Imprenditori

  • I Giovani di Confindustria chiedono all’Ue, troppo immobile, un cambio di passo

    “Come cittadini europei, e giovani imprenditori, speriamo di avere, un giorno, un sistema fiscale comune, politiche sociali ed educative comuni, una politica di difesa comune. È questo l’orizzonte dentro cui immaginiamo il futuro”. E’ quanto si augura il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Riccardo Di Stefano, nella sua relazione che apre il tradizionale convegno di Rapallo degli industriali under 40. Lo sguardo è rivolto ad un’Europa troppo immobile in cui è necessario che la popolazione degli Stati Membri chiarisca a sé stessa cosa voglia da questa Europa alla quale manca un sentimento fondativo di popolo unito. “Senza modificare i trattati, sarebbe già possibile passare a un voto a maggioranza qualificata e ripensare il sistema di rotazione del Consiglio, dare maggiori poteri al Parlamento, stabilire un limite massimo al numero dei membri e rivedere la ripartizione dei seggi” – continua Di Stefano, che propone il principio della cooperazione rafforzata tra gruppi più piccoli di Stati membri, un’Europa non a due velocità ma un’Europa della responsabilità.

    Il leader degli industriali under 40 apre ad un confronto invitando a Rapallo tutti i leader politici, da Elly Schlein a Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Antonio Tajani e Matteo Renzi. E, parlando durante la sua relazione, lancia a tutti loro, idealmente, alcune domande in vista della prossima tornata elettorale europea: “Ai partiti chiediamo: avete scelto per l’Europa le persone migliori? Le idee migliori? Le proposte migliori?”.

    Di Stefano tocca molti temi in chiave europea come quello delle risorse per le transizioni, a partire dal green deal, o della necessaria crescita delle politiche industriali, fiscali o di difesa, dell’indipendenza tecnologica e di nuove sfide come quella dell’intelligenza artificiale, Senza dimenticare le situazioni più calde del momento quali la situazione in Medio Oriente, l’invasione Russa in Ucraina e il rafforzare la difesa europea.

  • Il programma Erasmus per giovani imprenditori celebra 15 anni di promozione dell’imprenditorialità in Europa

    La Commissione celebra il 15° anniversario del programma Erasmus per giovani imprenditori (EYE), un’iniziativa unica volta a plasmare il futuro dell’imprenditorialità in tutta Europa. Questa tappa sottolinea il successo dell’Erasmus per giovani imprenditori nel promuovere la collaborazione internazionale, arricchire le competenze imprenditoriali e stimolare l’innovazione.

    Analogamente a Erasmus+ nei settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport, il programma Erasmus per giovani imprenditori offre ai nuovi e potenziali imprenditori un’opportunità unica per beneficiare degli scambi internazionali volti a tradurre idee innovative in realtà, contribuendo a superare i primi ostacoli alla creazione e alla gestione di un’impresa e facilitando contemporaneamente la crescita internazionale e la creazione di partenariati commerciali. I partecipanti hanno così l’opportunità di acquisire un’inestimabile formazione sul campo e di sviluppano le loro competenze imprenditoriali attraverso la collaborazione con un imprenditore esperto “ospitante”, recandosi all’estero per 1-6 mesi: una soluzione vantaggiosa per tutti, alla quale l’UE garantisce l’accessibilità tramite un sostegno finanziario volto a coprire le spese di viaggio e di soggiorno.

    Il vantaggio per gli imprenditori esperti ospitanti sono le nuove prospettive e competenze portate dalla forte motivazione che anima i nuovi imprenditori: questa collaborazione apre la strada all’esplorazione di idee innovative in grado di sviluppare le loro imprese e consente l’internazionalizzazione, l’accesso a nuovi mercati e la formazione di nuovi partenariati, rafforzando in tal modo il vantaggio competitivo dell’azienda.

    Ad oggi, grazie al programma si sono svolti quasi 12.000 scambi commerciali in oltre 45 paesi. Il 2023 ha raggiunto un livello storico con oltre 5000 candidature, a dimostrazione del notevole successo del programma, che registra anche un elevato tasso di soddisfazione: infatti il 98% dei nuovi imprenditori lo raccomanda, il 92% dei partecipanti stabilisce contatti dopo lo scambio e il 20% degli imprenditori ospitanti prevede di avviare attività commerciali congiunte con nuovi imprenditori.

    Per il futuro la Commissione si impegna a rafforzare ulteriormente il programma, proseguendo il suo sostegno agli imprenditori emergenti e assicurandone il contributo a un ecosistema economico europeo resiliente e innovativo.

  • “Sembrava impossibile”: storie di imprenditori italiani di successo

    Giovedì 26 settembre alle ore 19.00 al MUDEC, Museo delle Culture, Via Tortona 56, Milano sarà presentato il libro “SEMBRAVA IMPOSSIBILE” Da 0 a 100 – Storie di imprenditori di successo di Stefano Zurlo, Giorgio Gandola e Manila Alfano, con la prefazione di Nicola Porro ed edito da Wise Society. A moderare l’incontro ci sarà Stefano Zurlo. L’iniziativa è patrocinata dal Politecnico di Milano e dal PoliDesign.

    Cosa hanno in Comune Iginio Straffi  e Marco Giapponese o Ennio Doris ed Ernesto Pellegrini? O ancora Enzo Catellani e Renato Crosti? L’essere tutti imprenditori partiti dal basso, o addirittura da zero, come si specifica nel libro, e avere raggiunto il successo, ciascuno nel proprio settore, ai massimi livelli. Delle vere eccellenze italiane!

  • L’immigrazione va affrontata con le categorie imprenditoriali

    Mentre nuovamente si riaccende il dibattito sul problema degli immigrati e certamente uno dei primi obiettivi dell’Italia, in Europa, sarà quello di ottenere finalmente la revisione del trattato di Dublino, non abbiamo ancora sentito una voce politica che affronti il problema anche con il mondo del lavoro. Da molto tempo sentiamo dire che vi sono attività per le quali gli immigrati sono necessari, nello stesso tempo abbiamo migliaia di immigrati parcheggiati nei centri di accoglienza, a parte le centinaia di migliaia che sembrerebbe siano irregolari.

    Da diverse settimane su vari quotidiani si lancia l’allarme per la mancanza di panificatori, di camerieri nei ristoranti, di operai in diversi settori. Storica peraltro è la mancanza di mungitori o di addetti nell’agricoltura. Se vogliamo impedire il lavoro nero, la clandestinità, l’evasione fiscale, una delle prime iniziative politiche che andrebbero intraprese sarebbe quella di interpellare le varie associazioni di categoria per sapere le reali esigenze delle imprese e delle attività a loro collegate. In questo modo si potrebbero anche stabilire delle eventuali quote specifiche e comunque aprire dei corsi di formazione, per gli immigrati, nei settori specifici ove vi è richiesta. Ad esempio per quanto riguarda il personale di ristorazione o comunque degli esercizi pubblici, che deve avere rapporti col pubblico, la conoscenza di un buon italiano e dell’inglese (che spesso in effetti parlano).

    Le scuole di formazione dovrebbero anche essere capaci di motivare le persone rispetto al lavoro che dovranno intraprendere. Il problema della motivazione è importante anche per i giovani italiani: il lavoro non è soltanto lo strumento necessario per mantenersi e vivere ma dovrebbe essere anche l’appagamento del proprio orgoglio, far bene il proprio lavoro è una soddisfazione e qualunque lavoro ha la propria dignità se l’hai svolto con coscienza e con impegno. Proprio nella ristorazione e nella panificazione oggi è sempre più difficile trovare giovani disposti a farlo, perché nella panificazione bisogna lavorare nel cuore della notte, perché nei ristoranti si lavora anche il venerdì, il sabato e la domenica sera. Ogni lavoro comporta un po’ di sacrificio e la vita, purtroppo, è anche sacrificio.

  • L’Albania? Terra promessa per qualche centinaio di italiani

    Secondo un rapporto pubblicato congiuntamente dal ministero degli Interni e dal ministero del Welfare albanese, nel 2016 i cittadini stranieri con permesso di soggiorno nel Paese schipetaro erano 8692, di cui 1694 italiani. Sempre secondo il rapporto, al 1° gennaio 2017 si contavano sul suolo albanese 12.519 cittadini stranieri, pari allo 0,4% della popolazione. Tra questi 1854 italiani, ovvero qualche centinaio in più dei detentori permesso di soggiorno  indicati nel 2014 da Erion Veliaj, al tempo ministro del Welfare, oggi sindaco di Tirana. Nel dettaglio nel 2017 in Albania risultava esservi 3954 turchi, 719 kosovari, 331 cinesi, 184 siriani. Secondo la nostra ambasciata, gli italiani che al 1° gennaio 2017 hanno dichiarato di risiedere in Albania sono 1385 e le imprese nostrane operanti in Albania sono più di 350: dal marchio Conad alla Scavolini, passando per banche come Intesa San Paolo e Veneto Banca. «Il regime fiscale è generalmente piuttosto favorevole, perché c’è una tassa per gli utili di impresa del 15%, quindi relativamente bassa», spiegano dall’ambasciata italiana a Tirana. «Recentemente, il governo albanese ha approvato delle agevolazioni per chi assume della manodopera e crea nuove attività». Molti italiani fanno i pendolari tra Italia e Albania nei giorni lavorativi (prezzi e tempi per fare avanti e indietro non sono molto diversi da quelli sulla rotta Roma-Milano). Chi lo fa, paragona il Paese delle Due Aquile all’Italia degli anni ’60 e fa presente che uno stipendio equivalente a 300 euro in quel Paese è più che dignitoso.

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