informazione

  • La libertà d’informazione, il diritto al pettegolezzo, l’uso del pettegolezzo come arma politica

    Il governo guidato da Giorgia Meloni è in carica da un anno, non tutti i ministeri hanno funzionato all’altezza del premier, non tutti i vari attori hanno sempre indovinato cosa e come dichiarare, qualche personaggio ci ha lasciato, fin dall’inizio, perplessi.

    Nessuno, che non sia di parte, può negare l’inesistenza di contenuti ed la faziosità esasperata dell’opposizione che di fatto si è dimostrata incapace mentre il mondo sindacale ha, in gran parte, aiutato a far aumentare una inutile e pericolosa confusione.

    Giorgia Meloni ha preso iniziative difficili ed importanti che, sul piano internazionale, hanno riportato l’Italia ad avere un ruolo ed un peso e non si è risparmiata fatiche e decisioni, a prescindere dal consenso che ne poteva derivare.

    Nonostante la nostra lunga esperienza rimaniamo colpiti quando un quotidiano nazionale, dell’importanza di Repubblica, dedica, sabato 21 ottobre, le sue prime quattro pagine alle vicende famigliari del premier e solo in sesta pagina si occupa della guerra in Israele.

    Avevamo già assistito al tentativo di linciaggio mediatico ai tempi di Fini, ci illudevamo che l’interesse nazionale, se non la deontologia, avrebbe impedito, durante due guerre che rischiano di estendersi a gran parte del mondo, di accanirsi su pettegolezzi ed illazioni, la notizia andava data negli spazi che meritava, una vicenda strettamente personale e sicuramente dolorosa per chi la viveva.

    Non crediamo ci sia bisogno di commentare ulteriormente, i fatti parlano da soli, anche in questi giorni, dimostrando come per troppi valgano più i pettegolezzi, o le vicende personali, rispetto alla cosa pubblica e all’immagine dell’Italia.

    Al Presidente Meloni la solidarietà del Patto Sociale e mia personale.

  • Diritto di cronaca?

    Approfittando dell’estate e riguardando all’anno passato ci sembra il momento di fare qualche considerazione su quel diritto di cronaca che, a nostro avviso, negli ultimi anni è stato stravolto.

    Pensiamo a quegli inviati delle testate televisive che, mettendoti un microfono praticamente in bocca, chiedono, con insistenza degna di miglior causa, di conoscere a tutti i costi il nostro pensiero anche quando non abbiamo nulla da dire o, addirittura, siamo  frastornati per notizie tristi che ci riguardano.

    Il diritto di cronaca va rispettato ma il diritto alla privacy non esiste più?

    Persone che hanno appena perso un congiunto, che sono scampate ad una tragedia, persone che non hanno voglia di comparire sui media, perché nella vita non tutto è spettacolo e non siamo tutti in spasmodica ricerca di quell’apparire che è l’obiettivo  tipico di certi vip, o degli aspiranti tali, sono inseguite fuori da ogni decenza.

    Giornalisti, uomini e donne, che con voce querula ti inseguono fuori dal tribunale, dall’agenzia delle Pompe funebri o sul luogo di un terribile delitto o incidente, che ti fanno domande alle quali, comunque risponderai, sai che la messa in onda sarà tagliata per assecondare quello che è l’obiettivo del servizio: non fare ipotetica luce su chissà quale verità ma fare audience, battere le altre testate per raccontare qualsiasi cosa di più degli altri, a prescindere dai sentimenti delle persone tampinate fino allo spasimo molte volte le domande sono proprio alla ricerca di una risposta scomposta ed irata.

    A questi giornalisti è impossibile sfuggire, ti aspettano, ti trovano, ti inseguono, forse solo un velocista riuscirebbe a sottrarsi alla loro, querula, invadente insistenza.

    Questo è giornalismo, inchiesta, diritto di cronaca o un vero e proprio mal costume che nessuno ha il coraggio di fermare perché il quarto potere, la stampa, persa gran parte della deontologia che dovrebbe guidare la professione è diventato più mestiere da paparazzi? Comunque la stampa ha un potere immenso che neppure i magistrati possono minare perché i media decretano innocenti e colpevoli, così siamo tutti vittime sacrificali dell’ascolto.

    I processi sono fatti in tv prima che nei tribunali

    Poi, dopo aver ossessionato le persone comuni vittime o testimoni di tragedie l’attenzione si sposta sulla così detta casta nella spasmodica ricerca di qualche oscuro segreto sugli emolumenti degli eletti alla Camera o al Senato.

    Un pericoloso tentativo, spesso riuscito, di far apparire deputati e senatori come nullafacenti  affamatori del popolo.
    Diciamolo francamente quanti di questi giornalisti hanno, con la stessa assiduità e perseveranza, per non dire sfacciataggine, chiesto conto ai tanti AD, di società  pubbliche, partecipate e private, di quanto guadagnano e di quante azioni, delle aziende che dirigono, sono gratificati nel corso della carriera o come buona uscita?

    Nessun dubbio per nessuno che ciascun giocatore di calcio o allenatore si meriti tutto quello che guadagna ma per chi rappresenta, democraticamente eletto, la repubblica solo critiche, contestazioni, insulti?

    Perché i giornalisti non controllano il lavoro dei deputati, le presenze, in aula, in commissione e sul territorio, le votazioni, le proposte di legge, le interrogazioni o interpellanze, perché non denunciare chi eventualmente non svolge a pieno ritmo il proprio lavoro invece che fare, come sempre, di tutt’erbe un fascio?

    Perché cercare sempre e comunque di additare chi rappresenta il potere legislativo come un parassita? Forse qualcuno preferirebbe un sistema nel quale non ci fossero più elezioni e rappresentanti del popolo o un sistema nel quale solo i ricchi potrebbero fare i deputati gratuitamente?

    Si è caduti nel ridicolo ma si rischia di finire nel tragico e più si delegittimano i nostri rappresentanti più si rischiano situazioni come quelle che vediamo in paesi vicini dove la democrazia non esiste.

    Forse l’estate dovrebbe consentirci qualche momento di seria riflessione.

  • Una corretta informazione

    In Ucraina è morta, dilaniata da un missile russo a Kramatorsk, la scrittrice Victoria Amelina, una voce importante di quella cultura che non si vende e non si arrende ed infatti, dall’inizio della tragica guerra voluta da Putin, Amelina è sempre stata in prima fila a raccontare la verità.

    In Cecenia la giornalista Yelena Milashina di Novaya Gazeta ed il suo avvocato sono stati selvaggiamente picchiati, a lei, oltre alle botte che le hanno rotto le dita e sfondato il cranio, è stata anche rasata la testa e poi è stata cosparsa di vernice.

    Molte sono le voci libere dell’informazione che hanno perso la vita nella guerra voluta dal criminale progetto dello zar russo ed anche in altre zone di conflitto i corrispondenti di guerra hanno pagato un caro prezzo per informare, documentare, non lasciare che tanti crimini rimanessero sotto silenzio.

    A questo giornalismo, a tutte le persone di cultura che hanno dato, con sprezzo del pericolo e sacrificio personale, il loro contributo ad una informazione altrimenti negata il nostro riconoscimento e la nostra riconoscenza.

    In questo drammatico contesto riesce difficile appassionarci ai cambi di testata di alcuni autorevoli rappresentanti dell’informazione Rai e facciamo fatica a comprendere come tante parole, non solo sulla carta stampata, siano dedicate alla scelta di Bianca Berlinguer di firmare un contratto con Mediaset, con la televisione commerciale che tanto spesso è stata denigrata proprio da quella sinistra alla quale la giornalista guarda con simpatia.

    Ognuno ha le sue buone ragioni e le scelte devono essere libere, ciò non toglie che ci sembra più che mai attuale il “tanto rumore per nulla”.

    Vorremmo invece un po’ più di rumore, di critica, di presa di distanza da pericolose affermazioni come quelle di Conte che, proprio mentre in Francia assistiamo a manifestazioni di estrema e pericolosa violenza, parla di “incendio sociale” programmato dal governo. Se poi teniamo conto che solo pochi giorni fa Grillo aveva arringato la folla invitando ad andare in piazza incappucciati è facile capire che la politica del tanto peggio tanto meglio può portare, in un attimo, a situazioni ingestibili.

    Certo invitare a coordinare le parole col cervello sarebbe utile se potessimo presupporre che il cervello non conosceva, neppure in questi casi, le conseguenze delle parole ma non è questa la fattispecie.

    Chi vede la politica come uno strumento per preservare od aumentare il proprio consenso e potere non ha tempo per pensare al bene pubblico così come chi vede nel giornalismo un mestiere come un altro, e non una missione per una corretta ed imparziale informazione, pensa solo a quanto potrà guadagnare in immagine, e non solo.

  • WhatsApp accetta di conformarsi pienamente alle norme dell’UE, informando meglio gli utenti e rispettando le loro scelte sugli aggiornamenti del contratto

    A seguito di un dialogo con le autorità dell’UE per la tutela dei consumatori e la Commissione europea (rete CPC), WhatsApp si è impegnata a garantire una maggiore trasparenza sulle modifiche delle condizioni d’uso. La società renderà anche più facile per gli utenti rifiutare gli aggiornamenti a cui sono contrari e spiegherà chiaramente in quali casi tale rifiuto renderà impossibile continuare a utilizzare l’applicazione. WhatsApp ha inoltre confermato che i dati personali degli utenti non sono condivisi a fini pubblicitari con terzi o altre società del gruppo Meta, tra cui Facebook. Il dialogo è stato coordinato dall’agenzia svedese per i consumatori e dalla commissione irlandese per la concorrenza e la tutela dei consumatori e agevolato dalla Commissione.

    Per tutti i futuri aggiornamenti delle politiche, WhatsApp dovrà: spiegare quali modifiche intende apportare ai contratti degli utenti e in che modo tali modifiche potrebbero incidere sui loro diritti; dare alla possibilità di rifiutare gli aggiornamenti delle condizioni d’uso lo stesso rilievo riservato all’opzione per accettarli; fare in modo che le notifiche riguardanti gli aggiornamenti possano essere ignorate o che si possano rivedere gli aggiornamenti in un momento successivo, rispettando le scelte degli utenti senza inviare continue notifiche.

  • Il nuovo centro per la trasparenza fornisce per la prima volta informazioni e dati sulla disinformazione online

    I firmatari del codice di buone pratiche sulla disinformazione del 2022, comprese tutte le principali piattaforme online (Google, Meta, Microsoft, TikTok, Twitter), hanno varato il nuovo centro per la trasparenza e pubblicato per la prima volta le relazioni di riferimento sul modo in cui mettono in pratica gli impegni derivanti dal codice.

    Il nuovo centro per la trasparenza garantirà sia la visibilità e la rendicontabilità degli sforzi compiuti dai firmatari per combattere la disinformazione, sia l’attuazione degli impegni assunti nell’ambito del codice, mettendo a disposizione di cittadini, ricercatori e ONG dell’UE una banca dati unica in cui accedere alle informazioni online e scaricarle.

    Con queste relazioni di riferimento, per la prima volta le piattaforme forniscono informazioni e dati iniziali esaustivi, come il valore degli introiti pubblicitari che si è evitato arrivasse agli attori della disinformazione; il numero o il valore degli annunci politici accettati ed etichettati o respinti; i casi di comportamenti manipolatori rilevati (ossia creazione e utilizzo di account fasulli); e informazioni sull’impatto della verifica dei fatti, anche a livello degli Stati membri.

    Tutti i firmatari hanno presentato le loro relazioni in tempo utile, utilizzando un modello di relazione armonizzato concordato che contempla tutti gli impegni e le misure sottoscritti. Ciò tuttavia non vale pienamente per Twitter, la cui relazione è carente di dati e priva di informazioni sull’impegno a conferire maggiori poteri alla comunità di verificatori dei fatti.

  • Notizie in breve, note e meno note

    La siccità riarde la terra e distrugge parte dei raccolti, se ne parla molto ma non sono ancora partiti i lavori per aggiustare le tubature rotte e i nostri acquedotti disperdono il 40% dell’acqua potabile. Se dovranno razionarci l’acqua  avremo poi il diritto di decurtare il danno dalle tasse? Visto che il problema si è aggravato di anno in anno, per colpa dei diversi governi che si sono succeduti e che non sono intervenuti per approntare un piano acqua che complessivamente affrontasse quanto necessario per l’acqua potabile, le acque reflue, le acque industriali  e quelle legate alle necessità agricole, partendo dagli invasi, visto che hanno lasciato andare in rovina gli impianti idrici, non hanno controllato le regioni per verificare se fossero stati messi a punto nuovi invasi e in funzione quegli esistenti, potremmo fare una azione collettiva contro quei presidenti del Consiglio e quei ministri?

    Dall’inizio di maggio le centinaia di migliaia  di cavallette che avevano invaso la Sardegna sono diventate a giugno centinaia di milioni e hanno distrutto i raccolti. Nonostante tutti gli appelli degli agricoltori non è stato fatto nulla, in modo tempestivo, per distruggerle ed ora oltre al danno all’agricoltura c’è stato un danno anche per il turismo ed un pericolo per le strade visto che gli sciami di cavallette possono infilarsi  nei finestrini delle macchine e rendere cieco il parabrezza. Le cavallette sono antiche come il mondo ed è ben nota la loro pericolosità, cosa ha impedito un intervento rapido?

    Il NewsGuard riferisce un’analisi comparata dei canali di informazione alternativa, in questi canali la maggior parte dei no vax e dei complottisti è diventata supporter della Russia,difensori di Putin. Sono 230 i siti, tra i quali alcuni italiani, che sponsorizzano la tesi del complotto, dal covid alla guerra, complotto messo in atto per sovvertire l’ordine mondiale e tenere distratti e soggiogati i cittadini. Come più volte abbiamo detto e scritto la mancanza di regole nell’utilizzo della Rete, il diritto, per alcuni, ad una totale libertà, anche quando si professa il falso, si istiga ai più efferati delitti o si lucra con l’imbroglio vendendo farmaci falsi e pericolosi, si tramuta in un danno costante verso tutti gli altri, in un pericolo per la stessa democrazia.

  • Un nuovo, più solido e più completo codice di buone pratiche sulla disinformazione

    La Commissione ha espresso soddisfazione per la pubblicazione del codice di buone pratiche rafforzato sulla disinformazione. I 34 firmatari, tra i quali piattaforme, imprese tecnologiche ed esponenti della società civile, hanno seguito gli orientamenti della Commissione del 2021 e tenuto conto degli insegnamenti tratti dalla crisi della COVID-19 e dalla guerra di aggressione della Russia in Ucraina. Il codice rafforzato si basa sul primo codice di buone pratiche del 2018, ampiamente riconosciuto come quadro pionieristico a livello mondiale. Il nuovo codice stabilisce impegni ampi e precisi per le piattaforme e l’industria al fine di combattere la disinformazione e rappresenta un altro passo importante verso un ambiente online più trasparente, sicuro e affidabile.

    Insieme alla legge sui servizi digitali recentemente approvata e alla futura legislazione relativa alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica, il codice di buone pratiche rafforzato forma un elemento essenziale del pacchetto di strumenti della Commissione per combattere la diffusione della disinformazione nell’UE.

    Tra i 34 firmatari figurano le principali piattaforme digitali, in particolare Meta, Google, Twitter, TikTok e Microsoft, come pure una serie di altri attori, ad esempio piattaforme più piccole o specializzate, agenzie pubblicitarie online, società di tecnologia pubblicitaria, verificatori di fatti e rappresentanti della società civile o operatori che offrono competenze e soluzioni specifiche per combattere la disinformazione.

    Il codice rafforzato punta a eliminare i difetti del codice precedente introducendo impegni e misure più rigorosi e dettagliati, basati sugli insegnamenti operativi tratti negli ultimi anni.

    Concretamente, il nuovo codice contiene impegni volti a:

    • ampliare la partecipazione: il codice non è mirato esclusivamente sulle grandi piattaforme, ma coinvolge anche una serie di attori diversi, ognuno dei quali può svolgere un ruolo nel ridurre la diffusione della disinformazione. Inoltre si auspica l’adesione di ulteriori firmatari;
    • ridurre gli incentivi finanziari per chi diffonde disinformazione facendo in modo che i responsabili della disinformazione non beneficino di introiti pubblicitari;
    • puntare l’attenzione anche sui nuovi comportamenti manipolativi (account fasulli, bot o deep fake malevoli che diffondono disinformazione);
    • dotare gli utenti di strumenti migliori per riconoscere, comprendere e segnalare la disinformazione;
    • dare impulso alla verifica dei fatti in tutti i paesi e in tutte le lingue dell’UE, garantendo che il lavoro svolto dai verificatori dei fatti sia remunerato adeguatamente;
    • garantire la trasparenza della pubblicità politica consentendo agli utenti di riconoscere facilmente gli annunci di natura politica grazie a indicazioni più chiare e a informazioni riguardo agli sponsor, all’entità della spesa e al periodo di visualizzazione;
    • rafforzare il sostegno ai ricercatori offrendo loro un migliore accesso ai dati delle piattaforme;
    • valutare l’impatto del codice stesso attraverso un solido quadro di monitoraggio e relazioni periodiche delle piattaforme in merito alle modalità di attuazione dei loro impegni;
    • istituire un centro per la trasparenza e una task force che forniscano una panoramica agevole e trasparente dell’attuazione del codice, al fine di mantenerlo adeguato ai suoi obiettivi e alle esigenze future.

    Infine, il codice mira a essere riconosciuto come codice di condotta ai sensi della legge sui servizi digitali per attenuare i rischi derivanti dalla disinformazione per quanto riguarda le piattaforme online di dimensioni molto grandi.

    I firmatari disporranno di sei mesi per attuare gli impegni e le misure che hanno sottoscritto. All’inizio del 2023 presenteranno alla Commissione le prime relazioni di attuazione.

    Tenendo conto del parere di esperti e del sostegno del Gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA) e dell’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO), la Commissione valuterà periodicamente i progressi compiuti nell’attuazione del codice, sulla base delle dettagliati relazioni qualitative e quantitative attese dai firmatari.

    La task force istituita monitorerà, riesaminerà e adeguerà gli impegni alla luce degli sviluppi tecnologici, sociali, di mercato e legislativi.

    Fonte : Commissione europea

  • Giornalismo europeo: aspiranti giornalisti invitati a fare domanda per un programma di formazione

    A partire dall’11 aprile la Commissione accetta le candidature per la sesta edizione del programma Youth4Regions per studenti di giornalismo e giovani giornalisti. Sono ammesse domande dagli Stati membri dell’UE e dai paesi vicini e paesi aderenti.

    I 38 vincitori del concorso si riuniranno a Bruxelles dall’8 al 14 ottobre per seguire corsi di formazione, ricevere tutoraggio di giornalisti esperti, lavorare insieme a loro nella sala stampa e visitare le istituzioni europee e i media. I vincitori parteciperanno anche al concorso per il premio Megalizzi-Niedzielski per aspiranti giornalisti che verrà assegnato l’11 ottobre. Il modulo di candidatura e le condizioni di partecipazione sono disponibili sulla pagina web del programma fino all’11 luglio 2022.

    #Youth4Regions è un programma della Commissione europea che aiuta studenti e giovani giornalisti a scoprire come opera l’UE nella loro regione. Dal suo lancio nel 2017 hanno partecipato oltre 130 giovani di tutta Europa.

    Da un’indagine condotta presso i precedenti partecipanti emerge che il 78% di questi ritiene che la propria carriera abbia tratto vantaggi dal programma in termini di networking e consulenza professionale. Per il 93% il programma aiuta a comprendere meglio l’Unione e la politica di coesione.

    Fonte: Commissione europea

  • Conoscenza, Ue e lotta alla disinformazione: la Commissione europea sarà al Festival della Comunicazione di Camogli dal 9 al 12 settembre

    La Rappresentanza a Milano della Commissione europea parteciperà al Festival della Comunicazione di Camogli dal 9 al 12 settembre per parlare di conoscenza, tema centrale dell’evento, e di Unione europea.

    Sarà possibile fare una sosta allo stand informativo della Commissione europea presso la Terrazza della Fantasia per seguire “Pillole d’Europa”, mini talk per sfatare alcune notizie ingannevoli e per comprendere come si racconta l’Unione europea, che si terranno tutti giorni alle 11:00 e alle 17:00. Per tutta la durata del festival, il pubblico potrà fermarsi allo stand per partecipare a coinvolgenti quiz sull’Unione e vincere numerosi gadget.

    Da segnare in calendario, il panel “Verità, falsità e amenità sull’Europa” che avrà luogo domenica 12 settembre alle ore 11:15 in Piazza Colombo. Un intervento sulla disinformazione che colpisce l’Unione europea, in compagnia di Paola Peduzzi (vicedirettrice de Il Foglio), Giovanni Zagni (direttore di Pagella Politica) e Federica Megalizzi (vicepresidente della Fondazione Antonio Megalizzi). Modererà Massimo Gaudina, capo della Rappresentanza a Milano della Commissione europea.

    Ulteriori informazioni e le registrazioni degli eventi saranno disponibili anche sulle pagine Facebook, Instagram e Twitter della Rappresentanza della Commissione europea in Italia (@europainitalia).

    Fonte: Commissione europea

  • In attesa di Giustizia: a proposito di informazioni di garanzia

    L’articolo 111 della Costituzione recita che “la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico e disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa”: risiede in questa previsione l’istituto della informazione di garanzia che – però – non di rado viene notificata in coincidenza con la conclusione delle indagini (di cui, fino ad allora, l’accusato nulla sapeva) e quindi anche a distanza di anni non solo dai fatti ma anche dall’inizio delle indagini, con buona pace dell’allestimento di una efficace e tempestiva difesa. Oppure, si assiste a una velocissima comunicazione, normalmente priva dei crismi di riservatezza: dipende chi è il destinatario e la natura delle accuse.

    E’ storia recentissima: una funzionaria del M.I.U.R. apprende di essere indagata dalla Procura di Roma per corruzione, del fondamento dell’accusa nulla sa né può sapere perché l’informazione di garanzia contiene solo l’incolpazione preliminare: poco più che la parafrasi di un articolo del codice penale, i tempi per saperne di più e potersi effettivamente ed efficacemente difendere non saranno brevi e la donna lo immagina. Nell’attesa di incontrare il suo avvocato, mentre lo attende in sala di aspetto, cede alla disperazione e si lancia dalla finestra. Ora lotta tra la vita e la morte.

    Non sappiamo molto di questa signora e molto poco della sua vicenda: ma sono note le dinamiche sempre drammatiche che si innestano nella mente di una persona che, raggiunta da un grave sospetto, diventa una preda del branco di cacciatori di notizie, e se c’è di mezzo la Pubblica Amministrazione è sempre caccia grossa. Perché di questo si tratta: nel nome di un malinteso diritto-dovere di informare i cittadini, il mostro – anzi il presunto tale – viene subito sbattuto in prima pagina. Peccato che l’informazione non c’entri nulla: come si fa a dare informazione di qualcosa che non si conosce? Come si può rivendicare il diritto di diffondere una notizia geneticamente parziale ed unilaterale di cui non si è in grado di verificare la fondatezza? Un’ avviso di garanzia non fornisce dati sufficienti nemmeno all’indagato, figuriamoci a chi non sa nulla della vicenda…a tacer del fatto che, di per sé, quella notizia è (o sarebbe…) coperta dal segreto investigativo. Non è, non dovrebbe essere divulgabile la notizia della pendenza di una indagine su qualcuno ma le sanzioni sono ridicole, anzi inesistenti. Ovviamente, la cronaca di una indagine in corso non potrà che essere interamente modellata sulla ipotesi accusatoria, perciò parziale, e rispetto alla quale le persone coinvolte sono prive di un diritto di replica. Cosa dovrebbero dire: “sono innocente”? Come no, pensa che notiziona.

    L’ipocrisia e la viltà intellettuale che ruota intorno a questa malposta rivendicazione del diritto–dovere di informazione è intollerabile. Cosa viene sottratto alla conoscenza pubblica, vietando la diffusione di quella che è in realtà una non-notizia? Un P.M. che riceve comunicazione di un fatto che egli reputa potrebbe avere rilievo penale iscrive l’indagato nell’apposito registro ed inizia la sua attività di verifica e di approfondimento investigativo. Tutto qui, e in nome di quale diritto, e del diritto di chi soprattutto, deve essere lecito rendere pubblico un fatto che, per sua natura, è lontanissimo dall’aver raggiunto connotazioni non solo di certezza, ma nemmeno di plausibilità? Si tratta di una ipotesi unilaterale che ancora non si è nemmeno misurata con una seppur sommaria confutazione difensiva.

    Tuttavia, l’informazione anche solo limitata ad una ipotesi investigativa, è dotata di una forza devastante che attrae morbosamente la pubblica opinione per la quale una semplice tesi accusatoria si presuppone fondata promanando da soggetti assistiti da una presunzione assoluta di affidabilità, attendibilità ed imparzialità.

    Vi è poi la regola non scritta del più becero populismo giustizialista, secondo cui se un personaggio pubblico -politico, pubblico amministratore- viene raggiunto dal sospetto, merita perciò stesso che la notizia abbia la massima diffusione.

    Il costo che la persona raggiunta dagli strali della cultura della intolleranza e del sospetto deve pagare è sproporzionato rispetto al preteso diritto di informazione che vorrebbe giustificalo. Vita professionale, politica, familiare travolte spesso in modo irreparabile, reputazione personale inesorabilmente compromessa con brutale violenza dai morsi feroci della gogna mediatica.

    Nessuna vicenda umana dovrebbe affidarsi a valutazioni semplificate, meno che mai se si tratta di una vicenda giudiziaria: tra l’innocenza e la colpevolezza vi è una vasta gamma di comportamenti (imprudenze, equivoci, coincidenze, gravi azzardi) che ciascuno di noi deve poter avere il diritto di chiarire e spiegare, a sé stesso ed agli altri, prima di essere trascinato nel fango, e nella disperazione alla quale ha ceduto questa signora.

    Qualunque cosa possa aver fatto o non fatto, ha semplicemente capito di non avere già più il tempo per spiegare e di attendere Giustizia.

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