Libertà

  • Asian Games: China censors ‘Tiananmen’ image of athletes hugging

    A photo of two Chinese female athletes that made an inadvertent reference to the Tiananmen Square massacre has been censored on Chinese social media.

    The race numbers for Lin Yuwei and Wu Yanni form “64” – a common allusion to the incident which happened on June 4.

    Discussions of the incident remain taboo in China, with authorities routinely scrubbing any mention of the topic from the internet.

    In 1989, troops shot dead hundreds of pro-democracy protesters in Beijing.

    It remains unclear how many people actually died that day, but human rights groups’ estimates range from several hundred to several thousand killed.

    The athletes had embraced each other after a 100m hurdles race at the Asian Games in which Ms Lin won gold. She was wearing her lane number 6 next to Ms Wu’s lane number 4 in the photo.

    Users had posted their congratulations to Ms Lin on Weibo, one of China’s biggest social media platforms, but posts which included the photo were replaced with grey squares.

    However, the photo does not appear to have been completely scrubbed off the internet, with some Chinese news articles still showing a photo of the two athletes.

    China has won nearly 300 medals so far in the Asian Games, which are currently taking place in the Chinese city of Hangzhou. It is due to go on until 8 October.

    Discussion of the events that took place in Tiananmen Square is highly sensitive in China – with generations of younger Chinese growing up with little to no knowledge about the Tiananmen Square massacre.

    Posts relating to the massacres are regularly removed from the internet, which is tightly controlled by the government.

    Last year, a popular Chinese influencer’s livestream, which took place on the eve of the 33rd anniversary of the massacre, ended abruptly after he showed his audience a vanilla log cake which resembled a tank – a reference to a iconic image of one so-called Tank Man, which shows a civilian with shopping bags standing in front of a queue of tanks, attempting to block them.

  • Giornata internazionale della democrazia: dichiarazione congiunta dell’Alto rappresentante/Vicepresidente Josep Borrell e della Vicepresidente Šuica

    In occasione della Giornata internazionale della democrazia, che si celebra ogni anno il 15 settembre, l’Unione europea ribadisce il suo fermo impegno a sostenere e difendere la democrazia, basata sui diritti umani universali, all’interno e al di là delle sue frontiere.

    La democrazia ha trasformato e migliorato le società di tutto il mondo. L’erosione della democrazia e dei diritti umani è tuttavia una realtà che non risparmia nessuno.

    La guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina costituisce anche un attacco alla democrazia e all’ordine basato su regole. L’Unione europea, i suoi Stati membri e le democrazie di tutto il mondo si sono riuniti per sostenere l’Ucraina, riconoscendo che sono in gioco i principi fondamentali delle nostre società.

    Nessuna democrazia è immune alle sfide che ci troviamo ad affrontare oggi. Dobbiamo sempre restare vigili e agire sugli sforzi continui per attaccare lo Stato di diritto, sopprimere le libertà civili, manipolare le elezioni e reprimere la società civile.

    Mano a mano che i regimi autoritari sviluppano e diffondono false narrazioni che si presentano come semplici alternative alle democrazie, non dobbiamo sottovalutare il potenziale nefasto delle attività di manipolazione delle informazioni e di disinformazione.

    L’inclusività è la forza della democrazia. Il rigetto dell’autoritarismo è possibile quando le persone di tutte le generazioni sono in grado di esercitare le loro libertà e i loro diritti per partecipare e impegnarsi nelle rispettive società. Siamo determinati a proteggere le istituzioni democratiche che sono alla base della nostra democrazia. Tale protezione va di pari passo con l’approfondimento del nostro impegno nei confronti dei cittadini per costruire la resilienza democratica.

    Il nostro impegno a favore dell’inclusività è illustrato dalle nostre innovazioni in materia di coinvolgimento dei cittadini all’interno dell’Unione europea attraverso panel di cittadini, sulla scorta del successo della Conferenza sul futuro dell’Europa. Le innovazioni nel nostro ecosistema democratico ci consentono di condividere reciprocamente gli insegnamenti tratti. Inoltre, il nostro operato globale per consentire alle donne, ai giovani e ai bambini di partecipare agli affari pubblici e al processo decisionale è un investimento per il futuro. Ciò è legato all’importanza di trasmettere i valori fondamentali e di dotare i cittadini delle competenze necessarie per impegnarsi nella democrazia e sostenerla.

    L’Unione europea continuerà a dialogare con i paesi di tutto il mondo per unire le forze con coloro che credono nei principi e nei valori democratici in Africa, Asia-Pacifico, Americhe ed Europa. Dobbiamo continuare ad adoperarci per trovare un terreno e interessi comuni con i nostri partner.

    Più che mai, dobbiamo sostenere attivamente i paesi con aperture democratiche e continuare a dotarci di meccanismi di sostegno agili e flessibili, anche attraverso il sistema multilaterale

    Perché insieme costruiamo la democrazia. Insieme difendiamo la democrazia. Insieme difendiamo l’universalità dei diritti umani.

  • La libertà

    La  libertà rappresenta, ancora oggi, un valore sconosciuto.

    Nella medesima spiaggia del veneziano solo qualche settimana addietro era possibile imbattersi in una famiglia musulmana con la moglie al bagno con il burkini e a solo a poche centinaia di metri trovare delle persone adulte che praticavano il naturismo.

    Queste due forme di approccio sicuramente sono agli antipodi nella interpretazione della vita in riva al mare, ma dimostrano come contemporaneamente possano coesistere due filosofie di costume ed espressione di valori etici e religiosi diversi, in quanto non hanno intenzione di imporre il proprio codice alla parte “avversa”.

    In altre parole, la lezione veneziana esprime la superiorità valoriale del codice occidentale che proprio per la propria forza riesce a contenere nell’alveo democratico le più diverse espressioni di costume umano.

    Viceversa, l’idea di vietare l’accesso ad una spiaggia pubblica ad una donna  per il solo motivo del costume indossato, come intenderebbe imporre la sindaca di Monfalcone, rappresenta l’espressione della peggiore retroguardia culturale.

    Innanzitutto tutto perché ghettizzare una donna che forse esprime la propria situazione con il burkini impedisce alla stessa di venire a contatto con una realtà diversa da quella del proprio ambito familiare e religioso e conseguentemente emanciparsi.

    Ed in secondo luogo una democrazia cresce anche attraverso la consapevolezza della priorità forza che parte dalla uguaglianza tra donna e uomo, quindi non vieta nessuna, perché un divieto rappresenta una forma di debolezza ed  investe nel progresso culturale forte della propria consapevolezza.

    A Monfalcone, la scelta della sindaca esprime solo una triste debolezza culturale ed una povertà umana che nulla hanno in comune con il valore occidentale della libertà.

  • Diritto di cronaca?

    Approfittando dell’estate e riguardando all’anno passato ci sembra il momento di fare qualche considerazione su quel diritto di cronaca che, a nostro avviso, negli ultimi anni è stato stravolto.

    Pensiamo a quegli inviati delle testate televisive che, mettendoti un microfono praticamente in bocca, chiedono, con insistenza degna di miglior causa, di conoscere a tutti i costi il nostro pensiero anche quando non abbiamo nulla da dire o, addirittura, siamo  frastornati per notizie tristi che ci riguardano.

    Il diritto di cronaca va rispettato ma il diritto alla privacy non esiste più?

    Persone che hanno appena perso un congiunto, che sono scampate ad una tragedia, persone che non hanno voglia di comparire sui media, perché nella vita non tutto è spettacolo e non siamo tutti in spasmodica ricerca di quell’apparire che è l’obiettivo  tipico di certi vip, o degli aspiranti tali, sono inseguite fuori da ogni decenza.

    Giornalisti, uomini e donne, che con voce querula ti inseguono fuori dal tribunale, dall’agenzia delle Pompe funebri o sul luogo di un terribile delitto o incidente, che ti fanno domande alle quali, comunque risponderai, sai che la messa in onda sarà tagliata per assecondare quello che è l’obiettivo del servizio: non fare ipotetica luce su chissà quale verità ma fare audience, battere le altre testate per raccontare qualsiasi cosa di più degli altri, a prescindere dai sentimenti delle persone tampinate fino allo spasimo molte volte le domande sono proprio alla ricerca di una risposta scomposta ed irata.

    A questi giornalisti è impossibile sfuggire, ti aspettano, ti trovano, ti inseguono, forse solo un velocista riuscirebbe a sottrarsi alla loro, querula, invadente insistenza.

    Questo è giornalismo, inchiesta, diritto di cronaca o un vero e proprio mal costume che nessuno ha il coraggio di fermare perché il quarto potere, la stampa, persa gran parte della deontologia che dovrebbe guidare la professione è diventato più mestiere da paparazzi? Comunque la stampa ha un potere immenso che neppure i magistrati possono minare perché i media decretano innocenti e colpevoli, così siamo tutti vittime sacrificali dell’ascolto.

    I processi sono fatti in tv prima che nei tribunali

    Poi, dopo aver ossessionato le persone comuni vittime o testimoni di tragedie l’attenzione si sposta sulla così detta casta nella spasmodica ricerca di qualche oscuro segreto sugli emolumenti degli eletti alla Camera o al Senato.

    Un pericoloso tentativo, spesso riuscito, di far apparire deputati e senatori come nullafacenti  affamatori del popolo.
    Diciamolo francamente quanti di questi giornalisti hanno, con la stessa assiduità e perseveranza, per non dire sfacciataggine, chiesto conto ai tanti AD, di società  pubbliche, partecipate e private, di quanto guadagnano e di quante azioni, delle aziende che dirigono, sono gratificati nel corso della carriera o come buona uscita?

    Nessun dubbio per nessuno che ciascun giocatore di calcio o allenatore si meriti tutto quello che guadagna ma per chi rappresenta, democraticamente eletto, la repubblica solo critiche, contestazioni, insulti?

    Perché i giornalisti non controllano il lavoro dei deputati, le presenze, in aula, in commissione e sul territorio, le votazioni, le proposte di legge, le interrogazioni o interpellanze, perché non denunciare chi eventualmente non svolge a pieno ritmo il proprio lavoro invece che fare, come sempre, di tutt’erbe un fascio?

    Perché cercare sempre e comunque di additare chi rappresenta il potere legislativo come un parassita? Forse qualcuno preferirebbe un sistema nel quale non ci fossero più elezioni e rappresentanti del popolo o un sistema nel quale solo i ricchi potrebbero fare i deputati gratuitamente?

    Si è caduti nel ridicolo ma si rischia di finire nel tragico e più si delegittimano i nostri rappresentanti più si rischiano situazioni come quelle che vediamo in paesi vicini dove la democrazia non esiste.

    Forse l’estate dovrebbe consentirci qualche momento di seria riflessione.

  • Il Parlamento europeo bando il premio Daphne Caruana Galizia per il giornalismo

    Il Parlamento Europeo ha pubblicato il bando per la presentazione delle proposte per il Premio Daphne Caruana Galizia per il giornalismo.

    Il Premio, assegnato ogni anno intorno al 16 ottobre, giorno dell’omicidio della giornalista, è un riconoscimento annuale per il giornalismo d’eccellenza che promuove e difende i principi e i valori fondamentali dell’Unione europea, quali dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e diritti umani.

    Possono partecipare giornalisti o team di giornalisti di qualsiasi nazionalità, presentando inchieste approfondite pubblicate o trasmesse da mezzi di comunicazione con sede in uno dei 27 Stati membri dell’Unione. Lo scopo è di sostenere e mettere in risalto l’importanza del giornalismo professionistico per la salvaguardia della libertà e dell’uguaglianza.

    Il premio, e i 20.000 euro assegnati al vincitore, dimostrano il sostegno del Parlamento nei confronti del giornalismo investigativo e l’importanza di una stampa libera. Negli ultimi anni, il Parlamento ha segnalato i tentativi, all’interno e all’esterno dell’UE, di minare il pluralismo dei media.

    I giornalisti possono presentare i loro articoli sul sito entro le 23.59 del 31 luglio 2023.

    Per maggiori informazioni: info@daphnejournalismprize.eu

  • Ragion di Stato e interesse collettivo

    In questi giorni abbiamo gioito per la liberazione di Zaki ed apprezzato il delicato lavoro del governo italiano che ha aiutato ad arrivare a questa soluzione.

    Sono purtroppo poi seguite una serie di elucubrazioni e di fantasiose ipotesi alle quali rispondiamo molto in sintesi: l’Egitto ha bisogno dell’Italia, l’Italia ha bisogno dell’Egitto, inoltre il presidente al Sisi, piaccia o non piaccia, con tutti i difetti che ci sono in un sistema ancora lontano dall’essere una democrazia compiuta, è un importante, decisivo baluardo contro le corti islamiche ed i Fratelli musulmani che tanto dolore e sangue stanno ancora spargendo in Africa e non solo.

    Se una nota stonata c’è stata, a nostro parere, è l’aver offerto il volo di Stato per il rientro di Zaki, volo che infatti Zaki ha rifiutato. E’ stato un inutile di più, che ha portato a critiche e perplessità verso chi, con questa iniziativa, non aveva capito anche i risvolti diplomatici e di opportunità politica che sarebbero seguiti per tutti i protagonisti  di questa brutta vicenda, Zaki per primo.

    Purtroppo il mondo è pieno di ingiustizie e di governanti che non rispettano oppositori, giornalisti, donne libere e diritti inalienabili, portato a casa Zaki riprendiamo ad occuparci dei tanti che, non solo nelle carceri, sono privati della libertà e del diritto di parola e di critica sapendo che comunque la ragion di Stato prevale quando è in gioco l’interesse collettivo, basti pensare alla Turchia, al grano ucraino e a chi potrebbe provare a mediare per la fine del conflitto.

  • Una corretta informazione

    In Ucraina è morta, dilaniata da un missile russo a Kramatorsk, la scrittrice Victoria Amelina, una voce importante di quella cultura che non si vende e non si arrende ed infatti, dall’inizio della tragica guerra voluta da Putin, Amelina è sempre stata in prima fila a raccontare la verità.

    In Cecenia la giornalista Yelena Milashina di Novaya Gazeta ed il suo avvocato sono stati selvaggiamente picchiati, a lei, oltre alle botte che le hanno rotto le dita e sfondato il cranio, è stata anche rasata la testa e poi è stata cosparsa di vernice.

    Molte sono le voci libere dell’informazione che hanno perso la vita nella guerra voluta dal criminale progetto dello zar russo ed anche in altre zone di conflitto i corrispondenti di guerra hanno pagato un caro prezzo per informare, documentare, non lasciare che tanti crimini rimanessero sotto silenzio.

    A questo giornalismo, a tutte le persone di cultura che hanno dato, con sprezzo del pericolo e sacrificio personale, il loro contributo ad una informazione altrimenti negata il nostro riconoscimento e la nostra riconoscenza.

    In questo drammatico contesto riesce difficile appassionarci ai cambi di testata di alcuni autorevoli rappresentanti dell’informazione Rai e facciamo fatica a comprendere come tante parole, non solo sulla carta stampata, siano dedicate alla scelta di Bianca Berlinguer di firmare un contratto con Mediaset, con la televisione commerciale che tanto spesso è stata denigrata proprio da quella sinistra alla quale la giornalista guarda con simpatia.

    Ognuno ha le sue buone ragioni e le scelte devono essere libere, ciò non toglie che ci sembra più che mai attuale il “tanto rumore per nulla”.

    Vorremmo invece un po’ più di rumore, di critica, di presa di distanza da pericolose affermazioni come quelle di Conte che, proprio mentre in Francia assistiamo a manifestazioni di estrema e pericolosa violenza, parla di “incendio sociale” programmato dal governo. Se poi teniamo conto che solo pochi giorni fa Grillo aveva arringato la folla invitando ad andare in piazza incappucciati è facile capire che la politica del tanto peggio tanto meglio può portare, in un attimo, a situazioni ingestibili.

    Certo invitare a coordinare le parole col cervello sarebbe utile se potessimo presupporre che il cervello non conosceva, neppure in questi casi, le conseguenze delle parole ma non è questa la fattispecie.

    Chi vede la politica come uno strumento per preservare od aumentare il proprio consenso e potere non ha tempo per pensare al bene pubblico così come chi vede nel giornalismo un mestiere come un altro, e non una missione per una corretta ed imparziale informazione, pensa solo a quanto potrà guadagnare in immagine, e non solo.

  • Zitta!

    Che cosa vuole dire che contestare è un diritto? Quando si travalicano i limiti e si trasforma il proprio dissenso in un atto di pura violenza?

    Non dovrebbe essere difficile capirlo e ciò senza tirare in ballo l’intera cultura costituzionale.

    Basterebbe applicare il principio morale secondo il quale non si deve fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi.

    Proviamo ad immaginare se, invece della ministra Roccella, fosse stata una esponente della parte avversa ad essere svillaneggiata: le contestatrici avrebbero ritenuto accettabile che venisse zittita? Certo che no. Ma, purtroppo, non per difendere una visione democratica, liberale della vita. Giusto per il contrario: per rivendicare la pretesa ad essere le sole autorizzate ad aprire bocca; le uniche le cui idee meritano di essere difese e divulgate.

    Come disse un Presidente della Repubblica, non da tutti amato, mi viene a questo punto da ripetere: “Non ci sto”.

    E’ per questo che rivendico il diritto a contestare la vostra contestazione arrogante e fanatica e, parafrasando uno slogan genitale a voi certamente noto, mi sorge spontaneo affermare che “il cervello è mio e lo gestisco io”. Vi piacciano o meno le mie idee e la pluralità delle voci che vorrei continuare ad ascoltare per informarmi.

  • Cronaca di un massacro elettorale preannunciato

    Elezione. Semplice artificio mediante il quale una maggioranza

    dimostra a una minoranza che sarebbe follia tentare di resistere.

    Ambrose Bierce

    Gabriel Garzia Márquez è un noto scrittore colombiano che nel 1982 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura. Un anno prima veniva pubblicato un suo romanzo intitolato “Cronaca di una morte annunciata”. Una storia vera, accaduta una trentina di anni prima nel suo paese natale, quella che lo scrittore ha portato nel suo romanzo. Ovviamente cambiando i nomi dei suoi personaggi. Il romanzo racconta la storia di un giovane ucciso dai due fratelli gemelli di una ragazza con la quale lui aveva avuto una relazione. Durante quella relazione durata poco, la ragazza aveva persa la sua verginità. Tutto accade l’indomani del giorno in cui la ragazza si sposa con un altro uomo. Lo sposo però scopre che la sposa non era più illibata e la ripudia. Tornata a casa lei racconta tutto ai suoi due fratelli i quali decidono subito di vendicarsi. Escono di casa e fanno sapere a tutti quello che volevano fare. Saputa l’intenzione dei due fratelli di uccidere colui che aveva disonorato la sorella, alcuni compaesani hanno pensato che loro non sarebbero stati capaci di compiere un simile atto crudele. Altri speravano che la vittima fosse stata avvisata in tempo da potersi mettere in salvo. Altri ancora credevano che era tutta una storia inventata dai fratelli sotto l’effetto dell’alcol bevuto in abbondanza durante i festeggiamenti di poche ore prima. Ragion per cui nessuno si era mosso a trovare ed avvisare il ragazzo ed impedire la tragedia. Il caso ha voluto che il ragazzo, l’unico nel paese che ancora non sapeva niente, tornando a casa, li trova di fronte, coltelli alla mano. Il ragazzo ha cominciato a correre per mettersi in salvo, dirigendosi verso casa sua che si trovava proprio lì vicino. Il caso però ha voluto che sua madre, vedendo il figlio correre verso la porta e credendo che fosse riuscito, scese giù e chiuse la porta, ignara di aver lasciato il figlio nelle mani dei suoi assassini. I due fratelli raggiunsero ed uccisero il ragazzo, accoltellandolo

    Alla fine del romanzo il lettore apprende che i due fratelli, dopo essere stati condannati per omicidio, vengono lasciati liberi perché era stato riconosciuto il “motivo d’onore”. Mentre la loro sorella, dopo diciassette anni incontra di nuovo il suo ex marito che l’aveva ripudiata la prima notte del loro matrimonio. Lui si presenta alla sua porta portando una valigia piena di lettere da lei scritte nella speranza che venisse perdonata. Lettere che lui non aveva mai aperto. Questa è la storia che lo scrittore racconta nel suo noto romanzo “Cronaca di una morte annunciata”. Il caso ha voluto che proprio un anno prima che il romanzo fosse pubblicato, sua madre comunicò a Gabriel Garzia Márquez la morte della madre del ragazzo ucciso trentanni prima. Era un ragazzo di origini italiane che a quel tempo viveva e studiava a Bogotà, in Colombia. Lo scrittore è stato informato anche che la madre della vittima morì senza mai essersi ripresa dalla tragedia del suo giovane figlio. Sua madre, conoscendo l’intenzione del figlio Gabriel Garzia Márquez di scrivere e raccontare quella storia, lo supplicò di trattare tutto come se la giovane vittima di trentanni prima fosse stato suo figlio, perciò fratello dello scrittore. Un anno dopo, nel 1981 veniva pubblicato il romanzo con, all’inizio, la nota dell’autore: “Una cosa risolta così male nella vita non può risolversi bene in un libro”.

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato dall’autore di queste righe anche sulle ultime giornate della campagna elettorale in Albania, prima delle elezioni amministrative del 14 maggio.  “La prossima domenica in Albania si svolgeranno le elezioni amministrative per eleggere 61 sindaci di altrettanti municipi. Il primo ministro però, fatti accaduti durante queste ultime settimane, fatti documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, sta facendo di tutto per annientare il diritto di voto libero dei cittadini”. Aggiungendo in seguito, riferendosi al primo ministro albanese, che “…Lui sta minacciando pubblicamente e in palese violazione delle leggi in vigore, tutti coloro che potrebbero votare per i suoi avversari. E come lui lo stanno facendo anche altri sindaci che si ricandidano, nonché molti rappresentanti istituzionali della maggioranza governativa, nonostante atti del genere siano vietati e condannabili per legge.. Inoltre, il nostro lettore veniva informato che “…Tutto fa pensare che anche le elezioni amministrative della prossima domenica, come tutte quelle precedenti dal 2013 in poi, non saranno elezioni, ma semplicemente votazioni, come durante la dittatura comunista”. Sottolineando che “…Sempre fatti accaduti alla mano, risulta che il primo ministro, oltre a controllare tutti e tre i poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) e quello dei media, controlla anche le istituzioni che gestiscono le elezioni come la Commissione Centrale Elettorale, la Commissione delle Rivendicazioni e delle Sanzioni ed il Collegio Elettorale. Lo testimoniano tutte le illecite decisioni prese da queste istituzioni dallo scorso marzo”. In seguito il nostro lettore veniva informato che “…Il primo ministro sta facendo di tutto per vincere le elezioni, costi quel che costi. Veramente di tutto. Lo sta facendo per proteggere se stesso. La posta in gioco è molto alta. Perché se perdesse, allora per lui potrebbero cominciare seri, veramente seri problemi” (Autocrati che stanno facendo di tutto per mantenere il potere; 8 maggio 2023).

    Infatti, tutto quello che si è verificato e successo, sia prima delle elezioni amministrative di domenica scorsa, sia durante il giorno stesso delle elezioni, fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente alla mano, risulta essere stata semplicemente la cronaca di un massacro elettorale preannunciato. È la cronaca di tutto quello che è ormai accaduto e noto al pubblico, di tutte quelle violazioni della Costituzione e delle leggi in vigore e che hanno garantito la tanto voluta “vittoria” personale del primo ministro. Anche se fino ad adesso, lunedì 15 maggio, i dati ufficiali sono parziali, essendo stati conclusi i conteggi solo in una parte dei municipi, si capisce che il primo ministro ha raggiunto il suo tanto ambito e vitale obiettivo. Ma sono state tante le violazioni, cominciate molto prima delle elezioni stesse. Il nostro lettore è stato informato del sistema ben organizzato di coloro che vengono chiamati come i patrocinatori. Sono tanti, migliaia e migliaia, reclutati e direttamente coinvolti per avere informazioni riguardanti i cittadini che possono votare, i loro famigliari, i loro bisogni, i loro “punti deboli”, per poi poterli minacciare e costringere a votare per il raggruppamento politico del primo ministro (Si sa di chi è la colpa, 7 novembre 2022; Uso scandaloso di dati personali, 31 gennaio 2022; Sono semplicemente seguaci del modello abusivo dei superiori, 16 gennaio 2023 ecc.). Per raggiungere il suo obiettivo, il primo ministro e i suoi “strateghi” hanno attivato anche un’applicazione informatica chiamata “l’Attivista”. Con quell’applicazione, installata dagli impiegati dell’amministrazione pubblica si possono tenere sotto pressione e controllo tutti. L’applicazione costringe quelli che l’hanno installata a dare il loro sostegno in rete al primo ministro, ai ministri e ad altri dirigenti dell’amministrazione pubblica. L’applicazione elenca tutti gli utenti in base alla loro “attività” in rete, prevedendo anche benefici e castighi a seconda dei casi.

    La cronaca di quello che ormai risulta essere stato, fatti accaduti alla mano, un vero e proprio massacro elettorale preannunciato, comprende anche tutto quello che riguarda la diffusa povertà, dovuta alle “politiche governative” e tanto altro. Una vissuta e sofferta realtà quella che, inevitabilmente, ha portato al massiccio e preoccupante spopolamento dell’Albania. Ma gli “strateghi” del primo ministro, come quelli della dittatura comunista poco prima del crollo del regime nel 1991, sanno che la maggior parte di quelli che lasciano la madre patria non avrebbero votato per loro. La cronaca del massacro elettorale preannunciato in Albania riguarda anche le “assunzioni elettorali” di questi ultimi mesi, soprattutto nelle istituzioni dell’amministrazione pubblica. Riguarda il mai verificato, spaventoso, pericoloso e preoccupante “crollo” dell’Euro, soprattutto durante questo ultimo mese, prima delle elezioni di domenica scorsa. “Crollo” condizionato da ingenti somme di denaro illecito, entrato in Albania per “scopi elettorali”. Con tutte le ripercussioni gravi per il prossimo futuro. Ma al primo ministro poco importa. A lui importa solo e soltanto vincere a tutti i costi. La cronaca riguarda le violazioni delle leggi in vigore durante la campagna elettorale, sia da parte del primo ministro e dei suoi candidati sindaci, che di tutti i suoi “rappresentanti” politici. La cronaca del massacro elettorale riguarda anche l’evidenziato ritiro delle carte d’identità a molti cittadini, soprattutto parenti degli impiegati dell’amministrazione pubblica, per impedire loro la votazione a favore degli avversari del primo ministro.

    La cronaca di quello che ormai risulta essere stato, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, un vero e proprio massacro elettorale preannunciato comprende tutte le “bizzarrie” del primo ministro durante la campagna elettorale. Sono delle violazioni legali, per non parlare poi dei codici morali e della buona condotta, l’uso in pubblico durante la campagna elettorale, delle offese personali e delle minacce, rivolgendosi ai suoi avversari, sia i dirigenti dei partiti dell’opposizione, che i loro candidati sindaci. La cronaca di quello che è successo prima delle elezioni comprende tutte le violazioni legali compiute dal primo ministro con le sue “richieste” dirette fatte alle donne di “chiudere a chiave” gli uomini il giorno delle votazioni se non votavano per lui. Comprende anche le minacce di non avere supporto governativo per tutti i municipi che potevano essere gestiti da sindaci dell’opposizione. La cronaca di quello che è successo prima delle elezioni comprende, altresì i tanti e voluti comportamenti da coatto, i balli “popolari” del primo ministro con le donne per spostare l’attenzione pubblica dai veri problemi da lui causati. La cronaca di quello che ormai risulta essere stato un massacro elettorale preannunciato comprende la campagna elettorale “semplice e senza spese” del raggruppamento politico (leggi occulto) del primo ministro. Ma, allo stesso tempo, comprende anche e soprattutto l’intenso e continuo lavoro dietro le quinte per condizionare il risultato delle “votazioni” con la compravendita dei voti, le assunzioni e l’uso dell’amministazione pubblica durante la campagna elettorale, in palese violazione delle leggi.

    La cronaca del massacro elettorale preannunciato comprende il sistema “riformato” della giustizia, i cui rappresentanti “non vedono e non sentono”, perciò non reagiscono in seguito alle tante denunce pubblicamente fatte dall’opposizione. Comprende anche la Polizia di Stato che da anni funziona ormai come polizia del primo ministro. Comprende le decisioni dei tribunali e della Commissione Centrale Elettorale, della Commissione delle Rivendicazioni e delle Sanzioni e del Collegio Elettorale per sgretolare il maggior partito dell’opposizione. La cronaca del massacro elettorale preannunciato in Albania comprende anche tanti altri fatti accaduti prima e durante il giorno delle elezioni amministrative. Ma grazie a quel massacro elettorale il primo ministro è riuscito a vincere, fino ad adesso, pomeriggio di lunedì 15 maggio, nella maggior parte dei municipi, capitale compresa. Il risultato diretto di un simile massacro elettorale permette un ulteriore, preoccupante e molto pericoloso consolidamento della nuova dittatura in Albania.

    Chi scrive queste righe seguirà ed informerà anche la prossima settimana il nostro lettore delle gravi ed inevitabili conseguenze di quel massacro elettorale ideato, programmato ed attuato da mesi in Albania. Nel frattempo egli potrà fare riferimento alle tante violazioni legali che si stanno denunciando, alle testimonianze documentate e a tanto altro, per informare il nostro lettore con la dovuta e richiesta oggettività. Chi scrive queste righe condivide però il pensiero di Ambrose Bierce sulle elezioni che “…sono un semplice artificio mediante il quale una maggioranza dimostra a una minoranza che sarebbe follia tentare di resistere”. Come sta accadendo adesso in Albania.

  • Maggio 1933/2023

    Non condivido le sue legittime opinioni e molto probabilmente siamo anche molto lontani politicamente, ma la censura subita dal Prof. Rovelli rappresenta il primo passo di una storia già vissuta ed ampiamente subita nel secolo precedente, cominciata con il rogo dei libri operato dalla propaganda nazista nel maggio 1933.

    A distanza di novant’anni si possono anche cambiare le divise ma la metodologia di ogni ideologia massimalista rimane la medesima. Paradossale, poi, che il vile responsabile di questo vergognoso attacco alla libertà di opinione sia un rappresentante della “sinistra prodiana Illuminata” ed ex parlamentare. Ad ulteriore conferma di come tanto a destra quando a sinistra l’arma della censura rappresenti uno strumento consono al raggiungimento degli obiettivi ideologici.

    Dal 10 maggio 1933, con il rogo dei libri non corrispondenti all’ideologia nazista, al 13 maggio 2023 novant’anni si dimostrano passati inutilmente.

    Siamo tornati al punto di partenza, con profonda amarezza.

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