lavoro

  • Le migrazioni interne della Cina creano milioni di orfani di fatto

    Il termine cinese è “liushou ertóng”, significa “bambini lasciati indietro” e indica i bambini lasciati al paese dai genitori andati a lavorare in città lontane. Nel Paese del Dragone si stima che 300 milioni di contadini hanno lasciato la campagna per trovare occupazione in catene di montaggio e cantieri creando una massa di orfani di fatto.

    Nel 2013 l’Associazione statale delle donne cinesi pubblicò un primo rapporto secondo il quale 61 milioni di minori sotto i 17 anni vivevano lontani dai genitori: il 38% di tutti i figli della Cina. Le prime tragedie emerse da quel clima di disgregazione familiare (violenze, abbandono della scuola, depressione, suicidi) spinsero il governo di Pechino a intervenire con un piano da 14 miliardi di yuan per mandare insegnanti nei paesi più diseredati. Nel 2016 il Ministero degli affari civili proclamò che il numero dei “liushou” era stato ridotto a 9 milioni ma nel 2023 l’Ufficio nazionale di statistiche di Pechino e l’Unicef hanno rivelato che sono 66,9 milioni i minorenni lasciati in campagna o in piccoli centri di province remote dai genitori che lavorano lontano. I sociologi dicono che il 30% dei bambini che crescono senza padre e madre sono a carico dei nonni; l’11% di altri parenti o dei vicini del villaggio. E almeno 2 milioni di “liushou“ vengono semplicemente abbandonati a loro stessi in casupole dove non c’è un adulto. Un terzo dei minori in queste condizioni è clinicamente depresso. I bimbi fino ai 6 anni di età sono il 75% dei «lasciati indietro».

    Il governo centrale ha comunque fatto molto, almeno per assicurare un’istruzione ai bambini soli. Ci sono controlli per ridurre il numero di chi non frequenta la scuola, fondi per ospitarli in dormitori più confortevoli delle loro catapecchie. E nel 2018 da una classe delle elementari nello Yunnan arrivò la storia di “Fiocco di neve”. Wang Fuman, 8 anni, ogni giorno faceva a piedi da solo quattro chilometri nei campi per arrivare a lezione; quella mattina c’erano 9 gradi sotto zero. Entrò con i capelli ridotti a fili di ghiaccio e le sopracciglia bianche. Il maestro scattò una foto col telefonino e la lanciò sui social, per mostrare ai cinesi la dedizione del piccolo “liushou”. Le autorità di Pechino si impossessarono del caso, invitarono Fuman nella capitale, lo ospitarono per qualche giorno in un bell’albergo, trovarono un impiego al paese per il papà. “Fiocco di neve” che aveva colpito il cuore della Cina e del Partito fu riscattato. Ma altri 66 milioni di figli lasciati indietro pesano sulla coscienza dei pianificatori della seconda economia del mondo.

  • Gelato ricoperto di bacon e crocchette: negli USA McDonald’s sospende l’uso dell’intelligenza artificiale per gli ordini

    McDonald’s sta rimuovendo la tecnologia di ordinazione basata sull’intelligenza artificiale (AI) dai suoi ristoranti drive-through negli Stati Uniti dopo che i clienti hanno condiviso on line alcuni incidenti letteralmente comici.

    Nel 2019 è stata annunciata una prova del sistema, sviluppato da IBM, che utilizza un software di riconoscimento vocale per elaborare gli ordini, il quale però non si è dimostrato del tutto affidabile, dando vita a video virali di bizzarri ordini interpretati erroneamente, che vanno dal gelato ricoperto di pancetta alle crocchette di pollo del valore di centinaia di dollari.

    McDonald’s ha fatto sapere ad IBM che rimuoverà la tecnologia dagli oltre 100 ristoranti in cui la sta testando entro la fine di luglio anche se, ha aggiunto, di essere fiducioso che la tecnologia sarà ancora “parte del futuro dei suoi ristoranti”.

    L’applicazione della tecnologia è stata controversa fin dall’inizio, anche se le preoccupazioni erano incentrate sulla possibilità di rendere obsoleti i posti di lavoro delle persone. Tuttavia, è diventato evidente che sostituire i lavoratori umani dei ristoranti potrebbe non essere così semplice come si temeva inizialmente – e come speravano i sostenitori del sistema.

    Gli incidenti dell’addetto all’ordine dell’IA sono stati documentati online. In un video che ha 360.000 visualizzazioni, ad esempio, una persona afferma che il suo ordine è stato confuso con quello effettuato da qualcun altro, con il risultato che nove ordini di tè sono stati aggiunti al suo conto.

    Un altro video popolare mostra due persone che ridono mentre vengono aggiunte al loro ordine crocchette di pollo per un valore di centinaia di dollari, mentre il New York Post ha riferito che ad un’altra persona l’addetto agli ordini dell’AI aveva aggiunto pancetta al gelato per errore.

    IBM ha comunicato che continuerà a lavorare con McDonald’s in futuro, poiché “questa tecnologia ha dimostrato di avere alcune delle capacità più complete del settore, veloce e precisa in alcune delle condizioni più impegnative”.

  • La spesa pubblica ed il “capitalismo” relazionale

    Da decenni l’Italia viene criticata in ragione di un capitalismo familiare ormai superato, in contrapposizione ad una versione internazionale più manageriale, all’interno della quale le famiglie rappresentano la proprietà ma non più il braccio operativo.

    L’impresa contemporanea, e soprattutto l’industria attuale, propongono i propri prodotti e servizi all’interno di mercato globale, avvalendosi di un network di subfornitori, i quali entrano nella filiera consolidata fino a diventare partner esclusivi e talvolta ad avviare un vero e proprio processo di insourcing (*).

    Questo cambiamento organizzativo offre alle industrie la possibilità di competere contemporaneamente in tutti i mercati mondiali, caratterizzati da stagioni completamente diverse e quindi gestibili solo attraverso filiere produttive sempre più corte.

    Esiste, poi, il capitalismo relazionale, i cui attori principali sono rappresentati da personalità “imprenditoriali” che fanno capo ad interessi finanziari, assieme ad un mondo della politica il quale si trova a gestire la spesa pubblica con la consapevolezza di non doverne mai rendere conto, se non nei casi estremi, alla magistratura.

    Questa forma di capitalismo, la cui stessa natura e forza viene determinata dalla presenza di risorse finanziarie gestite dalla politica e frutto dei prelievo fiscale, rappresenta la peggiore versione di un capitalismo speculativo.

    Questo, infatti, avvalendosi di una catena di subappalti e cooperative molto spesso non determina alcuna ricaduta occupazionale stabile (il parametro fondamentale per valutare la validità di una strategia economica) a fronte di investimenti pubblici notevoli.

    Da questa semplice analisi emerge evidente come l’aumento della spesa pubblica negli ultimi trent’anni abbia tradito le proprie istituzionali funzioni e tanto più in quell’effetto redistributivo, su cui ancora oggi buona parte del mondo accademico e politico fanno affidamento.

    In altre parole, la spesa pubblica italiana (1.129 miliardi oltre il 57% del PIL) rappresenta semplicemente la prima forma di potere italiano, la seconda è rappresentata dalla gestione del credito (novembre 2018, https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-vera-diarchia/) la quale, trovandosi ora all’interno di un mercato globale, offre a chi ne usufruisca di utilizzare ogni leva della disperazione umana (come già detto subappalti e cooperative) con l’unico obiettivo di abbassare i costi e aumentare i profitti, anche grazie a strumenti normativi forniti dai committenti stessi, cioè dalla classe politica.

    Puntare, quindi, ancora oggi sulla centralità della spesa pubblica come motore economico e sui suoi effetti redistributivi rappresenta l’errore fondamentale comune al mondo politico ed accademico, come dimostra la perdita di potere d’acquisto negli ultimi trent’anni dei cittadini italiani a fronte di una esplosione della spesa pubblica, del debito e della pressione fiscale.

    La stessa vicenda relativa all’utilizzo dei fondi PNRR si è rivelata sostanzialmente una serie di  finanziamenti a pioggia dei più disparati progetti proposti da irresponsabili enti locali e lontano dalle ragioni istitutive per le quali i fondi avrebbero dovuto finanziare opere finalizzate all’aumento della competitività del sistema paese.

    Del resto, come anticipato, lo stesso andamento del reddito disponibile per i cittadini italiani che si è ridotto negli ultimi trent’anni del – 2,7%, mentre in Germania è cresciuto di oltre il +34% ed in Francia del +27%, dimostra la sostanziale “inutilità retributiva” della  della spesa pubblica e di ogni sua crescita.

    Un andamento confermato dagli ultimi dati relativi alle retribuzioni in Europa dal 2019 ad oggi che ha visto, a fronte di una diminuzione europea del -3% dei redditi disponibili, svettare l’italia con un -8% .

    Dati incontrovertibili che rappresentano  la conferma della sostanziale indifferenza economica di tale capitalismo relazionale il quale trova l’humus per la sua sopravvivenza nella presenza di una spesa pubblica assolutamente smisurata rispetto alle competenze di chi dovrebbe gestirla.

    (*) un processo avviato anni fa nel settore dell’alta orologeria Svizzera e che ha qualche evidenza anche in quello della occhialeria bellunese, i quali prediligono l’ottimizzazione dei tempi di produzione alla scelta strategica tra costi fissi e variabili.

  • L’intelligenza artificiale aumenterà del 25% la produttività mondiale

    L’Intelligenza artificiale generativa – anche detta Generative AI -, oggi rappresenta la nuova frontiera dell’innovazione tecnologica che trasformerà il settore delle utilities. Si stima infatti, che per le Utilities, la Generative AI potrà portare a un incremento della produttività fino al 25% a livello mondiale. Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’analisi Agici-Accenture presentata a Milano in occasione del Workshop: “Le utilities nell’era della Generative AI: ottimizzazione, competitività e gestione degli asset” organizzato dalle due società, alla presenza dei top manager delle principali aziende del settore. A oggi il 77% dei dispositivi elettronici include già una qualche forma di Generative AI. Lo scorso febbraio, a distanza di un anno da ChatGPT 3.5, è stato lanciato Sora, un modello di generazione di video da testi, oltre a Dall-E 3, in grado di generare immagini ad alta definizione da testi. Le grandi aziende dell’IT sembrerebbe punti con “decisione” su questa tecnologia, con investimenti in start-up dedicate che nel 2023 sono stati pari a 33 miliardi di dollari per Meta, 13 miliardi per Microsoft, 4 miliardi per Amazon e 2 per Google.

    Cresce infatti il numero delle realtà che puntano alla Generative AI, come Siram Veolia, “perché é una tecnologia che ha una potenzialità incredibile. Soprattutto nel nostro mestiere, che ha a che fare con l’ambiente e, nel nostro caso specifico, con l’efficientamento energetico, il digitale ha un effetto moltiplicatore estremamente importante” ha spiegato Emanuela Trentin, Amministratore Delegato di Siram Veolia, che “questo dal punto di vista dei risvolti ottimistici e positivi”. Sarà necessario poi costruire un modello flessibile per rendere l’intelligenza artificiale scalabile, accertarsi che questa venga usata in modo responsabile e senza generare rischi (Accenture calcola che il 28% dei lavoratori usi già la Generative AI, il 50% dei quali senza supervisione) e riqualificare e riorganizzare la forza lavoro, che dovrà arrivare a uno stato “liquido”, pronto cioè a modificare velocemente ruoli e compiti in modo da stare al passo dell’evoluzione tecnologica. Infatti ha precisato Trentin che “questi sono anche strumenti che sono tanto potenti quanto da maneggiare con estrema cautela”. Per questo “ci siamo dotati di una compliance forte proprio per gestire al meglio l’utilizzo di questi strumenti che, appunto, devono essere governati”. Inoltre, per quanto riguarda il dato, Veolia “ha già sviluppato un suo sistema, di sua proprietà, perché con ChatGpt, se utilizzato in maniera inconsapevole e non strutturata, si rischia di diffondere all’esterno dei dati sensibili” ha osservato.

    La Gen AI trasformerà in modo sostanziale la Industry, a partire da tre direttrici principali che possiamo definire come “archetipi”: nuove modalità di interazione con i clienti, una ridefinizione degli asset aziendali attraverso l’incrocio fra “fisico” e “digitale” (phygital) e, infine, la progettazione di nuovi servizi, costruiti attorno ai lavoratori. Sulla scia della digitalizzazione e della ricerca Pier Lorenzo Dell’Orco, amministratore delegato di Italgas Reti spiega che ora “stiamo avviando una nuova fase, che sarà dominata dall’avvento prorompente dell’intelligenza artificiale generativa”. Inoltre, si è detto “fortemente convinto che la GenAI cambierà, in positivo, l’organizzazione complessiva del settore e il nostro modo di fare”. Infatti, “abbiamo avviato le prime iniziative di GenAI nell’ambito della gestione documentale, dei processi commerciali e delle manutenzioni degli asset, e i primi risultati sono davvero sorprendenti. Siamo molto fiduciosi sugli sviluppi futuri”. Il gruppo italgas ha avviato già dal 2017 “un ambizioso percorso diretto alla completa digitalizzazione degli asset e dei processi aziendali, iniziato con la totale migrazione on cloud nel e proseguito con il deployment massivo degli smart meters, la digitalizzazione di impianti e reti di distribuzione e lo sviluppo del primo sistema al mondo di comando e controllo remotizzato per reti gas. Di pari passo abbiamo avviato concrete applicazioni di intelligenza artificiale, che ci hanno portato in pochi anni a conseguire risultati sorprendenti in termini di adoption ed efficienza. Oggi, in Italgas, una persona su 4 utilizza quotidianamente strumenti di intelligenza artificiale per svolgere in modo più rapido ed efficace il proprio lavoro” ha concluso.

    La Generative AI “rappresenta un fattore trasformativo dirompente anche per il mondo delle Utilities e consentirà a tutti gli attori del mercato di ripensare radicalmente il modo in cui si svolgono processi e modalità di interazione con i consumatori, abilitando soluzioni fino a oggi inimmaginabili. Pensiamo, infatti, che nel comparto delle Utilities in Italia fino al 40% delle ore lavorate sarà trasformato dalla Gen AI, migliorando la qualità del lavoro delle persone e la produttività attraverso le potenzialità di questa innovativa tecnologia, a beneficio dell’intero Sistema” ha sottolineato Claudio Arcudi, responsabile dell’Industry Group Energy e utility in Europa di Accenture. Il mondo dell’energia “si trova oggi sulla soglia di una grande trasformazione, quella dell’Intelligenza Artificiale, che potrà rivelarsi decisiva per lo sviluppo di un settore sempre più complesso” ha evidenziato Marco Carta, Amministratore Delegato di Agici. La crescente centralità dell’efficienza energetica, delle rinnovabili, dell’economia circolare e della gestione delle acque in Europa e in Italia “ha ampliato, rispetto al passato, il perimetro delle attività svolte dalle Utilities. Aprirsi alla rivoluzione dell’IA Generativa sarà quindi funzionale alla gestione di questa complessità, favorendo anche un aumento della produttività delle Utilities. Per questo motivo, con l’incontro di oggi abbiamo voluto dare il nostro contributo al tema, per lanciare lo sguardo su un futuro che è sempre più vicino” ha concluso.

    Al termine dell’incontro sono stati consegnati i premi “Manager Utilities – Andrea Gilardoni” per l’anno 2023, votati dai prestigiosi comitati della Rivista Management delle Utilities e delle Infrastrutture di Agici. In questa diciassettesima edizione, vince nella categoria Energia Monica Iacono, ceo di Engie Italia, premiata dalla giuria “per i risultati raggiunti nel promuovere la leadership di Engie Italia nel processo di transizione energetica del nostro Paese”. Luca Dal Fabbro, Presidente Esecutivo di Iren, si aggiudica la vittoria nella categoria “Servizi Pubblici Locali “per la visione strategica fortemente innovativa ed i risultati industriali raggiunti da Iren nei servizi ambientali e nella circular economy”. Infine, Valentina Tamburini, head of strategy di A2A, ha ottenuto il Riconoscimento Speciale “L’energia di domani: il futuro è donna”, giunto alla seconda edizione e destinato alle professioniste under 40 nel settore delle utilities, “per il prezioso contributo al disegno della strategia del gruppo A2A”.

  • La delocalizzazione intellettuale

    Dagli anni ‘90 l’intera classe accademica, ed in particolare quella bocconiana, affermava come le delocalizzazioni produttive verso i paesi a basso costo di manodopera rappresentassero la soluzione ideale in quanto le professioni ad alto valore aggiunto sarebbero rimaste all’interno dei paesi occidentali più evoluti.

    Questa banale strategia ideologica ha aperto le porte ad un’infinita possibilità di posizioni speculative, come conferma l’attuale scelta di Stellantis, perfettamente in linea con quella di Google e di altre grandi aziende internazionali che smentiscono clamorosamente la infantile dottrina accademica e definiscono quello che potrebbe essere chiamato il ritardo culturale ed economico dell’intero mondo accademico e politico italiano.

    Il lavoro e il suo prodotto, indipendentemente dal contenuto tecnologico, rappresentano una sintesi di molteplici apporti professionali complessivi e proprio per questo la loro tutela non può che risultare complessiva.

    La esternalizzazione di determinate produzioni o servizi ha rappresentato sicuramente il modo per ridurre i costi fissi e parallelamente aumentare la flessibilità in rapporto alla complessità dei mercati.

    Tuttavia, questo processo ha creato anche delle filiere talmente complesse e distribuite nel mondo le quali ora, all’interno di una crisi legata agli eventi bellici come la guerra russo-ucraina e nel medio oriente, risultano insostenibili anche economicamente.

    A queste problematiche si aggiunge ora anche l’opportunità fornita dalla digitalizzazione dei sistemi nel loro complesso, la quale, di fatto, favorisce l’avvio di un processo di delocalizzazione intellettuale relativa a quelle professionalità che il miope mondo accademico aveva assicurato sarebbero rimaste all’interno dei paesi evoluti occidentali.

    In altre parole, la stessa definizione e distinzione delle diverse fasi di realizzazione di un prodotto o di un servizio in rapporto ad un diverso valore aggiunto nella fase di realizzazione di per sé rende impossibile la tutela complessiva del prodotto finale e quindi delle medesime professionalità utilizzate nel ciclo produttivo.

    La complessità di un prodotto, infatti, si rivela come l’espressione di articolate fasi e rappresenta, come si diceva prima, una sintesi di diverse professionalità ognuna delle quali assolutamente meritevole di tutela giuridica e normativa, in quanto espressione dei più diversi contributi professionali.

    L’inconsistenza strategica dimostrata dalla classe politica e da quella accademica che hanno, invece, sempre sostenuto questa “valutazione” del lavoro e in base a questa decidere quale fosse meritevole di una tutela, si rivela come il più grande fallimento economico e strategico nel mondo occidentale in relazione al proprio futuro.

    Il mercato globale può rappresentare un’occasione di sviluppo se e solo se i diversi attori che vi partecipano si dimostrano in grado di tutelare la propria cultura industriale ed economica.

    Viceversa, senza queste tutele ogni traguardo culturale e sociale delle singole Nazioni viene azzerato e con loro lo stesso futuro economico, favorendo così le posizioni speculative.

  • Nuovi finanziamenti dell’UE a favore di idee innovative per ridurre la disoccupazione di lungo periodo e aiutare le persone a trovare un lavoro

    La Commissione ha pubblicato un invito a presentare proposte, del valore di 23 milioni di euro, per aiutare gli Stati membri dell’UE a sviluppare nuovi strumenti per contrastare la disoccupazione di lungo periodo e a sostenere il reinserimento delle persone nel mercato del lavoro. L’intenzione era stata annunciata nel recente piano d’azione per affrontare le carenze di manodopera e di competenze nell’UE.

    Con questo invito a presentare proposte, finanziato nell’ambito dell’iniziativa “Innovazione sociale+” del Fondo sociale europeo Plus (FSE+), la Commissione vuole dare seguito a precedenti iniziative promettenti e rafforzare il ruolo delle organizzazioni dell’economia sociale. Si tratta di organizzazioni che danno la priorità a finalità sociali e ambientali e reinvestono la maggior parte dei loro guadagni nelle loro iniziative. Esse hanno inoltre dimostrato la capacità di sostenere le persone in condizioni di isolamento e povertà a causa della disoccupazione di lungo periodo.

    Le organizzazioni hanno tempo fino al 30 settembre 2024 per presentare le loro proposte, seguendo le istruzioni riportate sul sito web dell’invito.

  • Zambia uncovers ‘sophisticated’ Chinese cybercrime syndicate

    A “sophisticated internet fraud syndicate” has been uncovered in Zambia, leading to the arrest of 77 people, including 22 Chinese nationals.

    It was a “significant breakthrough in the fight against cybercrime”, the authorities said after a multi-agency raid on a Chinese-run company.

    The firm employed Zambians who believed they were to be call-centre agents.

    Among equipment seized were devices allowing callers to disguise their location and thousands of Sim cards.

    Golden Top Support Services, the company at the centre of the raid, has not commented on the allegations.

    The swoop on its premises, located in Roma, an upmarket suburb of the capital, Lusaka, was led by the Drug Enforcement Commission (DEC) and also involved the police, the immigration department and anti-terrorism unit.

    It came after months of intelligence gathering by the agencies following an alarming rise in internet fraud cases in Zambia, DEC director general Nason Banda said after Tuesday’s raid.

    He said Golden Top Support Services had recruited ” unsuspecting” Zambians aged between 20 and 25.

    They had been tasked “with engaging in deceptive conversations with unsuspecting mobile users across various platforms such as WhatsApp, Telegram, chatrooms and others, using scripted dialogues”.

    During the operation 11 Sim boxes were found – these are devices that can route calls in a way that bypasses legitimate phone networks.

    This enables them to be used “for fraudulent activities, including internet fraud and online scams”, Mr Banda said.

    More than 13,000 Sim cards – both domestic and international – were also seized, which underscored “the extent of the operation’s reach”, the DEC head said.

    An increasing number of Zambians were losing money from their bank accounts through money-laundering schemes, though this scam’s alleged “illicit operations extended beyond Zambia’s borders”, he said.

    Evidence indicated people in countries including Singapore, Peru, the United Arab Emirates (UAE) and others across Africa had been targeted.

    Two firearms and about 78 rounds of ammunition were confiscated and two vehicles, belonging to a Chinese national linked to the business, have been impounded.

    Mr Banda said the Zambian nationals had been charged and released on bail so they could help the authorities with their investigations.

    The foreign nationals – 22 Chinese men and a Cameroonian – remain in custody.

  • Interventi della Commissione per migliorare la qualità dei tirocini nell’UE

    La Commissione europea propone di migliorare le condizioni di lavoro dei tirocinanti, anche per quanto riguarda la retribuzione, l’inclusività e la qualità dei tirocini nell’UE. L’iniziativa contiene una proposta di direttiva relativa al miglioramento e all’applicazione delle condizioni di lavoro dei tirocinanti e alla lotta ai rapporti di lavoro stabili spacciati per tirocini e  una proposta di revisione della raccomandazione del Consiglio del 2014 su un quadro di qualità per i tirocini per affrontare questioni legate alla qualità e all’inclusività, quali una retribuzione equa e l’accesso alla protezione sociale.

    Nel 2019, anno al quale si riferiscono gli ultimi dati affidabili disponibili, si stima che nell’UE vi fossero 3,1 milioni di tirocinanti, circa la metà dei quali (1,6 milioni) ha usufruito di tirocini retribuiti.

    Tra gli elementi principali della proposta di direttiva ci sono il principio di non discriminazione, che garantisce che, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione, i tirocinanti siano trattati allo stesso modo dei dipendenti in pianta stabile, a meno che un trattamento diverso sia giustificato da motivi oggettivi, quali la differenza di mansioni, responsabilità inferiori, l’intensità di lavoro o il peso della componente di apprendimento e formazione; la garanzia che i tirocini non servano per nascondere posti di lavoro stabili: tale obiettivo sarà conseguito attraverso controlli e chiedendo alle imprese di comunicare il numero, la durata e le condizioni di lavoro dei tirocini; la possibilità, per i rappresentanti dei lavoratori, di impegnarsi per conto dei tirocinanti a tutela dei loro diritti; l’obbligo per gli Stati membri di garantire la presenza di canali attraverso i quali i tirocinanti possano denunciare pratiche scorrette e cattive condizioni di lavoro.

    La raccomandazione del Consiglio rafforzata si applica a tutti i tirocinanti, indipendentemente dalla posizione professionale, compresi i tirocini che sono parte integrante di programmi di istruzione e formazione formale e quelli obbligatori per accedere a professioni specifiche.

    Tra gli elementi principali della raccomandazione del Consiglio riveduta ci sono la promozione della parità di accesso alle opportunità di tirocinio presso le persone in situazioni di vulnerabilità e facendo in modo che i luoghi di lavoro siano accessibili ai tirocinanti con disabilità; la possibilità di svolgere lavoro ibrido e da remoto garantendo che i tirocinanti ricevano l’attrezzatura necessaria; l’aumento dell’occupabilità mediante un ulteriore orientamento professionale e incentivi ai soggetti promotori di tirocini affinché offrano ai tirocinanti un impiego stabile dopo il tirocinio.

    Questi nuovi elementi si aggiungono a quelli già contenuti nella raccomandazione del 2014 su un quadro di qualità per i tirocini, ad esempio avere avvisi di posto vacante chiari, fornire al tirocinante un contratto scritto prima dell’inizio del tirocinio che ne definisca i termini, garantire che i tirocini non siano eccessivamente lunghi o ripetuti, far sì che l’esperienza di apprendimento sia una parte fondamentale, garantire gli aspetti relativi alla salute e alla sicurezza e promuovere il successivo riconoscimento dei tirocini.

  • Al via un percorso di transizione per un commercio al dettaglio digitale e verde

    La Commissione ha pubblicato il percorso di transizione verso un ecosistema del commercio al dettaglio più resiliente, più digitale e più verde.

    Si tratta di un piano elaborato congiuntamente da Commissione, Stati membri, imprese, parti sociali e ONG che individua le sfide e le opportunità per l’ecosistema del commercio al dettaglio e propone azioni per migliorarne la resilienza e per sostenerne la trasformazione digitale, verde e nell’ambito delle competenze. Questo percorso promuove una transizione giusta ed equa per tutti gli attori dell’ecosistema, tra cui la forza lavoro, i consumatori e le imprese di ogni tipo e dimensione; incoraggia attori economici, parti sociali e autorità nazionali, regionali e locali a impegnarsi nel processo di attuazione congiunta e a contribuire a un ecosistema del commercio al dettaglio competitivo, sostenibile, resiliente ed equo.

    Il commercio al dettaglio è il più grande ecosistema industriale europeo: rappresenta infatti l’11,5% del valore aggiunto dell’UE. È inoltre il principale settore occupazionale dell’economia dell’UE, in quanto dà lavoro a quasi 30 milioni di persone in 5,5 milioni di imprese (il 99% delle quali sono PMI). L’ecosistema del commercio al dettaglio svolge un ruolo fondamentale nella distribuzione dei prodotti, di cui usufruiscono quotidianamente 450 milioni di consumatori in tutta l’UE. Si tratta anche di un elemento chiave del tessuto sociale delle comunità urbane e rurali e offre un contributo importante alla creazione di posti di lavoro locali e alla vitalità e all’attrattiva dei centri urbani.

  • La Ue garantisce equa concorrenza sul mercato e i contadini applaudono: tutela contro lo schiavismo

    Non sempre il contado usa il trattore per spargere liquame sulle istituzioni, quando viene accontentato il trattore viene usato per fare il suo lavoro nei campi e il contado plaude alla Ue. «Dopo la più grande manifestazione di agricoltori italiani a Bruxelles da oltre 25 anni, con più di 3mila associati della Coldiretti che hanno lasciato le proprie aziende nella giornata del Consiglio dei ministri agricoli dei 27, lo scorso 26 febbraio 2024» fa sapere un’entusiasta Coldiretti, «il Consiglio e il Parlamento europeo hanno infatti raggiunto un accordo sul regolamento che vieta nel mercato comunitario i prodotti realizzati con il lavoro forzato. Sarà la Commissione europea a condurre le indagini al di fuori del territorio dell’Ue con l’obiettivo di vietare l’immissione e la messa in vendita sul mercato dell’Ue di qualsiasi prodotto realizzato sfruttando il lavoro forzato. Una prima vera svolta per far rispettare, come chiesto a gran voce dalla mobilitazione della Coldiretti, il principio di reciprocità, ossia la necessità che dietro tutti i prodotti in vendita all’interno dei confini europei ci sia la garanzia del rispetto delle stesse norme che riguardano l’ambiente, la salute e anche il lavoro».

    Lavoro da fare, piuttosto che proteste contro chi possa e debba svolgere quel lavoro, del resto non manca, a detta proprio di Coldiretti. Un monitoraggio della stessa Coldiretti nei mercati degli agricoltori di Campagna amica sugli effetti concreti dei cambiamenti climatici ha infatti messo in evidenza che le fave vengono raccolte nel Lazio con oltre un mese di anticipo, così come in Sardegna e Puglia, e lo stesso vale per le fragole, mentre in Veneto sono comparsi sui banchi dei mercati contadini gli asparagi verdi; in arrivo ci sono poi anche carciofi romaneschi, piselli, erbe spontanee e agretti.

    La finta primavera, con un febbraio che è stato il più caldo mai registrato (+3,09° rispetto alla media storica) e un gennaio con +1,6° – sottolinea la Coldiretti –, ha mandato in tilt le coltivazioni nei campi lungo tutto lo stivale e stravolto completamente le offerte stagionali normalmente presenti su scaffali e bancarelle in questo periodo dell’anno rendendo impossibile una programmazione scalare della raccolta. Il risultato – precisa la Coldiretti – è un boom di primizie sui banchi di verdure e ortaggi dove è possibile trovare una grande varietà di offerta made in Italy. Per ottimizzare la spesa e non cadere negli inganni il consiglio della Coldiretti è quello di verificare l’origine nazionale, acquistare prodotti locali che non devono subire grandi spostamenti, comprare direttamente dagli agricoltori e non cercare per forza la frutta o la verdura perfetta perché piccoli problemi estetici non alterano le qualità organolettiche e nutrizionali, i cosiddetti brutti ma buoni. Nelle scelte dei consumatori grande rilievo viene dato alla freschezza del prodotto e al luogo di acquisto con una tendenza a privilegiare la spesa dal produttore. Anche perché – continua la Coldiretti – la verdura comperata direttamente dal contadino dura di più non dovendo affrontare lunghe distanze per il trasporto prima di arrivare nel punto di vendita ed è più buona e ricca di nutrienti perché raccolta quotidianamente al giusto grado di maturazione.

    Complessivamente la superficie italiana coltivata ad ortofrutta – sottolinea la Coldiretti – supera 1 milione di ettari e vale oltre il 25 per cento della produzione lorda vendibile agricola italiana. I punti di forza dell’ortofrutta italiana sono l’assortimento e la biodiversità, con il record di 120 prodotti ortofrutticoli Dop/Igp riconosciuti dall’Ue, la sicurezza, la qualità, la stagionalità che si esalta grazie allo sviluppo latitudinale e altitudinale dell’Italia, una caratteristica vincente per i prodotti ortofrutticoli del Belpaese. Un patrimonio del Made in Italy sul quale pesa però la concorrenza sleale – denuncia Coldiretti – con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso spinto addirittura da agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea. Un esempio sono le nocciole dalla Turchia, su cui pende l’accusa di sfruttamento del lavoro delle minoranze curde. Ma ci sono anche l’uva e l’aglio dell’Argentina e le banane del Brasile gravati da pesanti accuse del Dipartimento del lavoro Usa per utilizzo del lavoro minorile. “E’ assurdo che un Paese come l’Italia che ha la leadership per la produzione ortofrutticola debba importare prodotti dall’estero che peraltro non rispettano le stesse regole alle quali sono sottoposti i nostri agricoltori in materia di ambiente, salute e diritti dei lavoratori” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza di imporre a livello Ue il principio della reciprocità, a partire dagli accordi commerciali che offrono paradossalmente condizioni agevolate all’ingresso di frutta e verdura straniere.

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