impiego

  • Assunzioni a vita anacronistiche, nel 2021 sono state una su sette

    Una nuova attivazione di contratto su sette nel 2021 era a tempo indeterminato a fronte di una larghissima maggioranza di altre tipologie di rapporto di lavoro: secondo il Rapporto Inapp presentato alla Camera il mercato del lavoro nel nostro Paese appare ancora intrappolato nella precarietà alimentando la spirale negativa bassa produttività-bassi salari. Secondo l’indagine le attivazioni con contratto stabile erano il 14,8% del totale, in peggioramento rispetto al 2020 (16,7%) e al 2019 (15,2%) e in leggero miglioramento sul 2018, prima che fosse introdotto il Decreto Dignità. Il tempo determinato nell’anno riguardava il 69,8% delle nuove attivazioni. Nell’insieme il lavoro atipico (ovvero tutte quelle forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tempo pieno) rappresenta l’83% delle nuove attivazioni con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni.

    Nel nostro Paese c’è un’alta percentuale di part time involontario e di lavoro povero (10,8% nel 2020, 11,7% nel 2021) mentre il salario medio annuale reale tra il 1990 e il 2020 è diminuito del 2,9% a fronte di una crescita di oltre il 30% in Francia e Germania. La produttività è cresciuta poco ma i salari non hanno tenuto il passo neanche con la bassa crescita.

    “Malgrado alcuni segnali confortanti – ha affermato il presidente Inapp, Sebastiano Fadda, alcune debolezze del nostro sistema produttivo sembrano essersi cronicizzate, con il lavoro che appare intrappolato tra bassi salari e scarsa produttività. Per questo occorre pensare ad una ‘nuova stagione’ delle politiche del lavoro, che punti a migliorare la qualità dei posti”. “Bisogna facilitare – ha detto la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone – l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Il nostro mercato del lavoro sconta due disallineamenti, cattivo funzionamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e la formazione. Ogni posto di lavoro vacante è un punto di domanda al quale dare una risposta. La precarietà è motivo di attenzione quando diventa precarietà di vita. Stiamo sprecando risorse e stiamo sprecando tempo che non abbiamo. Dobbiamo incidere sulla formazione per competenze utili al mercato del lavoro”.

    Intanto prosegue la battaglia dei navigator per la stabilizzazione dopo la fine del contratto il 31 ottobre. E’ stato fissato un nuovo incontro il primo dicembre nel tentativo di trovare una soluzione come chiedono i sindacati per i circa 1.000 per i quali il contratto è scaduto il 31 e per i circa 500 per i quali è scaduto nei mesi scorsi.

  • Mai cosi tanti salariati dal ’77

    Se sul fronte della crescita economica le aspettative sono ancora ostaggio dell’incertezza legata alla guerra e all’inflazione, su quello dell’occupazione la situazione a giugno in Italia fa schizzare la fiducia alle stelle. Per la prima volta dal 1977 il tasso di occupazione sfonda la soglia del 60%, assestandosi al 60,1%, mentre la disoccupazione resta stabile all’8,1% e il tasso di inattività scende al 34,5%. E le buone notizie non finiscono qui: il boom degli occupati è dovuto soprattutto all’aumento di dipendenti permanenti, il cui numero ha ora superato tutti i record dall’inizio della serie storica nel 1977. Il quadro non migliora solo in Italia: anche nella zona euro la disoccupazione a giugno resta ferma al minimo storico di 6,6%.

    I dati diffusi dall’Istat descrivono un Paese in netta ripresa sul lato del lavoro, dopo il calo degli occupati registrato a maggio. A giugno il numero torna ad aumentare (+0,2 punti percentuali) superando (di poco) nuovamente i 23 milioni. Di questi, 18,1 milioni sono lavoratori dipendenti, il numero più elevato dal 1977. A crescere sono stati soprattutto i contratti permanenti (+0,8%), mentre quelli a tempo determinato sono calati di 0,1% e quelli indipendenti di 0,5%. Ma è un calo poco significativo, perché se si guarda all’anno precedente, cioè a giugno 2021, il boom dei dipendenti è ancora più evidente: gli occupati salgono dell’1,8% (+400mila) soprattutto a causa dei dipendenti (+2,3%). Quelli a termine salgono del 7,1% e quelli permanenti dell’1,3%.

    L’Istat segnala che l’occupazione a giugno aumenta per entrambi i sessi (+0,2 punti per gli uomini e +0,3 le donne) e in tutte le classi d’età, con l’eccezione dei 35-49enni tra i quali invece diminuisce ma solo per effetto della dinamica demografica. Su base annua sale anche per loro. In calo invece rispetto a maggio i lavoratori autonomi (-0,5%), ma restano sostanzialmente stabili sull’anno. Se l’occupazione sale, la disoccupazione resta stabile all’8,1% (ma tra i giovani sale al 23,1%, cioè +1,7 punti) e il tasso di inattività scende al 34,5% (-0,2 punti). Il calo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,7%, pari a -91mila unità) coinvolge uomini e donne e le classi d’età al di sotto dei 50 anni. Infine, rispetto a giugno 2021, diminuisce anche il numero di persone in cerca di lavoro (-13,7%, pari a -321mila unità): si tratta in particolare di donne e over 25. Cisl e Uil salutano  i dati positivi che però “rischiano di interrompersi alla luce di una crisi di Governo sopraggiunta in una fase delicatissima” e sottolineano come i prossimi mesi “devono vedere tutte e tutti impegnati perché la ripresa sia costruita con lavoro stabile, a tempo pieno, con il pieno coinvolgimento di donne e giovani”.

    La ripresa del mercato del lavoro viene accolta con cauto ottimismo dalle associazioni dei consumatori e da quelle degli esercenti. “Evidentemente il caro bollette non ha mandato in tilt le imprese italiane”, spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, che invita però a tenere alta l’attenzione sull’inflazione “alle stelle”, perché se le aziende hanno potuto scaricare i rincari sui consumatori, sono proprio le famiglie che “le uniche a pagare per il momento lo scotto di questa emergenza”. E quando ridurranno i consumi, “anche le imprese andranno in crisi”. Anche il Codacons teme che la buona performance dell’occupazione di giugno rischi “di essere vanificata dal perdurare della crescita di prezzi e bollette, che produrrebbero una inevitabile riduzione dei consumi con effetti diretti su industria, imprese e mercato del lavoro”. Quindi basta aiuti a pioggia ma “tagliare subito l’Iva sui beni primari”. Confcommercio e Confesercenti invece segnalano la debolezza dell’occupazione indipendente (-27mila unità su maggio), che causa un “impoverimento del nostro tessuto economico” perché significa calo delle micro e piccole imprese, “che sembrano scontare più di tutti le incertezze di questi mesi”. La richiesta al Governo è quindi di prolungare gli aiuti a famiglie e imprese.

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