Italia

  • L’Associazione Stampa Estera di Milano bandisce il “Premio Innovazione SEmi” per scoprire progetti innovativi di imprese italiane

    Un premio alla creatività italiana nell’economia, soprattutto in quei settori di alto livello che sono però ancora poco riconosciuti dal mercato internazionale. E’ questo l’obiettivo della prima edizione del ‘Premio Innovazione SEmi’, bandito dall’Associazione della Stampa Estera di Milano, che mira a scoprire e premiare progetti innovativi nel mondo dell’imprenditoria e in altri ambiti che possono portare ad effetti benefici a livello economico e sociale.

    Presentato nella sede di via della Palla, il riconoscimento, come ha sottolineato Andrew Spannaus, Responsabile del Comitato di valutazione, ha la finalità di valorizzare e dare visibilità a start up e PMI e permettere ai giornalisti che raccontano l’Italia di far conoscere nuove e molteplici realtà. La percezione che si ha all’estero del nostro Paese, infatti, è quella di un luogo dinamico e capace di anticipare i tempi. Non è un caso perciò se il ‘Premio SEmi’ sia focalizzato su quattro categorie, Design, Manifattura, Life sciences, Nuove tecnologie (Fintech, Cleantech, AI) e valuti l’impatto positivo sul territorio in cui sono inserite le imprese. Particolarità del premio è che non è rivolto solo a giovani e giovanissimi sperimentatori o imprenditori ma anche a tutti coloro che hanno idee vincenti.

    Un’occasione, questa, per riuscire a comunicare come Milano rappresenti un punto di riferimento per le start up e le PMI, capace di attrarre, come ha ben ricordato Fiorenza Lipparini della Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi, il mondo farmaceutico, del manifatturiero, della ricerca, della meccatronica. Non solo. Anche in campo accademico si dà sempre più spazio al valore dell’innovazione, come il Politecnico che, puntando sulla multidisciplinarità, applica la tecnologia a tutte le aree in una commistione perfetta e sempre più da sperimentare, come afferma Marco Taisch, docente del centro universitario.

    Le imprese vincitrici del “Premio Innovazione SEmi” saranno ufficialmente premiate presso la Sala Terrazzo di Palazzo Giureconsulti di Milano il 25/26 novembre 2024.

    Agli imprenditorie e agli innovatori non resta che scaricare il bando dal sito dell’Associazione della Stampa Estera di Milano https://www.stampaestera.it/premioinnovazione/ e inviare la propria candidatura perché, come chiosano gli organizzatori, il premio potrebbe regalare un gran racconto dell’Italia all’estero.

  • La sagra delle manipolazioni e delle menzogne sull’Autonomia Differenziata per nascondere la polvere sotto il tappeto

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Nicola Bono, Presidente di Europa Nazione

    La riforma dell’Autonomia Differenziata nel corso della sua approvazione ha già integrato 26 violazioni della Costituzione, 12 forzature di legge e 42 truffe e manipolazioni che, per un disegno di legge di appena 11 articoli, costituiscono un record mondiale di mala politica, ed evidenziano una totale assenza di etica, moralità e correttezza di una classe politica incapace di vedere al di là dei propri interessi, le conseguenze gravissime di una triade di riforme che nulla hanno a che vedere con il bene comune e il rafforzamento della serenità e dell’unità del Paese, ma semmai l’esatto contrario.

    Ottenuta l’approvazione, la preoccupazione crescente sulla presa di coscienza dei cittadini italiani, specialmente del Sud, sta sollecitando molti soggetti politici a rivestire il ruolo di difensori d’ufficio della sciagurata riforma, con un florilegio di ulteriori bugie e manipolazioni, nonché insulti ai cittadini, senza avere mai letto il testo, e ancora meno capito, la tragedia che cercano di difendere e di trasformare in presunta opportunità per le vittime della congiura delle tre riforme.

    Tra i tanti che esaltano l’Autonomia Differenziata emergono, per inconsistenza degli argomenti, figure come quella del Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e del Ministro per la Protezione Civile e le politiche del Mare Nello Musumeci che, dopo 17 mesi di processo approvativo della legge, con i loro interventi, se in buona fede, dimostrano di non avere capito nulla di questo provvedimento. In particolare Schifani nell’accusare nientemeno di “terrorismo politico” gli attacchi all’Autonomia, dichiara fideisticamente (ma senza avere letto una riga del provvedimento legislativo) “di rifiutarsi di pensare che questo governo possa approvare intese pericolose per il Sud”, e conclude la sua esternazione sostenendo la sua tesi, del tutto infondata, sul principio che “se non ci saranno i Livelli Essenziali di Prestazione l’Autonomia non partirà”. Gli fa eco il Ministro Musumeci che, dall’alto delle sue note competenze legislative e giuridiche, messe in atto nei cinque anni di gestione della Regione Siciliana dove ha risolto miracolosamente ogni problema, con il cipiglio che gli è tipico, insulta i meridionali e li sprona a smetterla di piangere. Ed aggiunge una affermazione criptica “Noi abbiamo bisogno di competere con il Nord, sapendo che i nostri obiettivi sono diversi da quelli delle regioni settentrionali”; per concludere “Io ho votato il provvedimento al Senato e non avrei mai votato un provvedimento che potesse pregiudicare l’unità d’Italia”, con ciò confermando che non ha letto, o non ha capito il provvedimento approvato.  Questi due campioni della politica siciliana si assumono la responsabilità di difendere una norma indifendibile, incuranti del destino di 20 milioni di italiani del Sud, venduti a logiche di interessi personali e partitici, che di colpo vengono privati dei loro diritti costituzionali, del loro futuro e del doveroso rispetto dovuto al popolo sovrano. Come si fa a non capire che con l’approvazione della legge, nessuno potrà fermare il processo di trasferimento dei fondi dallo Stato alle regioni ricche, che lo otterranno con le intese che saranno operative nel giro di 4-5 mesi al massimo? Il procedimento previsto nei 24 mesi dall’approvazione del disegno di legge dei decreti legislativi per la determinazione dei LEP non riguarda le regioni ricche, che hanno le commissioni paritetiche, e quindi da subito potranno aumentare a loro piacimento i costi del LEP. Sono soltanto le Regioni fragili che dovranno aspettare i 24 mesi, e poi eventualmente per l’aumento dei costi dei LEP: prima dovranno aspettare altri tre anni, e poi anche il finanziamento dello Stato, che nel frattempo le regioni ricche avranno svuotato, e quindi non ci saranno le risorse necessarie a sostenere tali spese. Quindi Schifani e Musumeci, e tutti coloro che hanno votato questa riforma, specialmente se eletti nel Sud, con questo provvedimento hanno tradito non solo i diritti costituzionali dei cittadini del Sud, ma la logica stessa della solidarietà come principio fondativo della Patria comune. Il Sud è stato sacrificato sul terreno della disparità dei diritti e l’Autonomia Differenziata è la prima legge della Repubblica Italiana a legittimare tale disparità con l’avere sostituito lo Jus Civitatis con lo Jus domicili, banalizzando di fatto l’art. 3 della Costituzione Italiana sulla parità dei diritti, e concedendo ogni possibile beneficio solo in base alla residenza che, per i cittadini delle regioni ricche comporterà vantaggi e prebende, a discapito dello Stato e delle regioni povere, che dovranno sopravvivere in condizioni di assoluta assenza di solidarietà e perequazione. Non è accettabile che si restituisca il residuo fiscale alle Regioni ricche, che non ne hanno alcun diritto, essendo il pagamento delle imposte erariali un dovere nei confronti delle Stato, e quindi impedire alle regioni povere di avere risorse e trasferimenti dallo Stato, come fosse una condanna alla presunta incapacità di non essere diventate anch’esse ricche. Perché la perequazione tra i territori (che non c’è nella riforma malgrado imposta dalla Costituzione) e i principi di solidarietà, prescindono dal passato e dalle eventuali responsabilità, ma incidono sul futuro, ed appare incredibile che una destra di governo possa concepire una norma così assurdamente penalizzante e divisiva, da smuovere anche l’allarme della Commissione UE che sostiene come “la devoluzione di ulteriori competenze alle regioni comporta rischi per la coesione e le finanze pubbliche del Paese”. Un’ultima domanda a Schifani, Musumeci e ai difensori d’ufficio di questo sciagurato provvedimento che non sarà dimenticato dagli italiani: quando lo Stato rimarrà senza risorse, per averle date alle regioni ricche, chi pagherà il Debito Pubblico, il Sud?

    *Presidente di Europa Nazione

  • Eni fa il pieno in Africa di materie prime per produrre biofuel in Italia

    Il Piano Mattei dà una spinta ai biofuel dell’Eni, che proprio in Africa avrà una fonte imprescindibile di materie prime per sviluppare i biocarburanti destinati alla decarbonizzazione dei trasporti.

    Il 17 maggio, riporta il Corriere della Sera, è stato dato l’annuncio del finanziamento, da 210 milioni di dollari, ricevuto per espandere la produzione e la lavorazione della controllata in Kenya da parte di due istituzioni: l’International Finance Corporation, l’agenzia della Banca Mondiale nata per promuovere lo sviluppo delle industrie private nei Paesi in via di sviluppo, e il Fondo Italiano per il Clima del governo italiano gestito da Cdp e creato per finanziare progetti che contribuiscono a raggiungere gli obiettivi climatici e ambientali. Il prestito consentirà di aumentare sia la produzione di materie prime avanzate (agrifeedstock) coltivate in Kenya sia la capacità di lavorazione attraverso la costruzione di nuovi impianti di spremitura. La produzione di semi oleaginosi, che è la materia prima principale, dovrebbe aumentare da 44mila tonnellate all’anno a 500mila tonnellate nei prossimi anni.

    Il progetto sarà replicato in altri Paesi tra cui Angola, Congo, Costa d’Avorio, Mozambico, Ruanda, Kazakistan e Vietnam, che sta già dando parte della materia prima. L’obiettivo di Eni è creare una filiera integrata in grado di offrire oltre settecentomila tonnellate l’anno di olio vegetale nel 2027, che corrisponderanno a oltre il 35% del feedstock processato nelle bioraffinerie italiane. L’attività di lavorazione si svolgerà delle materie prime in Italia nelle raffinerie petrolifere che Eni ha riconvertito o sta riconvertendo. Gela sarà operativo entro fine anno, Venezia dall’anno prossimo.

    Le prospettive sono rosee, forse anche troppo, tanto che si ipotizza un eccesso di domanda rispetto all’offerta. In uno scenario di zero emissioni nette entro il 2050, si prevede che l’uso di biocarburanti nei trasporti raddoppierà, raggiungendo il 9% entro il 2030.

  • Meno parlamentari, ma i gruppi a Camera e Senato percepiscono gli stessi soldi di prima

    Il taglio di 230 parlamentari voluto dai grillini non ha portato risparmi sensibili nelle spese del Parlamento, argomenta Sergio Rizzo nel suo ultimo saggio ‘Io sono io’ sulle spese della politica. Anche perché i soldi destinati ai gruppi parlamentari sono rimasti gli stessi.

    Il presidente del Senato porta a casa ogni mese poco meno di 19.000 euro netti, compresi 3.500 di diaria e 5.830 di rimborsi. Il suo collega della Camera sta invece intorno ai 18.000 euro netti, perché i rimborsi sono meno ricchi. Un deputato normale guadagna una cifra più bassa: ai circa 5.000 euro netti al mese dello stipendio non può infatti sommare l’indennità aggiuntiva spettante al presidente (4.223 euro netti). Ma neppure quella che tocca ai vicepresidenti delle Camere, ai questori e ai presidenti delle commissioni. Per questi ultimi la cifra da aggiungere alla paga mensile è di 2.227 euro lordi, corrispondenti a 1.269 netti. A luglio 2023 il beneficio di un’indennità aggiuntiva identica a quella stabilita per i presidenti delle commissioni è stato esteso ai capi dei gruppi parlamentari. Molti di loro hanno però rinunciato, anche perché i soldi dovrebbero essere presi non dalle risorse del Parlamento, bensì dai fondi degli stessi gruppi. E qui si svela il primo clamoroso bluff del taglio del numero degli onorevoli. Lo stipendio di deputati e senatori è fermo da anni e l’inflazione ne ha mangiato un discreto pezzo. Anche se 5.000 euro netti al mese, più annessi e connessi che portano il totale fra quota 12.000 e 14.000 secondo i casi, non sono pochi.

    Rizzo segnala peraltro che un paio di mesi dopo le elezioni del 25 settembre 2022 il bonus per l’acquisto di smartphone e tablet è stato innalzato da 2.500 a 5.500 euro. Pochi sanno che nel Parlamento vige una regola che si chiama «autodichìa». È un principio in base al quale nella Camera e in Senato ogni decisione viene presa autonomamente e nessuno ci può mettere bocca. Né il governo né la Corte dei Conti. Vale per tutto ciò che riguarda il funzionamento delle Camere, dal trattamento economico degli onorevoli a quello del personale.

    Secondo i bilanci del Senato, fra il 2001 e il 2023 il compenso medio pro capite dei dipendenti passa da 96.650 a 201.680 euro lordi l’anno. L’aumento reale delle paghe, considerando quindi l’inflazione, è del 36,2%. Non così bene va alla Camera, dove lo stipendio medio sale nello stesso lasso di tempo da 91.745 a 175.986 euro lordi l’anno. Con un incremento reale solo del 25,2%.

  • Dalla Commissione un sostegno alle imprese dell’Italia meridionale per le conseguenze della guerra russo-ucraina

    La Commissione europea ha approvato modifiche a un regime italiano esistente a sostegno delle imprese attive nell’Italia meridionale nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina.

    L’aiuto consisterà in una riduzione del 30% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro privati attivi nelle regioni meridionali dell’Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) che risentono delle conseguenze socioeconomiche derivanti dalla guerra della Russia contro l’Ucraina.

    L’Italia ha notificato due modifiche al regime esistente consistenti in un aumento di bilancio di 2,9 miliardi di euro e una proroga del periodo in cui si applica la riduzione dei contributi previdenziali fino al 31 dicembre 2024.

  • I costi energetici della “democrazia”

    Non passa giorno nel quale le più alte cariche istituzionali nazionali ed europee non intervengano sul pericolo derivante dalle fake news considerate in grado, attraverso la forza dei social media, di condizionare l’opinione pubblica e, di conseguenza, sembrerebbe addirittura le elezioni.

    A questo appello comune tanto alla maggioranza che all’opposizione ovviamente fa riscontro una volontà di creare una sorta di controllo dell’universo mediatico attraverso istituti che applicherebbero un protocollo creando un controllo molto simile ad una sorta di censura.

    All’interno di questo contesto, quindi, con un presunto attacco alla democrazia, l’Italia si sta dilaniando a causa della contrapposizione squisitamente ideologica sulla riforma del Premierato e dell’Autonomia differenziata. Due involucri ancora vuoti al loro interno in quanto la prima non indica neppure il sistema elettorale attraverso il quale i cittadini potrebbero esprimere il proprio eventuale consenso, mentre la seconda rappresenta solo una cornice all’interno della quale non sono ancora chiaramente definiti non solo gli attori che dipingeranno la tela ma neppure i colori.

    Facendo un passo indietro rispetto all’attuale confusione istituzionale, nel maggio 2023 feci presente i pericoli ai quali sarebbe andato incontro il nostro Paese in relazione alla politica energetica adottata dal governo in carica, confrontandola con quella francese (*).

    Dopo poco più di un solo anno, nel giugno 2024, emergono evidenti gli effetti di quella disastrosa strategia energetica, confermata ancora oggi dall’intenzione di cedere altre quota delle principali società energetiche partecipate dal governo (**).

    In buona sostanza, dal 2023 al 2024 il differenziale pagato in più per l’energia elettrica dalle imprese quanto dalle famiglie italiane è passato, rispetto alla Francia, da un +27% (2023) ad un +71% (2024). Contemporaneamente lo stesso differenziale con la Spagna si è innalzato da un + 30% (2023) ad un +68% (2024) e con la Germania si passa da un +23% ad un +29% tra il 2023/24.

    Andrebbe, poi, ricordato come nel medesimo anno il costo dell’energia elettrica sia scesa in Italia del -10%, mentre in Germania si è ridotta del -18%, in Spagna del -59%, infine in Francia del -69%.

    All’interno di un contesto internazionale difficile e articolato, caratterizzato ancora dagli effetti della pandemia e da due conflitti in corso, questi numeri dimostrano come il futuro del nostro Paese sia fortemente compromesso da una scellerata politica energetica, basata sul principio speculativo nel quale i fondi privati esercitano un ruolo attivo acquisendo sempre maggiori quote delle principali società energetiche italiane.

    Risulta inevitabile e giustificata, allora, la flessione di 15 mesi consecutivi della produzione industriale e soprattutto la mancanza di uno scenario futuro proprio a causa di simili costi energetici rispetto alla stessa concorrenza europea.

    Mentre la politica si fronteggia su embrionali riforme costituzionali, contemporaneamente dimostra il proprio disinteresse rispetto ai disastrosi effetti causati dalla propria politica energetica, perfettamente in linea con quella dei governi precedenti, dimostrando, ancora una volta, di operare per il solo  rafforzamento del proprio potere i cui oneri ricadranno sulle spalle dei cittadini come costi aggiuntivi nelle bollette, i quali indeboliranno ancora di più il potere d’acquisto e, di conseguenza, la domanda interna, diventando così  la stessa politica energetica un elemento di stagnazione economica. Mentre le imprese italiane dovranno subire un ulteriore indebolimento della propria capacità competitiva all’interno di un mercato globale ed ovviamente una minore attrattività per gli investimenti esteri nel territorio italiano.

    Questo è il modello di “fake democracy”, intesa come una sorta di moto perpetuo, all’interno della quale la classe politica opera solo ed esclusivamente per il mantenimento delle proprie posizioni con costi sempre più insostenibili.

    (*) https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-diverso-destino-di-italia-e-francia/

    (**) https://www.ilnordestquotidiano.it/2024/06/19/energia-elettrica-il-costo-italiano-tra-i-piu-alti-deuropa/

  • Snam e De Nora avviano la costruzione di una Gigafactory a Cernusco sul Naviglio

    Un centro produttivo di circa 25mila metri quadri a Cernusco sul Naviglio (MI) mira a diventare il più grande polo produttivo nazionale di elettrolizzatori per la generazione di idrogeno verde, sistemi e componenti per l’elettrolisi dell’acqua e celle a combustibile. Prende il via il cantiere per la costruzione della Gigafactory guidata da Industrie De Nora – tramite De Nora Italy Hydrogen Technologies S.r.I. (Dniht) -, ha l’obiettivo di diventare polo produttivo di elettrolizzatori sul territorio nazionale, con una capacità che raggiungerà i 2GW equivalenti entro il 2030. Il termine dei lavori è previsto tra la fine del 2025 e i primi mesi del 2026. L’opera punta inoltre a facilitare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità parte del Green Deal Europeo. L’ordine di grandezza dell’investimento per la Gigafactory a Cernusco sul Naviglio “è sui 100 milioni di euro. Non amiamo dare dettagli su quanto investiamo, siamo gelosi di questi numeri” ha dichiarato Paolo Dellachà, amministratore delegato di De Nora.

    Dnhit e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy hanno firmato lo scorso luglio 2023 un decreto di concessione che ha riconosciuto a Dnhit un importo pari a circa euro 32 milioni in forma di contributo alla spesa a valere sul fondo istituito dal Ministero per il sostegno finanziario alle imprese che partecipano alla realizzazione di Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (Fondo IPCEI). Il percorso di decarbonizzazione “va sostenuto secondo una visione di neutralità tecnologica e l’Europa punta a diventare leader nella produzione delle tecnologie, anche grazie alla forza che l’Italia può esprimere nella nuova legislatura, anche considerando la maggiore stabilità del nostro governo rispetto a quella degli altri Paesi” ha spiegato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto in video collegamento durante la posa della prima pietra per la Gigafactory.

    L’importo è finanziato tramite risorse del Pnrr. Gli importi destinati alla concessione di agevolazioni a Dnhit potranno essere successivamente integrati fino a circa euro 63 milioni, a seguito delle ulteriori disponibilità derivanti dalle attivazioni destinate al sostegno dell’IPCEI Idrogeno. “Penso si debba fare più e meglio per coniugare la sostenibilità ambientale con quella sociale ed economica. In questo contesto l’idrogeno verde avrà un ruolo preminente” ha aggiunto Urso nel corso del suo intervento. Per questo l’avvio dei lavori qui a Cernusco sul Naviglio “è un’ottima importante e significativa notizia, in considerazione della strategicità dell’opera” ha concluso.

    La realizzazione dell’opera sarà portata avanti in collaborazione con Snam, che in De Nora detiene una quota pari a circa il 21 per cento. La posa della prima pietra “è sempre un evento simbolico che sancisce l’inizio della costruzione per il futuro Net-Zero. Il futuro sarà fatto di energia rinnovabile ma anche di molecole verdi. Questo progetto è strategico perché rappresenta una di quelle opportunità che ci consente di giocare un ruolo come Italia e come Europa all’interno della transizione” ha sottolineato Stefano Venier, amministratore delegato di Snam. “Stiamo scoprendo pian piano che dipendiamo da altri Stati per la transizione, questa è un’opportunità per essere indipendenti”, ha infine concluso Venier, ricordando che oltre l’80 per cento dei pannelli fotovoltaici viene realizzato in Cina. A proposito della collaborazione tra le due Società, per l’ad di De Nora il “modello De Nora-Snam”, applicato per la realizzazione della Gigafactory a Cernusco sul Naviglio, “è sicuramente replicabile, non solo in Italia ma anche in altri Paesi”.

    L’idrogeno “è fondamentale perché consente il trasporto e lo stoccaggio delle rinnovabili, che è il punto più difficile nella transizione e l’Italia, con le sue aziende e le sue tecnologie, è protagonista nell’innovazione” ha affermato Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del Made in Italy. “La transizione – ha proseguito – è già in atto, è epocale, e avviene con aziende e tecnologie italiane al centro. De Nora è un esempio di azienda italiana che nasce dall’artigianalità, cresce nella tecnologia e diventa leader mondiale”. Anche Snam è “protagonista all’interno del processo di transizione” che vedrà “un asse tra il Nord Africa e l’Europa. L’Europa ha capito che ci dobbiamo mettere assieme, sostenere le nostre eccellenze: ci saranno dei corridoi che vedranno le reti con le rinnovabili solari che dall’Africa attraverseranno l’Italia e l’Europa, dal Nord Europa avremo l’eolico. Ma perché questo sia possibile dobbiamo avere tecnologie”. L’impianto che sarà costruito, ha concluso Valentini, “dimostra che la transizione verde è sostenibile per l’economia e può portare posti di lavoro”.

    L’iniziativa supporterà la riduzione dei costi di produzione degli elettrolizzatori, contribuendo a centrare l’obiettivo di capacità installata finale prevista in Europa e di neutralità tecnologica necessario per la transizione energetica. La collocazione della Gigafactory in una primaria area industriale e produttiva a poca distanza da Milano consentirà inoltre di contribuire attivamente alla crescita economica e occupazionale del territorio locale, con la previsione di creare circa 200 posti di lavoro diretti e un indotto complessivo di circa 2000 persone. Il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha definito l’opera “una dimostrazione di quella che è l’indirizzo che il nostro Paese e l’Europa devono avere in questo ambito”. Quindi “sostenibilità come opportunità, investimenti sul territorio, posti di lavoro e sostenibilità ambientale. Credo sia un esempio bellissimo, rappresenta esattamente quello che ho sempre sostenuto debba essere la sostenibilità” ha chiosato.

  • Lo scontro democratico tra garanzie ed opportunità

    Una democrazia rappresenta la forma di governo all’interno della quale, come nel periodo degli antichi Greci, tutti potevano godere degli stessi diritti e tutti potevano accedere a determinati incarichi pubblici in base alla propria competenza.

    Questa forma di governo basata sul principio di uguaglianza riportata all’era contemporanea offre anche delle opportunità (che rappresentano un concetto radicalmente diverso da quello di garanzia democratica) per chi sappia utilizzare e magari volgere a proprio favore delle “vacatio legis” tali da non definire una base minima di requisiti per la eleggibilità.

    Questa lacuna viene abitualmente interpretata da ogni forza politica come la possibilità di proporre per una carica elettiva candidati il cui unico merito è quello di rappresentare una vicinanza alla stessa compagine politica. Tuttavia, proprio perché in altri campi la legge nazionale risulta invece molto precisa nella definizione dei requisiti minimi di accesso, questa vacatio diventa non più una caratteristica della democrazia ma una semplice quanto banale opportunità speculativa.

    Il principio principe delle uguaglianza, già presente nella democrazia dell’antica Grecia, viene così azzerato quando per accedere ad un qualsiasi concorso del personale di servizio ATA il candidato deve risultare incensurato mentre una persona che abbia già subito quattro condanne e ventinove denunce possa venire tranquillamente candidata ed eletta al Parlamento Europeo.

    In fondo sarebbe bastato adottare il medesimo criterio richiesto per l’accesso ai concorsi pubblici come espressione della semplice garanzia democratica.

    Questa elezione di Ilaria Salis rappresenta in buona sostanza il risultato di uno sfruttamento della “Opportunità” che un sistema democratico assolutamente perfettibile non ha ancora avuto il coraggio di normare adeguatamente.  In altre parole, il voto non può e non deve rappresentare l’unica forma di manifestazione della democrazia.

    Questo, invece, si dovrebbe inserire all’interno di un sistema elettorale nel quale venisse adottato un criterio comune in relazione alla eleggibilità. Come logica conseguenza, quindi, i leader di partito non possono sentirsi esenti da una propria responsabilità quando utilizzano nel sistema una opportunità a proprio semplice beneficio politico, in più spacciandola come espressione di una garanzia democratica.

    La democrazia dovrebbe essere gestita cum grano Salis  da chi pretende di stabilirne i principi democratici ma che per opportunità politiche lascia la definizione di accesso assolutamente libera ed espressione degli interessi delle  formazioni politiche.

    In fondo basterebbe solo un minimo di discernimento in quanto la democrazia non può essere intesa come una giostra alla quale chiunque, solo in quanto scelto da un partito, possa accedere.

    Il livello di una democrazia comincia dalla qualità dei candidati i quali, per il principio di uguaglianza, dovrebbero essere soggetti ai medesimi obblighi di legge sia per un concorso pubblico quanto per la semplice presentazione di una candidatura.

  • Il paradosso degli incentivi fiscali

    Gli incentivi fiscali possono determinare degli  esiti contraddittori a seconda del loro posizionamento.  Sembra incredibile come ancora oggi sia necessario precisare la differenza negli  esiti con la politica degli incentivi se posizionati a monte o a valle di una qualsiasi filiera industriale.

    Nel caso, per esempio, dell’industria automobilistica qualsiasi forma di incentivo relativo a favorire l’acquisto di un’auto, esattamente quanto scelto dal governo in carica, rappresenta un sostegno alla politica “commerciale” quasi sempre utilizzato, come diceva Marchionne negli anni passati, a favore della vendita di automobili estere e magari nell’ultimo periodo cinesi.

    Anche se gli esempi risultano sempre molto difficili da dimostrarsi veramente esemplificativi, sarebbe come se il bonus edilizio fosse stato adottato come incentivo alla vendita delle realtà immobiliari esistenti e non a favore di un eventuale efficientamento energetico, come è avvenuto in realtà, anche con effetti disastrosi per quanto riguarda il debito alla spesa pubblica.

    In quest’ottica, all’interno di una politica di sviluppo di una qualsiasi filiera industriale i medesimi incentivi dovrebbero rappresentare la prima forma di sostegno alle produzioni o quantomeno al mantenimento delle complesse filiere all’interno del confine nazionale.

    Solo in questo caso, quindi, questi assumerebbero i connotati di una forma di sostegno non al singolo settore manifatturiero, ma più complessivamente ne trarrebbe un vantaggio la stessa occupazione, e, di conseguenza, anche allo sviluppo della domanda interna e quindi dello stesso PIL.

    Nel complesso momento nel quale il sistema economico/industriale si trova, per la prima volta dal dopoguerra ad oggi, di fronte alla quindicesima flessione della produzione industriale un governo consapevole avrebbe dirottato ogni incentivo a monte della filiera, più che allo sviluppo del commercio dei prodotti per riuscire ad acquisire qualche decimale di crescita.

    In quanto l’obiettivo strategico dovrebbe essere quello di invertire il trend della disastrosa flessione della produzione industriale, la quale non è ancora oggi condizionata dalla politica fiscale a sostegno espressa dal governo in carica come dai precedenti.

    Va ricordato, infatti, come gli ultimi governi, compreso l’attuale, si sono dimostrati espressione di un imbarazzante pressapochismo economico optando  con la scelta dei bonus fiscali ed incentivi a valle di ogni filiera industriale e quindi anche di quella Automotive. Ed ecco allora come i risultati ovviamente non tardano ad arrivare, come qui sotto ricordati (*), con un calo della produzione industriale nel settore industriale dell’auto del -20%. Un disastro strategico e politico oltre che economico il quale non può venire semplicemente attribuito alla congiuntura internazionale ma anche ad un’incompetenza di fondo di chi ha gestito negli ultimi vent’anni la politica economica ed industriale del Paese.

    Tornando, quindi, agli incentivi fiscali ed economici, sarebbe opportuno ricordare come proprio dal loro posizionamento, se a monte o piuttosto a valle della filiera industriale, questi potranno garantire un futuro al nostro Paese oppure condannarlo alla propria estinzione industriale ed economica.

    (*) https://www.motorionline.com/anfia-ad-aprile-in-italia-la-produzione-cala-ancora-203/

  • Parlano di principi, ma agiscono seguendo gli interessi

    Gli uomini chiamano amicizia una società di interessi, uno scambio d’aiuti, un commercio in somma, in cui l’amor proprio spera di potere guadagnare qualche cosa.

    François de La Rochefoucauld

    Francesco de Sanctis era un buon conoscitore della letteratura italiana ed un noto critico letterario del diciannovesimo secolo. Lui è anche l’autore del libro “Storia della letteratura italiana”, in cui si tratta il pensiero del grande filosofo, scrittore ed uomo politico Niccolò Machiavelli, espresso nella sua opera molto nota Il Principe. Un’opera che viene considerata anche come la base della scienza politica moderna. Francesco de Sanctis, nel quindicesimo capitolo del suo sopracitato libro scrive: “Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell’ombra le altre sue opere. L’autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda l’opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina”. Ormai il detto “Il fine giustifica  i mezzi” è molto noto ed usato in molte lingue del mondo. Un detto che però non è di Machiavelli, bensì, secondo gli studiosi, coniato proprio da Francesco de Sanctis nel suo libro “Storia della letteratura italiana” su Niccolò Machiavelli ed il machiavellismo.

    La scorsa settimana si sono svolte le elezioni europee. Elezioni dalle quali sono stati scelti dagli elettori dei ventisette Paesi membri dell’Unione i 720 eurodeputati del Parlamento europeo. Elezioni che sono state svolte, a seconda del Paese, tra il 6 ed il 9 giugno scorso. L’Italia è stato l’unico Paese dove si è votato sabato 8 e domenica 9 giugno. Il risultato definitivo delle elezioni ha testimoniato una crescita dei partiti di destra che hanno vinto in diversi Paesi come la Francia, l’Italia, la Germania, l’Austria, la Polonia ecc. In Francia il presidente della Repubblica, dopo il deludente risultato del suo partito, ha decretato le elezioni legislative anticipate il 30 giugno ed il 7 luglio prossimi. La situazione politica è delicata anche in Germania, dopo la sconfitta dei partiti che compongono l’attuale governo. L’Italia è stato l’unico Paese dell’Unione europea dove il risultato delle elezioni ha confermato la vittoria del partito guidato dalla Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma la Presidente del Consiglio dei Ministri del’Italia deve essere molto attenta a certi rapporti con qualche suo omologo. Soprattutto quando si sa tutto sulla loro totale inaffidabilità. Individui che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti documentati, testimoniati, denunciati e pubblicamente noti alla mano, sono degli innati bugiardi ed ingannatori. Individui che quando si trovano in difficoltà fanno di tutto, costi quel che costi, per salvarsi. Individui che con i principi ed i valori non hanno niente in comune. Ragion per cui la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, premiata dagli italiani nelle appena passate elezioni europee, deve essere molto attenta quando fa degli accordi con simili individui. Perché ha delle responsabilità istituzionali e non solo. Ma devono essere molto attenti e responsabili anche i suoi consiglieri e collaboratori che sono obbligati a raccogliere tutte le necessarie informazioni e poi riferirle alla Presidente del Consiglio dei Ministri, prima che lei prenda delle determinate decisioni. Decisioni che potrebbero essere motivate anche da interessi e/o promesse elettorali che, come tali, devono essere rispettate. Ma tutto in base ai principi morali e non spinti da certi interessi mai resi pubblici.

    La settimana scorsa era l’ultima delle campagne elettorali per le elezioni europee. Normalmente durante un simile periodo si programmano delle attività elettorali, degli incontri che sono valutati necessari per aumentare la possibilità di consenso degli elettori. Ebbene, coloro che avevano programmato le attività in cui doveva essere presente anche la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avevano scelto una visita in Albania. Visita che è stata realizzata il 5 giugno scorso, solo tre giorni prima della fine della campagna elettorale. Durante quella visita la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha incontrato il suo omologo albanese e poi tutti e due insieme si sono spostati in una località sulla costa adriatica ad una settantina di chilometri dalla capitale albanese. Sono andati lì perché proprio in quell’area è stato previsto di costruire due centri di accoglienza per migliaia di profughi. Tutto previsto dal “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma nel pomeriggio del 6 novembre 2023 dalla Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia e dal suo “caro amico”, il primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato sia di quel Protocollo, che dei successivi sviluppi a lui legati (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023; Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024 ecc…). Molto significativa è stata un’intervista del primo ministro albanese, circa tre settimane fa, ad un giornalista del quotidiano La Repubblica. Un’intervista durante la quale il primo ministro albanese aveva “perso” l’entusiasmo sulla bontà di quel Protocollo. L’autore di queste righe esprimeva al nostro lettore la sua convinzione che “…non bisogna mai accordarsi con individui inaffidabili come il primo ministro albanese”. E poi aggiungeva: “Proprio con lui che il 18 novembre 2021 dichiarava convinto e perentorio che “l’Albania non sarà mai un Paese dove Paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Ma quella sua “determinazione” la ha “dimenticata” il 6 novembre scorso, firmando l’Accordo sui migranti con l’Italia. Mentre adesso sta “dimenticando” proprio la bontà di quell’Accordo […].Chissà che ne pensa adesso del suo “caro amico”, il primo ministro albanese, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia?!” (Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024).  Invece durante l’incontro avuto il 5 giugno scorso con la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, il suo “caro amico” ha cambiato di nuovo la sua opinione sull’Accordo. Chissà perché?! Si sa però che il 5 giugno scorso c’è stata solo una visita nei centri e niente più. Si sa anche che non sono stati rispettati neanche i limiti di tempo previsti dal Protocollo.

    La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha fatto però delle dichiarazioni che non hanno niente a che fare con la vera, vissuta e spesso sofferta realtà in Albania. Basta pensare che si tratta di un Paese dove in meno di dieci anni la popolazione è stata quasi dimezzata proprio perché gli albanesi stessi hanno dovuto fare la difficile e spesso sofferta scelta di diventare, anche loro, dei profughi. Lo sapeva questo la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia? Lo sapeva lei che, ben diversamente da quello che lei ha dichiarato il 5 giugno scorso, l’Albania è veramente diventato un narcostato? Una verità quella sulla quale riferiscono i rapporti ufficiali delle strutture internazionali specializzate, comprese quelle dell’Unione europea. Una preoccupante realtà quella che, da alcuni anni ormai, la stanno denunciando anche diversi noti procuratori e giudici antimafia italiani. Chissà perché non sapeva questo noto fatto la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia?! Oppure lo sapeva ed ha cercato di sostenere il suo “caro amico” che si trova in grosse difficoltà, proprio perché lui deve molto anche alla criminalità organizzata.

    Chi scrive queste righe è convinto che, purtroppo, sono non pochi coloro che, avendo delle cariche istituzionali di alto livello, parlano di principi, ma agiscono seguendo gli interessi. Aveva ragione François de La Rochefoucauld quando affermava che gli uomini chiamano amicizia una società di interessi, uno scambio d’aiuti, un commercio insomma, in cui l’amor proprio spera di potere guadagnare qualche cosa. Ma si sa però che il fine giustifica i mezzi.

Pulsante per tornare all'inizio