Libia

  • Due navi militari della Russia in “visita di cortesia” a Tobruk in Libia

    Due navi militari della Federazione Russa, scortate da due sottomarini, hanno effettuato una sosta ufficiale alla base navale di Tobruk, in Cirenaica, la regione orientale della Libia. A darne notizia è stato l’ufficio stampa dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl), guidato dal generale Khalifa Haftar. “Al fine di rafforzare le relazioni tra il Comando generale dell’Esercito nazionale libico e la Federazione Russa, un gruppo di navi da guerra russe, composto dall’incrociatore missilistico Varyag e dalla fregata Marshal Shaposhnikov, ha effettuato una visita di tre giorni alla base navale di Tobruk, dopo una visita nella Repubblica araba d’Egitto”, si legge in un comunicato dell’Enl pubblicato su Facebook insieme ad alcune immagini della fregata, classe Udaloy e parte della Flotta russa del Pacifico, e dell’incrociatore Varyag.

    “La visita rientra nei passi concreti atti a rafforzare la cooperazione tra Russia e Libia, ripristinare le relazioni amichevoli di lunga data e usufruire delle competenze russe per rafforzare la sovranità e l’indipendenza dello Stato libico e delle sue forze armate”, aggiunge la parte libica. Da tempo circolano voci sull’intenzione della Russia di aprire una base navale nella città della Cirenaica. “Agenzia Nova” ne ha parlato con due esperti: Jalel Harchaoui, specialista in Libia del Royal United Services Institute, e Umberto Profazio, analista dell’International Institute for Strategic Studies (Iiss).

    Harchaoui ricorda che l’ambasciatore russo a Tripoli, Haider Aganin, ha recentemente dichiarato all’emittente televisiva satellitare panaraba di proprietà qatariota “Al Jazeera” che nessuna parte libica ha chiesto alla Russia di stabilire una base militare-navale a Tobruk. “Aganin ha anche affermato che l’Occidente accusa erroneamente Mosca di espansione militare nella Libia orientale solo per giustificare la propria presenza militare in Libia e in altri paesi. In sostanza l’ambasciatore russo nega molte cose. Tuttavia, guardando i fatti, nel mese di aprile si sono verificate cinque consegne significative di armi, tutte effettuate dalla Marina russa attraverso il porto di Tobruk. Queste consegne sono avvenute e sono indiscutibili”, afferma Harchaoui. La presenza della flottiglia della Marina russa a Tobruk, questa volta non per la consegna di armi, ma per una visita formale, “rafforza l’idea di una stretta collaborazione tra la marina della coalizione Haftar e la Marina russa”, aggiunge l’esperto.

    Lo scorso 31 maggio, il viceministro della Difesa russo, Junus-bek Evkurov, si è recato a Bengasi per la sua quinta visita nel Paese dallo scorso agosto. Queste missioni consolidano le indiscrezioni secondo cui Mosca starebbe avviando in Libia la formazione di una “Legione Africana” destinata a sostituire le forze del gruppo di mercenari Wagner. La struttura di questa legione dovrebbe essere completata entro l’estate del 2024, preparandola per operare non solo in Libia ma anche in Burkina Faso, Mali, Repubblica Centrafricana e Niger. Un portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha recentemente dichiarato ad “Agenzia Nova” che i mercenari del gruppo Wagner “non hanno solo destabilizzato la Libia”, ma hanno anche utilizzato il Paese come “una piattaforma per destabilizzare la regione del Sahel e il continente africano”. Secondo il progetto investigativo “All Eyes On Wagner”, negli ultimi mesi la Russia avrebbe trasferito militari professionisti e combattenti in Libia, dove ci sarebbero oggi almeno 1.800 russi dislocati principalmente in Cirenaica e in Fezzan, nei territori controllati da Haftar. L’ambasciata russa in Libia, da parte sua, ha definito questa inchiesta una “mistura di mezze verità e menzogne” che sarebbe stata “fabbricata dai servizi segreti occidentali”.

    Secondo Harchaoui, la frequenza dei contatti tra Mosca e Bengasi “significa che le forze armate russe si stanno muovendo verso uno scenario in cui possono operare liberamente attraverso il porto di Tobruk. Se l’esercito russo continua a condurre regolarmente attività navali via Tobruk, col tempo alla fine si ridurrà a una base navale russa. Naturalmente si tratta di un processo lento e richiederà mesi, ma la tendenza è cristallina”. Secondo il sito web “ItaMilRadar”, specializzato nel monitoraggio dei movimenti degli aerei militari sopra l’Italia e il Mar Mediterraneo, negli ultimi mesi il porto è già stato utilizzato come base logistica per le truppe mercenarie russe presenti in Libia. “Le infrastrutture del porto di Tobruk lasciano ancora molto a desiderare, ma ciò non deve far supporre che ci vorrà molto tempo prima che una potenziale base possa diventare operativa”, aggiunge il sito, spiegando che Mosca potrebbe “stabilire una base navale nel mezzo del Mediterraneo, a poche centinaia di miglia dalla baia di Suda e da Sigonella, le due basi Nato più importanti della zona”.

    La nuova ambasciatrice degli Stati Uniti in Libia, Jennifer Gavito, parlando alla Commissione per le relazioni estere del Senato statunitense, ha recentemente messo in guardia sulla presenza russa e cinese in Libia. La diplomatica ha sottolineato i “profondi successi” delle aziende legate alla Cina nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in Libia, suggerendo che l’industria statunitense dovrebbe fornire un’alternativa valida alle società di Pechino, in modo che la Libia non dipenda da partner “inaffidabili” per la sua sicurezza nazionale. Gavito ha poi parlato della presenza russa, che ha recentemente integrato le forze Wagner in Libia in un’attività militare più ampia, e degli sforzi del Cremlino per creare un “rapporto di difesa” più aperto e formale con i soggetti libici, nell’intento di “destabilizzare il fianco sud della Nato”.

    Secondo Profazio, la visita di cortesia delle navi militari russe “conferma il trend già visibile da aprile, quando vi era stato già un arrivo da parte di navi militari russe a Tobruk”. Il porto libico, spiega l’analista ad “Agenzia Nova”, “si conferma come punto di riferimento principale per questa collaborazione militare, soprattutto per quanto riguarda la marina tra la Russia e l’Enl”, con il generale Khalifa Haftar “principale protagonista di questa convergenza tra Mosca e Bengasi”. Secondo l’esperto dell’Iiss, Mosca vuole mostrare all’Occidente che la propria influenza in Cirenaica si sta rafforzando sempre di più. “Non vi sono al momento notizie riguardo un nuovo sbarco di mercenari o truppe paramilitari, come è successo invece ad aprile scorso. Si tratta di una semplice visita di cortesia che mostra comunque il rafforzamento delle relazioni bilaterali tra queste due parti”, aggiunge Profazio. Dal punto di vista più strategico, prosegue l’analista, “Tobruk continua a essere particolarmente importante per la Russia, soprattutto per quanto riguarda il fianco sud della Nato e i partner occidentali”. La Libia, conclude l’esperto, si configura come un hub della proiezione militare russa in Africa e diventa sempre più strategica per destabilizzare questi paesi sia sotto il punto di vista dell’hard power, come presenza militare, che del soft power, con politiche, disinformazione e flussi di informazioni non corrette.

  • La Libia aumenta la produzione di petrolio e torna primo fornitore dell’Italia dopo 10 anni

    La National Oil Corporation (Noc) della Libia ha dichiarato il 31 maggio che la sussidiaria Al Waha è riuscita ad aumentare la propria produzione di 40.000 barili al giorno, dall’ottobre 2022. Per la prima volta, l’azienda ha utilizzato la più recente tecnologia di perforazione direzionale, “Geosphere 3D”, per raggiungere le profondità del campo di Al Daffah durante la perforazione del pozzo orizzontale B220H, perforando una sezione orizzontale superiore a duemila piedi, secondo una dichiarazione della società. Il pozzo è stato completato e testato con risultati soddisfacenti superiori ai tremila barili. Nei prossimi giorni è prevista l’installazione di una pompa sommersa e di un regolatore di produzione VSD, per aumentare significativamente la produzione del pozzo. Le squadre tecniche della compagnia Al Waha hanno inoltre completato e testato il pozzo di sviluppo 6K5 nel giacimento di Gialo, ad una profondità di circa 11.000 piedi, raggiungendo una produzione di quattro mila barili al giorno. Il test è stato condotto anche a una profondità di due milioni di piedi cubi di gas naturale, mettendo il pozzo in linea di produzione in tempi record.

    Noc sta portando avanti diversi progetti per aumentare la produzione petrolifera del Paese membro del cartello petrolifero Opec dagli attuali 1,2 milioni di barili al giorno a 1,4 milioni di barili al giorno entro la fine del 2024, per poi salire a 2 milioni di barili nel corso del 2025. Mellitah Oil and Gas Company, joint-venture paritetica tra Eni e la National Oil Corporation (Noc) libica, ha recentemente perforato e testato “in tempi record” il nuovo pozzo FB-36 nel campo di El Feel (Elephant), nel bacino di Murzuq, 800 chilometri a sud di Tripoli, della capacità produttiva di 5.056 barili di petrolio al giorno. Lo ha riferito la Noc in una nota diffusa ieri sera. “Il presidente e i membri del consiglio di amministrazione della National Oil Corporation elogiano il comitato di gestione dell’operatore e tutti i dipendenti della Mellitah Oil and Gas Company che hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro”, si legge nel testo. Il giacimento di cui Eni è operatore estrae a regime oltre 80mila barili di petrolio di una qualità povera di zolfo e molto facile da raffinare.

    Secondo gli ultimi dati dell’Unione energie per la mobilità (Unem), dopo dieci anni la Libia è tornata ad essere il principale fornitore dell’Italia nel primo trimestre del 2024. Il Paese, infatti, ha importato circa 14,5 milioni di tonnellate di greggio, in calo del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2023. A spiccare è il ruolo assunto dall’Africa che in questo primo trimestre è arrivata a contare per il 38 per cento del totale importato (era il 30% nel primo trimestre 2023), guidata dalla Libia. Sale così a 10 il numero di Paesi africani da cui l’Italia ha importato greggio per un totale di 5,4 milioni di tonnellate, circa 800mila tonnellate in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (+17%). In crescita anche i volumi in arrivo dai Paesi ex-Urss (+15,6%), guidati dal Kazakhstan (+43%), ma anche dagli Stati Uniti (+26%) divenuti quarto Paese importatore con un peso più che raddoppiato rispetto al 2022. In netto calo gli arrivi dal Medio Oriente, in particolare dall’Arabia Saudita (-47%) e dall’Iraq (-46%), in parte per effetto delle difficoltà di transito presenti nel Mar Rosso e dei conseguenti aumenti dei costi dei noli.

  • Pechino discute con la Libia dell’insediamento di sue aziende

    l ministro dell’Economia e del Commercio del Governo di unità nazionale della Libia (Gun), Muhammad al Hawaij, ha impartito istruzioni per fornire tutto il sostegno necessario alle aziende cinesi interessate a operare nel mercato libico. E’ quanto emerge dall’incontro tra il ministro Hawaij e l’incaricato d’affari cinese in Libia, Liu Jian, tenuto lunedì 22 aprile con l’obiettivo principale di rafforzare le relazioni economiche e commerciali tra i due paesi. Una nota del dicastero del governo libico con sede a Tripoli, riconosciuto dalle Nazioni Unite, precisa che al colloquio erano presenti anche il direttore del dipartimento del Commercio estero e della Cooperazione internazionale del ministero, il vice direttore generale dell’Autorità di vigilanza sulle assicurazioni e un rappresentante del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.

    Durante l’incontro si è discusso dell’attivazione e del sostegno del Consiglio degli imprenditori libico-cinesi per facilitare il lavoro del settore privato, consolidare la cooperazione economica e commerciale, promuovere gli scambi di visite e istituire comitati di cooperazione congiunta nei due paesi. Da parte sua, l’incaricato d’affari di Pechino ha espresso il forte desiderio delle imprese cinesi di riprendere le loro operazioni in Libia e di contribuire alla realizzazione di progetti di investimento. Il diplomatico ha inoltre proposto di stabilire canali diretti di comunicazione tra l’ambasciata cinese e le istituzioni affiliate al ministero dell’Economia e del Commercio, organizzare visite e incontri bilaterali coinvolgendo imprenditori, camere di commercio e camere congiunte, al fine di creare vere opportunità di partenariato nel settore privato libico.

    Intanto, nell’est del Paese nordafricano diviso in due amministrazione politiche rivali, un consorzio guidato dalla Cina ha recentemente espresso interesse per la ricostruzione di Derna, la città libica devastata dalle inondazioni della tempesta subtropicale provocata dal passaggio del ciclone “Daniel”. Ali al Saidi, ministro dell’Economia del cosiddetto Governo di stabilità nazionale (Gsn) designato dalla Camera dei rappresentanti, il parlamento eletto nel 2014 e con sede nell’est, aveva ricevuto nei mesi scorsi una delegazione del Bfi Management Consortium, alleanza che secondo il quotidiano libico “Libya Herald” annovera la China Railways International Group Company e la britannica Arup International Engineering Company. “L’economia libica richiede un deciso impulso verso l’apertura agli investimenti come alternativa alla dipendenza dallo Stato”, aveva affermato Al Saidi, sottolineando che i progetti attualmente in fase di proposta “avranno un impatto significativo sul miglioramento dei servizi forniti ai cittadini”.

    A fine ottobre 2023, il ministro libico “orientale” Al Sidi aveva dichiarato a “Radio France International” che “la Cina è oggi la potenza effettiva che potrebbe costruire ponti, infrastrutture e strade in brevissimo tempo”. Secondo il ministro, la Cina starebbe finanziando in Libia un progetto da 30 miliardi di dollari (28 miliardi di euro) per costruire metropolitane proprio attraverso il consorzio Bfi. “In realtà si tratta di informazioni esclusive che nessuno conosce tranne il mio ministero e le parti coinvolte nell’accordo”, aveva aggiunto Al Sidi. Fonti libiche di “Agenzia Nova” a Tripoli, tuttavia, hanno riferito che allo stato attuale non risultano avviati investimenti cinesi nel comparto delle infrastrutture nordafricane.

    Sarebbe sbagliato sottovalutare il ruolo che la Cina ha giocato e sta ancora giocando in Libia. Prima della guerra civile del 2011, la cinese China National Petroleum Corp disponeva di una forza lavoro in Libia di ben 30 mila operai e tecnici cinesi, riuscendo ad incanalare oltre il 10 per cento delle esportazioni di greggio “dolce” libico. Ma è soprattutto nel settore delle infrastrutture, marchio di fabbrica dei progetti di Pechino “chiavi in mano”, che la Cina ha puntellato la sua presenza in Libia. Ai tempo dell’ex Jamahiriya del colonello Muammar Gheddafi, China Railway Group aveva avviato nell’ex Jamahiriya tre importanti progetti del valore totale di 4,24 miliardi di dollari. Il caos della guerra civile ha bloccato tutto, ma una possibile stabilizzazione (o partizione) del Paese potrebbe far ripartire i progetti.

  • Il contrabbando di carburante in Libia alimenta la guerra civile in Sudan

    Il capo del Consiglio presidenziale della Libia, Mohamed al Menfi, avvierà in settimana un’indagine sul contrabbando di carburante che starebbe contribuendo ad alimentare la guerra civile in Sudan. Lo riferisce il quotidiano britannico “The Guardian”, sottolineando che le accuse, che vanno dallo sperpero di denaro pubblico alla corruzione, non sono solo una questione interna libica. Secondo il giornale britannico, infatti, il contrabbando – favorito dalla cattiva gestione della National Oil Corporation (Noc) – “aiuta a fornire carburante alle Forze paramilitari di supporto rapido che combattono in Sudan”, come evidenziato in un recente rapporto presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Non solo. Parte del denaro potrebbe anche andare indirettamente al gruppo Wagner, sostenuto dalla Russia, ora rinominato Africa Corps.

    Sebbene la Libia sia un Paese ricco di petrolio, importa la maggior parte del suo carburante, dato che le raffinerie nazionali non producono abbastanza per soddisfare la domanda interna. Le autorità di Tripoli importano quindi il carburante dall’estero e lo distribuiscono in patria a prezzi fortemente sovvenzionati, tanto che il prezzo ufficiale per un litro di benzina è di 3 centesimi di dollari al litro. Gli oli combustibili, che comprendono gasolio da riscaldamento, gasolio e combustibili pesanti, sono venduti in media a un prezzo inferiore del 70 per cento rispetto all’acquisto da parte del governo. E secondo il “Guardian” il 40 per cento del carburante importato viene poi riesportato e contrabbandato fuori dal Paese con ampi margini profitto illecito.

    Secondo il governatore della Banca centrale libica, Al Saddiq al Kabir, i sussidi per il carburante sono aumentati da 20,8 miliardi di dinari (3,97 miliardi di euro) nel 2021 a 61 miliardi di dinari nel 2022 (11,64 miliardi di euro), denunciando uno “squilibrio, una distorsione e una cattiva gestione” del fenomeno. Un documento interno della Noc datato settembre 2023, citato dal “Guardian”, afferma che il costo gonfiato dei sussidi è diventato quasi la metà dell’importo delle entrate derivanti dalla vendita di petrolio e gas. Fonti citate dal giornale britannico affermano che la maggior parte del carburante importato proviene dalla Russia, tramite Paesi come la Turchia, e viene venduto illegalmente in Europa con ingenti guadagna dei contrabbandieri, mentre molti libici sono costretti a fare lunghe ore per fare rifornimento alle pompe di benzina.

  • Russia e Cina consolidano la loro presenza in Libia

    Russia e Cina rafforzano la loro presenza in Libia con l’apertura dell’ambasciata russa a Tripoli, al capitale sotto il controllo del Governo di unità nazionale (Gun), e le crescenti attività di un misterioso consorzio di Pechino in Cirenaica, la regione orientale dominata dall’Esercito nazional libico (Lna) del generale Khalifa Haftar.

    Il 22 febbraio, Mosca ha compiuto un passo significativo nel consolidamento delle sue relazioni con la Libia riaprendo la sua ambasciata nella capitale, sette mesi dopo la presentazione delle lettere credenziali dell’ambasciatore russo, Haider Aghanin, al Consiglio presidenziale libico, organo tripartito che svolge le funzioni di capo di Stato. Mosca aveva da tempo avviato le procedure per il pieno ripristino della sua missione diplomatica a Tripoli, chiusa nel 2014, e rafforzato le relazioni con il Gun, l’organo esecutivo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite. L’apertura della sede diplomatica concretizza ora questo avvicinamento tra Mosca e l’amministrazione della Libia occidentale. Non solo. Mosca ha fissato l’apertura entro l’anno in corso di un consolato generale a Bengasi, il capoluogo della Libia orientale dove la Russia mantiene una presenza militare nella Libia tramite i combattenti dell’ex gruppo Wagner, oggi contrattualizzati con il ministero della Difesa russo.

    La cerimonia di apertura dell’ambasciata russa ha visto la partecipazione del ministro del Petrolio e del gas del Governo di unità nazionale, Mohamed Aoun, e del ministro della Cultura e dello sviluppo della conoscenza, Mabrouka Toghi. Citato dal quotidiano libico “Al Wasat”, Aoun ha sottolineato che la riapertura dell’ambasciata russa a Tripoli rappresenta un “passo importante” che rafforzerà le relazioni bilaterali e promuoverà la cooperazione tra i 2 Paesi, inviando alla comunità internazionale il “messaggio forte” che la Libia sta consolidando la sua stabilità e sicurezza. Il ministro ha evidenziato inoltre l’importanza della collaborazione nel settore energetico, sottolineando che la cooperazione nel campo dell’energia, del petrolio e del gas rappresenta uno degli aspetti più vitali delle relazioni tra Russia e Libia. Durante un discorso tenuto in arabo, l’ambasciatore russo Haider Aghanin ha annunciato anche l’imminente apertura del consolato generale a Bengasi, confermando l’impegno verso una presenza più attiva e una cooperazione duratura nella regione. Il diplomatico russo ha detto che le relazioni tra la Federazione Russa e la Libia stanno entrando in una “nuova era di cooperazione e comprensione reciproca”. L’ambasciatore ha inoltre annunciato che l’ambasciata russa celebrerà il 70esimo anniversario delle relazioni bilaterali il prossimo 25 settembre 2025, evidenziando il significato profondo di questo impegno.

    Nella stessa giornata del 22 febbraio, il presidente della Camera dei rappresentanti della Libia, Aguila Saleh, ha ricevuto il responsabile del consorzio cinese Bfi, Saleh Attia, alleanza tra imprese guidata dalla China Railways International Group Company, e il ministro dell’Economia del cosiddetto Governo di stabilità nazionale (Gsn) non riconosciuto dall’Onu con sede nell’est del Paese, Ali al Saidi. Al centro dei colloqui, riferisce l’ufficio stampa del Parlamento libico con sede nell’est, gli ultimi sviluppi relativi ai progetti nel campo delle fonti rinnovabili di energia, come la costruzione di centrali di energia solare a Kufra, Al Makhlili e Tamanhint, ma anche delle infrastrutture, come il progetto ferroviario per collegare il capoluogo cirenaico Bengasi alla città mediterranea di Marsa Matrouh, in Egitto, passando per la municipalità di Musaed al confine tra libico-egiziano. Un memorandum d’intesa su questo progetto è stato firmato il 9 febbraio. Vale la pena ricordare che 2 mesi fa circa, alcune aziende cinesi avevano stretto un accordo con il capo del cosiddetto Fondo per la ricostruzione della Libia, Belkacem Haftar, figlio del comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl), Khalifa Haftar, per la ricostruzione della città di Derna e delle zone colpite dalle devastanti inondazioni che hanno colpito la regione orientale della Libia lo scorso mese di settembre. A fine ottobre, il ministro “orientale” Al Sidi aveva dichiarato a “Radio France International” che “la Cina è oggi la potenza effettiva che potrebbe costruire ponti, infrastrutture e strade in brevissimo tempo”. Secondo il ministro, la Cina starebbe finanziando in Libia un progetto da 30 miliardi di dollari (28 miliardi di euro) per costruire metropolitane proprio attraverso il consorzio Bfi. “In realtà si tratta di informazioni esclusive che nessuno conosce tranne il mio ministero e le parti coinvolte nell’accordo”, aveva aggiunto Al Sidi.

    Fonti libiche di “Agenzia Nova” a Tripoli hanno riferito che allo stato attuale non risultano avviati investimenti cinesi nel comparto delle infrastrutture nordafricane. Però, sarebbe sbagliato sottovalutare il ruolo che la Cina ha giocato e sta ancora giocando in Libia. Prima della guerra civile del 2011, la cinese China National Petroleum Corp disponeva di una forza lavoro in Libia di ben 30 mila operai e tecnici cinesi, riuscendo ad incanalare oltre il 10 per cento delle esportazioni di greggio “dolce” libico. Ma è soprattutto nel settore delle infrastrutture, marchio di fabbrica dei progetti di Pechino “chiavi in mano”, che la Cina ha puntellato la sua presenza in Libia. Ai tempi dell’ex Jamahiriya del colonello Muammar Gheddafi, China Railway aveva avviato in Libia 3 importanti progetti del valore totale di 4,24 miliardi di dollari. Il caos della guerra civile ha bloccato tutto, ma una possibile stabilizzazione (o partizione) del Paese potrebbe far ripartire i progetti.

  • Russia e Libia cooperano per creare un corpo militare in Africa

    Le autorità russe stanno collaborando con quelle libiche per la creazione di un Corpo militare russo in Africa. La notizia, contenuta in un annuncio che compare sui canali Telegram russi a firma del direttore della rivista “Difesa Nazionale” Igor Korotchenko, segue la visita in Libia del viceministro della Difesa della Federazione Russa, Yunus-Bek Evkurov, su invito del comandante dell’Esercito nazionale libico (Lna), il generale Khalifa Haftar. La missione di Evkurov è l’attuazione pratica degli accordi russo-libici raggiunti nel quadro dell’undicesima Conferenza sulla sicurezza internazionale di Mosca e del forum tecnico-militare Esercito, che si sono svolto ad agosto in Russia. Per il Cremlino, si legge nel testo, i principali oppositori nel continente nero sono gli Stati Uniti e i loro alleati della Nato, tra cui la Francia. “Il ministero della Difesa russo contrasterà l’influenza occidentale e rafforzerà la posizione di Mosca in Africa. Il Corpo africano russo dovrà condurre operazioni militari su vasta scala nel continente a sostegno dei paesi che cercano di liberarsi finalmente della dipendenza neocoloniale, ripulire la presenza occidentale e ottenere la piena sovranità”, recita la dichiarazione

    Allo stesso tempo, prosegue il testo, “non stiamo parlando di beneficenza: l’uso del fattore forza in Africa dovrebbe portare alla Russia non solo benefici politici (l’avvento al potere di governi e regimi amici) e militari (fornitura di locazione gratuita di basi, aeroporti, centri logistici per la Marina), ma anche dividendi economici (controllo dei giacimenti di oro, platino, cobalto, uranio, diamanti, petrolio, terre rare e loro sviluppo a condizioni reciprocamente vantaggiose con i partner africani)“. Lo stipendio minimo di un soldato del Corpo africano è di 204 mila rubli (2.100 euro al cambio odierno). La pubblicità che accompagna la dichiarazione recita così: “Il servizio a contratto nel Corpo africano è la scelta giusta per te! Sei giovane? Forte? Coraggioso? Pensi al futuro? Ritieni che sia tuo dovere servire la Patria? Allora il servizio a contratto nel Corpo africano è la scelta giusta per te! Ti garantiamo: alta indennità in denaro; assistenza medica gratuita; un futuro sicuro per la tua famiglia; assicurazione vita e sanitaria a spese del bilancio federale.

  • Circa il 10% delle vittime delle inondazioni libiche erano migranti

    Il 10% circa delle persone morte nelle inondazioni che hanno colpito la Libia sono migranti, stando a quanto dichiarato alla BBC dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Secondo i dati dell’OIM, organismo delle Nazioni Unite, nel febbraio 2023 nel paese nordafricano vivevano oltre 706.000 migranti, alcuni erano lì da tempo per lavoro, mentre per la Libia era un punto di transito nel tentativo di raggiungere l’Europa.

    Secondo l’OIM sono quattrocento i migranti morti nelle inondazioni ma il bilancio delle vittime potrebbe cambiare man mano che i corpi saranno recuperati.

    Al momento per l’OIM e l’Organizzazione Mondiale della Sanità il bilancio delle vittime confermato è pari a 3.900, tuttavia, i funzionari che utilizzano metodologie diverse hanno fornito statistiche molto diverse, come il sindaco della città libica Derna che stima siano morte più di 20.000 persone.

    Derna è stata, di gran lunga, la più colpita dalle inondazioni. Due dighe sono crollate a causa delle forti piogge e parti della città sono state sommerse dall’acqua. Circa 10.000 migranti vivevano nella città portuale prima dell’alluvione e l’OIM prevede che il bilancio delle vittime sarà particolarmente alto, considerando che molti vivevano in zone pianeggianti.

  • Italia e Libia potrebbero ripristinare i collegamenti aerei diretti

    Italia e Libia potrebbero ripristinare a breve i collegamenti aerei civili, uno sviluppo atteso da almeno 5 anni che potrebbe moltiplicare i contatti tra le due sponde del Mediterraneo. Ad annunciarlo è stato il premier del Governo di unità nazionale (Gun), Abdulhamid Dabaiba, sbilanciandosi anche sulla data del riavvio dei voli “entro settembre”. Un’eventualità che va però accolta con prudenza. Resta in vigore, infatti, il Notam (Notice to Airmen, avviso ai piloti) italiano del 2018, che impedisce sorvoli dello spazio aereo libico e voli diretti tra Italia e Libia per motivi di sicurezza, deciso dal ministero dell’Interno e applicato da Enac in maniera paragonabile ad altri Paesi europei e occidentali. A questa problematica si aggiunge anche il divieto europeo (Eu flight ban) di atterraggio e sorvolo alle compagnie aeree libiche per motivi di sicurezza, imposto nel 2014 e ribadito nel gennaio 2022 dalle autorità europee. Eppure, filtra un cauto ottimismo da parte italiana dopo l’incontro che si è tenuto ieri a Tripoli tra il presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac), Pierluigi Di Palma, l’ambasciatore d’Italia, Gianluca Alberini, con il ministro di Stato per le Comunicazioni e gli Affari Politici Walid al Lafi e il presidente dell’Autorità per l’aviazione civile libica, Mohamed Shlebik.

    Secondo quanto riporta l’ambasciata d’Italia a Tripoli, le parti “hanno discusso insieme del prossimo riavvio dei voli diretti e del rafforzamento della collaborazione. Si conferma la stretta partnership italo-libica sul dossier aviazione civile”. Nei mesi scorsi, peraltro, le autorità libiche hanno fornito i dati sull’adeguamento infrastrutturale e del controllo del traffico aereo degli scali. Da parte sua, il premier Dabaiba ha ringraziato l’Italia e ha annunciato la presunta data in cui i collegamenti dovrebbero essere riavviati. “Il Governo italiano ci ha informato della sua decisione di revocare il divieto di transito aereo imposto all’aviazione civile libica 10 anni fa (in realtà cinque, ndr), consentendo la ripresa dei voli il prossimo settembre. Ringrazio il primo ministro Giorgia Meloni, apprezzo gli sforzi del settore dei trasporti e del comitato formato al riguardo, e tutti coloro che hanno contribuito a raggiungere questa svolta per facilitare la circolazione dei nostri cittadini”, ha scritto Dabaiba su Twitter.

    Il tema della riapertura dei voli diretti Libia-Italia costituisce un interesse comune prioritario, già affrontato negli incontri tra il primo ministro Dabaiba e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni a gennaio a Tripoli e a giugno a Roma. Secondo la presidente dell’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia (Airl), Francesca Prina Ricotti, il ripristino dei collegamenti aerei non farà che agevolare “gli scambi economici e culturali” tra i due Paesi. “Una lunga attesa che sembra essere arrivata al termine. Sono evidenti gli sforzi da entrambe le parti per ripartire al più presto con i voli diretti che agevolerebbe sicuramente gli scambi economici e culturali. Come italiani di Libia ci auguriamo che possa realizzarsi quanto prima perché conosciamo bene quanto la Libia ha da offrire”, ha detto Prina Ricotti ad “Agenzia Nova”. Secondo Mario Savina, esperto di Libia dell’Airl, la ripresa dei collegamenti è un tassello fondamentale per le relazioni bilaterali tra Italia e Libia: “Mentre assistiamo tutti all’impegno per risolvere il prima possibile lo stallo politico e permettere ai libici di recarsi alle urne, la ripresa dei voli tra Italia e Libia assume un’importanza primaria, sia in ottica strategica che economica e sociale. Dal traffico merci agli spostamenti familiari al turismo, che ci auguriamo possa tornare rapidamente a interessare la Libia. Un ottimo segnale e un’opportunità per rinsaldare il dialogo tra i due Paesi”.

    Per Nicola Colicchi, presidente Camera di commercio italo-libica (Ccil), la ripresa di voli è uno “sviluppo positivo assolutamente indispensabile” per aumentare i contatti tra le imprese dei due Paesi. “Noi abbiamo scritto una lettera al ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sulle problematiche che ostacolano il lavoro delle imprese che operano in Libia, inclusa ovviamente anche la totale chiusura dei voli”, ha ricordato Colicchi. Il tema centrale, secondo il presidente della Ccil, è creare un contesto favorevole all’interscambio tra le economie e le imprese libiche e italiane. “La ripresa dei voli sarebbe di fondamentale importanza perché segnerebbe non solo un vero e proprio riavvicinamento fisico tra i due Paesi, ma anche uno sviluppo importantissimo per creare una rete di piccoli e medi imprenditori libici e italiani, con l’obiettivo di condividere opportunità, tecnologie e know-how. Tutto questo può avvenire soltanto creando una relazione diretta e legami personali: ecco perché la possibilità di viaggio è di incontro è assolutamente indispensabile”, ha detto Colicchi. La mancanza di un volo diretto per Tripoli costringe a volte a vere odissee per arrivare in un Paese a 75 minuti di tragitto da Roma. Da un punto di vista economico, la rotta Italia-Libia potrebbe rivelarsi molto redditizia, considerata l’alta richiesta di voli diretti verso l’Europa che per ora transitano via Tunisi, Istanbul e da ultimo Malta. “Durante la mia ultima missione in Libia ho incontrato più di una compagnia aerea, sia maltese che libica, tutte interessatissime a operare questo volo. Sono certo che l’iniziativa non potrà che vare un grande successo commerciale e avrà sicuramene molti pretendenti”, ha aggiunto Colicchi.

    La rimozione dell’avviso seguirebbe l’attuazione del nuovo piano dell’Autorità libica per l’aviazione civile, che punta a soddisfare i requisiti internazionali dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao) e dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa). Il progetto, avviato con l’aiuto di vari partner internazionali, inclusa la stessa Icao e l’Italia, dovrebbe essere completato entro poche settimane. Nel frattempo, a maggio l’Enac ha effettuato una verifica, dall’esito positivo, delle condizioni dell’aeroporto di Tripoli-Mitiga. Secondo quanto appreso da “Agenzia Nova”, è realistico ipotizzare che un primo volo diretto civile tra Italia e Libia possa concretizzarsi verso la fine dell’anno in corso.

  • Italia-Libia: dalla centralità perduta ai nuovi venti di guerra

    Martedì 14 giugno dalle ore 18:30 alle ore 20:00 si terrà su Zoom il CLIII Talk Resiliente: “Italia-Libia: dalla centralità perduta ai nuovi venti di guerra”.

    La guerra civile che ha comportato la fine del regime di Gheddafi – scoppiata tra febbraio e ottobre del 2011 – ha spinto la Libia in una situazione di drammatica incertezza sia dal punto di vista umanitario sia politico, modificando considerevolmente i rapporti politici e i legami internazionali consolidati, destabilizzata ulteriormente dagli interventi militari di Russia e Turchia.

    Oggi è indispensabile capire il ruolo che il nostro Paese può svolgere nel processo di pacificazione per riprendere saldamente in mano un legame strategico e politico di primaria importanza. Ma è chiaro che le note rivalità tribali, le frammentazioni interne e il “braccio di ferro” tra Cirenaica, Tripolitania e Fezzan frenino i tentativi di ricostruzione di un’autorità centrale che dia ordine al Paese e che hanno trasformato l’Italia, da alleato privilegiato, a attore marginale.

    La Libia è stata ulteriormente destabilizzata dal conflitto russo-ucraino e dalla pandemia di Covid-19 che hanno esacerbato la crisi alimentare che ha colpito circa 1,3 mln di libici – secondo dati del WFP – dipesa dalle ampie importazioni di grano e farina dall’Ucraina e dalla Russia. Contestualmente è emersa la questione dell’accesso ai servizi critici e delle potenziali emergenze in ambito sanitario ed umanitario che potranno coinvolgere anche gli operatori stessi.

    Ne parla Mario Benotti, giornalista, inviato speciale e caporedattore RAI, già DG RAI World, editore de “Il Faro di Roma” con Paolo Chirafisi, giornalista e analista di geopolitica per “La Voce Repubblicana”; Stefano Marcuzzi, Senior Analyst per l’agenzia di consultancy Libya Analysis LLC e Fellow alla school of Politics and International Relations dell’University College di Dublino; Salvatore Santangelo, Docente di Geografia Politica presso Università di Roma Tor Vergata; Anna Solini, professore associato di medicina interna presso l’Università di Pisa e membro del Committee on Steno Research Collaboration della Novo Nordisk Foundation.

  • Libya elections: Delay called for in presidential poll

    Libya’s election commission has called for the country’s first presidential poll, due to take place on Friday, to be postponed for a month.

    It proposed the new date of 24 January after “liaising” with parliament, the commission said.

    A parliamentary committee had earlier said that it would be “impossible” to hold elections on Friday.

    The run-up to the poll has been marred by disputes over the eligibility of candidates and growing security fears.

    Libya has been in turmoil since long-serving ruler Muammar Gaddafi was overthrown and killed in 2011.

    The UN and Western powers had hoped that the election would bolster efforts to achieve peace and democracy in Libya – a strategically important country that is a major oil producer and a transit point for migrants to Europe.

    US ambassador to Libya Richard Norland said the US shared the disappointment of Libyans who wanted to vote.

    He said Libyan leaders should “expeditiously address all legal and political obstacles to hold elections, including finalising the list of presidential candidates”.

    The electoral commission had rejected the candidacy of Col Gaddafi’s son, Saif al-Islam, but his lawyer said a court had overturned its decision.

    There was no clarity either on whether military strongman Gen Khalifa Haftar could run for the presidency.

    Military prosecutors said the electoral commission should stop processing his application until he was questioned over accusations of human rights abuses.

    Last month, a court in Misrata in western Libya sentenced him to death in absentia for bombing a military college in 2019.

    There are concerns about security in the capital, Tripoli, where armed groups took up positions in suburbs around the city on Tuesday.

    On Monday, four oilfields in the south were closed.

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