Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia.
Leo Longanesi
Come molte altre parole di uso quotidiano anche la parola democrazia fa parte del vocabolario della lingua greca antica. Si tratta di una parola composta che, tradotta letteralmente, significa potere del popolo. Il popolo dovrebbe esercitare la sua sovranità direttamente o indirettamente, tramite diverse forme di consultazioni di massa, per stabilire la forma dell’organizzazione dello Stato. Si tratta di una parola però che, nel corso dei secoli, ha espresso concetti diversi. Riferendosi a documenti della Grecia antica, gli studiosi hanno evidenziato che il significato della parola era tutt’altro che positivo. Platone ed Aristotele, due noti filosofi della Grecia antica, davano al concetto della democrazia un significato negativo. Per Platone dovrebbero essere i filosofi e non il popolo ad avere il potere e governare. Mentre per Aristotele la democrazia non era la forma dovuta dell’organizzazione dello Stato, perché si poteva trasformare in una tirannide. In seguito, durante il periodo dell’illuminismo europeo, il concetto della democrazia è stato trattato da molti noti filosofi come John Locke, Jean-Jacques Rousseau e Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, comunemente noto come Montesquieu. Era il 1863 quando Abraham Linkoln definì la democrazia come “il governo del popolo, da parte del popolo, per il popolo”. Una definizione quella che, nel 1958, è stata introdotta anche nella Costituzione francese.
Montesquieu, trattando il concetto della democrazia, ha ripreso dall’antichità un altro concetto, quello della separazione dei poteri. In seguito ad un lungo lavoro, durato per ben quattordici anni, lui pubblicò nel 1748 un insieme di trentuno libri, raccolti in due volumi ed intitolato De l’esprit des lois (Spirito delle leggi; n.d.a.). Un’opera che rappresenta un trattato del pensiero politico e giudiziario del Settecento che è attuale anche adesso. Un trattato in cui Montesquieu evidenziava e definiva i tre poteri che dovevano essere divisi ed indipendenti; il potere legislativo, il potere esecutivo ed il potere giudiziario. Ovviamente Montesquieu si riferiva all’organizzazione dello Stato dell’epoca in cui viveva. Per lui il potere legislativo “…verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo”. Invece il potere esecutivo “…deve essere nelle mani d’un monarca, perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d’una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi”. Mentre il potere giudiziario doveva essere “la bouche de la lois” (la bocca della legge; n.d.a.).
Il concetto della democrazia, intesa come democrazia liberale, si è evoluto e ha assunto un significato positivo. La forma dell’organizzazione dello Stato liberale prende vita in Inghilterra nel ‘600. Due sono i documenti su cui si basa: la Magna Carta libertatum (Grande Carta delle libertà, 1215; n.d.a.) e il Bill of Rights (Carta dei diritti, 1689; n.d.a.). Con la democrazia liberale si intende una forma di governo che si basa sul coordinamento e la connivenza del principio liberale dei diritti individuali dell’essere umano con il principio democratico della sovranità del popolo. La storia ci insegna però che il diritto di voto non era riconosciuto da sempre alle donne ed ad alcune altre comunità. Un diritto acquisito ormai e non sempre facilmente. In uno Stato democratico la Costituzione rappresenta il limite oltre il quale il governo non può esercitare la sua autorità. Ma rappresenta anche la garanzia del funzionamento dello Stato di diritto. E cioè di quella forma del funzionamento dello Stato che garantisce il rispetto dei diritti e delle libertà dell’essere umano.
Era il 1907 quando Giuseppe Toniolo, un economista e sociologo italiano ed uno dei protagonisti del movimento cattolico, proclamato Beato nel 2012, diede avvio a quella che ormai è nota come la Settimana Sociale dei cattolici. La scorsa settimana, dal 3 al 7 luglio, è stata celebrata la 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia. Sono state organizzate diverse attività con il tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. Mercoledì scorso, 3 luglio, a Trieste per dare inizio alla Settimana Sociale era presente anche il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Durante il suo intervento egli ha trattato il tema della democrazia, sottolineando che “Una democrazia ‘della maggioranza’ sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà”. Sempre riferendosi alla democrazia il Presidente ha affermato: “Le dittature del Novecento l’hanno identificata come un nemico da battere. Gli uomini liberi ne hanno fatto una bandiera. Insieme una conquista e una speranza che, a volte, si cerca, in modo spregiudicato, di mortificare ponendone il nome a sostegno di tesi di parte. Non vi è dibattito in cui non venga invocata a conforto della posizione propria. Un tessuto che gli avversari della democrazia pretenderebbero logoro”. Il Presidente ha altresì detto che “…Non è democrazia senza la tutela dei diritti fondamentali di libertà, che rappresentano quel che dà senso allo Stato di diritto e alla democrazia stessa”.
La 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia si è conclusa, sempre a Trieste, con la presenza di Papa Francesco. Durante il suo intervento il Santo Padre ha trattato ampiamente il concetto della democrazia. Per lui “…La parola stessa ‘democrazia’ non coincide semplicemente con il voto del popolo; nel frattempo a me preoccupa il numero ridotto della gente che è andata a votare. Cosa significa quello? Non è il voto del popolo solamente, ma esige che si creino le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare. E la partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va ‘allenata’, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche”. Papa Francesco, tra l’altro, ha ribadito che “…Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia, né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale”.
Nel suo piccolo l’autore di queste righe si è riferito spesso alla democrazia, sia come concetto, sia come vissuta realtà quotidiana. Egli ha trattato per il nostro lettore anche le diverse deformazioni fatte alla democrazia (Stabilocrazia e democratura, 25 febbraio 2019; Bisogna reagire, 17 maggio 2021; Predicano i principi della democrazia ma poi, 28 giugno 2021; Interessi, indifferenza, irresponsabilità, ipocrisia e gravi conseguenze, 15 novembre 2021; Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione, 23 ottobre 2023 ecc..). Più di cinque anni fa l’autore di queste righe scriveva: “…Stabilocrazia e democratura sono due neologismi coniati ultimamente e usati, quasi sempre, in una connotazione non positiva […]. La prima è un incrocio tra le parole stabilità e democrazia. Mentre la seconda tra le parole democrazia e dittatura. […]. Fatti alla mano però, quasi sempre la scelta della stabilità, giustificata da “ragioni geopolitiche”, per un paese/una regione ha compromesso i principi basilari della democrazia. Almeno analizzando quanto è realmente accaduto in diversi Paesi e in diverse parti del mondo. Quando un Paese si trova in uno stato di democratura, l’instaurazione anche di una stabilocrazia, per motivi di mutuale convenienza diventa più facile” (Stabilocrazia e democratura, 25 febbraio 2019).
Chi scrive queste righe, seguendo quanto ha detto Papa Francesco domenica scorsa a Trieste, ha trovato molto significativa la sua affermazione che “La crisi della democrazia è come un cuore ferito”. Egli condivide pienamente anche le sagge parole di Leo Longanesi. Si, soltanto sotto una dittatura ci si riesce a credere nella democrazia. In quella democrazia però che garantisce il rispetto dei diritti individuali dell’essere umano e la reale sovranità dei cittadini.