Italia

  • Ok di Bruxelles all’acquisto di Vodafone Italia da parte di Swisscom

    La Commissione europea ha dato il via libera all’acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom ai sensi del Regolamento relativo alle sovvenzioni estere. Lo ha reso noto un comunicato della società di telecomunicazioni elvetica. “Questa decisione è un altro passo importante verso l’ottenimento delle autorizzazioni regolamentari necessarie per la conclusione della transazione”, ha riferito Swisscom. “A seguito del comunicato del 15 marzo 2024 in cui annunciava l’acquisizione di Vodafone Italia, come previsto dal Regolamento relativo alle sovvenzioni estere, il 19 agosto 2024 Swisscom ha notificato la transazione alla Commissione europea, direzione generale della Concorrenza. In data 23 settembre 2024, la Commissione europea ha annunciato che l’esame preliminare si è concluso e che la transazione può quindi essere completata senza riserve”, si legge nel comunicato.

    “Nel complesso, l’acquisizione di Vodafone Italia procede conformemente ai tempi prestabiliti. Swisscom si è assicurata il finanziamento per il prezzo di acquisto di 8 miliardi di euro a maggio 2024 e ha ricevuto il via libera incondizionato sia dalla presidenza del Consiglio dei ministri italiano (legislazione sul golden power) che dalla Commissione federale svizzera della concorrenza”, ha spiegato la società svizzera. “La transazione è tuttora soggetta ad altre autorizzazioni normative, tra cui quella dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana. Quest’ultima ha annunciato l’11 settembre 2024 di aver avviato un’indagine approfondita sull’acquisizione ai sensi delle norme italiane in materia di controllo delle operazioni di concentrazione. Conformemente all’annuncio originale del 15 marzo 2024, Swisscom prevede che la transazione si concluda nel primo trimestre del 2025”, si conclude il comunicato.

  • 447 milioni di fondi Ue per l’alluvione in Romagna e Toscana del 2023

    Anche l’Italia usufruirà dello stanziamento di 1.028,54 euro che il Consiglio europeo ha destinato ai paesi colpiti da catastrofi naturali. All’Italia sono stati assegnati 446,64 per le gravi alluvioni che si sono verificate in Emilia Romagna nel maggio 2023 (378,83 milioni) e in Toscana nei mesi di ottobre e novembre 2023 (67,81 milioni). Il ricorso al Fondo di solidarietà dell’Unione europea è stato salutato positivamente da Coldiretti che, tuttavia, ha lamentato il ritardo dell’operatività del sostegno.

    Come si legge nel Il Punto di Coldiretti, “gli aiuti sono arrivati dopo un anno in cui le aziende italiane delle aree colpite hanno dovuto fronteggiare i gravi danni subiti. In Emilia Romagna”, si sottolinea, “le otto aziende su dieci che beneficeranno dei fondi (e che non hanno ancora ottenuto ristori) sono state travolte nei giorni scorsi dal nuovo devastante alluvione. Coldiretti ha perciò contestato i tempi lunghi della burocrazia che non riesce ad attivarsi rapidamente per affrontare le emergenze che gli agricoltori si trovano affrontare. Coldiretti ha indirizzato una lettera al Governo affinché chieda alla Commissione Ue di rendere operativi anche in Italia i fondi di coesione per un totale di 10 miliardi al 100% a fondo perduto”.

  • Il vero pericolo rappresentato dal progetto cinese

    Qualche mente elementare ed  espressione delle “competenze” proposte dai  governi nazionali, negli ultimi anni, si era illusa di ridare vigore al settore dell’industria, anche automobilistica nazionale, avviando accordi politici che  favorissero gli investimenti cinesi nel nostro Paese.

    Si scopre ora, e persino con stupore, che per investire in Italia, anche solo in una attività di semplice assemblaggio (decisamente diversa da una attività industriale espressione di una filiera produttiva),la casa automobilistica cinese Dongfeng, ampiamente supportata economicamente in patria dallo stato cinese, pretenda di imporre come clausola e condizione iniziale(1) l’ingresso di Huawei come  supporto digitale (la stessa giustamente espulsa dal mercato statunitense) e (2) l’utilizzo della AI sempre cinese.

    Non paghi di queste pretese assolutamente inaccettabili, in quanto l’impatto di sviluppo e quindi la ricaduta occupazionale sarebbero praticamente nulli per l’economia italiana ed europea, si pretende in più dal Governo italiano di assumere una posizione contraria alla imposizione dei dazi Ue sulle auto cinesi. La Cina utilizza quindi il ricatto economico per influenzare le scelte politiche di un paese sovrano come l’Italia che sconta la propria colpa di non essere stata in grado negli ultimi decenni di esprimere una propria visione da tradurre in una strategia politica, energetica ed economica.

    Emerge quindi evidente, anche a chi abbia sempre sostenuto in Italia ed Europa il mercato globale senza individuare la necessità di adottare un minimo di regole condivise, come la assolutamente ideologica transizione verso una mobilità elettrica rappresenti lo strumento invasivo attraverso il quale il regime cinese intenda ampliare la propria egemonia economica e politica (*). L’auto elettrica, in buona sostanza, come l’ideologia di cui risulta espressione, diventa il cavallo di Troia inserto nel mercato europeo con l’obiettivo di distruggere l’intero sistema industriale dell’automotive europeo che vale dodici milioni di posti di lavoro e mille miliardi di tasse. Un progetto finalizzato così ad aumentare l’influenza economica e politica nel continente europeo del colosso cinese il quale nello scenario internazionale si oppone al sistema occidentale, ovviamente con la colpevole complicità di una classe politica europea assolutamente inadeguata. La pretesa, infatti, di ottenere una politica accondiscendente come contropartita ad un investimento nel  sistema economico italiano dimostra quali siano gli obiettivi del regime cinese, molti ancora oggi non valutano le differenze con una democrazia, e quanto risulti pericoloso per l’intero occidente sia in termini economici che politici.

    Come logica conseguenza, allora, tutte quelle forze politiche ed istituzionali le quali, per semplice convenienza  e compromissione ideologica o, peggio, indolente negligenza, appoggino la  politica “ambientalista” per una risibile elettrificazione della mobilità fino al concetto più generale del Green Deal della Commissione Europea, si rendono complici di questo progetto politico cinese e quindi diventano esse stesse artefici di un attacco alle istituzioni democratiche occidentali.

    Si delinea, quindi,  uno scenario strategico e politico già evidente nel 2018 (**) relativo alla ingerenza cinese, ma che ha visto le massime autorità istituzionali italiane sempre molto disponibili nella creazione di accordi di collaborazione con il regime cinese, a cominciare dal Governo Conte 1 e 2 con l’appoggio delle più disparate maggioranze parlamentare, fino a quello in carica che spera di ottenere con il piattino in mano una qualche  elemosina in termini industriali.

    Quando si parla di declino culturale del nostro Paese non ci si riferisce tanto alla scolarità improbabile e taroccata dei rappresentanti politici, quanto alla palese incapacità di comprendere ed elaborare uno scenario futuro strategico, economico e politico.

    Dimostrare ancora oggi di non essere in grado di individuare e valutare gli obiettivi politici cinesi rappresenta appunto il peccato originale interamente attribuibile alla classe politica dirigente nazionale ed europea (**) .

    (*) 2024 https://www.ilpattosociale.it/attualita/lauto-di-troia/

    (**) 2018 https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-peccato-originale/

  • Il fil rouge tra Draghi, Blackrock e Leonardo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    Nel suo ultimo manifesto programmatico l’ex presidente della Bce e del Consiglio Mario Draghi ha indicato nello stop alla fornitura di gas dalla Russia il motivo per il quale si paga un costo dell’energia più alto. In verità, il nostro Paese soffre del “caro bollette” che incidono pesantemente sul bilancio familiare e minano alle basi la competitività delle imprese italiane in particolare modo quelle industriali, a causa di una strategia politica scellerata nell’approvvigionamento energetico che ha visto proprio in Draghi uno dei principali artefici e sostenitori.

    Fino dagli anni novanta, infatti, nel nostro Paese si è avviato un processo di privatizzazione di tutti gli asset pubblici (monopoli indivisibili) che si occupavano della produzione e distribuzione dell’energia e per di più non con l’obiettivo di diminuire il debito pubblico, ma semplicemente per una molto più modesta riduzione del deficit.

    In più, a conferma del proprio indirizzo strategico, durante il suo governo Draghi, mentre la Spagna introduceva il Price Cap per il gas a 42 euro, la Francia nazionalizzava EDF (società francese di produzione e distribuzione della energia elettrica) e la Germania raggiungeva un accordo con la Norvegia per la fornitura di 50 miliardi di gas per i prossimi quarant’anni, Draghi ha atteso l’introduzione tardiva di un ridicolo Price Cap dall’Unione Europea.

    Il combinato disposto della strategia di vendita di asset pubblici unita ad una sostanziale passività istituzionale durante il proprio governo, e comunque comune a tutti i governi degli ultimi trent’anni compreso quello in carica, ha determinato che le bollette spagnole risultino inferiori rispetto a quelle italiane di oltre il -50%, quelle francesi di oltre il -70% e quelle tedesche quasi del-40%.

    Uno dei principali fondi esteri che ha investito nelle società energetiche italiane è rappresentato da Blackrock, assieme a Vanguarde, il quale ha, più che legittimamente, trasferito sui prezzi finali alle utenze familiari ed industriali delle bollette la ricerca dei maggiori margini possibili con l’obiettivo di assicurare un alto e remunerativo Roi.

    Ora il medesimo fondo, in predicato di rilevare anche una quota di Sace, entra con oltre il 3% nell’azionariato di Leonardo, ex società a partecipazione pubblica, il cui core business è rappresentato dalla difesa e dalla sicurezza e il cui A.D. è, sarà un caso, un ex ministro del governo Draghi.

    Partendo dalla consapevolezza della strategia adottata dal fondo statunitense nel settore energetico, il quale ha ricercato il massimo profitto anche grazie ad una classe politica italiana assolutamente assente fino alla compiacente complicità, a differenza delle affermazioni di Mario Draghi si può arrivare alla conclusione che gli effetti devastanti in termini di costi aggiuntivi siano interamente attribuibili ed espressione dell’opera del fondo Blackrock.

    Parallelamente non è quindi da escludere che la medesima strategia possa avvenire adottata anche nel settore della Difesa e della sicurezza, dopo avere reso operativa l’acquisizione di una parte considerevole della quota azionaria (oltre il 3% appunto). Magari, ed anche in questo caso, potendo contare su di un implicito accordo con la politica italiana ed europea, la quale nei due ambiti istituzionali fino ad oggi non ha dimostrato alcuna intenzione né interesse per la ricerca di una strategia diplomatica di intermediazione nei conflitti, specialmente in quello russo ucraino, che potesse creare le condizioni minime al raggiungimento, prima di una tregua e successivamente di pace duratura.

    Viceversa, mentre la crisi industriale europea sta manifestando i propri effetti mettendo in serie crisi la stessa tenuta dello Stato Sociale, le massime cariche istituzionali europee non lesinano risorse per finanziare gli armamenti destinati all’Ucraina. Forse, ma ovviamente è una malevola congettura, proprio per non disturbare gli interessi di Blackrock. Ai posteri verrà attribuito il compito di fornire l’ardua sentenza in relazione alle priorità dimostrate dalle massime autorità istituzionali europee. Nel frattempo, si può tranquillamente constatare come un’altra quota di sovranità nazionale, l’ennesima, risulti ceduta ad un soggetto finanziario i cui obiettivi sono molto lontani da quelli che dovrebbero essere perseguiti dall’autorità politica e istituzionale.

    Un processo che troverebbe, per di più, una maggiore forza e facilità di esecuzione in termini di minori oneri finanziari necessari, se i nostri asset fossero espressi in una valuta debole (per sostenere l’export?) quale potrebbe essere la lira, con buona pace dei rappresentanti del “sovranismo monetario”.

    Mai come ora le stesse istituzioni nazionali ed europee si trovano sotto attacco non tanto da parte di una superpotenza straniera, quanto della vile alleanza tra finanza e quel che resta di una politica di basso profilo.

  • La Commissione riconosce la Sardegna e la Svezia indenni dalla peste suina africana

    La Commissione europea ha ufficialmente riconosciuto la Sardegna e la Svezia indenni dalla peste suina africana mediante una revisione del regime di regionalizzazione dell’UE adottata il 23 settembre. La peste suina africana è una malattia virale mortale che colpisce i suini domestici e selvatici.

    Per la Sardegna ciò segna la fine di un focolaio di peste suina africana di genotipo I sviluppatosi per la prima volta nel 1978. L’eliminazione della malattia è stata conseguita mediante un rigoroso programma di eradicazione e controllo, sostenuto dall’UE e guidato da un gruppo di esperti nazionali e regionali. Le azioni comprendevano in particolare una sorveglianza rafforzata dei cinghiali e dei suini domestici associata a misure di biosicurezza, nonché la formazione di operatori quali allevatori e cacciatori.

    In Svezia lo status di paese indenne da peste suina africana è stato concesso un anno dopo che la malattia è stata rilevata per la prima volta in un cinghiale morto nella contea del Västmanland. Questo risultato è dovuto alla rapida attuazione da parte delle autorità svedesi di misure per controllare ed eradicare la malattia, adattate sulla base delle raccomandazioni del gruppo veterinario di emergenza dell’UE (EUVET). Dalla breve epidemia di agosto-settembre dello scorso anno, in Svezia non sono stati segnalati nuovi casi.

    La Commissione continua a sostenere gli altri Stati membri affinché restino vigili e applichino la legislazione europea pertinente per combattere la malattia.

  • In attesa di Giustizia: tenetevi la farina di grilli, ridateci i bambini

    Difendere non è un lavoro, è un ministero e la difesa non è mai del reato ma delle garanzie che assistono i cittadini, a volte è un privilegio tali sono valori in campo.

    Per me lo è stato difendere Marinella Colombo: per quella che considero una scelta condivisibile non scrivo mai di vicende processuali personali in questa rubrica ma per Marinella è doveroso fare un’eccezione.

    Doveroso ma anche doloroso per ricordare questa donna coraggiosa, fulminata in poche settimane da una malattia inesorabile, che per amore dei propri figli ha sfidato la giustizia (si fa per dire) tedesca, quella italiana, lanciato segnali e richieste di intervento a quell’Europa tanto preoccupata di legalizzare il commercio della farina di grilli, ad imporre irrealizzabili interventi di manutenzione degli immobili nel nome della eco sostenibilità ma che continua a paludarsi – forse più a nascondersi – dietro il simulacro del mutuo riconoscimento delle decisioni sul falso presupposto che vi sia una identità culturale, di struttura e affidamento delle parti in causa tra i sistemi giudiziari UE senza muovere un passo nella direzione di un ravvicinamento di questi sistemi che, tra di loro, spesso non sono nemmeno lontani parenti.

    Marinella Colombo si è battuta contro il potentissimo Jugendamt, una struttura tedesca (tra l’altro di natura amministrativa, neppure legale) che decide sul destino dei figli  “bi-genitoriali”, cioè a dire con un genitore tedesco e l’altro di nazionalità diversa in caso di separazione o, comunque, di accudimento della prole: lo Jugendamt si potrebbe anche sopprimere e sostituire con un unico articolo di legge contenuto nel codice civile tedesco che preveda, in quei casi, che il minore resta sempre e comunque in Germania, affidato al genitore tedesco, fosse anche un serial killer o lo facesse abitare in una grotta nella Selva di Turingia.

    Forse ricorderò male ma fu Hitler a dire che “lo stato nazista deve considerare il bambino il bene più prezioso della nazione” ed è a Himmler che si deve il Progetto Lebensborn volto a realizzare le teorie eugenetiche sulla razza portando la popolazione sino alla soglia di centoventi milioni in una quarantina d’anni: chi mi legge abitualmente sa che “non le mando a dire” e questo Jugendamt mi sembra tanto una eredità dei tempi della croce uncinata.

    Marinella Colombo, sposata con un tedesco e madre di due figli piccoli al momento della separazione, avendo trovato un impiego in Italia ha sfidato la giustizia (si fa sempre per dire) tedesca per amore di due bambini che qualsiasi altra giurisdizione avrebbe affidato ad una madre giovane e colta di professione interprete e con ottime prospettive di lavoro in Italia…con tutti i diritti di visita, condivisione delle festività, contatto da parte del padre. Non lo Jugendamt, allineato ai dettami del “Progetto Sorgente di Vita” (Heil, Heinrich!): a Marinella sono stati tolti, negato qualsiasi contatto che non fosse in Germania e sotto l’occhiuto controllo di questa preoccupante istituzione e quei bambini se li è andati a prendere, è stata in fuga con loro per mesi inseguita da un Mandato d’ Arresto Europeo, formalmente legale come il processo cui è stata sottoposta in Italia per sottrazione di minori. Tutto ineccepibile perché in questo caso la forma è sostanza sebbene basata su presupposti ampiamente opinabili; ma tant’è, siamo partner europei e va sempre tutto bene quello che succede in uno dei Paesi Membri, anche la costituzione di un partito politico dei pedofili come pure è capitato, tutt’al più si rischia una ramanzina senza seguito da Strasburgo.

    A Strasburgo ci sono andato, con Marinella, grazie a Cristiana Muscardini, l’unica veramente pronta a mettersi in gioco: all’epoca avevo un insegnamento all’Università di Ferrara di Cooperazione Giudiziaria Internazionale e ho tenuto una relazione sul necessario ravvicinamento dei sistemi penali europei portando come esempio da non seguire quello della ingiustizia che stava subendo Marinella. Bravo, bravo ma adesso torna pure a casa: sulle tue parole e sulla denuncia di questa Signora Colombo possiamo tornare a dormire sonni tranquilli. E a casa sono tornato, per difendere Marinella insieme a quella splendida collega che è Laura Cossar che seguiva principalmente il versante del diritto di famiglia facendone una difesa dei principi e ben sapendo che si sarebbe andati incontro ad una condanna. Dura lex, sed lex: questa autentica eroina è stata condannata, ha scontato la sua pena (se non altro agli arresti domiciliari), ha raccontato la sua vicenda in un libro, si è battuta in tutte le sedi perché qualcosa cambiasse per la tutela dei minori in Germania tentando persino la “discesa in campo” politica e ha continuato a battersi anche dopo aver potuto riabbracciare i suoi figli, solo quando sono diventati maggiorenni e potuto scegliere liberamente di lasciare immediatamente la Germania per raggiungere la madre.

    Auf Wiedersehen, Jugendamt…chissà quanto hanno pesato questi interminabili lustri di dolore e battaglie sul fisico di una donna minuta ma indomabile e ora se n’è andata lasciandomi un vuoto difficile da colmare anche con il ricordo dei momenti passati insieme in nome della difesa di vincoli etici ed indicazioni culturali inderogabili e di una bellissima amicizia nata dalla stima reciproca seppure nella consapevolezza che la legge avrebbe sconfitto la giustizia.

    Buon viaggio Marinella, mi piace salutarti rubando le parole al Giulio Cesare di Shakespeare che mi sembrano scritte per te: non è importante sapere come finirà la battaglia, è importante che il giorno finisca e se ci rivedremo sorrideremo, altrimenti sarà stato comunque un bell’addio.

  • In Romagna piove sempre sul bagnato

    Il 2 e 3 maggio di quest’anno, 2024, ero a Faenza con l’onorevole Gerard Collins, già ministro irlandese e parlamentare europeo, e sua moglie Ilary, che da tempo voleva vedere la città dove aveva vissuto un suo antenato.

    Faenza si era faticosamente ma con grande determinazione rialzata dalla tragica alluvione del 2-3 maggio 2023, anche se ancora molti negozi rimanevano chiusi e si vedevano ancora le tracce di quello che era stato un autentico incubo. In edicola il settimanale faentino SetteSereQui aveva un titolo a caratteri cubitali ‘Tanti cantieri, pochi rimborsi’.

    In questi giorni, a distanza di quattro mesi, Faenza e la Romagna sono nuovamente sott’acqua, le polemiche imperversano, ma l’acqua, più veloce, ha di nuovo distrutto case, aziende, territorio. Nel maggio 2023 erano state coinvolte le aree di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna, Ferrara: su un’area complessiva di oltre 800 chilometri quadrati e 7 province, si erano registrate 80 esondazioni, 80mila frane. Trentaseimila persone erano dovute sfollare.

    Ora, senza entrare nelle polemiche, vorremmo però risposte ad una semplice domanda: se qualcosa non ha funzionato, ed ovviamente non ha funzionato, ci sarà una responsabilità di qualcuno o assisteremo al solito scaricabarile reciproco?

    Io so che a Milano, almeno dal 1980, si è discusso molto sul problema e le soluzioni da prendere per il Seveso e il Lambro che ad ogni pioggia forte esondavano e, dal 1980, sono passati 44 anni, si sono susseguite giunte di diverso colore politico ma il risultato non è mutato: Lambro e Seveso ancora esondano e i cittadini subiscono.

    Non vorremmo che fosse la stessa cosa per la Romagna, così come per altre zone bersagliate da esondazioni e frane, non ultime le Marche.

    Ci dovrebbe essere qualcuno in grado di superare gli impasse burocratici e che, conoscendo i territori, possa intervenire con tempestività e decisioni utili.

    Purtroppo non ci sembra che questo qualcuno ci sia stato e ci sia per l’alluvione in Romagna e siamo tristemente consapevoli che la politica sembra non aver capito che ci sono emergenze che non possono essere risolte aspettando degli anni ma che occorrono interventi rapidi e mirati, compresi gli interventi che servono a risarcire, almeno economicamente, tutti coloro che hanno visto distrutte le loro case e ‘annegati’ i loro risparmi e sacrifici.

  • Il minimo Stato

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    Quale “sottile” senso di inadeguatezza istituzionale emerge nell’assistere al dibattito politico contemporaneo all’ennesima catastrofe.

    L’Emilia Romagna è stata ancora una volta colpita da un ennesimo disastro ambientale generato da una alluvione e le cause sono già fonte di polemica tra i diversi schieramenti politici.

    Come spesso succede nel nostro Paese, applicando il semplice principio della logica, la responsabilità andrebbe equamente divisa tra gli enti locali e lo Stato centrale. Ad ogni livello istituzionale, nel 2023, invece di collaborare per avviare una procedura d’urgenza (proprio in considerazione dei medesimi avvenimenti dello scorso anno) con l’obiettivo di raggiungere una messa in sicurezza dei fiumi liberandoli dai detriti accomunati da decenni di ideologico abbandono, si sta combattendo dalle reciproche posizioni politiche ed ideologiche una battaglia ancora una volta sulla pelle degli alluvionati.

    Il rimpallo delle responsabilità dimostra il livello culturale e di sensibilità espressi dell’intera classe politica italiana, che vede un ex presidente della Regione accusare da Strasburgo il governo in carica ed il governo che scarica ogni responsabilità sulla gestione regionale dei finanziamenti indirizzati alle problematiche territoriali.

    In questo contesto miserevole sia sotto profilo etico che culturale, tuttavia emerge una figura nuova ed assolutamente di livello “superiore” in rapporto al contesto.

    Seppure si sia ancora all’interno di una crisi i cui effetti sono ad oggi difficili da quantificare, ecco il ministro Musumeci affermare come nella sua visione consideri inevitabile rendere obbligatoria una assicurazione per gli edifici contro gli eventi atmosferici e soprattutto i danni da questi creati.

    In altre parole, lo Stato privatizzerebbe le conseguenze economiche ed ambientali causate anche, ma non solo, dalla propria incompetenza ed inefficienza operativa, in quanto emerge evidente il rapporto tra i ritardi burocratici che caratterizzano ogni messa in sicurezza del territorio in qualsiasi regione italiana e le terribili conseguenze anche in termini di vite umane. E soprattutto si libererebbe dall’onere dei costi generati dalla propria inefficienza e dei danni subiti dalla popolazione in rapporto all’evento straordinario.

    In questo contesto quindi, risulta molto difficile definire il livello istituzionale rappresentato da un ministro la cui attività è unicamente finalizzata a sollevare lo Stato da ogni propria responsabilità, così da rendere ogni iniziativa istituzionale (comunale, regionale e statale) operativa sul territorio assolutamente svincolata da ogni responsabilità, proprio in ragione dell’assicurazione o meglio del suo obbligo.

    In buona sostanza, questo ministro ha trovato il modo vergognoso di liberare tutti gli enti pubblici dalle conseguenze economiche delle proprie scelte di politica infrastrutturale che troppo spesso causano le condizioni per simili catastrofi, ma soprattutto esenta lo Stato dalle conseguenze dei propri ritardi ed omissioni che ancor più determinano il vero abbandono del territorio e che accrescono a livello esponenziale gli effetti degli eventi meteorologici.

    Mai era stato raggiunto un livello istituzionale così mediocre da un rappresentante delle istituzioni che invece di tutelare il territorio cerca di liberare lo Stato da ogni tipo di responsabilità.

    Lo Stato interpretato da simili figure politiche si avvia verso la sua minima caratura istituzionale.

  • La complessità sistemica

    Ho sempre considerato l’economia come un sistema complesso il quale, pur imboccando una direzione molto spesso di natura ideologica, cerca di trovare un equilibrio, senza mai raggiungerlo.

    La complessità di una economia raggiunge la propria massima espressione all’interno di un mercato globale, come quello contemporaneo, all’interno del quale agli effetti delle azioni politiche dei singoli stati ed economiche e strategiche delle aziende si uniscono quelli generati dagli operatori finanziari completamente svincolati da un indirizzo politico (private equity), oppure espressioni di nazioni che attraverso le operazioni finanziarie intendono indirizzare verso un proprio interesse politico il mondo economico e politico (fondi sovrani).

    La novità contemporanea emerge proprio dalla dotazione finanziaria di questi nuovi soggetti finanziari i quali raggiungono anche tre volte il PIL dell’Italia.

    In questo contesto, quindi, tanto la politica governativa, intesa come “Arte del governare” ma soprattutto il confronto tra i diversi schieramenti ideologici, da sinistra a destra passando per un ipotetico centro liberale, si ostinano nell’individuazione ed applicazione di pochi e semplici principi troppo spesso scolastici ed ideologici, come la semplicistica soluzione finalizzata alla salvezza ed alla salvaguardia e rinascita di un sistema paese, viceversa complesso.

    Sembra incredibile come ancora oggi si tenda ad individuare nel semplice aumento della spesa pubblica, senza prendere in alcuna considerazione la propria efficienza la quale di fatto risulta inversamente proporzionale alla sua entità, la via maestra per risollevare le sorti economiche nazionali ed europee. Basti pensare alla ricetta Draghi, il quale Individua in un nuovo debito comune la via della rinascita dell’intero contenente europeo.

    Per contro, in modo altrettanto manieristico, dalla parte opposta dello schieramento politico viene indicata come salvifica la semplice riduzione del ruolo dello Stato all’interno dell’economia, e quindi si demanda al solo ed unico ruolo fondamentale ed esclusivo del mercato la possibilità di ritrovare la via dello sviluppo.

    Come spesso succede entrambi gli schieramenti rappresentano le divisioni ideologiche espressione di un approccio culturale banale e rappresentativo di un’economia mondiale divisa ancora dal muro, non solo ideologico, di Berlino.

    La vicenda argentina, con una crescita esponenziale della inflazione nonostante la cura del “mercato”, dimostra quanto possano essere complesse le soluzioni ad una crisi economica nata da una classe politica corrotta e che ha dominato la splendida nazione argentina.

    Contemporaneamente, nonostante i fondi del PNRR, gli effetti sull’economia reale italiana risultano addirittura negativi in termini di reddito disponibile, certificando una volta di più come l’utilizzo anche di finanziamenti straordinari, se non collegati ad un sistema efficiente di spesa, possono avere un effetto addirittura negativo.

    Per rispondere ad una complessità sistemica l’ideologia, in ogni sua declinazione, rappresenta la scelta decisamente più inappropriata.

  • Da Cavaliere a Presidente, a Milano la presentazione del libro di Dario Rivolta su Silvio Berlusconi

    Venerdì 27 settembre, alle ore 18, a Villa Mirabello a Milano (via Villa Mirabello, 6) sarà presentato il libro di Dario Rivolta Al fianco di Silvio Berlusconi, da Cavaliere a Presidente scritto rispondendo alle domande del giornalista dì ‘Liberation’ Eric Jozsef. A parlarne saranno due ex sindaci di Milano, Gabriele Albertini, e Giuliano Pisapia, e l’ex eurodeputata Cristiana Muscardini.

    Tutti loro hanno avuto, per motivi diversi, la possibilità di avere tanti contatti personali con Berlusconi e sono tra i più titolati a valutarne la figura personale e storica. A moderare l’incontro sarà il prof. Stefano Barocci, curatore della collana ed ex diplomatico italiano.

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