Lombardia

  • Lombardia ed Emilia Romagna le Regioni italiane più abili a usare i fondi Ue

    La Lombardia e l’Emilia-Romagna sono le prime della classe fra le Regioni italiane nell’uso delle risorse europee. Secondo gli ultimi dati relativi al Fondo Ue di sviluppo regionale (al quale si aggiunge il Fondo sociale in alcuni casi particolari), le due Regioni sono le uniche a dover ancora certificare alla Commissione Ue meno del 30% dell’obiettivo fissato per il 2018. Entro il 31 dicembre, infatti, la Lombardia dovrà assorbire ‘solo’ 24,5 milioni, pari al 21,9% delle risorse, mentre all’Emilia-Romagna restano 16,4 milioni, il 26,7% del target 2018. Se non riusciranno a farlo, loro come tutte le altre Regioni, rischiano di perdere i fondi già stanziati.

    Entro l’anno l’Italia deve assorbire quasi 2,8 miliardi di euro, il 47,4% dei 5,9 concordati per i 30 programmi nazionali e regionali che usano soldi Fesr (dati al 19 maggio). Le performance nell’assorbimento non spaccano più l’Italia in due fra Nord e Sud, come accadeva in passato: dietro Lombardia, Emilia-Romagna ci sono infatti la Liguria e poi la Calabria, con un residuo del 33,4% su ben 446 milioni. Rimangono in fondo alla classifica, invece, altre Regioni meridionali come Basilicata, Abruzzo e Sicilia, che devono ancora assorbire circa il 60% delle risorse. E ancora: fra gli ultimi della classe ci sono poi le Province autonome di Trento e Bolzano.

    E’ un quadro fatto di luci e ombre anche quello dipinto dai programmi nazionali. Il Pon Cultura guida la classifica con un residuo del 18,5% (17,4 milioni), ‘agevolato’ dal fatto di includere al suo interno grandi progetti come il restauro di Pompei, cominciato già nello scorso periodo di programmazione. Altri 5 programmi, però, devono ancora assorbire oltre la metà delle risorse previste. Solo l’iniziativa per le Pmi ha già superato il target 2018, ma si tratta di un programma particolare che si avvale di strumenti finanziari, non di rimborsi diretti.

  • L’anno scorso gli italiani si sono giocati 97 miliardi e lo Stato ne ha ‘vinti’ 19

    Gli italiani sono i maggiori giocatori d’azzardo d’Europa: l’anno scorso hanno speso tra i 95 e i 97 miliardi. Al mondo, solo statunitensi e giapponesi giocano d’azzardo più degli italiani. Diciannove miliardi la vincita dello Stato nel 2017, sotto forma di prelievo fiscale sulle somme erogate ai giocatori, il gettito fiscale legato al gioco d’azzardo nella penisola è il quadruplo rispetto a quello di Spagna e Germania. Il primato viene confermato nel rapporto tra spesa effettiva e PIL, con l’Italia allo 0,8%, il Regno Unito allo 0,7% e le altre nazioni dallo 0,5% in giù. Il risultato è in perfetta linea con la realtà nazionale, che conta più di 100.000 impiegati nel settore dell’azzardo. In tutto sono 6.600 le imprese registrate nel nostro Paese, senza dimenticare che le macchinette portano guadagni preziosi a bar, edicole e tabaccherie. Il volume di gioco si concentra intorno alle grandi città e la Lombardia è al primo posto nazionale, con una raccolta di circa 14 miliardi di euro all’anno. Roma è la città con il maggior numero di macchinette e la spesa più alta, ma il Lazio litiga per il secondo posto con la Campania di anno in anno. A livello di spesa pro capite invece è l’Abruzzo a conquistare la prima posizione. Ogni abruzzese maggiorenne scommette in media 1.767 euro all’anno, poco più di Lombardia (1.748) ed Emilia-Romagna (1.668). Al Sud i valori medi della raccolta sono più bassi della media, ma uno dei problemi principali è legato al gioco online, soprattutto per i neo-maggiorenni

  • La Lombardia rilancia l’industria

    Dopo un periodo difficile per tutto il nostro Paese, i numeri iniziano a fotografare finalmente l’uscita dal tunnel della crisi di questi anni. La Lombardia, come spesso accade, fa da traino per tutte le altre regioni. L’industria lombarda appare così più solida e finalmente con maggiore disponibilità di credito, consolidando il proprio trend favorevole. Questa è la situazione fotografata dagli ultimi numeri elaborati dall’Osservatorio Assolombarda-Cerved. L’analisi del credito e del rischio delle imprese relativa al terzo trimestre 2017 evidenzia nel complesso una maggiore disponibilità di finanziamenti, in crescita dell’1,5% rispetto allo stesso periodo del 2016. Il dato globale sui prestiti per l’intero panorama delle imprese passa da un calo del 4,5% ad una frenata minima, pari allo 0,1%. Un calo generato esclusivamente dal settore delle costruzioni, area che resta in palese difficoltà (-5,9%) mentre per servizi (+0,6%) e industria (+1,5%), le indicazioni sono favorevoli. L’industria, infatti, cresce per il quarto trimestre consecutivo, stando ai numeri riportati.

    A livello complessivo continuano a registrarsi differenze ancora troppo evidenti tra grandi e piccole industrie: se infatti per le imprese più grandi, quelle oltre i 20 addetti, il credito è ormai da tempo in risalita (otto trimestri consecutivi in crescita), per le Pmi accade esattamente l’opposto, con una frenata del 3%, ormai standard da almeno tre anni. La sfida è quella di indicare alle Pmi quali possono essere tutte le opportunità mirate a favorire il loro sviluppo. Negli ultimi anni nuovi strumenti di finanziamento sono apparsi sul mercato e molti di questi possono costituire ottime soluzioni anche per imprese di piccole-medie dimensioni, con programmi diversificati di investimento e di crescita.

    I segnali di miglioramento del sistema sono però evidenti. Il rapporto tra sofferenze e impieghi in Lombardia è in calo di quasi un punto rispetto al trimestre precedente, scendendo a quota 12,9%. Incidenza delle sofferenze peraltro in calo anche in Piemonte (da 15,6% a 14,5%), in Veneto (da 16,4% a 15,1%) e in Emilia Romagna (da 17,3% a 16,4%), anche se è proprio la Lombardia a realizzare la performance migliore. Ancora più interessante è l’osservazione dei flussi, cioè la velocità di generazione di nuovi crediti problematici. Il tasso d’ingresso in sofferenza in Lombardia si conferma in attenuazione al 2,6% (dal 2,8% del terzo trimestre 2016), medie tuttavia trainate verso l’alto dalle costruzioni, dove per la Lombardia il valore schizza al 7,4%.

    Sostanziale anche la diminuzione dei fallimenti: sono 1.852 le nuove procedure in Lombardia nei primi nove mesi del 2017, in diminuzione del -12,5% rispetto allo stesso periodo del 2016.

    Altro elemento chiave è il rafforzamento del sistema, come evidenziato dall’indice di solidità elaborato da Cerved group, che sintetizza la probabilità di default delle imprese. A settembre 2017 il tessuto produttivo lombardo risulta più solido rispetto all’anno precedente, con una quota di imprese in area di che sale al 61,2% (59,8% un anno prima).

    La Lombardia si contraddistingue inoltre per la percentuale maggiore di upgrade (imprese che hanno migliorato la propria classe di rischio, pari al 29,1%) e la più bassa di downgrade (imprese che l’hanno peggiorata), pari al 25,7%.

    A questi dati, sostanzialmente tecnici ed economici, si aggiungono quelli inerenti alle start up nel territorio lombardo. Rispetto al terzo trimestre 2017 le start up innovative della Lombardia sono aumentate ben oltre il 9%, passando da 1793 a 1959 attività. Una percentuale superiore di circa 3 punti rispetto alla crescita media nazionale che si ferma al 6,8 %, con la provincia di Milano che registra un incremento di oltre il 10 %. E il trend positivo per la Lombardia continua anche nel 2018, visto che secondo i dati del Registro Imprese nel 2018 sono già nate più di cento nuove startup.

  • Lombardia motore d’Europa?

    Si intitola “Lombardia motore d’Europa” il convegno che si svolgerà a Milano, lunedì 19 febbraio, alle ore 18.00 alla Società Umanitaria, via Daverio 7.

    Nella storia del capoluogo meneghino è sempre stata presente una qualificata area di opinione laica, liberale e liberal-democratica. E la storia del PRI ne è certa testimonianza. Mai preponderante numericamente ma di grande peso politico e culturale. Una storia spinta da un convinto europeismo, e ispirata ai valori delle professionalità, della libera iniziativa e del merito individuale. Un modello di welfare portato avanti anche negli ultimi anni all’interno delle istituzioni milanesi. Obiettivo dell’incontro rivolgere un invito alla società civile Lombarda a leggere ed interpretare le grandi trasformazioni che interessano e soprattutto interesseranno una regione Lombardia regione d’Europa. Dopo gli interventi dei relatori, tra i quali Franco De Angelis (PRI), Simone Crolla (American Chamber of Commerce), Stefano Bruno Galli (Università Statale di Milano), le conclusioni saranno affidate a Giulio Gallera, Maria Stella Gelmini e Attilio Fontana, Candidato Presidente alla Regione Lombardia.

  • La produttività sul lavoro arriva portando Fido con sé

    Seguendo l’esempio di altre nazioni, anche in Italia si inizia a prendere atto di quanto la presenza del proprio animale d’affezione, sia sul posto di lavoro che durante un ricovero ospedaliero, possa aiutare a migliorare l’efficienza sul lavoro e la voglia di reagire e la serenità in una degenza. Negli scorsi mesi la Regione Lombardia ha dato il suo assenso all’ingresso degli animali nei luoghi di cura e in alcuni Comuni si è iniziato a dare il permesso, a chi lavora in municipio, di portare con sé il proprio cane. Anche il Comune piacentino di Castel San Giovanni ha dato avvio a questa prassi, che porta ovviamente anche all’adozione di una serie di cautele e di controlli (dall’anagrafe canina alle vaccinazioni all’assicurazione per responsabilità civile verso terzi).

    Diversi studi universitari americani sottolineano come la presenza del proprio animale da compagnia sul luogo di lavoro riduce lo stress e Lucia Fontana, sindaco di Castel San Giovanni è fiera di essere alla guida della prima amministrazione pubblica italiana ad aver adottato un provvedimento in tal senso.

  • La produzione in Lombardia vola ai livelli pre-crisi

    Dopo ben 10 anni, la Lombardia torna a vedere un orizzonte simile a quello lasciato nel biennio 2006-2007, prima che la crisi azzerasse qualsiasi dato positivo. Con un +3,7% registrato nel 2017, la produzione industriale lombarda conferma e rafforza quanto fatto registrare nel 2016. L’indice della produzione industriale sale così a quota 109,7 (era di base 100 nel 2010), portandosi a 3,5 punti dal dato pre-crisi di 10 anni fa.

    Questi sono i dati resi noti da Confindustria Lombardia e Unioncamere Lombardia, che sottolineano come la crescita abbia interessato imprese di tutte le dimensioni, le piccole (6%), le medie (5,2%) e le grandi (3,7%). Il quarto trimestre presenta infatti per l’industria un quadro generale più che positivo, con un’accelerazione che riguarda output e fatturato, domanda interna ed export. La crescita congiunturale sfiora i due punti, il che porta l’indice della produzione regionale a quota 109,7, quasi 11 punti oltre la media nazionale, avvicinando la soglia massima (113,2) toccata a nel 2007.

    Se consideriamo solo l’anno solare la crescita è del 5,1%, con uno sprint che porta la media del 2017 a +3,7%, una velocità tripla rispetto all’anno precedente. Questa crescita, lenta ma costante, è in atto da ben 19 trimestri consecutivi e che procede spedita grazie alle commesse estere, in grado di scattare in avanti di dieci punti, ma che si fa strada anche sul mercato interno, dove gli ordini sono aumentati del 7,5%, spingendo la media 2017 a raddoppiare i dati del 2016. Una crescita che coinvolge ogni settore e fase produttiva, spingendo verso l’alto il tasso di utilizzo degli impianti (arrivato a sfiorare il 78%) così come i ricavi, lievitati nel quarto trimestre del 7,9%. Tra tutti i settori solo l’abbigliamento resta in sofferenza, mentre altrove vi sono rilevanti segnali positivi: in particolare spiccano i settori della siderurgia e meccanica, che non a caso pongono Lecco al vertice per tasso di crescita tra le province.

    Anche le aziende manifatturiere artigiane crescono rispetto all’anno precedente (+2,6%). L’indice della produzione in questo caso sale a quota 97,3, finalmente vicino a quota 100 (dato 2010). Solo il comparto pelli-calzatura è in calo vistoso (-4,4%), mentre sono stabili legno-mobilio, alimentari e carta-editoria e crescono siderurgia, meccanica, minerali non metalliferi e gomma-plastica.

    “Questa analisi – spiega il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti – conferma che la Lombardia nel 2017 è riuscita ad agganciare la ripresa in corso in Europa e più in generale sta beneficiando, in maniera più decisa di quanto non lo stia facendo l’Italia, della ripresa diffusa a livello mondiale. Come emerge chiaramente dallo studio questa crescita sostenuta è stata determinata da due fattori in particolare: export e investimenti in Industria 4.0, che hanno avuto poi riflessi sul fatturato delle imprese”.

    “Il quadro è positivo – aggiunge il presidente di Unioncamere Lombardia Giandomenico Auricchio – e sembra destinato a proseguire anche per il 2018, ma queste previsioni non sono esenti da rischi. È pertanto opportuno mantenere alta l’attenzione sulle comuni strategie di intervento legate alla competitività delle imprese lombarde, su cui è necessario che il sistema camerale lombardo, assieme a Regione Lombardia ed al sistema associativo, concentri gli sforzi a supporto delle imprese e per lo sviluppo del sistema economico regionale”.

    Nonostante questi scenari positivi, rimangono sostanzialmente invariati i dati sull’occupazione. Nel quarto trimestre si registra un incremento dell’occupazione dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, davvero poco se si considera il quadro complessivo. Nel 2017 l’occupazione è comunque cresciuta dello 0,5% e si spera nell’effetto lungo per il prossimi anni.

  • La Lombardia ha le imprese più solide

    Quando si parla di imprese e di crescita, nell’ultimo decennio, ogni dato è alquanto relativo. Se si fa riferimento ai livelli pre-crisi, si capisce che i dati percentuali positivi sembrano apparentemente irrisori, ma c’è da sottolineare che la situazione in Lombardia è in costante crescita sia nei numeri che nella realtà. Nel secondo trimestre del 2017, le imprese lombarde hanno proseguito il proprio percorso di rafforzamento: le imprese sopravvissute alla crisi sono oggi più solide rispetto allo scorso anno.

    Questo trend viene confermato da un dato ancora più recente: secondo il Cerved Group Score, a settembre 2017 il 61,2% delle imprese lombarde presenta un grado di rischio di default molto basso (area sicurezza) o comunque contenuto (area solvibilità): una percentuale in ulteriore aumento rispetto al 59,8% di settembre 2016. Questo è lo scenario che emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Credito e rischio delle imprese che tratta il tema “La Lombardia a confronto con Emilia Romagna, Veneto e Piemonte relativo al secondo trimestre 2017”. La Lombardia è al primo posto per la percentuale di upgrade (indice delle imprese che hanno migliorato la propria classe di rischio) pari al 29,1% e la più bassa percentuale di downgrade (imprese che invece hanno peggiorato la propria classe di rischio) pari al 25,7%. A livello settoriale, l’industria risulta essere il settore con una percentuale più alta di imprese in sicurezza mentre le costruzioni sono il settore con più imprese a rischio. Nonostante questi segnali positivi, accompagnati da un ulteriore calo registrato nel numero delle procedure fallimentari (1.327 nel primo semestre 2017, -13,4% rispetto allo stesso periodo del 2016), rimangono indicatori che evidenziano delle difficoltà non del tutto superate. Infatti, sebbene nel secondo trimestre del 2017 l’andamento dei prestiti alle imprese si confermi stabile (230,2 miliardi di euro), se rapportato allo stesso periodo dell’anno precedente mostra una contrazione del -2,1%, con la positiva eccezione del settore industria (+0,5%).
    “Dagli ultimi dati economici – sottolinea Renato Carli, presidente Gruppo Tecnico Credito e Finanza Assolombarda e delegato al Tavolo Banche – emerge un consolidamento dell’economia lombarda. Infatti, la fiducia del manifatturiero sale ai massimi dal pre-crisi a Milano, Lodi, Monza e Brianza; l’export lombardo cresce del +6,8% nel secondo trimestre del 2017 e, nel terzo, il tasso di occupazione sale al 66,7% in Lombardia e, in parallelo, quello di disoccupazione scende al 6,3%. In un contesto così favorevole, i prestiti alle imprese registrano una nuova contrazione del -2,1% del totale economia (industria, servizi e costruzioni), ritardando ulteriormente il recupero dei livelli pre-crisi. Se però guardiamo solo l’industria, la Lombardia risulta l’unica regione con segno positivo in termini di prestiti”.
    “La prima parte dell’anno – commenta Marco Nespolo, amministratore delegato di Cerved – ha visto la conferma e il consolidamento delle tendenze in atto, come la contrazione dei fallimenti, quella delle sofferenze e il rafforzamento dei profili di rischio delle imprese. Oggi la Lombardia è la regione con il tessuto imprenditoriale più solido. Nonostante i segnali positivi che mostrano come le imprese siano sulla strada giusta per capitalizzare ulteriormente l’uscita dalla crisi, alcuni indicatori continuano a mostrare segnali di debolezza”.

    Uno dei dati di maggior rilievo in Lombardia emerge dallo spaccato settoriale: è l’industria che, a differenza degli altri comparti economici, mostra una tendenza positiva (+0,5%) che conferma l’inversione di tendenza già registrata nel trimestre precedente. Restano ancora in territorio negativo i servizi (-0,9%) e le costruzioni (-10,9%), che registrano il calo più deciso degli ultimi anni. Questi dati fotografano una situazione in continua evoluzione, dove la Lombardia fa da traino per l’intero settore, ma resta da valutare una politica di interventi concreti che permetta una crescita più ampia ed organica tale da riuscire a far compiere un definitivo salto di qualità alle imprese italiane.

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