libero scambio

  • Molto made in Italy tra i nodi da risolvere per l’accordo di libero scambio Ue-Australia

    Prosecco, grappa e gorgonzola, ma anche i formaggi feta e gruyere figurano nella lista che il ministro australiano del Commercio Simon Birmingham ha diffuso per rendere noti i 172 prodotti alimentari e i 236 vini e alcolici su cui Australia e Ue si stanno confrontando nella discussione di un accordo di libero commercio. L’Unione Europa reclama la protezione di origine di tali prodotti come condizione dell’accordo di libero commercio perché la protezione di indicazione geografica permette a coltivatori e produttori di proteggere nomi basati su una località (se possono provarne la rilevanza). Si tratta di condizioni che l’Ue ha già imposto in simili accordi stipulati con Canada, Giappone e Corea del Sud e che sono sul tavolo da un anno circa, da quando cioè sono iniziate le trattative con Canberra (con cui Bruxelles mira a rafforzare le relazioni dopo la Brexit). 

    Dall’accordo l’Australia conta di ottenere di esportare più prodotti agricoli e di allevamento, come grano, zucchero e carne, verso l’Ue che è già il secondo partner commerciale e la terza destinazione dell’export. Il Governo di Canberra dedicherà i prossimi tre mesi a consultazioni con i settori che con più probabilità subiranno l’impatto delle condizioni richieste. “Vogliamo consultarci direttamente con gli agricoltori e gli imprenditori australiani, in modo da poterli rappresentare pienamente nei negoziati con l’Ue”, ha detto il ministro Birmingham.

  • Ue e Giappone completano l’accordo di libero scambio con la tutela dei dati personali

    La Commissione europea ha completato con la decisione di adeguatezza relativa al Giappone l’accordo di libero scambio tra Ue e Paese del Sol Levante. La decisione permette la libera circolazione dei dati personali tra le due economie sulla base di solide garanzie di protezione ed è speculare ad analogo provvedimento preso dal Giappone. “Questa decisione di adeguatezza crea il più grande spazio al mondo di circolazione sicura dei dati. I cittadini europei i cui dati personali saranno trasferiti in Giappone beneficeranno di una protezione forte delle informazioni relative alla vita privata. Ne trarranno beneficio anche le nostre imprese, con un accesso privilegiato a un mercato di 127 milioni di consumatori. Investire nella tutela della vita privata paga: questo accordo costituirà un modello per futuri partenariati in questo settore fondamentale e contribuirà alla definizione di standard di livello mondiale” ha osservato Věra Jourová, Commissaria responsabile per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere.

    Nel dettaglio, Ue e Giappone hanno concordato un insieme di norme che garantiscono la protezione dei dati sensibili, l’esercizio dei diritti individuali e le condizioni alle quali i dati possono essere successivamente trasferiti  a un paese terzo. Il governo giapponese ha inoltre fornito alla Commissione rassicurazioni sulle garanzie relative all’accesso da parte delle autorità pubbliche giapponesi a fini di contrasto penale e sicurezza nazionale, garantendo che qualsiasi utilizzo dei dati personali a tali fini dovrà limitarsi a quanto necessario e proporzionato e sarà soggetto a un controllo indipendente e ad efficaci meccanismi di ricorso (è stato previsto anche un meccanismo di gestione dei reclami per l’esame e la risoluzione dei reclami proposti dai cittadini europei riguardo all’accesso delle autorità pubbliche giapponesi ai dati che li riguardano, affidato all’autorità giapponese indipendente per la protezione dei dati).

    Tra due anni avrà luogo un riesame congiunto per valutare il funzionamento del quadro di garanzie concordate. Successivamente il riesame avrà luogo almeno ogni quattro anni.

    Secondo quanto ha ribadito il board dei garanti europei (Edpb), che si è riunito in plenaria, confermando sostanzialmente la valutazione già fatta in passato, restano invece “preoccupazioni” sull’attuazione dello ‘scudo’ Usa a tutela della privacy dei dati personali dei cittadini europei trasferiti oltre oceano.  Alla luce della seconda revisione del ‘Privacy Shield’, nonostante i progressi fatti da Washington nel garantire gli impegni presi con l’Ue, le preoccupazioni vertono sulla mancanza di “garanzie concrete” che assicurino che non avvenga una raccolta indiscriminata di dati per motivi di sicurezza, mentre la figura del Mediatore non sembra dotata di poteri sufficienti per porre rimedio in caso di abusi da parte degli Usa. Infine secondo i garanti dei 28 i controlli sull’attuazione corretta dello ‘scudo’ “non sono sufficientemente forti”.

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