Già precedentemente si era accennato alla volontà dell’Unione Europea di spostare sugli immobili quella nuova tassazione aggiuntiva con l’obiettivo di fornire nuove risorse finanziare all’Unione Europea, in considerazione anche delle conseguenze economiche causate dalla pandemia ed ora della guerra in Ucraina.
Contemporaneamente nel nostro Paese, quando ancora si dovevano affrontare i terribili esiti e conseguenze della pandemia in campo economico e si avvicinavano i primi venti di guerra, il governo in carica ha approvato con successo una riforma del catasto giustificandone l’aggiornamento con una ricerca di maggiore equità e di una maggiore giustizia fiscale nella tassazione degli immobili. Una riforma definita ad impatto Zero, cioè lasciando inalterato il carico fiscale complessivo.
Un adeguamento ed aggiornamento nell’accatastamento immobiliare comporta inevitabilmente, pur ad aliquote invariate, un aumento delle entrate fiscali e quindi come logica conseguenza, sempre che l’obiettivo fosse rimasto quello di mantenere inalterato il gettito fiscale, si sarebbe dovuta prevedere ed allestire una diminuzione delle aliquote per gli immobili già correttamente accatastati.
Tornando alle strategie fiscali, probabilmente le due iniziative, quella europea e quella italiana, possono venire considerate assolutamente “indipendenti ” e prive di alcuna sinergia tra le due autorità istituzionali tanto da considerare questa casualità come una semplice “coincidenza fiscale”.
Al tempo stesso la riforma catastale, anche se intesa come monitoraggio dell’asset stesso, si potrebbe anche salutarla come inevitabile ma non si può non prendere in considerazione come questa stessa rappresenti, all’interno delle strategie europee, il veicolo ideale per l’aumento dell’imposizione fiscale sugli immobili e specialmente per la prima casa.
Una strategia fiscale la quale può assumere dei connotati drammatici all’interno della specificità del nostro Paese. Basti ricordare in questo senso come in Francia il carico fiscale relativo alla prima casa risulti del 7,6 per mille (1.000), in Germania venga calcolata in modo molto simile al l’IMU, mentre in Italia va dal 2 al 7% (100).
Ancora una volta, quindi, l’immensa differenza dell’insopportabile carico fiscale italiano sembra destinato a trovare una ulteriore conferma anche per possibile aumento della fiscalità sulla prima casa imposta dall’Unione Europea grazie all’aggiornamento del catasto.
Ancora una volta la classe politica della sua completezza non considera quindi la specificità fiscale italiana la quale presenta una tassazione già ampiamente sopra la media. Contemporaneamente viene dimostrato, ancora una volta, come l’eccessivo carico fiscale complessivo rappresenti Il primo motivo della mancata crescita economica del nostro Paese.
In più, anche se di genesi europea, ad un ulteriore aggravio fiscale dovranno venire imputate le condizioni deterrenti di quella crescita ancora oggi troppo debole nel nostro Paese riducendolo a rappresentare l’ultimo nella classifica dei paesi nel raggiungimento dei livelli economici pre pandemia.
L’azione combinata del carico fiscale nazionale unito ad una nuova imposizione fiscale europea probabilmente ridurranno ulteriormente le possibilità di quella crescita del sistema economico italiano e contemporaneamente accresceranno il potere della classe politica governativa responsabile della gestione di questa spesa pubblica.
Questa coincidenza fiscale dimostra, ancora una volta, come la classe politica governativa italiana non abbia ancora compreso l’effetto devastante per il Paese di un ulteriore carico fiscale sulle potenzialità di crescita del sistema economico italiano.