India

  • L’ambasciatore italiano a New Dehli invita a puntare sull’India

    L’India “si sta sforzando di trovare un equilibrio tra la tutela dell’economia e la tutela della salute dei cittadini: ha lanciato un piano da 2 milioni di dollari per aiuti umanitari e ha presentato un pacchetto di stimolo all’economia che mette in campo 266 milioni per puntare all’autosufficienza. Ma anche offrendo agli investitori internazionali riforme che renderanno il Paese ancora più competitivo”. Lo ha detto all’Ansa l’ambasciatore a New Delhi, Vincenzo De Luca, sottolineando che si tratta di “un’occasione da non perdere. Nonostante i numerosi squilibri interni, l’India costituisce un mercato dalle dimensioni interessantissime” anche per il Made in Italy.

    De Luca ha spiegato che l’intervento di stimolo messo in campo dal governo Modi rappresenta il 10% del Pil del Paese. Un pungolo – come spiegato dallo stesso esecutivo indiano – “che deve mirare alla ‘Atmanirbhar Bharat’ (la self-reliance) ovvero una rinascita che dovrà originare da risorse interne. Ma allo stesso tempo si è rivolto agli investitori esteri con lo slogan delle quattro ‘L’: ‘Land, Labour, Liquidity and Laws’, riforme che renderanno il Paese ancora più competitivo”. “E’ un’occasione da non perdere”, ha ribadito l’ambasciatore ricordando che l’economia indiana resta, nonostante l’impatto sul Pil della crisi causata dalla pandemia, in tenuta. E il ruolo di Delhi resta rilevante per la governance globale: membro del G20, “del quale assumerà la presidenza subito dopo di noi, nel 2022, ha risposto alla crisi del coronavirus rilanciando su molti piani la collaborazione internazionale”.

    In questo quadro i rapporti tra Italia e India “continuano nel segno del positivo rilancio degli ultimi tempi: sin

    dall’inizio del lockdown le autorità sanitarie e il Ministero degli Esteri ci hanno sostenuto in maniera encomiabile, permettendoci di far rimpatriare le centinaia di turisti bloccati, e offrendo ai connazionali, ammalati di coronavirus durante il viaggio, la migliore assistenza possibile”. Nelle ultime settimane – ha proseguito De Luca – “abbiamo implementato tutte le nostre relazioni istituzionali ed economiche: l’India segue con estrema attenzione e vicinanza gli sviluppi della crisi Covid-19 nel nostro Paese, e ci ha presi a modello per molte scelte. La telefonata del premier Modi al nostro presidente del Consiglio ne è la conferma”. In India, ha ricordato l’ambasciatore, “siamo a poco più di 119mila casi di positività al virus e a 3.508 decessi. Cifre contenute, se rapportate alle dimensioni della popolazione indiana, oltre un miliardo trecento milioni di persone. I dati dipendono, qui come ovunque, dal numero dei test, e sulle prossime settimane incombe l’incognita del possibile aumento per il movimento dei migranti interni, ma sinora il Paese è riuscito a contenere il virus”. Con il governo centrale, “che ha reagito con tempestività, proclamando il lockdown dal 24 marzo, quando i casi erano solo un centinaio, e adottando misure molto rigide”. “E’ stata una gestione molto positiva, che ha visto riconfermare la forte leadership del premier, con le opposizioni che sostanzialmente hanno sostenuto le scelte del governo, e che ha portato anche agli apprezzamenti dell’Oms”, ha aggiunto l’ambasciatore sottolineando, tra le novità, il fatto che “le decisioni sono prese in collaborazione tra centro e governatori, e le misure calibrate a seconda della gravità del contagio nelle varie zone, definite da colori diversi rosse, arancio, gialle e verdi”. “Sono fiero della capacità dimostrata” dall’Ambasciata italiana a Delhi durante la crisi: “siamo stati i primi, tra tutte le sede diplomatiche, a trasformarci in Digital Embassy”, ha concluso l’ambasciatore spiegando che “con questa scelta abbiamo mantenuto intatta l’operatività e i contatti con la comunità e le 600 aziende italiane; siamo riusciti inoltre a mantenere un rapporto fruttuoso, non solo con l’insieme del sistema Italia, ma con tutti gli interlocutori indiani”.

  • US watchdog wants India on religious freedom blacklist

    A United States government panel on Tuesday has called for India to be put on a religious freedom blacklist.

    The US Commission on International Religious Freedom said in its annual report that India should join the ranks of “countries of particular concern” that would be subject to sanctions if they do not improve their records.

    “In 2019, religious freedom conditions in India experienced a drastic turn downward, with religious minorities under increasing assault”, the report said.

    It highlighted India’s controversial citizenship law, which the United Nations has called “fundamentally discriminatory”. The country has been torn by deadly protests followed by curfew since December, when the Citizenship Amendment Act, offered by PM Modi, was passed.

    The law allows citizenship for Hindus, Sikhs, Buddhists, Jains, Parsis, and Christians who illegally migrated to India from Afghanistan, Bangladesh, and Pakistan. It, however, does not allow citizenship for Muslims.

    The report also highlighted the revocation of the autonomy of Kashmir, which was India’s only Muslim-majority state.

    The panel’s vice-chair Nadine Maenza said that India has a broader “move toward clamping down on religious minorities that’s really troublesome”.

    The report concluded by calling on the US to impose punitive measures, including visa bans on Indian officials.

  • Anche le vacche lo sanno

    “Se non faccio qualcosa” pensò il giovane Payeng “anche noi uomini saremo destinati a morire come questi serpenti”. Payeng Jadav aveva sedici anni quando una mattina del 1979 fece una scoperta che lo turbò molto. Decine di serpenti giacevano morti lungo le rive sabbiose dell’isola Majuli del fiume Brahmaputra. Dopo essere stati trasportati da un’inondazione su questo lembo di terra arida, perché anche deforestato dall’uomo, i rettili erano morti per le temperature torride e la totale assenza di ombra. Quel ragazzino non lo trovava giusto e sentiva di dover fare qualcosa, ma cosa? Andò a chiedere consiglio agli anziani del villaggio e loro gli risposero che solo una foresta avrebbe potuto contrastare la forza delle alluvioni e l’avanzamento della desertificazione nelle stagioni calde. Gli consigliarono di iniziare dal bambù locale, perché capace di generare forti e profonde radici legnose. Da quel lontano giorno di quarantuno anni fa, Payeng ha piantato fino ad oggi, con la sola forza delle sue nude mani, più di trentamila piante.

    Ci troviamo in India, nello stato dell’Assam, nell’estremo est del Paese e la rigogliosa area verde, nota oggi come la foresta di Molai (dal soprannome di Payeng) si estende per oltre cinquecentocinquanta ettari (più di ottocento campi da calcio). Così ricoperta di alberi, l’isola è “rinata”, dando riparo a migliaia di specie animali differenti: insetti, rettili, volatili e a piccoli e grandi mammiferi selvatici come lepri, cinghiali, cervi, bufali, rinoceronti, elefanti e persino scimmie e la braccatissima Tigre del Bengala.

    Il Governo Indiano venne a conoscenza della foresta di Molai solo nel 2008, quando venne individuato un branco di circa 100 elefanti selvatici che si erano allontanati dalla foresta per qualche giorno. Da allora Payeng non ha avuto più una vita tanto semplice. Premi, riconoscimenti e decine di giornalisti che ogni anno lo raggiungono per intervistarlo. Qualcuno gli ha anche chiesto di andare con loro in Europa o in America ma Payeng ha sempre risposto che c’era ancora tanto da fare perché “Finché la natura sopravvive sull’Isola di Majuli, anch’io sopravvivo!”. Negli anni Payeng è diventato anche un bravo fotografo, raccogliendo migliaia di foto di specie vegetali ed animali selvatici che sono preziosi documenti di studio presso diversi istituiti di ricerca sparsi per il Mondo. Un giornalista americano una volta gli chiese: “Da dove nasce tutto questo amore per la Natura?”. Lui gli rispose “Dalla mia educazione, specialmente quella di mia nonna. Vengo da una famiglia povera, che non ha studiato ma che ha potuto vivere solo grazie al fiume e alla foresta”. E, ad un altro intervistatore che gli chiese: “Come hai fatto a fare tutto questo da solo?”, lui, con il suo bellissimo sorriso, rispose: “Non ho fatto tutto da solo. Pianta uno o due alberi. Loro faranno i semi. Il vento sa come piantarli, qui gli uccelli sanno tutti come piantarli, anche le vacche lo sanno, anche gli elefanti lo sanno, anche il fiume Brahmaputra lo sa. L’intero ecosistema lo sa”.

    Solo noi non lo sappiamo?

    PICCOLO PROMEMORIA

    Circa 350 milioni di nativi vivono vicino o all’interno delle poche foreste ancora esistenti sul Pianeta. Foreste che da sole ospitano l’80% della biodiversità terrestre. Preservare il loro ambiente è fondamentale per tutte le specie, compresi gli esseri umani. Chiunque può fare la differenza, piantando anche un solo albero quando può. Payeng docet.

     

  • Stupro su autobus a New Dehli, impiccati i 4 condannati

    Quattro uomini sono stati impiccati prima dell’alba del 20 marzo scorso a Nuova Delhi per il brutale stupro di una ragazza su un autobus nel dicembre 2012, che scioccò il paese. Gli assalitori picchiarono selvaggiamente con sbarre di ferro la 23enne e il fidanzato, saliti su un autobus a Nuova Delhi dopo una serata al cinema. La giovane studente di fisioterapia morì 2 settimane dopo per le ferite riportate.

    “Nostra figlia ha finalmente avuto giustizia. il sole si alza oggi con nuove speranze per le figlie dell’India”, ha commentato la madre della vittima, Asha Devi, che ha atteso la notizia dell’avvenuta esecuzione davanti al carcere di Tihar, dove si era radunata una folla fin dalle prime ore del mattino.

    L’esecuzione di Akshay Thakur, Vinay Sharma, Pawan Gupta e Mukesh Singh è avvenuta alle 05.30 ora locale, dopo che la sera precedente erano stati respinti gli ultimi appelli degli avvocati. Ad aggredire la coppia di fidanzati erano stati in 6. Ma Ram Singh, che era anche il conducente dell’autobus, è morto in carcere per un apparente suicidio. E un altro responsabile, che aveva 17 anni all’epoca dei fatti, è stato scarcerato nel 2015 dopo aver scontato tre anni di carcere, la pena massima per un minorenne in India.

    In India le condanne a morte sono rare e non sempre vengono eseguite. Vi sono state cinque esecuzioni dal 1995 e l’ultima risaliva al 2015. Lo stupro di Nirbhaya (senza paura), il nome dato dalla stampa indiana alla giovane vittima, provocò un’ondata manifestazioni di protesta in tutta l’India sollevando il velo sulla diffusa piaga degli stupri.

  • Delhi protests against citizenship law escalate as death toll rises to 24

    Protests in India’s capital New Delhi against a new controversial law escalated on the second day, with the death toll rising to 24. Among those who have been killed in the violence are also police officers.

    Authorities deployed tear gas, as protesters hurled stones and set vehicles, a gasoline pump and a mosque in Ashok Nagar on fire. More than 200 people have been treated in hospital, mostly from bullet injuries, but also from acid burns, stabbings and wounds from beatings and stone pelting.

    On Wednesday, Arvind Kejriwal, Delhi’s highest elected official, tweeted that police were “unable to control situation and instil confidence”, and requested that the military be called in and a curfew imposed in affected areas.

    The Citizenship Amendment Act (CAA) allows citizenship for Hindus, Sikhs, Buddhists, Jains, Parsis, and Christians who illegally migrated to India from Afghanistan, Bangladesh, and Pakistan. It, however, does not allow citizenship for Muslims, and was therefore dubbed “anti-Muslim”.

    The violent protests cast shadow on US president Donald Trump’s visit to India, aimed at deepening bilateral ties. He met with India’s PM Narendra Modi, who offered the law as part of his government’s nationalist program.

    “Had an extensive review on the situation prevailing in various parts of Delhi. Police and other agencies are working on the ground to ensure peace and normalcy”, Modi tweeted.

  • La Corte suprema indiana non blocca la controversa legge sulla cittadinanza

    La Corte Suprema indiana si è rifiutata di applicare una nuova e controversa legge sulla cittadinanza, proposta dal primo ministro Narendra Modi, come parte del programma nazionalista del suo governo.

    Il Paese da dicembre, quando è stata approvata la legge sulla modifica della cittadinanza, è lacerato da forti proteste, seguite da coprifuoco. Il provvedimento contestato consente la cittadinanza ad indù, sikh, buddisti, giainisti, parsi e cristiani che sono emigrati illegalmente in India dall’Afghanistan, dal Bangladesh e dal Pakistan ma non consente la cittadinanza ai musulmani.

    Molti firmatari hanno sollecitato il tribunale a rinviare l’applicazione della legge ma la Corte suprema,  invece di sospendere la norma, ha chiesto al governo di rispondere entro un mese alle 143 petizioni che ne contestano la validità. La decisione ha suscitato rabbia e indignazione, con le fazioni più critiche che hanno invitato il governo a dimostrare la volontà concreta di cercare una soluzione giudiziaria in materia.

    Dal Congresso hanno fatto sapere che la questione sarà discussa a breve perché “una giustizia ritardata è una giustizia negata ed è necessaria perciò una soluzione rapida”.

  • A Mendrisio in mostra i capolavori dell’arte indiana antica

    Culla di tre religioni – buddismo, induismo e giainismo – ancora oggi in vigore, l’India ha un patrimonio culturale estremamente ricco, anche se si è preservato solo quello composto da materiali durevoli. A questa terra dalla storia millenaria, ancora misteriosa e piena di contraddizioni, il Museo d’arte di Mendrisio dedica la mostra INDIA ANTICA Capolavori dal collezionismo svizzero.

    Visitabile fino al 26 gennaio 2020 l’esposizione arriva dopo quelle dedicate all’arte giapponese, all’arte africana e alle antichità classiche greche e romane, con le quali il Museo vuole mettere in luce tesori di grandi civiltà antiche, al di fuori della tradizione europea del moderno. La mostra sulle opere indiane racconta di una civiltà in simbiosi con l’ultraterreno dal quale si sente governata. Non è un caso, infatti, che la religione in India abbia una molteplicità di divinità alle quali sono attribuiti atteggiamenti vivi e mai statici. A questo mondo variegato la mostra di Mendrisio, curata da Christian Luczanits, esperto di arte indiana alla London School of Oriental and African Studies, dedica un racconto artistico fatto di trasformazioni che le divinità subiscono, dalle prime rappresentazioni figurative alle più tarde forme espressive esoteriche (tantriche). E così se una yakṣī, una sorta di spirito naturale femminile responsabile della fertilità e del benessere, può chiacchierare con un pappagallo per evitare che riveli ciò che è successo la sera precedente, al contrario, un Budda seduto e riccamente decorato allude a un risveglio che è stato reinterpretato dal punto di vista del buddismo esoterico.

    Pur non avendo la pretesa di rappresentare la totalità dell’antica arte indiana, la mostra copre aree essenziali. Gli oggetti esposti – oltre 70 sculture di piccole, medie e grandi dimensioni – riflettono l’interesse occidentale per l’arte indiana, dove predominano temi buddisti e pacifici.

    Il percorso espositivo si compone di nove capitoli: Metafore poetiche; Animali leggendari; Tradizioni a confronto; Storie edificanti; Poteri femminili; Diramazioni esoteriche; Miracoli; Coppia divina; Divinità cosmica e comprende sculture provenienti da diverse regioni dell’India, Pakistan e Afghanistan, coprendo un arco temporale di quattordici secoli, dal II secolo a. C. al XII secolo d. C.

    Una mostra straordinaria, con opere di grande pregio, che permette di conoscere i tesori di una cultura millenaria che da sempre affascina l’Occidente.

  • L’India sarà il quarto Paese a far atterrare un’astronave sulla luna

    L’agenzia spaziale indiana ha da poco inviato una missione sul polo sud della luna, ancora inesplorato. Grazie a questo lancio l’India sarà la quarta nazione a sbarcare sulla luna dopo Stati Uniti, Russia e Cina. Partita dall’isola di Sriharikota, a sud di Chennai, la missione è avvenuta una settimana dopo un tentativo di lancio annullato per motivi tecnici. Questa è la seconda missione lunare dell’India, la prima è avvenuta nel 2008 quando un orbiter ha scannerizzato la superficie con un radar in cerca di acqua. L’agenzia spaziale indiana guarda ora a Marte e pianifica una missione che renderà l’India la quarta nazione a inviare un orbiter attorno al pianeta rosso.

  • La comunità internazionale chiede di fare luce sulle violazioni dei diritti umani nel Kashmir

    La comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, è sempre più preoccupata per il lungo conflitto tra India e Pakistan per la disputa sulla regione del Kashmir. La diatriba risale al 1948 quando, dopo la fine del dominio britannico, al popolo del Kashmir fu promesso dalle Nazioni Unite un voto plebiscitario sul suo status futuro. Dovevano cioè scegliere tra l’integrazione con l’India, il Pakistan oppure optare per  l’indipendenza. Sia l’India che il Pakistan rivendicavano la regione himalayana e la conseguenza fu lo scoppio di due guerre. Le tensioni più elevate si rilevano nella parte del Kashmir amministrata dall’India, dove vivono circa i due terzi della popolazione.

    L’India e il Pakistan, entrambe potenze nucleari, di recente sono tornate ad affrontarsi per la stessa questione e alla disputa si è aggiunta anche la Cina che esercita un’influenza crescente sulla regione in quanto le sue forze armate occupano piccole aree del Kashmir. Gli attacchi contro i civili sono frequenti, in particolare nella parte indiana del confine conteso, i prigionieri nel Kashmir amministrato dall’India sono stati sottoposti ad abusi e torture, tra cui “water-boarding, privazione del sonno e torture sessuali”, come rileva un rapporto di Association of Parents of Disappeared Persons e Jammu and Kashmir Coalition of Civil Society, due associazioni che si occupano di diritti umani. Le forze indiane sono state fortemente criticate per l’uso eccessivo della forza dall’ONU che ha chiesto un’indagine internazionale sulle violazioni dei diritti. Il responsabile per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, inoltre, ha chiesto di istituire una apposita commissione d’inchiesta.

    Secondo uno studio pubblicato nel 2015 da Medici senza frontiere il 19% della popolazione prevalentemente musulmana del Kashmir soffre di disturbo da stress post-traumatico a causa del conflitto e delle condizioni in cui è costretta a vivere.

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