Inquinamento

  • La Commissione propone l’obiettivo zero emissioni per i nuovi autobus urbani a partire dal 2030

    La Commissione ha proposto nuovi obiettivi per le emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi a partire dal 2030. Camion, autobus urbani e pullman a lunga percorrenza generano oltre il 6% delle emissioni totali di gas serra dell’UE e più del 25% delle emissioni di gas serra del trasporto su strada: i nuovi obiettivi aiuteranno a rendere meno inquinante il settore dei trasporti. Grazie ai livelli più severi di emissioni questo segmento del settore del trasporto su strada contribuirà alla transizione verso una mobilità pulita e agli obiettivi dell’UE in materia di clima e inquinamento zero.

    La Commissione propone di introdurre gradualmente livelli di emissioni di CO2 più rigorosi per quasi tutti i veicoli pesanti nuovi con emissioni di CO2 certificate, nello specifico: emissioni ridotte del 45% a partire dal 2030; emissioni ridotte del 65% a partire dal 2035; emissioni ridotte del 90% a partire dal 2040.

    Per accelerare la diffusione degli autobus a emissioni zero nelle città, la Commissione propone inoltre che a partire dal 2030 tutti i nuovi autobus urbani non ne debbano più produrre.

    In linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e del piano REPowerEU, questa proposta avrà un impatto positivo sulla transizione energetica, riducendo la domanda di combustibili fossili importati e migliorando il risparmio energetico e l’efficienza nel settore dei trasporti dell’UE.

    L’Unione è leader nel mercato della produzione di camion e autobus e un quadro giuridico comune l’aiuta a mantenere questa posizione in futuro. In particolare, gli standard rivisti danno un segnale chiaro a lungo termine che orienta l’industria dell’Unione verso investimenti nelle tecnologie innovative a zero emissioni e incentiva la diffusione delle infrastrutture di ricarica e rifornimento.

  • Il Pentagono e i cambiamenti climatici

    “L’obiettivo del rapporto sui futuri cambiamenti climatici è quello di comprendere le gravi implicazioni che avranno sulla sicurezza nazionale e sulle strategie da adottare per contrastarli”. Così concludeva l’introduzione al rapporto del Pentagono denominato ‘Lo scenario di un improvviso cambiamento climatico e le sue implicazioni per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti’ datato 2003 e reso pubblico dalla rivista The Observer nel febbraio del 2004. Il Rapporto è stato commissionato dall’allora consigliere per la difesa del Pentagono Andrew Marshall ed è stato redatto da Peter Schawartz, consulente della Cia, e Doug Randall, analista del Global Business Network. Non si tratta, dunque, di un documento scientifico, come quelli redatti dall’Intergovernanmental Panel on Climate Change (IPCC) ma di dati e prospettive nati in seno alla più nota (e forse più grande) agenzia di spionaggio civile del mondo.

    E a quali conclusioni sono arrivati vent’anni fa questi esperti?

    Il rapporto inizia con il puntualizzare che i cambiamenti climatici rappresenteranno certamente un serio e sempre maggiore rischio per il futuro del nostro pianeta e che il loro impatto avrà conseguenze disastrose sull’ambiente e sulla biodiversità andando a modificare radicalmente intere regioni del Pianeta. Di conseguenza, lo stile di vita di moltissime popolazioni sarà profondamente modificato creando nuovi e ingenti flussi migratori. E nello specifico ipotizza che nel ventennio 2010-2030:

    • In alcune aree del Pianeta le temperature medie annuali potranno aumentare fino a 2°C mentre in altre aree, potranno diminuire fino a 3°C.
    • Le aree soggette a fenomeni di siccità e infertilità dei terreni aumenteranno esponenzialmente;
    • Alcuni venti, da secoli più moderati, aumenteranno di intensità, specialmente in Europa occidentale e nel Pacifico settentrionale;
    • Uragani, tornado e improvvise tempeste aumenteranno di numero su tutto il globo terrestre;
    • Aumenteranno per numero ed intensità i conflitti armati per la carenza di cibo, la diminuzione della disponibilità e della qualità dell’acqua potabile e la difficoltà di accesso alle risorse energetiche (idrocarburi, minerali, etc.).

    E in ambito geopolitico e militare? Cosa prevedevano per il ventennio 2010-2030?

    In Europa (in ordine di tempo):

    • Sempre più tensioni tra gli Stati per la gestione delle risorse primarie (come acqua e cibo) ed energetiche;
    • Aumento dell’approvvigionamento delle risorse energetiche e chimiche dalla Russia con la possibilità che la Russia chieda di far parte dell’Unione Europea;
    • Aumento delle migrazioni interne;
    • Forte aumento dell’immigrazione dall’Africa;
    • Rischio di collasso dell’Unione Europea;
    • Emigrazione di circa il 5% dei popoli europei verso altri Paesi.

    In Asia (in ordine di tempo):

    • Conflitti crescenti e persistenti nel sud est Asiatico;
    • Sempre più tensioni tra Cina e Giappone per l’energia Russa;
    • L’instabilità della regione porta i paesi più potenti a incrementare politiche di riarmo (anche di testate atomiche);
    • Aumento delle relazioni tra Cina e Russia per contrastare le varie crisi geopolitiche ed ambientali;

    E negli Stati Uniti?

    • Sempre più tensioni con il Messico per i flussi migratori clandestini;
    • Aumento del fenomeno migratorio dall’Europa (in prevalenza dei benestanti);
    • Conflitto con l’Unione Europea;
    • Aumento del prezzo del petrolio per l’instabilità dell’area medio orientale e russa;
    • Rischio di conflitto tra Cina e Stati Uniti per le risorse petrolifere e la difesa dei propri alleati.

    Lo scenario è certamente quello di un mondo ridotto alla fame e sull’orlo di decine di conflitti in ogni parte del globo.

    Che dire? Oltre al fatto che al Pentagono avevano analisti veramente in gamba, se teniamo conto che la maggior parte degli eventi ipotizzati hanno avuto luogo, sulla base di queste previsioni non si sarebbe potuto fare qualcosa in più per evitarli?

    E quali sono state le conclusioni di questo rapporto? Quali sono stati i consigli di questi esperti per la tutela della sicurezza nazionale?

    Incremento degli investimenti nella ricerca militare e in quella geoingegneristica; un graduale aumento degli approvvigionamenti militari; la manipolazione del clima globale attraverso l’immissione di determinati gas o minerali nell’atmosfera e l’intensificazione dei controlli dei confini. Non una parola sulla riduzione dei consumi degli agenti o delle azioni concause dei cambiamenti climatici o sulla proposta di accordi con altri stati per fronteggiare insieme eventi e fenomeni di tale gravità. Giusto per fare solo un paio di esempi perché si potrebbero dire molte più cose al riguardo. E nel mentre stiamo vivendo il tragico scenario previsto con oltre vent’anni di anticipo, chissà cosa staranno ipotizzando gli attuali analisti del Pentagono e di tutte le agenzie di spionaggio del Mondo e, soprattutto, chissà quali soluzioni proporranno. A noi comuni mortali non resta che pregare che diano consigli più saggi e ragionevoli di vent’anni fa e, nel mentre, cercare solo di sopravvivere.

  • A che punto è lo smaltimento dei rifiuti?

    Nel dicembre 2020 Panorama pubblicò un articolo di Giorgio Sturlese Tosi che riportava una serie inquietante di dati sulla spazzatura. A distanza di due anni ci chiediamo, e chiediamo alle varie autorità preposte, cosa è cambiato.

    Gli impianti di smaltimento sono rimasti insufficienti, milioni di tonnellata di spazzatura non sono trattati, mancano termovalorizzatori e impianti di compostaggio, e non sappiamo se è stato chiuso, in Bulgaria, un vecchio impianto di incenerimento, il più inquinante in Europa, al quale si sono sempre indirizzati i trafficanti di immondizie. L’Interpol nell’ottobre 2020, sottolineava come le reti criminali avessero infiltrato il commercio dei rifiuti plastici.

    Sono più di duecentocinquanta le rotte transnazionali per il trasporto di rifiuti e l’Italia è uno dei 57 Paesi esportatori.

    Tutti i rifiuti, smaltiti illegalmente, portano ad un costante aumento dell’inquinamento sia in alcuni paesi dell’est Europa che in Africa e l’inquinamento, ovviamente, non si ferma ma viaggia con i venti e le piogge perciò torna anche da noi.

    Mentre smaltire correttamente una tonnellata di rifiuti costa circa 400 euro lo smaltimento tramite le associazioni criminali abbassa il costo a circa 120 e a queste organizzazioni si  rivolgono anche personaggi impensabili, non solo aziende private.

    Il Rapporto rifiuti urbani 2020 dell’Ispra rivela come solo la metà della raccolta differenziata (umido, carta, vetro, metallo, plastica, legno),che costa ad ogni contribuente sia in denaro che in tempo e sacrificio di spazio, visto che la maggior parte della popolazione urbana vive in case piccole, è avviata al riciclo!il resto finisce insieme all’immondizia indifferenziata rendendo vano l’impegno dei cittadini.

    Perciò quando parliamo di ambiente, quando certi sindaci, come Sala a Milano, affermano di impedire l’accesso al centro delle città ai veicoli euro 4 e 5  in nome della lotta all’inquinamento, dovrebbero spiegarci, insieme ai presidenti di Regione, cosa hanno fatto sul tema rifiuti, l’inquinamento non si combatte scaricando sui cittadini gli oneri senza che il pubblico provveda ai necessari e conseguenti interventi.

  • Se questa è Milano

    Da mesi i cittadini che vivono o lavorano a Milano subiscono l’interdizione a circolare nella città se viaggiano su una macchina diesel fino a euro 5. 1) L’euro 5 non può considerarsi una macchina obsoleta in uno Stato dove l’età media delle macchine è intorno ai 14 anni, 2) la nota crisi economica impedisce a molti di cambiare la macchina in poco tempo, 3) il divieto riguarda Milano ma si può in parte superare mettendo un dispositivo, a pagamento, che consente l’ingresso però solo in Area B, l’Area C rimane comunque impraticabile, come se da Viale Bianca Maria l’inquinamento si fermasse senza arrivare al Conservatorio, 4) tutti questi divieti riguardano, come sempre, i privati, infatti il Sindaco Sala, così ecologista nel pretendere dai cittadini più di quanto chiede l’Europa o il governo nazionale, non ha applicato lo stesso divieto ai mezzi comunali. A Milano l’ATM, controllata dal Comune, fa circolare 350 autobus euro 3 !ed altrettanti euro 5.

    Per avere maggiori notizie su chi inquina veramente ci manca il numero aggiornato di quanti sono i sistemi di riscaldamento, degli edifici pubblici o di partecipate, ancora non in linea con le norme antinquinamento ma speriamo che qualche consigliere di opposizione si svegli e c’è lo faccia sapere.

    Intanto gli eterni lavori in corso continuano a bloccare il traffico creando ulteriore inquinamento e la creazione di piste ciclabili in luoghi non idonei, l’eliminazione di un gran numero di parcheggi e soprattutto la fantasia politica per la viabilità che si è dimostrata poco costruttiva e molto demagogica sta espellendo dalla città gli abitanti. Ci sono locali aperti, quello sì, movida, affari, luci e turisti ma quando il palcoscenico si spegne resta la città dei divieti, delle case popolari fatiscenti, delle centinaia di richieste inevase da anni, le miserie e le solitudini degli anziani e dei più poveri, la chiusura di migliaia di saracinesche di piccoli esercizi commerciali mentre le grandi marche dei supermercati aprono mini market con prezzi alti e con la merce preconfezionata, alla faccia di chi giustamente deve fare la raccolta differenziata ma vive in due locali.

    Una città sporca con marciapiedi e strade piene di rattoppi anche nelle vie più centrali che fa rimpiangere la tanto criticata Milano da bere dell’epoca di Tognoli e Pillitteri, ma quelli erano sindaci in un tempo nel quale, nel bene e nel male, la politica era ed aveva un valore mentre oggi tutti sembrano piazzisti di se stessi quando non sono promotori d’affari.

    Se questa è Milano cosa sarà mai il resto d’Italia tra Roma assediata dai cinghiali e Napoli e dintorni dove cascano anche i cimiteri?

  • La Ue trova la quadra sulle emissioni di anidride carbonica

    L’Ue compie un grande balzo in avanti sulle misure per arrivare alla neutralità climatica entro metà secolo: le istituzioni europee hanno raggiunto un accordo sui connotati del nuovo mercato della CO2 dei Ventisette, l’Emissions Trading System (Ets). Il sistema che dal 2005 dà un prezzo alle emissioni di CO2 traducendo in pratica il principio “chi inquina paga”.

    L’Ets, che nasce per essere il principale strumento dell’azione climatica Ue dei decenni a venire, sarà più grande e non interesserà più solo industria ed energia. Per la prima volta al mondo un mercato della CO2 coprirà i trasporti via mare. Ma anche quelli via gomma e il riscaldamento e, in futuro, gli inceneritori. Seconda novità senza precedenti è la creazione di un Fondo sociale per il clima con oltre 86 miliardi di euro, di cui l’Ue e gli Stati disporranno per tutelare i cittadini dagli aumenti del costo dell’energia. Risorse fresche per interventi strutturali, ma una parte potrà essere usata per erogare veri e propri aiuti diretti alle famiglie. Il terzo inedito è la ‘carbon tax’ alle frontiere, che applicherà il prezzo della CO2 dell’Ue ai prodotti importati di alcuni settori, per consentire alle imprese europee di competere il più possibile ad armi pari con quelle di Paesi dove le politiche del clima sono meno stringenti, evitando delocalizzazione e perdita di posti di lavoro.

    L’accordo sul meccanismo che porta l’Ets fino agli uffici dogana dell’Unione era in parte già fatto. Mancava però un’intesa sulla velocità con cui la carbon tax sarebbe entrata a regime, portando alla corrispondente eliminazione dell’attuale sistema anti-delocalizzazione, quello dei permessi di emissione gratuita. Il passaggio tra un sistema e l’altro sarà molto graduale, dal 2026 al 2034.

    Entro il 2030, la grande industria e il settore energetico dovranno diminuire le proprie emissioni del 62% rispetto a quando il sistema ha iniziato a funzionare, dal 2005. Da quell’anno a oggi il taglio è stato di quasi il 43%, ma la velocità della riduzione dovrà aumentare. Le compagnie di navigazione pagheranno per tutte le loro emissioni di CO2, metano e protossido di azoto dal 2026. Dal 2027 un Ets separato riguarderà trasporti su strada e edifici, cioè le emissioni dei carburanti alla pompa e il combustibile da riscaldamento. Il sistema è studiato per incidere sui fornitori di carburante e non sulle famiglie, ma secondo le valutazioni di impatto della Commissione europea gli aumenti saranno inevitabili. Se dovessero rivelarsi insostenibili, l’entrata in vigore del sistema sarà rimandata di un anno. In ogni caso, nel 2026 partirà il fondo sociale, 65 miliardi di risorse Ue con cofinanziamento nazionale fino al 25%. In totale, 86,7 miliardi fino al 2032.

    Una delle firme della rivoluzione dell’Ets è italiana. “Dedicato alla memoria di Mauro Petriccione”, si legge nella riga finale del comunicato stampa del Consiglio Ue. Omaggio inusuale e sentito da parte di tutti i negoziatori al Direttore generale clima della Commissione europea, venuto a mancare improvvisamente il 22 agosto scorso.

  • Vietare l’esportazione di vecchi veicoli inquinanti fuori dall’UE e per i paesi africani possibilità di acquisto di veicoli tramite accordi con le case automobilistiche

    Riceviamo e pubblichiamo una lettera che l’On. Cristiana Muscardini ha inviato al Commissario europeo all’Ambiente

    Virginijus Sinkevičius

    Commissario europeo all’Ambiente

    Rue de la Loi 200

    1049 Brussels

    Belgium

    Milano, 21 novembre 2022

    Signor Commissario,

    anche alla luce dei vari problemi emersi durante Cop 27 svoltosi in Egitto Le chiedo di affrontare un tema che sembra sfuggito all’attenzione di molti di coloro che si occupano di ambiente e di lotta all’inquinamento.

    Come Ella sa, mentre in Europa si obbligano i cittadini a sostituire le vetture inquinanti, dalle macchine ai veicoli agricoli, offrendo anche incentivi, gli stessi sono poi esportati e rivenduti nei paesi più poveri, specialmente in Africa.

    In questo modo noi spostiamo il problema, ci saranno meno emissioni inquinanti a Parigi, Milano, Bruxelles, Berlino ma ci sarà  ancora più inquinamento nelle città africane e, come sappiamo bene, il problema non si risolve spostandolo ma eliminandolo.

    La Commissione ritiene di poter intervenire mettendo allo studio una proposta che da un lato vieti l’esportazione di vecchi veicoli inquinanti fuori dall’Unione Europea e dall’altro crei, per i paesi africani, possibilità di acquisto di veicoli per il trasporto privato, pubblico e per l’agricoltura a prezzi calmierati attraverso i fondi per la cooperazione e tramite accordi con le case automobilistiche?

    Certa che alla Sua sensibilità non sfuggirà la necessità di affrontare anche questo problema resto in attesa di conoscere il Suo pensiero.

    Cordiali saluti,

    Cristiana Muscardini

  • L’UE approva il compromesso della COP27 per mantenere vivo l’accordo di Parigi sul clima

    La COP27 ha confermato che il mondo non farà passi indietro rispetto all’accordo di Parigi e rappresenta una tappa importante verso la giustizia climatica. Tuttavia, i dati scientifici indicano senza ambiguità che è necessario fare molto di più per mantenere vivibile il nostro pianeta. Altrettanto evidente è che l’UE ha svolto un ruolo chiave a Sharm el-Sheikh e non arretrerà nella sua azione per il clima a livello nazionale e internazionale”. Questo il commento della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in merito alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27) che si è conclusa domenica mattina a Sharm el-Sheikh, in Egitto. La Commissione europea ha mostrato ambizione e flessibilità per mantenere realizzabile l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5º C. Dopo una difficile settimana di negoziati, un’azione europea forte e unita ha contribuito al raggiungimento di un sofferto accordo per mantenere vivi gli obiettivi dell’accordo di Parigi. L’opera di mediazione svolta dall’UE ha inoltre contribuito a istituire nuovi meccanismi di finanziamento equilibrati, con una base di donatori ampliata, per aiutare le comunità vulnerabili a far fronte alle perdite e ai danni causati dai cambiamenti climatici.

    Per quanto riguarda la mitigazione, le parti hanno convenuto che limitare il riscaldamento globale a 1,5º C richiede riduzioni rapide, incisive e durature delle emissioni globali di gas a effetto serra, con un taglio dell’ordine del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 e per raggiungere questo obiettivo sarà necessaria un’azione accelerata nel corso di questo decennio critico. Hanno ribadito l’appello, lanciato nel patto di Glasgow per il clima, ad aggiornare i contributi stabiliti a livello nazionale in funzione dei bisogni, per allinearsi all’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura previsto dall’accordo di Parigi entro la fine del 2023.

    Per quanto riguarda le perdite e i danni, le parti hanno deciso di istituire nuovi meccanismi di finanziamento per aiutare i paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili a far fronte agli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Ciò comprende in particolare un nuovo fondo destinato a compensare le perdite e i danni, che sarà istituito da un comitato di transizione che sarebbe anche incaricato di individuare nuove fonti di finanziamento.

  • Egypt oil pollution risks coral reefs’ survival

    Pollution from an Egyptian oil facility on the Red Sea coast is threatening the survival of some of the world’s last thriving coral reefs, a BBC-led investigation has found.

    Experts who analysed satellite imagery of the area say contaminated water has entered the sea since 1985, and was still flowing as recently as September.

    Until three years ago, the plant was co-owned by the British oil giant, BP, alongside Egypt’s state-backed Gupco oil company.

    Egypt is currently hosting the COP27 climate summit but neither its environment ministry or Gupco would comment on the findings.

    Red Sea corals have a unique ability to withstand warming sea temperatures.

    The investigation was undertaken by BBC News Arabic and journalists from the group Source Material.

  • Gli europei sono preoccupati per la qualità dell’aria e chiedono interventi più incisivi

    Secondo un sondaggio speciale Eurobarometro gli europei sono preoccupati per l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute e l’ambiente. Dal sondaggio effettuato tra il 21 marzo e il 20 aprile 2022 in cui sono state intervistate circa 26.509 persone emerge che sono in molti a ritenere che industria, autorità pubbliche e datori di lavoro debbano fare di più per migliorare la qualità dell’aria. Gli intervistati sono nettamente favorevoli a un approccio internazionale o europeo per migliorare la qualità dell’aria e l’ampia maggioranza di quanti hanno sentito parlare delle norme UE in materia afferma che dovrebbero essere rafforzate.

    Gli europei in gran parte ritengono che le malattie respiratorie (89%), l’asma (88%) e le malattie cardiovascolari, che causano gravi problemi nei loro paesi, siano dovute all’inquinamento atmosferico. Sono altresì preoccupati per i problemi ambientali causati nei corpi idrici dall’inquinamento atmosferico, come l’acidificazione e l’eutrofizzazione (83% per entrambe).

    Quasi la metà degli intervistati ritiene che la qualità dell’aria sia peggiorata negli ultimi dieci anni (47%); il dato indica tuttavia un calo di 11 punti percentuali rispetto al 2019.

    L’Eurobarometro rivela che i cittadini non dispongono di informazioni sui problemi di qualità dell’aria nel loro paese: la maggior parte non è sufficientemente informata in merito alle norme vigenti nell’UE, solo una minoranza degli intervistati (27%) ne ha sentito parlare. Nondimeno, tra gli intervistati che conoscono le norme dell’UE sulla qualità dell’aria, un’ampia maggioranza (67%) afferma che andrebbero rafforzate.

    Un’ampia maggioranza ritiene che l’inquinamento atmosferico vada affrontato a livello internazionale (65%), poi a livello europeo e nazionale (entrambi 42%) e, infine, a livello regionale o locale (32%). Una percentuale significativa degli intervistati ritiene che gli interventi debbano essere svolti simultaneamente a tutti i livelli (19%).

    La maggioranza degli europei ritiene che i grandi impianti industriali, i produttori di energia da combustibili fossili, le autorità pubbliche e i datori di lavoro non facciano abbastanza per promuovere la qualità dell’aria.

    La maggioranza ritiene inoltre che le famiglie stiano facendo abbastanza. È probabile che gli intervistati abbiano adottato misure per ridurre essi stessi le emissioni come muoversi con i trasporti pubblici, in bicicletta o a piedi.

    La Commissione proporrà a breve una revisione delle norme attuali dell’UE in materia di qualità dell’aria per allinearle maggiormente alle più recenti raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e rafforzerà le disposizioni per aiutare le autorità locali a ottenere un’aria più pulita.

  • Gli Stati membri approvano la proposta della Commissione di abbassare la soglia dei residui di pesticidi per proteggere meglio le api

    Gli Stati membri hanno appoggiato la proposta della Commissione di abbassare i limiti massimi di residui (LMR) di due pesticidi neonicotinoidi noti per avere effetti nocivi sulle api. Le valutazioni dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare mostrano che clothianidin e thiamethoxam rappresentano un rischio elevato per gli impollinatori. Per questo motivo, il loro uso all’aperto era già stato vietato nell’UE nel 2018. Per le importazioni di alimenti e mangimi, le nuove norme abbasseranno i limiti massimi di residui esistenti per queste sostanze al livello più basso misurabile con le ultime tecnologie. Le regole dovrebbero essere adottate entro l’inizio del prossimo anno. Gli operatori del settore alimentare e i paesi terzi avranno tempo sufficiente per adeguarsi alle nuove norme. I nuovi LMR si applicheranno agli alimenti prodotti nell’UE – per i quali la soglia è già molto bassa – e agli alimenti importati da paesi terzi. Dato il loro impatto negativo sugli impollinatori di tutto il mondo, comprese le api, l’uso di questi due neonicotinoidi è già stato interrotto nell’UE. Facciamo un ulteriore passo avanti, contribuendo alla transizione verso sistemi alimentari sostenibili, anche a livello mondiale. Una volta che le regole approvate saranno in vigore, i prodotti importati non potranno più contenere i residui di questi due neonicotinoidi. Il regolamento metterà in pratica gli obiettivi della Commissione, annunciati nel Green Deal europeo e nella strategia Farm to Fork, e terrà conto degli aspetti ambientali nella valutazione delle domande di tolleranze all’importazione di pesticidi non più autorizzati nell’UE, nel rispetto delle standard e obblighi dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Dopo aver consultato i membri dell’OMC, la proposta della Commissione è stata presentata al comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, dove ha ricevuto il sostegno di una maggioranza qualificata di Stati membri. Il regolamento sarà sottoposto al Consiglio e al Parlamento, che hanno due mesi di tempo per reagire. Se le due istituzioni non si opporranno, il regolamento sarà adottato all’inizio del 2023.

    Fonte: Commissione europea

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