Imprese

  • La Commissione approva un regime italiano da 96 milioni di € a sostegno delle imprese in Lombardia

    La Commissione europea ha approvato un regime italiano da 96 milioni di € a sostegno delle imprese della regione Lombardia nel contesto dell’invasione russa dell’Ucraina. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato, adottato dalla Commissione il 23 marzo 2022 e modificato il 20 luglio 2022.

    La misura sarà accessibile a tutte le imprese attive in Lombardia, indipendentemente dalle loro dimensioni e dall’attività svolta. Sono tuttavia esclusi gli enti creditizi e gli istituti finanziari, nonché le imprese attive nei settori dell’agricoltura primaria e della pesca. Questo provvedimento fa seguito ad altri regimi italiani a sostegno dei settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca e dell’acquacoltura, come quello approvato dalla Commissione il 18 maggio 2022 (SA.102896).

    Il regime mira a garantire che le imprese colpite dall’attuale crisi geopolitica e dalle conseguenti sanzioni e controsanzioni continuino a disporre di liquidità sufficiente, in modo da poter proseguire l’attività economica in questo difficile contesto. Nell’ambito del regime, i beneficiari ammissibili avranno diritto a ricevere aiuti di importo limitato sotto forma di sovvenzioni dirette, garanzie e prestiti.

    La Commissione ha constatato che il regime è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo di crisi. In particolare, l’aiuto i) non supererà i 500 000 € per impresa; e ii) sarà concesso entro il 31 dicembre 2022.

    La Commissione ha concluso che il regime italiano è necessario, adeguato e proporzionato per porre rimedio al grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo di crisi. Su queste basi la Commissione ha approvato la misura di aiuto in conformità delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

    Fonte: Commissione europea

  • In 38 anni hanno chiuso due aziende agricole su tre, ma le big sono andate bene

    Negli ultimi 38 anni due aziende agricole su tre hanno cessato l’attività. Ma chi resta nel comparto primario, fa sul serio: nell’ultimo decennio si sono ampliate le dimensioni di impresa, raddoppiando la Sau (Superficie Agricola Utilizzata) passata da 5,1 a 11,1 ettari medi. Ancora poco rispetto a Francia e Germania dove la superficie media delle aziende agricole e zootecniche è di 60 ettari, ma la strada per superare l’iper-frammentazione nell’Italia rurale è avviata. Le aziende a conduzione familiare e le ditte individuali fanno ancora la parte del leone ma cambiano le dinamiche fondiarie con meno campi di proprietà e più locazioni. È questa la fotografia fornita dai primi dati del settimo Censimento generale Agricoltura, presentato oggi dall’Istat e portato a termine in tempi di pandemia rispetto alla quale il comparto si mostra tra i più resilienti.

    A ottobre 2020 sono attive in Italia 1.133.023 aziende agricole, dal 1982 ne sono scomparse quasi due su tre, ha evidenziato il Censimento Agricoltura Istat. Nel 2020, precisa il Censimento Istat, soltanto due aziende agricole su 10 hanno meno di un ettaro, erano il doppio nel 2010; ulteriore segnale di cambiamento in termini di concentrazione. Sulle forme giuridiche restano importanti le imprese individuali o familiari (93,5% nel 2020), ma in calo del 32% rispetto al 2010, mentre crescono le società di persone e di capitali, soprattutto come superficie agricola. Flessione importante sul numero di aziende con terreni di proprietà (58,6% nel 2020, erano 73,3% nel 2010), mentre crescono gli affitti. Anche nell’analisi per ripartizione geografica, si registra una flessione generalizzata nel numero di aziende, soprattutto nel Mezzogiorno, mentre la provincia di Bolzano è quella con meno decrementi. Il calo del numero di aziende un po’ tutti i settori produttivi, e riguarda anche altri Paesi europei. Nel 2020, in oltre il 98% delle aziende agricole si trovava manodopera familiare, anche se nella forza lavoro è stata progressivamente incorporata manodopera non familiare, che ha raggiunto 2,9 milioni, cioè il 47%. Nel 2010 era il 24,2%, più o meno la metà. Negli stessi 10 anni, la forza lavoro complessiva ha perso il 28,8%, in termini di addetti, e il 14,4% in termini di giornate standard lavorate. Mentre per la digitalizzazione c’è ancora molto da fare. Il settore, rileva Istat, è approdato ancora solo marginalmente all’adozione di tecnologie digitali, sebbene la quota di imprese che si sono digitalizzate sia quasi quadruplicata in dieci anni, dal 3,8% nel 2010 al 15,8% nel 2020. A trainare il salto tecnologico i giovani imprenditori e i big: laddove la leadership è esercitata da persone fino a 44 anni il tasso di digitalizzazione arriva al 32,2%; dove invece i dirigenti hanno più di 65 si ferma al 7,6%, precisa il Censimento Agricoltura. Intanto l’analisi statistica si dinamizza visto che, come annunciato dal presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, non avrà più cadenza decennale ma permanente e attraverso indagini campionarie. Novità apprezzata sia dal ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli che dal sottosegretario al Mipaaf Gian Marco Centinaio.”La quantificazione delle dinamiche di cambiamento in ambito rurale è cruciale – ha osservato Patuanelli – per poter avviare velocemente le politiche di sostegno alle imprese ma anche per supportare la nostra richiesta all’Unione europea di una azione comune più incisiva”.

  • Le medie imprese battono la crisi e corrono più del Pil

    Le imprese industriali di medie dimensioni si confermano la spina dorsale del capitalismo familiare italiano: hanno risultati decisamente migliori di quelle di grandi dimensioni, sono al passo (se non migliori) delle loro omologhe straniere, e dal 1996 hanno performato decisamente meglio del Pil. Oggi poi, pur avendo di fronte importanti sfide in termini di governance e correlate con gli effetti delle guerra in Ucraina, si stanno aprendo sempre di più al mondo del green e del digitale. E’ quanto emerge dal XXI Rapporto di Unioncamere, Area Studi Mediobanca e Centro Studi Tagliacarne, secondo cui dopo il rimbalzo del fatturato dello scorso anno le prospettive per il giro d’affari delle medie imprese italiane nel 2022 sono molto favorevoli.

    Secondo un indicatore di performance, dal 1996 le medie imprese italiane hanno maturato rispetto al Pil un vantaggio del 34,1%, la maggior parte del quale sviluppato dal 2009. Nel confronto con le grandi imprese manifatturiere, nello stesso periodo, le medie hanno ottenuto una crescita dei ricavi più che doppia (+108,8% contro un +64,4%), centrato un maggiore aumento della produttività (+53% rispetto al +38,6%) e garantito una migliore remunerazione del lavoro (+62,4% le medie, +57% le grandi). Inoltre, i successi sono stati ottenuti con un significativo ampliamento della base occupazionale (+39,8% contro un -12,5%) che ne ha fatto un modello capitalistico inclusivo e partecipativo attraente anche per gli stranieri. La loro produttività è superiore del 21,5% anche a quella delle omologhe tedesche e francesi, un risultato fuori dall’ordinario se si pensa che la nostra manifattura nella sua interezza accusa invece un ritardo del 17,9% rispetto agli stessi Paesi. Non è quindi un caso che negli ultimi 10 anni 210 medie aziende italiane sono state comprate da stranieri.

    Il rapporto osserva che le migliori performance delle imprese medie rispetto alle grandi sono state conseguite anche in un contesto non particolarmente favorevole. Basti pensare al nodo fiscale: il tax rate effettivo delle medie imprese è oggi attorno al 21,5% contro il 17,5% delle grandi e si valuta che se nell’ultimo decennio le medie imprese avessero avuto la medesima pressione fiscale delle grandi avrebbero ottenuto maggiori risorse per 6,5 miliardi di euro.

    Per quello che riguarda i risultati, lo scorso anno hanno conseguito un rimbalzo del fatturato pari al 19% e si attendono prospettive di crescita anche per il 2022 (+6,3%). Più del 60% delle medie imprese, inoltre, intende investire entro il prossimo triennio nelle tecnologie 4.0 e nel green e quel 52% che l’ha già fatto conto di superare i livelli produttivi pre-Covid entro quest’anno. Si tratta nel complesso di un universo di 3.174 imprese leader del cambiamento che, sottolinea lo studio, è pronto a cogliere anche le opportunità di crescita derivanti dal PNRR: il 59% delle medie imprese si è già attivato o si appresta a farlo. Altro aspetto rilevante da tenere in considerazione è che ricchezza e occupazione delle medie imprese sono prodotte prevalentemente in Italia. L’88,2%, infatti, non ha una sede produttiva all’estero e solo il 3% realizza in stabilimenti stranieri oltre il 50% dell’output. Il tema del re-shoring appare quindi di poca rilevanza per queste aziende che, invece, partecipano attivamente alle catene globali del valore: l’88,8% si avvale infatti di fornitori stranieri, ottenendo in media il 25% delle proprie forniture. Inoltre, la quota di vendite destinata all’estero è pari al 43,2% del fatturato.

    Guardando al futuro, tuttavia, le sfide non mancano e una tra tutte, la staffetta generazionale, rischia di rallentarne il cammino: per 1 impresa su 4 infatti il passaggio o non è perfezionato o rappresenta un vero ostacolo.

  • La Commissione approva un regime italiano da 110 milioni di euro a sostegno dei settori dell’intrattenimento, alberghiero, ristorativo, del catering e dei matrimoni nel contesto della pandemia di coronavirus

    La Commissione europea ha approvato un regime italiano da 110 milioni di euro a sostegno dei settori dell’intrattenimento, alberghiero, ristorativo, del catering, dei matrimoni e degli altri settori colpiti nel contesto della pandemia di coronavirus. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato.

    Nell’ambito del regime, l’aiuto assumerà la forma di sovvenzioni dirette. La misura sarà accessibile alle imprese di ogni dimensione attive nei settori dell’intrattenimento, alberghiero, ristorativo, del catering, dei matrimoni e degli altri settori colpiti che, nonostante la revoca delle misure restrittive in vigore per limitare la diffusione del virus, non si sono ancora ripresi completamente. Lo scopo del regime è soddisfare il fabbisogno di liquidità dei beneficiari e aiutarli a proseguire le loro attività durante e dopo la pandemia.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l’aiuto i) non supererà i 2,3 milioni di € per beneficiario; e ii) sarà concesso entro il 30 giugno 2022.

    La Commissione ha pertanto concluso che la misura è necessaria, adeguata e proporzionata per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo.

    Su queste basi la Commissione ha approvato le misure in conformità delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

    Foto: Commissione europea

  • Cybersicurezza in crescita in Italia, attacchi al 31% delle imprese

    Con lo smart working e il costante aumento degli attacchi informatici in pandemia, molte imprese italiane hanno potenziato gli investimenti in cybersicurezza tanto che nel 2021 il mercato ha raggiunto il valore di 1,55 miliardi di euro, +13% rispetto all’anno precedente. Ma il rapporto tra spesa in cybersecurity e Pil resta limitato: 0,08%, una cifra che posiziona l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi del G7. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano, che sottolinea come ben il 31% delle grandi imprese italiane ha rilevato un ulteriore aumento degli attacchi informatici nell’ultimo anno.

    “Col protrarsi dell’emergenza sanitaria si sta consolidando la consapevolezza sull’importanza della cybersecurity non solo nelle organizzazioni di maggiori dimensioni ma anche in realtà meno strutturate – spiega Gabriele Faggioli, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection – Sullo sfondo, inizia ad emergere la spinta del Pnrr, linfa per gli investimenti in security e punto di riferimento per le organizzazioni con la nascita della nuova Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale”. Il Pnrr prevede nella Missione 1 investimenti per 623 milioni di euro in presidi e competenze di cybersecurity nella pubblica amministrazione e nella Missione 4 ulteriori fondi per la ricerca e la creazione di partenariati su temi innovativi, tra cui la sicurezza informatica.

    La ricerca riporta una crescita costante delle minacce in Italia con 1.053 incidenti gravi nel primo semestre del 2021, +15% rispetto al primo semestre 2020 (secondo i dati Clusit). Con le nuove modalità di lavoro il 54% delle organizzazioni giudica necessario rafforzare le iniziative di sensibilizzazione al personale sui comportamenti da adottare, mentre il 60% delle grandi imprese italiane ha aumentato il budget per la sicurezza informatica nel 2021 e il 46% si è dotata di un Chief Information Security Officer (Ciso). Il mercato italiano di 1,55 miliardi di euro è composto per il 52% da soluzioni di security e per il 48% da servizi professionali e servizi gestiti. E con il lavoro ibrido diventa cruciale la protezione dei dispositivi e del Cloud.

    Il Covid-19 – spiega l’indagine – ha lasciato uno strascico negativo nell’approccio al rischio cyber “aumentando la difficoltà nell’adottare una visione olistica e strategica”. Se il numero complessivo di aziende che lo affrontano rimane invariato (38%), diminuiscono di 11 punti percentuali quelle che lo gestiscono in un processo integrato di risk management. Aumentano invece le organizzazioni che lo trattano come un rischio a sé stante all’interno di una singola funzione (49%).

    “Il mercato del cybercrime corre veloce, con nuove tipologie di attacco sempre più sofisticate. Le organizzazioni non devono abbassare la guardia, ma muoversi elaborando una strategia a lungo termine per la sicurezza informatica”, conclude Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection.

  • La Ue estende i finanziamenti per start-up e innovatori

    La Commissione ha adottato il programma di lavoro 2022 del Consiglio europeo per l’innovazione. Il programma offre opportunità di finanziamento del valore di oltre 1,7 miliardi di euro nel 2022 per permettere a innovatori rivoluzionari di espandersi e creare nuovi mercati, ad esempio nei settori della computazione quantistica, delle batterie di nuova generazione e della terapia genica. Varato nel marzo 2021 come una delle principali novità del programma Orizzonte Europa, il Consiglio europeo per l’innovazione (Cei) dispone di un bilancio totale di oltre 10 miliardi per il periodo 2021-2027.

    Il programma di lavoro 2022 del Consiglio europeo per l’innovazione semplifica il processo di candidatura e contribuisce alle politiche dell’Ue. Tra le novità introdotte figura anzitutto l’iniziativa Scale-Up 100 del Cei: dopo aver già sostenuto, a partire dal 2018, oltre 2 600 piccole e medie imprese (PMI) e start-up, il Cei presenta l’iniziativa “Scale-up 100” volta a individuare 100 imprese promettenti dell’UE ad elevatissimo contenuto tecnologico che potrebbero diventare “unicorni” (cioè aziende con una valutazione superiore a 1 miliardo di euro). Ancora, vi sono investimenti azionari per più di 15 milioni di euro: l’Acceleratore del Cei consentirà alle imprese attive nel campo delle tecnologie di interesse europeo strategico di presentare domande di finanziamento del Cei per un importo complessivo superiore appunto a 15 milioni.

    Vi è, ancora maggiore sostegno alle donne innovatrici tramite a) sviluppo di un indice dell’innovazione e della diversità di genere per individuare le lacune e incoraggiare la diversità all’interno delle imprese, che fornirà informazioni coerenti agli investitori, ai finanziatori, ai clienti e ai responsabili politici; b) l’edizione 2022 del premio dell’Ue per le donne innovatrici, che sarà arricchita da due premi supplementari per le innovatrici di meno di 35 anni, con conseguente assegnazione di ben 6 premi in totale: 3 premi alle donne innovatrici più esemplari in tutta l’Ue e nei Paesi associati a Orizzonte Europa e 3 premi agli “astri nascenti”, ovvero alle innovatrici più promettenti di età inferiore ai 35 anni.

    Il programma di lavoro per il 2022 stabilisce anche una serie aggiornata di “Sfide del Cei”, che offrono opportunità di finanziamento per aree tematiche con una dotazione di oltre 500 milioni di euro affinché le start-up sviluppino tecnologie che contribuiranno all’obiettivo dell’Ue di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, nonché di sviluppare l’autonomia strategica nelle nuove tecnologie quantistiche, spaziali e mediche.

    Il Cei si adopera per migliorare costantemente i propri processi a vantaggio dei candidati. Tutte le imprese in sospeso che non possono essere finanziate dal Cei a causa di vincoli di bilancio riceveranno automaticamente il marchio di eccellenza, riconoscimento che potrebbe aiutarle a ottenere finanziamenti da altri strumenti dell’Ue quali i fondi strutturali, i fondi per la ripresa o altre fonti. Nel 2022 saranno introdotti termini più frequenti per la presentazione delle domande relative alla Transizione e all’Acceleratore del Cei e, in particolare per quanto concerne la Transizione, sarà introdotto un processo di candidatura continuo. Inoltre, quanti si candidano per la seconda volta all’Acceleratore del Cei avranno la possibilità di descrivere e difendere i miglioramenti apportati alla loro nuova domanda.

    Finanziamento e sostegno del Consiglio europeo per l’innovazione nel 2022 si concretizzeranno attraverso lo strumento “Pathfinder del Cei” (del valore di 350 milioni di euro) è destinato ai gruppi di ricerca multidisciplinari affinché si dedichino a ricerche futuristiche con potenzialità tecnologiche rivoluzionarie. La Transizione del Cei (del valore di 131 milioni di euro) mira a trasformare i risultati della ricerca in opportunità di innovazione e sarà incentrata sui risultati ottenuti dai progetti dello strumento Pathfinder e dai progetti di prova concettuale del Consiglio europeo della ricerca al fine di perfezionare le tecnologie e sviluppare un interesse commerciale per applicazioni specifiche. L’Acceleratore del Cei (del valore di 1,16 miliardi di euro) è destinato a start-up e Poi per sviluppare e ampliare le innovazioni a forte impatto potenzialmente in grado di creare nuovi mercati o rivoluzionare quelli esistenti.

    Mariya Gabriel, Commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani, ha dichiarato: “Il Consiglio europeo per l’innovazione ha già sostenuto 4 “unicorni” e più di 90 “centauri”. Il programma di lavoro per l’anno in corso può contare sui massimi finanziamenti annuali mai erogati a favore di imprenditori e ricercatori visionari, oltre che su nuove misure volte ad assistere le donne innovatrici e le imprese in fase di espansione (“scale-up”). L’Europa è impegnata a sostenere l’innovazione e le nuove tecnologie e siamo sulla buona strada verso la realizzazione della nostra ambizione: fare del Cei la “fabbrica di unicorni” dell’Europa”.

  • La Cina compresa con soli vent’anni di ritardo

    Sicuramente questa settimana, caratterizzata dal ponte dell’Immacolata, ha visto il proliferare di interventi sui vent’anni dall’ingresso della Cina nel Wto con dotte relazioni dei maggiori commentatori all’interno di testate giornalistiche rispetto a quanto è conseguito da tale ingresso.

    “Dopo solo vent’anni” si accorgono ora degli effetti devastanti dovuti alla creazione di un mercato unico ma privo di ogni regola comune di bilanciamento e di equilibrio tra soggetti economici e nazioni che presentavano delle differenze in termini di costi e di garanzie sociali e di tutela dei prodotti assolutamente inconciliabili che avrebbero sicuramente dato luogo a delle speculazioni, come le delocalizzazioni estreme hanno dimostrato.

    Buona parte dei personaggi che adesso criticano questa situazione economico-politica in passato avevano magnificato gli effetti nel lungo termine per i consumatori della scolastica applicazione del semplice principio della concorrenza. Solo ora si cerca di dimostrare di aver compreso, fuori tempo massimo ormai, e la vera operazione è quella di celare la propria incapacità di lettura delle conseguenze e delle dinamiche economiche a medio-lungo termine di un mercato unico, la cui nascita e gli effetti benefici potevano manifestarsi se solo si fosse creata una piattaforma basata sulla condivisione di principi comuni come di controllo e di salvaguardia reciproca, oltre ad una cultura di rispetto per l’ambiente ed il lavoro.

    Invece tutti hanno accettato, a partire dalla  classe politica e dirigente italiana fino al  mondo  universitario, la creazione di un mercato privo di barriere ma soprattutto di regole  il  cui principio fondativo si sarebbe manifestato semplicemente nella possibilità di accedere a mercati a basso costo di manodopera e nella possibilità di suscitare così azioni speculative nel mondo industriale e, come contropartita,  ponendo le basi per una China Invasion di prodotti di ogni genere e contenuto.

    Questo ipocrita tentativo, ora, di rifarsi una reputazione dopo i disastri evidenti della deindustrializzazione della nostra economia nel nostro Paese, con effetti devastanti a causa del trasferimento di know-how e per la perdita di posti di lavoro e professionalità frutto di decenni di investimenti, rappresenta la fine di questo declino culturale.

    In questo contesto si deve anche ricordare come al declino abbia contributo anche l’assoluta miopia dell’Unione Europea che fino a poco tempo fa intendeva riconoscere all’economia cinese lo status di “economia di mercato”. L’insostenibilità nel medio e lungo termine di questa strategia è sempre stata da noi soli sempre evidenziata per decenni.

    In questo mi sembra giusto ricordare, oltre al sottoscritto, le voci dell’associazione dei Contadini del Tessile, come Riccardo Ruggeri e Luciano Barbera, unici ad essersi esposti in prima persona contro il pensiero unico magnificante il libero mercato e sempre a tutela della produzione nazionale e della tutela del Made in Italy.

    Adesso, con un minimo ritardo di soli vent’anni, la sicurezza di allora sembra vacillare non tanto per la consapevolezza dell’errore commesso e degli effetti devastanti per l’economia italiana quanto per il tentativo di rifarsi una credibilità ampiamente compromessa con gli effetti devastanti per le economie in era post pandemica.

    Mai come in questi ultimi vent’anni la professionalità e la competenza non sintonizzate con il pensiero unico politico ed economico sono state derise e isolate in questo dal mondo degli illuminati progressisti appoggiato da un compiacente ed altrettanto incompetente mondo accademico le cui precise responsabilità andrebbero finalmente individuate tanto per i singoli quanto per l’associazione di categoria ed i partiti.

    In questo contesto, in più, non va dimenticato come all’interno di un mercato concorrenziale, le cui dinamiche principali dovevano essere conosciute alla classe politica e governativa italiana, a differenza di quanto hanno sempre dichiarato, cioè di voler abbassare il costo del lavoro, tutti i governi con le proprie politiche adottate abbiano ottenuto esattamente l’effetto opposto.

    In altre parole, al di là delle dichiarazioni, il risultato è stato di accrescere cioè il costo del lavoro in Italia, una cosa fondamentalmente stupida e grave specialmente se consapevoli di operare in un mercato globale all’interno del quale il fattore principale concorrenziale è proprio quello relativo al costo del lavoro.

    Questi due fattori, quindi, l’incapacità di comprendere gli scenari economici nel medio-lungo termine espressione di una classe politica e dirigente con una preparazione aggiornata precedentemente al crollo del muro di Berlino (1) unita ad una assoluta irresponsabilità della classe governativa e politica in relazione agli effetti dei continui aumenti del costo del lavoro all’interno di un mercato concorrenziale e globale (2) hanno reso il nostro Paese l’unico a crescita negativa per quanto riguarda le retribuzioni negli ultimi 30 anni (28.10.2021 https://www.ilpattosociale.it/attualita/che-altro-aggiungere/).

    Questi due devastanti fattori combinati insieme hanno portato all’ennesima scelta da parte di un fondo straniero di delocalizzare la produzione, ora in Italia, dei cerchi in lega della Speedline (azienda della provincia di Venezia con 600 dipendenti). Un dramma che nasce certamente dalla volontà speculativa della proprietà ma anche dagli ampi spazi lasciati da una deleteria politica governativa italiana degli ultimi vent’anni unita ad una sostanziale incompetenza della classe dirigente accademica italiana rispetto agli effetti dell’ingresso nel Wto della Cina.

    La Cina, con le proprie contraddizioni democratiche fino ad oggi assolutamente non considerate (*), si è seduta ad un tavolo imbandito ricco e privo di ogni regola di Galateo e di educazione assicurata nel proprio operato da una infantile visione globalista abbracciata dalla cosiddetta classe politica progressista. Si è così concesso al Gigante dall’estremo Oriente di mangiare con le mani non solo dal proprio piatto ma soprattutto da quelli degli altri.

    (*) Si pensi al vergognoso accordo con la Cina “la via della seta” siglato dal governo Conte, vera espressione del siderale vuoto culturale ed economico di un intero governo ma anche di una assoluta insensibilità democratica.

  • Ripartono i finanziamenti per l’export e l’internazionalizzazione

    GreenHillAdvisory, che da anni affianca le Aziende per preparare, presentare e gestire le richieste di finanziamento per l’export e l’nternazionalizzazione, promuove martedì 18 maggio, alle ore 15.00, un Webinar Informativo su come accedere ai finanziamenti Simest.  Il 3 giugno infatti ripartono i finanziamenti Simest per le attività di Export e di Promozione Internazionale su mercati UE ed Extra UE. Le attività finanziate sono: realizzazione e ampliamento di strutture commerciali all’estero; partecipazione a fiere internazionali; piattaforme per l’e.commerce; studi di fattibilità; patrimonializzazione di imprese esportatrici.

    E’ previsto un contributo a Fondo Perduto fino al 40% ed il resto finanziato a Tasso Agevolato, entro il 30 giugno senza garanzie.

    La partecipazione è libera previa adesione sulla pagina Linkedin https://www.linkedin.com/events/webinargratuito-internazionaliz6793111129833922560/

  • L’Unione europea pronta a esentare dall’Iva gli aiuti forniti agli Stati contro la crisi da pandemia

    La Commissione europea propone di esentare dall’Iva i beni e i servizi che insieme agli organi e alle agenzie dell’Unione mette a disposizione di Stati membri e cittadini in tempi di crisi. La proposta, spiega l’esecutivo Ue, è in linea con l’esperienza maturata nel corso della pandemia di Covid-19, che ha insegnato tra altre cose che l’Iva applicata ad alcune transazioni finisce per costituire un fattore di costo negli appalti, mettendo a dura prova i bilanci più limitati. La proposta mira a ottimizzare l’efficienza dei fondi dell’Ue utilizzati nell’interesse pubblico per far fronte a crisi come le calamità naturali e le emergenze sanitarie, rafforzando per giunta gli organi di gestione delle catastrofi e delle crisi che operano a livello dell’Ue. Una volta effettive, le nuove misure permetteranno alla Commissione e alle agenzie e organi dell’Ue di importare e acquistare in esenzione dall’Iva i beni e i servizi da distribuirsi in risposta a un’emergenza nell’Unione.

    I destinatari possono essere Stati membri o terzi, come autorità o istituzioni nazionali (ad es. ospedali, un’autorità sanitaria o altra autorità nazionale di risposta alle catastrofi). Tra i beni e i servizi che rientrano nell’esenzione proposta rientrano test diagnostici, materiali diagnostici e attrezzature di laboratorio; dispositivi di protezione individuale (Dpi) come guanti, respiratori, maschere, camici, prodotti e attrezzature per la disinfezione; tende, letti da campo, abbigliamento e alimenti; attrezzature di ricerca e salvataggio, sacchi di sabbia, giubbotti di salvataggio e gommoni.

    Saranno esentati anche antimicrobici e antibiotici, antidoti contro le minacce chimiche, cure per lesioni da radiazioni, antitossine, compresse di iodio; prodotti del sangue o anticorpi; dispositivi di misurazione delle radiazioni; sviluppo, produzione e approvvigionamento dei prodotti necessari, attività di ricerca e innovazione, costituzione di scorte strategiche di prodotti; licenze al settore farmaceutico, strutture di quarantena, sperimentazioni cliniche, disinfezione dei locali e altro.

    Paolo Gentiloni, commissario responsabile per l’Economia, ha sottolineato che “la pandemia di Covid-19 ci ha insegnato che questo tipo di crisi è assai complesso e ha un impatto ad ampio raggio sulle nostre società. E’ essenziale reagire subito e efficacemente e trovare oggi la migliore risposta possibile per prepararci al domani. Questa proposta va nel senso dell’obiettivo Ue di reagire alle crisi e alle emergenze nell’Unione e farà in modo di ottimizzare l’impatto finanziario degli sforzi di soccorso a livello dell’Ue per combattere la pandemia e sostenere la ripresa”.

  • La Commissione approva le modifiche al regime italiano “ombrello” volto ad aiutare le imprese colpite dalla pandemia di coronavirus

    La Commissione europea ritiene che le modifiche all’attuale regime italiano “ombrello” a sostegno delle imprese nel contesto della pandemia di coronavirus siano conformi al quadro temporaneo e ha approvato le misure in conformità delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

    L’Italia ha notificato le seguenti modifiche al regime: i) proroga della durata del regime fino al 31 dicembre 2021; ii) aumento della dotazione finanziaria del regime di ulteriori 2,5 miliardi di euro, da 10 miliardi di euro a 12,5 miliardi di euro; (iii) aumento degli importi limitati degli aiuti, portati rispettivamente a 225 000 euro per le imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli (erano di 100 000 euro), a 270 000 euro per le imprese attive nel settore della pesca e dell’acquacoltura (erano di 120 000 euro) e a 1,8 milioni di € per le imprese attive in tutti gli altri settori (erano di 800 000 euro), in linea con l’ultima modifica del quadro temporaneo; infine, iv) aumento del massimale di aiuto a sostegno dei costi fissi non coperti, portato a 10 milioni di euro per beneficiario (era di 3 milioni di euro). La Commissione ha concluso che il regime, così come è stato modificato, rimane necessario, adeguato e proporzionato per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), e con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

    Il regime originario era stato approvato dalla Commissione il 21 maggio 2020.

    Fonte: Commissione europea

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