riferimento al grande coraggio dei difensori di Mariupol, stigmatizzando quello che lui considera il “ping-pong occidentale” e rivolgendosi ai “grandi del mondo”, il presidente ucraino ha fatto capire che le cose sarebbero andate diversamente e molto meglio “…se solo coloro che hanno pensato per 31 giorni a come consegnare dozzine di jet e carri armati avessero l’1% del loro coraggio”. Aggiungendo anche una domanda retorica “…Allora, chi è a capo della comunità euro-atlantica? È ancora Mosca, grazie alle sue tattiche spaventose?”.

    Oggi, 28 marzo, il capo dello Stato italiano, Sergio Mattarella, presente all’Università di Trieste in occasione dell’inaugurazione del 98o anno accademico, ha parlato dell’aggressione russa in Ucraina. “Abbiamo dovuto assistere al riesplodere di aggressivi egoismi nazionali, alla moda di quanto non avveniva dall’Ottocento, nei secoli scorsi”, ha detto il presidente Mattarella. E poi ha aggiunto che tutto ciò rappresentava “…un retrocedere della storia e della civiltà che mai avremmo immaginato possibile in questo inizio di millennio assistendo a vittime di ogni età, dai bambini agli anziani, a devastazioni di città e di campagne, ad un impoverimento del mondo”. Proseguendo il suo discorso il capo dello Stato ha affermato che “Non troviamo una motivazione razionale a questa guerra”. Ha fatto riferimento alle misure prese dall’Unione europea, dai singoli Stati e da diverse organizzazioni internazionali che continuano “con misure economiche e finanziarie che indeboliscono chi vuole imporre con la violenza delle armi una guerra che, se non trovasse ostacoli, non si fermerebbe”. E poi perentorio, riferendosi all’aggressione russa in Ucraina, il presidente Mattarella ha ribadito che “…Occorre fermarla ora, subito!”. Nel frattempo domenica scorsa, durante l’Angleus, papa Francesco ha fermamente ribadito che “…C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti”. Riferendosi a quanto sta accadendo in Ucraina, il Pontefice ha definito la micidiale guerra in corso come un realtà “dove i potenti decidono e i poveri muoiono”. Si tratta di un ulteriore ammonimento di papa Francesco ai “grandi del mondo”, dopo quelli fatti la scorsa settimana sempre dal Santo Padre. L’autore di queste righe ha già informato il nostro lettore (Bisogna reagire determinati contro l’irresponsabilità dei dittatori; 21 marzo 2022).

    Ma da quanto sta accadendo in questi ultimi giorni in Ucraina, risulterebbe che l’avanzata dei russi sia stata fermata o, per lo meno, rallentata su diversi fronti. Ad oggi sono falliti tutti i tentativi per sbarcare a Odessa. Mentre una notizia dell’ultima ora fa riferimento alle dichiarazioni del sindaco di Irpin, cittadina vicinissima alla capitale. Secondo il sindaco “…La nostra Irpin è libera dagli invasori di Moska”. L’esercito ucraino sembrerebbe abbia liberato diversi insediamenti anche nella regione di Kharkiv. Il che potrebbe far pensare e sperare, perché no, ad una auspicabile attualità della metafora di Davide e Golia.

    Chi scrive queste righe, visti gli ultimi sviluppi, pensa che le ripetute richieste del presidente ucraino potrebbero veramente aiutare il suo popolo a combattere e sconfiggere gli aggressori russi. Nel frattempo egli pensa a Davide che raccolse cinque pietre lisce, le mise in una sacca, prese la sua fionda e il bastone da pastore e andò ad affrontare il temibile mostro filisteo. Lo colpì con una delle sue pietre e lo uccise sul colpo. Poi prese la grande spada di Golia e gli tagliò la testa.

  • Costruire la pace per il nostro comune presente e per il futuro delle generazioni che verranno

    Mentre i polacchi mettono da parte tutte le rivalità, che ci sono state in questi anni tra maggioranza ed opposizione, per accogliere i profughi ed aiutare in tutti modi possibili la difesa dell’Ucraina contro la barbarie di Putin, in Italia diverse forze politiche, con l’avvicinarsi delle elezioni, nuovamente dimenticano che la priorità è aiutare L’Ucraina per riaffermare la libertà, la democrazia, salvare vite umane e non la ricerca di un ipotetico consenso.

    Con la solita doppia faccia alcuni parlano di pace negando che la pace, quando si è aggrediti, si può difendere solo con armi adeguate ad impedire distruzioni, genocidio, perdita della propria indipendenza e sovranità.

    Quando l’Italia, secoli fa, è passata sotto diverse dominazioni c’era il detto “viva la Franza, viva la Spagna basta che s’magna”

    Sono passati secoli e voglio sperare che, in caso di invasione, la maggior parte degli italiani avrebbero oggi la forza, il coraggio, l’abnegazione che ogni giorno sta dimostrando il popolo ucraino.

    Nessuno è per la guerra ma spero anche che nessuno, di quelli che oggi fanno tanti distinguo sugli aiuti militari all’Ucraina o sulla necessità di adempiere a quanto già concordato con la Nato nel 2006, abbia scheletri nell’armadio per accordi ed interessi passati con Putin o con qualche suo oligarca, spero che nessun partito, o esponente politico italiano, abbia tratto il ben che minimo beneficio dalle relazioni, istituzionali o meno, con la Russia. Spero che certe posizioni, di questi giorni, siano frutto di un’errata valutazione politica e non di altri interessi o di indifferenza verso vite umani e valori imprescindibili.

    Qualunque motivazione sia all’origine di certe dichiarazioni ed atteggiamenti, coda di paglia, viltà, paura, calcolo elettorale o errore politico sappiano, tutti coloro che piangono per i “poveri ucraini”, ma che non danno il tempestivo contributo, anche militare, per aiutarli, che i morti, i feriti, i bambini dispersi, le città distrutte e l’attacco all’indipendenza ed alla libertà di un intero popolo ricadrà anche sugli ignavi.

    Difendere l’Ucraina è difendere, costruire la pace per il nostro comune presente e per il futuro delle generazioni che verranno, perché ogni essere umano è fatto per vivere libero e l’autocrazia rende schiavi con la violenza e la corruzione.

  • La guerra in Ucraina si ripercuote anche sulla Pac, i campi tornano a produrre

    L’onda lunga del conflitto in corso in Ucraina arriva a Bruxelles, e ricade sulla nuova Pac che dovrà entrare in vigore il primo gennaio 2023. Lunedì 21 il Consiglio Agricoltura Ue ha cercato di trovare risposte a un comparto primario schiacciato tra rialzi delle bollette energetiche e rincari delle materie prime, dalla mangimistica al frumento. Ma già prima di quell’appuntamento il Commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski ha fatto sapere che la commissione Agricoltura dell’Europarlamento sta lavorando a misure straordinarie “a breve termine” per gli agricoltori. Tra quelle preannunciate, l’impiego per la prima volta della riserva di crisi da 500 milioni della Pac, oltre il cofinanziamento di misure di emergenza extra da 1 miliardo di euro, e la tanto auspicata dagli italiani, e non solo, deroga agli obblighi Pac sui terreni “a riposo”. L’annuncio ha trovato il plauso del ministro italiano delle Politiche agricole Stefano Patuanelli: “molto bene – ha commentato – la prontezza della Commissione Ue: servono risorse per garantire le produzioni. Bene le deroghe per i terreni a riposo”. “L’Unione è al fianco dei nostri agricoltori, e lo fa mettendo sul tavolo la riserva di crisi Pac da 500 milioni di euro, di cui circa 50 destinati all’Italia, che gli Stati membri potranno cofinanziare al 200%, per un pacchetto totale di 1.5 miliardi”, ha sottolineato Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura del Parlamento Ue. “Facendo proprie le nostre proposte delle ultime settimane – ha aggiunto l’eurodeputato del Pd – l’esecutivo Ue metterà uno stop al blocco all’utilizzo dei fitofarmaci nelle aree agricole lasciate a riposo (Efa), che potranno quindi tornare a essere coltivate in modo tradizionale”.

    Il grido d’allarme è avvertito anche nelle nostre aule parlamentari dove il ministro Patuanelli ha risposto a sei interrogazioni bipartisan nel question time a Montecitorio dove tornerà il prossimo 29 marzo per una informativa urgente sui sostegni all’agricoltura ed alla pesca. Intanto sul fronte produttivo Coldiretti stima che possono essere recuperati in Italia 200 mila ettari di terreno ‘per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais, grano duro per la pasta e tenero per la panificazione. Per il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti  “dobbiamo dare seguito alla dichiarazione conclusiva del Consiglio Europeo informale della scorsa settimana con la quale è stato assunto l’impegno a migliorare la sicurezza alimentare, riducendo la dipendenza dalle importazioni di prodotti agricoli chiave. Centrare il traguardo non comporta l’accantonamento degli obiettivi di neutralità climatica, dove tra l’altro l’Italia è in ottima posizione”. “Apprezziamo – ha concluso Stefano Mantegazza, segretario generale Uila-Uil – che la Commissione europea si faccia carico delle difficoltà delle aziende agricole, ma Uila è convinta sia necessario anche prevedere la moratorio semestrale dei mutui e la rinegoziazione delle esposizioni bancarie”. Misure che Patuanelli ha annunciato di proporre in sede Ue.

  • Bisogna reagire determinati contro l’irresponsabilità dei dittatori

    Supplico tutti gli attori della comunità internazionale perché si

    impegnino davvero nel far cessare questa guerra ripugnante.

    Papa Francesco

    “Non si arresta, purtroppo, la violenta aggressione contro l’Ucraina, un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità. Non c’è giustificazione per questo! Supplico tutti gli attori della comunità internazionale perché si impegnino davvero nel far cessare questa guerra ripugnante”. Con queste parole si è rivolto Papa Francesco, dopo la recita dell’Angelus, a tutti coloro che erano radunati in piazza San Pietro a Roma. Ma anche a molte altre persone che lo stavano seguendo in diretta televisiva in diverse parti del mondo. Ucraina compresa. Il Pontefice ha chiesto specificatamente a tutti gli “attori della comunità internazionale”, e cioè a tutti i “grandi del mondo”, di impegnarsi veramente “nel far cessare questa guerra ripugnante”. Lo ha chiesto proprio a coloro che, da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina, si stanno pubblicamente impegnando a impedire quella aggressione sanguinosa voluta ed attuata dal dittatore russo. Il Papa, riferendosi alle crudeltà di questa guerra, che sta continuando dal 24 febbraio scorso e che non sta risparmiando nessuno, ha ribadito, perentorio, che “…Tutto questo è disumano! Anzi, è anche sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana, soprattutto contro la vita umana indifesa, che va rispettata e protetta, non eliminata, e che viene prima di qualsiasi strategia!”. Ha considerato proprio un “sacrilegio” quanto stanno facendo gli invasori russi contro l’inerme ed innocente popolazione in Ucraina. Perché la vita umana “viene prima di qualsiasi strategia”. Mentre, invece, il dittatore russo e la sua potente propaganda hanno semplicemente “classificato” questo genocidio come “un’operazione speciale” (Sic!). Espressione quella di uno spudorato e sfidante cinismo e di un irritante sarcasmo tipico dei dittatori, come purtroppo la storia ci insegna. Ma domenica scorsa papa Francesco ha chiesto a tutti di non abituarsi “alla guerra e alla violenza”. Poi, riferendosi alle tante donne e ai tantissimi bambini che sono scappati dalle atrocità causate da quella “operazione speciale” del dittatore russo, il Santo Padre ha, altresì, chiesto a tutti di non abbandonare e di pensare “…a queste donne, a questi bambini che con il tempo, senza lavoro, separate dai loro mariti, saranno cercate dagli “avvoltoi” della società”.

    Lo stesso papa Francesco mercoledì scorso, durante l’Udienza generale in aula Paolo VI, ha recitato una preghiera maestosamente scritta dall’arcivescovo di Napoli. Rivolgendosi a tutti con il suo appello e la sua preghiera, papa Francesco ha chiesto il perdono e la misericordia di Gesù Cristo. “Perdonaci la guerra, Signore”. Così ha cominciato la sua preghiera il Pontefice. Poi ha continuato chiedendo pietà: “…Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori. Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi. Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, abbi pietà di noi. Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbi pietà di noi. Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi!”. In seguito papa Francesco ha chiesto perdono a Gesù: “…Perdonaci Signore, perdonaci, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi. Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte”. Una preghiera molto significativa e toccante quella maestosamente scritta dall’arcivescovo di Napoli e recitata da papa Francesco mercoledì scorso, durante l’Udienza generale. Un monito per tutti quelli che hanno ideato e stanno attuando quella carneficina, il dittatore russo per primo.

    Purtroppo la spietata e sanguinosa aggressione militare russa contro l’Ucraina continua, causando altre vittime innocenti ed ingenti danni materiali. Da giorni ormai molte città ucraine, compresa la capitale, sono assediate e stanno subendo pesanti bombardamenti. Bombardamenti che mirano, non a caso, anche i depositi di generi alimentari e di altri generi di prima necessità, così come dei grandi centri commerciali. Tutto ciò come parte integrante di una strategia che stanno attuando il dittatore russo e i suoi comandanti. Una strategia che deve riuscire a tutti i costi, anche per “salvare la faccia” a tutti coloro che lo hanno ideato e consapevolmente lo stanno attuando nell’ambito di quella che il dittatore russo, con il suo cinismo e sarcasmo, cerca di farla passare per “un’operazione speciale”. Ma che invece e purtroppo, fatti gravi accaduti e che stanno accadendo alla mano dal 24 febbraio scorso ad oggi, risulta essere una crudele e sanguinosa guerra con tutte le sue gravissime conseguenze, soprattutto per gli inermi ed innocenti cittadini ucraini. Una gravissima e pericolosa situazione questa, che costringe centinaia di migliaia di cittadini ucraini, la maggior parte dei quali donne e bambini, a continuare a scappare. Ad oggi, secondo la commissaria europea agli Affari interni, sono circa 3,3 milioni di ucraini che hanno lasciato il Paese. Sono proprio quelle donne e quei bambini ai quali papa Francesco faceva riferimento domenica scorsa durante l’Angelus. Sono proprio loro, per i quali Papa Francesco ha chiesto a tutti di non abbandonarli e di proteggerli da quelli che chiama “gli avvoltoi della società”. Sono proprio quelle donne e quei bambini che, costretti a scappare, lasciano tutto quello che hanno di più caro, lasciano i mariti, i figli e i padri, che sono rimasti in patria a combattere gli invasori russi.

    Domenica scorsa, durante la recita dell’Angelus a piazza San Pietro, papa Francesco si è rivolto a “tutti gli attori della comunità internazionale perché si impegnino davvero nel far cessare questa guerra ripugnante”. A tutti coloro che durante queste ultime settimane si sono incontrati tra di loro ed alcuni, separatamente, anche con il dittatore russo. Lunedì pomeriggio si è svolta una videoconferenza, durante la quale il presidente statunitense, il presidente francese, il cancelliere tedesco, il presidente del Consiglio italiano e il premier inglese hanno discusso della situazione in Ucraina. Loro si incontreranno di nuovo a Bruxelles, giovedì prossimo, nell’ambito del vertice straordinario della NATO (North Atlantic Treaty Organization – Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord; n.d.a.), poi del vertice del G7 e del Consiglio europeo. E sono proprio loro, i “grandi del mondo” e non solo i cinque sopracitati, ma anche il dittatore russo, il presidente cinese ed altri, i quali decidono non solo per i rispettivi Paesi ma gestiscono e prendono delle importanti decisioni anche in un ambito internazionale più vasto. Decisioni che hanno a che fare con l’economia e la finanza, ma anche con delle questioni di geopolitica e di geostrategia. E, come la storia, anche quella degli ultimissimi anni, ci insegna, non spesso sono concordi tra di loro.

    Decisioni che non sempre sono risultate quelle giuste e spesso, purtroppo, hanno avuto anche delle gravi e sofferte conseguenze per intere popolazioni in diverse parti del mondo. La storia ci insegna, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, che purtroppo alcuni di loro hanno collaborato, in certe “situazioni geostrategiche”, con dei dittatori ed altri rappresentanti dei regimi dittatoriali. Chissà come si potrebbero sentire, se veramente ci riescono, alcuni dei “grandi del mondo”, i quali hanno acconsentito e hanno firmato, loro stessi e/o chi per loro, degli accordi con la Russia, ma anche con altri Paesi dittatoriali, per la vendita delle armi?! Armi che, dal 24 febbraio scorso, stanno causando la morte di migliaia di cittadini inermi e innocenti, compresi bambini e donne, anche in Ucraina! Bisogna però comprendere quanto i “grandi del mondo” hanno fatto e continuano a fare per delle ragioni giustificate e giustificabili che riguardano gli interessi dei propri Paesi, oppure di “geopolitica e geostrategia”. Ragioni che, nolens volens, in qualche modo si potrebbero anche capire, nonostante determinati effetti non desiderabili, soprattutto dal punto di vista di specifici raggruppamenti sociali e delle popolazioni di diversi Paesi del mondo che ne subiscono. Ragion per cui alcuni di loro potrebbero avere qualcosa da chiedere scusa. Bisogna però e comunque distinguere tutto ciò da quello che alcuni dei “grandi del mondo”, quelli attuali e/o chi per loro, così come alcuni precedenti, hanno fatto e stanno facendo per delle ragioni “lobbistiche” che, secondo quanto dicono le cattive lingue di diversi Paesi del mondo, permettono ai “lobbisti’ dei milionari profitti personali. E visto che dal 24 febbraio scorso si sta attuando la sanguinosa aggressione da parte della Russia, ricchissima in giacimenti di gas e di petrolio, contro l’Ucraina, il caso di un ex cancelliere diventa, purtroppo, molto significativo. Non a caso papa Francesco, domenica scorsa durante l’Angelus, si è rivolto a loro, ai “grandi del mondo” chiedendo a tutti, agli “attori della comunità internazionale perché si impegnino davvero”. Sottolineando la significativa richiesta del Santo Padre perché loro “si impegnino davvero”. Davvero però!

    Nel frattempo in Ucraina si continua ad assediare e a bombardare le città, si continua a combattere e a morire. Ma si continua, da parte della potente e ben organizzata propaganda russa, a diffondere delle falsità, cercando di presentarle come delle vere verità e delle vissute realtà. La propaganda russa sta cercando di presentare come un prezioso contributo quello che stanno facendo le forze armate russe, dal 24 febbraio scorso. E cioè il salvataggio dell’Ucraina dai sui pericolosi “nazisti” che, sempre secondo la propaganda russa, sono proprio quelli che stanno causando tutto il male e le sofferenze, anche la perdita di migliaia di vite umane comprese! La potente propaganda russa sta cercando di far credere che il presidente russo sta facendo tutto il possibile per rendere al Paese tutto quello che merita. E perché no, farlo diventare di nuovo la “Grande Russia”. Fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, anche la sanguinosa aggressione dell’Ucraina risulterebbe essere parte integrante di questa “strategia egemonistica”. Mentre in Russia, tutti coloro che diffondono delle vere verità e delle vissute realtà, che si riferiscono alla sanguinosa aggressione delle forze armate russe in Ucraina, vengono condannati fino a 15 anni di reclusione, secondo una legge approvata recentemente. Un’ulteriore ed eloquente testimonianza e dimostrazione di quello che la propaganda russa fa di tutto per nascondere. E cioè del consolidamento del potere personale di un pericoloso dittatore, con delle gravi conseguenze anche a livello internazionale. Quanto sta ormai accadendo in Ucraina dal 24 febbraio scorso rappresenta una significativa testimonianza.

    Nonostante si tratti di due casi diversi e di diversa importanza a livello geopolitico e geostrategico, anche tutto quanto sta accadendo durante questi ultimi giorni in Albania rappresenta un’altrettanta eloquente testimonianza e dimostrazione del consolidamento del potere personale di un pericoloso dittatore che è il primo ministro. E con lui come “rappresentate istituzionale”, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, del consolidamento della pericolosissima alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Oligarchi dei carburanti compresi. Quanto sta accadendo durante questi ultimi giorni in Albania, con l’abusivo aumento dei prezzi dei carburanti e dei generi alimentari di vitale necessità, ne è una significativa testimonianza. Una grave e preoccupante situazione questa che tende a peggiorare, vista anche la [non]reazione del governo, con tutte le derivanti conseguenze.

    Chi scrive queste righe, da anni ormai, sta informando il nostro lettore sulla vera, vissuta e sofferta realtà albanese. Compresa anche quella che riguarda il pericoloso consolidamento di una nuova dittatura in Albania, camuffata da un pluripartitismo di facciata. Chi scrive queste righe è convinto che i popoli, i cittadini responsabili, sia in Russia, che in Albania e in altri Paesi del mondo, i quali stanno subendo tutte le gravi conseguenze delle dittature e dei regimi totalitari, devono reagire determinati contro l’irresponsabilità dei dittatori. Auspicando che, nel mentre, tutti gli attori della comunità internazionale si impegnino davvero nel far cessare la guerra ripugnante in Ucraina.

  • Evitiamo che la Storia si ripeta

    Dei molti aspetti e forme nelle quali si manifesta il Male certamente il volto di Putin, davanti al quale sfilano da anni migliaia di vittime e di immagini di città distrutte dalla sua furia assassina, dalla Cecenia ad Aleppo, dalla Georgia all’Ucraina, è la inequivocabile rappresentazione fisica.
    Putin non compie azioni militari, non fa guerre difensive o in appoggio a persone oppresse, Putin organizza massacri di intere popolazioni radendo al suolo le  città, compresi gli ospedali e le scuole. Il suo esercito lascia solo rovine fumanti e profughi disperati. Colpendo i civili e costringendo alla fuga milioni di persone diventate, in pochi giorni, profughi privi di ogni bene e mezzo di sostentamento cerca di raggiungere più obiettivi: togliere appoggio e consenso all’esercito e al governo ucraino, organizzare la futura ricostruzione del Paese solo con popolazioni asservite e di fede putiniana, creare difficoltà ai paesi che ospitano i rifugiati che dovranno occuparsi di milioni di persone, dal sostentamento alla sanità e all’inserimento sociale, ingenerare  timore nei paesi confinanti, alcuni dei quali pensa di potere conquistare in un secondo tempo, dimostrare che le varie alleanze, europee ed atlantica, di fronte alla sua forza non sono in grado di intervenire neppure per fermare un genocidio.
    Regole, leggi e tribunale internazionali, Onu in testa, sono per lui solo decorativi ed inutili orpelli di una società decadente che di fronte alla forza può solo tacere e poi soccombere.
    Nessuno del mondo occidentale vuole fare guerra alla Russia e il nostro pensiero va ai tanti cittadini russi privati della libertà di parola e di pensiero, ai dissidenti incarcerati o soppressi, anche per  i russi dobbiamo porre un freno a Putin.
    L’invasione dell’Ucraina, lo spietato bombardamento che ogni giorno si intensifica, ci ha posto di fronte ad una realtà diversa da quella che avevamo immaginato, in Europa, per il nostro presente e futuro. I romani avevano detto ”se vuoi la pace devi preparare la guerra” e cioè per mantenere la pace bisogna che gli altri sappiano che sei forte, coraggioso, giusto ma non imbelle. L’esodo biblico di milioni di ucraini, in fuga senza nulla, ci rammenta che tutti possiamo, in un momento, perdere tutto e che ogni essere umano, ogni governo democratico e liberale, ha il dovere di combattere contro le violenze e le ingiustizie.

    Diciamolo chiaramente se Putin è arrivato oggi a compiere tante atrocità è anche perché non abbiamo compreso, forse voluto comprendere, i segnali forti che erano già stati mandati. Non possiamo tacere una nostra parte di responsabilità nel non avere né sufficientemente condannato le atrocità che Putin ha commesso nel passato né agito, con una diplomazia più avveduta, per cercare una soluzione all’invasione della Crimea e del Donbass. Siamo stati troppo indifferenti, convinti che la nostra stabilità e sicurezza erano conquiste, acquisite per sempre e che il male, al di là dei nostri confini, non ci riguardava più di tanto. Ci siamo occupati di finanza e di profitto senza pensare che la nostra dipendenza da paesi con sistemi antidemocratici e autoritari, prima o poi, ci avrebbe portato a dover affrontare il problema della nostra ed altrui sopravvivenza.
    Se non troviamo ora, subito, e non sarà solo con ulteriori sanzioni, il modo per fermare Putin l’orribile genocidio  che sta perpetrando cadrà sulle nostre coscienze e metterà a rischio reale la nostra libertà. Ci siamo già passati nel secolo scorso quando, per paura di intervenire subito contro Hitler, siamo precipitati  in una guerra mondiale, senza aver salvato nessuna delle sue vittime. La conseguenza di quel tragico errore ha poi portato ad un’altra tragedia, un mondo diviso dalla cortina di ferro dove troppi paesi hanno dovuto rinunciare per decenni alla loro indipendenza e libertà sotto il regime comunista.

    Siamo ancora in tempo, oggi non domani, per evitare che la storia si ripeta tragicamente.
    Putin va fermato, aspettare ancora ci porterà al disastro.

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