integrazione

  • “Storia dell’integrazione europea in 2500 anni”, il saggio di Roberto Amati che racconta le origini del lungo processo

    Oggi si parla molto di integrazione come di un processo iniziato dopo la Seconda Guerra Mondiale per riunire tutti i popoli e le nazioni del continente seguendo un programma politico ed economico complesso ma tuttora incompleto. Per poter integrare le parti di un sistema che hanno origini comuni bisogna avere una visione completa grazie ad una approfondita ricerca.
    Certamente è la meta finale della storia europea: ma senza conoscere le origini dei popoli europei, la storia condivisa connessa all’impero romano cristiano, al cristianesimo e alla cultura tradizionale europea, non è possibile ipotizzarla.

    Con il suo saggio, STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA IN 2500 ANNI – Le antiche origini si rinnovano nelle attuali aeternitas (Pathos Edizioni) Roberto Amati fa una lettura impegnata, un racconto criptico che si sviluppa su diversi piani di lettura, e che certamente potrà accendere dibattiti sui temi e i personaggi citati, nonché essere fonte di acculturamento. Per i lettori appassionati si presenta come una novità letteraria, originale e documentata, attraverso genealogie regali e cartine storiche, secondo un approccio multidisciplinare e poliedrico infuso in parti tematiche scritte con stili linguistici differenti. Certamente, si tratta di un’interpretazione innovativa della Storia europea, incentrata sui capisaldi dell’Impero, del Cristianesimo e della Mitologia, che racconta come la “linea di sangue divina” ha governato l’Europa per millenni, al termine di una ricerca personale dell’autore durata oltre vent’anni.

    La visione dell’Europa Unita ha storia antica ed è evoluta nel corso dei secoli, da quando l’Impero Romano pose le prime pietre della costruzione comunitaria, per cui l’interpretazione del percorso comune fatto dal “popolo europeo” può essere considerata in vari modi. Senza dubbio, questo processo ha formato una solida cultura tradizionalista europea, cui dobbiamo dare il dovuto riconoscimento, recuperandola, così è importante riproporre oggi più che mai nell’agenda politica il futuro del continente e quali forma essa possa assumere. Questo libro è una novità nella saggistica storica, sia sul piano linguistico che per la ricchezza e completezza di informazioni.

  • La Corte di giustizia europea fissa limiti all’espulsione di immigrati intracomunitari condannati

    Dopo 10 anni di residenza in un altro Paese Ue, diventa più difficile espellere e rimandare nel Paese d’origine un cittadino europeo che sia stato in carcere per crimini comuni. Secondo quanto ha stabilito la Corte Ue in merito a due casi, uno riguardante un cittadino italiano, il signor Franco Vomero, residente in Gran Bretagna dal 1985 e che tra il 2002 e il 2006 è stato in carcere per omicidi, l’altro un cittadino greco residente in Germania dal 1993 e che nel 2013 è stato condannato per rapina a 5 anni di reclusione. Ogni situazione individuale va valutata caso per caso per verificare se i legami di integrazione non si sono interrotti con la detenzione, hanno stabilito i giudici di Lussemburgo, statuendo che un cittadino Ue beneficia di tale livello di protezione rafforzato legato al soggiorno di dieci anni nello Stato membro ospitante solo quando abbia preventivamente soddisfatto le condizioni per un soggiorno ininterrotto di 5 anni. “Occorre effettuare sistematicamente una valutazione complessiva della situazione dell’interessato al momento preciso in cui si pone la questione dell’allontanamento – hanno affermato i giudici – il fatto che l’interessato sia stato posto in stato di detenzione nello Stato membro ospitante non rompe automaticamente i legami di integrazione che detta persona ha creato” con il Paese in questione e, pertanto, “non lo priva automaticamente della protezione rafforzata”.

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