libro

  • Operazione Pig presentato a Piacenza

    Dai legami della mafia albanese con la ‘ndrangheta ai propositi di sovvertimento dell’ordine internazionale creato dall’Occidente che Putin persegue insieme ai Brics, dalla rivalità tra Russia e Cina in Africa alla prospettiva di un mondo in cui l’intelligenza artificiale crea un Elon Musk dominante e masse di lobotomizzati cibernetici.

    La presentazione del thriller di fantapolitica ‘Operazione Pig’ di Albert de Bonnet al PalabancaEventi di Piacenza nell’ambito delle iniziative dedicata da Banca di Piacenza alla promozione di lettura e cultura è stata l’occasione per spaziare a tutto campo dal mondo della fiction al mondo così come è in realtà o come appare possibile che diventi realmente. La presentazione è avvenuta in contumacia dell’autore, perché quest’ultimo per ragioni professionali preferisce mantenersi riservato, ed a presentare il libro sono stati la sua buona amica Cristiana Muscardini, per l’occasione «portavoce» a suo stesso dire di De Bonnet, e il giornalista Andrea Vento, che assicura non essere Albert de Bonnet un nom de piume di Giuliano Tavaroli, pure atteso alla presentazione piacentina ma pure infine assente alla presentazione stessa.

    La storia di un gruppo di spie alle prese con la scomparsa di uno scienziato e alle prese con un virus modificato in Cina, questa la trama di ‘Operazione Pig’, è stata l’occasione per dibattere delle prospettive concrete di un mondo e una mentalità, quella occidentale, che mentre si interroga su quanto potrà fare la sua forza motrice ora che a guidarla vi sono Donald Trump ed Elon Musk ancora non ha capito cosa abbia generato il Covid, se e quanto i paletti posti alla ricerca scientifica in nome della tutela (nella fattispecie, l’alt di Barack Obama a certe ricerche sul suolo americano) non abbiano gettato le premesse per un assalto da Oriente, assalto che peraltro – nelle parole di Muscardini e Vento – si concretizza pressoché quotidianamente per il tramite di quella diaspora cinese che, di pari passo con l’ammissione di Pechino nel Wto nel fatale 2001, fa di ogni attività esercitata da cinesi espatriati un possibile veicolo di contagio della sicurezza e della prosperità economica altrui. La concretezza del pericolo, a fronte di quelle che sembrano esagerazioni più consone appunto a un thriller che alla vita quotidiana, è stata messa sotto gli occhi di tutti da un aneddoto e da alcuni dati raccontati da Muscardini: un imprenditore piacentino si è visto svuotare il conto in banca dopo aver portato a riparare il suo smartphone per una banale rottura del vetro dello schermo e a fronte dei pericolo di hackeraggio e infiltrazione telematica l’Italia ha impiegato i 750 milioni appositamente ricevuti dalla Ue per la cyberseecurity per creare un ufficio centrale a Roma con 7 persone e paghe da Quirinale (peraltro inferiori a quelle riconosciute ai collaboratori tecnici cui quell’ufficio affida in outsourcing i suoi compiti) mentre ha lasciato gli uffici locali della Polizia postale con organici ampiamente sottodimensionati rispetto alle necessità operative.

  • A Piacenza un convegno sul libro di Giovanni Cantoni “La Dottrina Sociale nella Chiesa”

    Sabato 28 settembre, nella Sala Corrado Sforza Fogliani del PalabancaEventi di Piacenza (Via Mazzini), dalle 11:00 alle 17:00, si svolgerà il Convegno “La Dottrina Sociale della Chiesa”, in occasione della pubblicazione del volume di Giovanni Cantoni Scritti di dottrina sociale (Ed. Cristianità), con prefazione di S.E. Mons. Michele Pennisi.

    All’evento parteciperanno Marco Invernizzi, Reggente nazionale di Alleanza Cattolica; S.E. mons. Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale; Anna Maria Tarantola, Presidente della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice; Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri; Mauro Ronco, Presidente del Centro Studi Rosario Livatino; Mariateresa Colleoni, Laura Boccenti, Gabriele Borgoni, Carmelo Leotta, Claudia Navarini, Massimo Polledri, Ferdinando Raffaele, Silvia Scaranari; Domenico Airoma,
    Procuratore della Repubblica di Avellino,Reggente Nazionale vicario di Alleanza Cattolica

    Alle 18.30 Santa Messa in Cattedrale celebrata da S.E. Mons. Adriano Cevolotto, Vescovo di Piacenza-Bobbio.

  • Un’estate con ‘Operazione pig’, il nuovo libro di Albert de Bonnet

    Un estate d’avventure con Operazione pig, il romanzo appena uscito di Albert de Bonnet, un’appassionante storia nella quale i personaggi, dalla Corsica a Bruxelles, dalla Cina alla Francia, affrontano la grave minaccia di un pericoloso laboratorio cinese.

    Operazione pig si può ordinare via internet o in libreria.

  • A Cristiana Muscardini una menzione speciale al Premio letterario ‘Terre di pianura’ con il racconto ‘Il cervo delle dune’

    Si è svolta a Ferrara, venerdì 24 maggio, nelle splendida cornice di Palazzo Naselli Crispi, la premiazione del concorso di narrativa “Storie di pianura“.

    Il concorso, che ha visto la partecipazione di numerosi scrittori di tutta Italia, ha avuto il patrocinio del Comune di Ferrara ed il contributo della fondazione ‘Ferrara Arte’ ed è stato promosso, come ogni anno, dall’Associazione Culturale ‘Scrittori ferraresi’ e dal Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara

    Nove gli autori selezionati tra gli ottantuno partecipanti.

  • L’industria della canzone, un manuale per comprendere la comunicazione musicale

    Come viene raccontata la musica pop? Come lavorano con e per la canzone la discografia, i promoter live, i media, i social network e le piattaforme? Come è cambiata la figura dell’artista? Queste e altre domande trovano risposta nel libro L’industria della canzone di Gianni Sibilla, direttore del Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica e giornalista di Rockol.it.

    Il volume aiuta a comprendere l’evoluzione della musica pop e delle sue figure professionali, dalle origini ai media digitali. Al centro dell’analisi, la canzone, uno dei più diffusi oggetti culturali della nostra era, uno dei più potenti strumenti per raccontare storie. Sebbene siano ovunque, dalle piattaforme più note ai social alle sigle di film e programmi tv o radio, tanto da dare per scontata la loro presenza nelle nostre vite, le canzoni sono invece un oggetto complesso. L’industria che le produce e le diffonde, dalla discografia ai live, dai media tradizionali a quelli digitali, è cresciuta in maniera esponenziale.

    Basandosi su ricerche, studi e osservazione sul campo, l’autore, con esempi che vanno dalla canzone italiana tradizionale al rap e alla trap, da Elvis Presley a Taylor Swift, dai concerti e dai videoclip al Festival di Sanremo, presenta uno studio sistematico che ricostruisce il ruolo narrativo, produttivo e simbolico della canzone e del suo rapporto con l’industria e i media, raccontando in maniera documentata e accessibile un settore in continua evoluzione.

  • Per 7 giovani arabi su 10 in Germania il Corano viene prima della legge

    Il Corano è più importante della legge tedesca secondo un sondaggio tra i giovani arabi pubblicato dalla ‘Bild Zeitung’ e rilanciato da Italia Oggi. I ragazzi che hanno partecipato al sondaggio, condotto dal Kriminologische Forschung Institut, l’Istituto di ricerca criminologica, nel Land della Bassa Sassonia, hanno in media 15 anni, frequentano dunque il ginnasio o una scuola professionale, conoscono la lingua, non sono profughi giunti da poco.

    “Quasi la metà dei ragazzi, il 45,8%, è convinta che uno Stato Islamico sia la miglior forma di governo – si legge su Italia Oggi – Il 35,3 ha comprensione per atti di violenza contro coloro che hanno offeso Allah o il profeta Maometto. Per il 31,3% è giustificata la reazione violenta contro il mondo occidentale che minaccia i musulmani. Il 67,8%, quasi i due terzi, ritiene che le regole dettate dal Corano siano più importanti delle leggi tedesche. Per il 51,5% solo l’Islam è in grado di risolvere i problemi del nostro tempo”.

    Christoph de Vries, cristianodemocratico, esperto per le questioni interne, ha dichiarato che “la ricerca dimostra che l’Islam ha lasciato tracce profonde nella nostra società. Gli adolescenti hanno queste convinzioni perché sono indottrinati. L’illusione del multiculturalismo si è dimostrata sbagliata. Bisogna accettare la realtà”.

  • La disinformazione arma di guerra

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Franco Maestrelli apparso su Corrispondenza Romana il 3 aprile 2024

    Nel dicembre 2023 è tornato in libreria un romanzo da anni esaurito. Si tratta de Il montaggio di Vladimir Volkoff (Edizioni Settecolori, Milano 2023, pagine 350, euro 25,00 con una postfazione di Stenio Solinas), pubblicato per la prima volta in Italia da Rizzoli nel 1983 e che viene presentato solitamente come un romanzo di spionaggio. Uscito in Francia nel 1982, ottenne il Grand Prix du Roman de l’Académie Française e venne tradotto in una decina di lingue.

    A prescindere dal successo del romanzo, quale interesse riveste ora questo libro e chi è l’autore? La trama è abbastanza complessa: Aleksandr Psar, figlio di un emigrato russo, deluso dalla società occidentale e desideroso di rientrare in Russia, vende la sua anima al diavolo sotto l’aspetto di Pitman, funzionario del KGB a Parigi. Psar nelle vesti di agente letterario servirà il governo sovietico come “agente di influenza”. Istruito dal suo reclutatore Pitman e da Abdulrakmanov, il cervello dell’ufficio D del KGB, Psar opera negli ambienti letterari parigini. Il suo incarico è diffondere idee che destabilizzino la società occidentale, usando come armi la disinformazione e l’intossicazione. Si serve di intellettuali di sinistra e di destra come pedine più o meno consapevoli che gli servono da cassa di risonanza.

    La chiave di lettura del romanzo è in questa frase dell’autore. «Non sarei creduto, se affermassi che Il montaggio è soltanto frutto della mia immaginazione». Sotto forma di romanzo quindi l’autore descrive le reali «misure attive» come effettivamente svolte.

    Volkoff nato a Parigi nel 1932 da una famiglia della prima emigrazione russa e morto nel 2005, dopo la laurea e il servizio militare in Algeria (nel servizio di intelligence), svolge un’intensa attività di romanziere. Grazie a un suo romanzo di spionaggio di successo incontra Alexandre de Marenches allora direttore dello SDECE, il servizio di controspionaggio d’oltralpe che gli suggerisce l’idea di dedicarsi al tema della disinformazione che l’Unione Sovietica utilizzava ampiamente nei paesi occidentali. Volkoff sceglie come mezzo questo romanzo. Come seguito e corollario pubblicherà alcuni saggi, mai tradotti in italiano, che permettono di approfondire il tema quali La désinformation arme de guerre. Textes base (L’Age d’Homme, 1986), Petite histoire de la désinformation. Du Cheval de Troie a Internet (Editions du Rocher, 1999) e Manuel du politiquement correct (Editions du Rocher, 2001).

    Nel vocabolario occidentale la parola disinformazione giunge piuttosto tardi (in quello sovietico però era già presente) e si fonda sul manuale del generale e filosofo cinese Sun Tzu (V – VI secolo a,C.) L’arte della guerra. Il segreto dell’antico stratega cinese può essere riassunto in queste sue affermazioni: «La suprema arte della guerra, sta nel soggiogare il nemico senza combattere» e «Tutta l’arte della guerra è fondata sull’inganno». Per fare questo bisogna pianificare e raccogliere informazioni sul nemico attraverso le spie ma soprattutto, prima di aprire le ostilità, gli agenti segreti devono cercare di dividere il fronte nemico, suscitare falsi rumori, dare informazioni errate e demoralizzarlo affinché perda ogni volontà di resistenza.

    Nella guerra si usano dunque astuzie, intossicazione attraverso informazioni false, uso della propaganda “bianca” o “nera” (quella la cui fonte non è individuabile come nemica), e l’influenza sulle popolazioni attraverso operatori in territorio nemico che, ben mimetizzati, suscitino sottilmente divisioni e contrapposizioni nel paese. La disinformazione in senso stretto secondo Volkoff si colloca a mezza strada tra l’intossicazione e l’influenza e, attraverso l’uso dei media che fungono da cassa di risonanza, cerca di modificare l’atteggiamento della popolazione nemica.

    Se l’uso della cosiddetta guerra psicologica è una tecnica, la disinformazione è una dottrina. La disinformazione nell’epoca attuale ha avuto uno sviluppo sempre maggiore al punto che oggi accanto alla guerra convenzionale troviamo sempre un’attività di disinformazione che la precede o la affianca e ormai si parla di guerra asimmetrica, di guerra ibrida e di grey war zone. Storicamente è stata sviluppata fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso in Unione Sovietica nel Dipartimento D del KGB. Questa dottrina si sposa perfettamente con l’insegnamento di Lenin che, accanto all’uso del terrore, prevede che i comunisti all’occorrenza debbano essere pronti, per il trionfo della Rivoluzione, a impiegare ogni astuzia, ogni stratagemma illegale, a negare e dissimulare la verità. Da qui l’abilità del Dipartimento D di falsificare fotografie, firme, documenti con cui intossicare l’Occidente. Non è propaganda, la cui fonte nemica è ben visibile, ma un’intossicazione lenta attraverso una lunga catena, con un misto di vero e di falso, usando i media come cassa di risonanza o inquinando intellettuali e politici di sinistra e di destra. Se necessario la Rivoluzione è capace di creare anche la reazione, per screditarla o per disarmarla come nel caso del “Trust” narrato anche nel romanzo. L’attuale offensiva contro l’Occidente ha riportato l’interesse e l’allarme nei confronti del pericolo delle “misure attive” di disinformazione utilizzate da Cina e Russia.  Oggi la disinformazione ha raggiunto livelli altamente sofisticati grazie all’enorme sviluppo di internet e della “intelligenza artificiale”, che all’epoca del romanzo Il Montaggio, pur previsto, non era ancora così diffuso. In questa complessa epoca di guerre asimmetriche, il confronto dell’Occidente con i suoi nemici si gioca più che con le armi, con i media e con la disinformazione che disarma la già fragile società occidentale. Auspicabile, pertanto, far tesoro degli scritti di Volkoff anche sotto forma di romanzo per farsi idee proprie e non suggestioni e fake news ispirate dagli agenti di influenza.

  • Separazione delle carriere: se ne parlerà a Milano in occasione della presentazione del libro del Sostituto Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Caltanissetta, Gaetano Bono

    Mercoledì 6 marzo 2024, dalle ore 15.30 alle ore 17.30, presso la Biblioteca “Avv. Giorgio Ambrosoli” al Palazzo di Giustizia di Milano sarà presentato il libro Meglio separate. Un’inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura, del dott. Gaetano Bono, Sostituto Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Caltanissetta, incentrato sulla divisione delle carriere dei Magistrati.

    Dialogheranno con l’autore l’Avv. Antonino La Lumia, Presidente dell‘Ordine degli Avvocati di Milano, il Dott. Fabio Roia, Presidente del Tribunale di Milano, il Dott. Marcello Viola, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, l’Avv. Valentina Alberta, Presidente Camera Penale di Milano, il Dott. Giuseppe Santalucia, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, l’Avv. Giovanni Briola, Consigliere Tesoriere dell’Ordine degli Avvocati di Milano. L’incontro sarà Introdotto dall’Avv. Daniele Terranova, Commissione Giustizia Tributaria dell’Ordine Avvocati Milano e moderato dall’Avv. Alessandro Mezzanotte, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

    L’evento, gratuito, è organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Milano attraverso la Fondazione Forense, nell’ambito del programma di formazione continua per gli Avvocati.

  • Idee per una “destra laburista” – Il nuovo libro di Mario Bozzi Sentieri

    È possibile declinare una visione di destra-non-conservatrice, quanto piuttosto “laburista”? La risposta è “sì”.
    È possibile attraverso una visione partecipativa, antiborghese, post-capitalista, espressione di un nuovo umanesimo del lavoro, capace di coniugare competenze e rappresentanza popolare.
    Al di là degli slogan e delle facili battute ad effetto, da qui può partire una nuova stagione di crescita per l’Italia: dalla riscrittura di un nuovo lessico politico ed economico-sociale, intorno al quale aggiornare parametri, strategie produttive, politiche d’intervento, perfino una “visione della vita e del mondo”, un pensiero lungo
    insomma, che dia ali all’auspicato processo di cambiamento.
    Una destra che voglia e sappia essere consapevolmente laburista deve portare a sintesi l’insieme delle aspettative che vengono dal Paese reale: aspettative politiche e culturali, economiche e sociali. Al fondo un nuovo protagonismo nazionale, in grado di ridare dignità e ruolo all’Italia.

    Mario Bozzi Sentieri, muovendosi tra citazioni e richiami di pensatori come Gramsci, Oriani, Sorel, De Benoist e Molnar, sintetizza così gli obiettivi di una “destra laburista” che guardi al futuro: “Al primo livello, quello politico, c’è la necessità di ritrovare il senso della sovranità, esautorata dal profitto globalizzato. Al secondo quello di introdurre nella vita economica i valori etici. Al fondo l’idea della ‘funzione sociale’ della proprietà e del ruolo del lavoratore” (p. 102).

    Dare forma concreta al nuovo lessico delle imprese fatto di solidarietà e inclusione, intese spesso solamente in maniera “cosmetica” e strumentale, le quali possono avere un senso autentico solo se legate a identità e radici.

    Dare forma alle “transizioni” che rischiano di generare una nuova “società della sorveglianza” (descritta da Guillaume Travers) e ulteriori atomizzazioni dei singoli e dei lavoratori, di fronte a cui è necessario forgiare nuovi “patti tra produttori”, la parola magica che animò il sindacalismo rivoluzionario del  primo ‘900, immettendo un “sistema di valori in circolo nel corpo vivo società”. Sistema di valori forti e radicati, di doveri e valori lontani dal liberismo, “né moderati, né conservatori” ma profondamente sociali.

    Mario Bozzi Sentieri, Idee per una destra laburista (Edizioni sindacali, 2024, 106 pp., 15 euro)

    Per acquisti: www.edizionisindacali.it

    Mario Bozzi Sentieri è giornalista e scrittore. A partire dalla seconda metà degli Anni Settanta ha collaborato alle principali pubblicazioni dell’area anticonformista. Dal 1990 al 2000 ha fatto parte della redazione del mensile “Pagine Libere”, specializzandosi in tematiche economiche e sociali, con particolare attenzione alla dottrina partecipativa. Scrittore “eclettico” ha al suo attivo diversi saggi dedicati al sindacalismo rivoluzionario e al moderno movimento delle idee. Tra gli ultimi libri: L’Idea partecipativa dalla A alla Z. Principi, norme, protagonisti (2020), La Rivoluzione 4.0 (2022). E’ direttore responsabile del trimestrale “Partecipazione”.

  • Le sei ore di Robert Brasillach, romanzo poliziesco

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Franco Maestrelli pubblicato su destra.it il 28 gennaio 2024

    Nel 1974 il raffinato e coraggioso editore Vanni Scheiwiller pubblicò un piccolo libro di Robert Brasillach (1909 – 1945), André Chenier (All’insegna del pesce d’oro, Milano) di cui curai l’edizione e una breve introduzione ed ora, a cinquanta anni di distanza, quasi per un debito agli anni giovanili, torno a occuparmi dello scrittore francese in occasione dell’edizione di un suo romanzo poliziesco, Sei ore da perdere (Edizioni Settecolori, Milano 2023). In questo mezzo secolo l’atteggiamento nei confronti dello scrittore è mutato. Allora Brasillach era noto solo in ambienti di nicchia fortemente politicizzati e altrove era oggetto dell’anatema che colpiva alcuni autori maudits.

    Negli anni Sessanta l’editore Giovanni Volpe gli aveva dedicato un volume collettaneo intitolato Omaggio a Brasillach (1967) e Il Borghese aveva tradotto il suo romanzo più compiuto I sette colori (1966) più una precedente edizione da samizdat dei Poemi di Fresnes (Edizioni del Solstizio, Roma s.d.). Oggi rilevo invece che anche in Italia la critica letteraria si occupa di lui e tende seppure timidamente a riconoscergli il suo ruolo nel mondo delle lettere francesi. Infatti negli anni tra le due guerre Brasillach si fece conoscere e apprezzare già in giovane età per le sue collaborazioni giornalistiche, per i suoi romanzi, per le sue opere teatrali e per la sua celebre Histoire du cinéma (1935) e contro la sua condanna a morte molti di intellettuali francesi, come François Mauriac, Paul Valery, Paul Claudel, Jean Cocteau, Colette e altri, chiesero invano la grazia al Generale De Gaulle.

    Già dal 1931 l’Action Française di Charles Maurras gli aveva affidato la pagina letteraria e dal 1937 divenne caporedattore della rivista Je suis partout. Dall’iniziale maurassismo Brasillach si orientò verso un filo fascismo sempre più accentuato fino alla rottura con Maurras. Scoppiata la guerra Brasillach partecipò come tenente e fatto prigioniero dai tedeschi finì in campo di prigionia ed è appunto da lì che prende avvio la trama del romanzo. Sei ore da perdere tra un treno e l’altro alla Gare de Lyon – e per gioco del destino sei ore furono i brevissimi tempi con cui il Tribunale gollista decise la sua condanna a morte per tradimento e collaborazionismo eseguita nel forte di Montrouge il 6 febbraio 1945 – è il tempo a disposizione del tenente B., liberato dalla prigionia e di passaggio a Parigi prima di ritornare a casa, per cercare notizie di una misteriosa fanciulla di cui il suo compagno di prigionia Bruno Berthier si era invaghito durante una breve licenza.

    Il tenente B. ha poche informazioni, un nome e un indirizzo, raccolte durante i lunghi dialoghi di prigionia ma deve recapitare un messaggio del commilitone in una Parigi occupata, siamo a novembre 1943, ben diversa da quella che aveva conosciuto prima della guerra. E’ una Parigi senza auto, nei ristoranti i menu sono limitati e si devono usare i buoni pasto a cui il tenente B. non è abituato. Dai colloqui con la ragazza, con la sua affittacamere, con un agente di polizia che sta indagando su un omicidio, il tenente B. scopre una realtà ben diversa anche da quella che aveva appreso dai giornali giunti in prigionia. Una realtà sconvolta dalla guerra, dalla paura dei bombardamenti, dai traffici del mercato nero e delle forti contrapposizioni politiche tra resistenti e volontari nella LVF sul fronte russo.

    Una Parigi che ricorda quella del regista Marcel Carné e dello scrittore Georges Simenon, che Brasillach aveva apprezzato da critico letterario negli anni Trenta, cupa, piena di incertezza e di ambiguità umane. In questo romanzo si rivela un Brasillach disilluso, ben lontano dalla solarità giovanile e piena di speranza degli altri romanzi: la vittoria degli Alleati e dei gollisti si avvicina e per chi, come il Maresciallo Pétain, Charles Maurras e lo stesso Brasillach che avevano puntato sulla Germania seppure con diverse modalità di comportamento e di motivazioni, si avvicina la inevitabile e prevedibile resa dei conti. Il tenente B. in questa Parigi occupata si improvvisa investigatore alla Maigret per portare a termine l’incarico affidatogli dal compagno di prigionia e che lo porterà a scoprire un delitto e l’imprevedibile colpevole. Un vero romanzo poliziesco dunque che originariamente fu pubblicato a puntate come feuilleton sul settimanale La Révolution nationale dal marzo al giugno 1944 e in volume solo nel 1953 e che non può che avvincere il lettore, anche quello di oggi particolarmente attirato da questo genere letterario, anche per l’accurata ed elegante edizione nella collana diretta da Stenio Solinas che con Manuel Grillo ha rilanciato la casa editrice Settecolori e che già nel 1985 aveva stampato l’altro romanzo di Brasillach La ruota del tempo (Comme le temps passe).

    Robert Brasillach – Sei ore da perdere – con introduzione di Roberto Alfatti Appetiti e postfazione di Fausta Garavini – Edizioni Settecolori, Milano, 2023 – pagine 242 – euro 22,00

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