malattie

  • Oltre 1400 le specie di pipistrelli. Infettive, se l’uomo va a distruggere i loro habitat

    Su Sette del Corriere della Sera la virologa Ilaria Capua ricorda che in natura esistono oltre 1400 specie di pipistrelli (come paragone ci sono 38 specie di felini, dal leone al micetto, e 36 di canidi, dal lupo al chihuahua) e che sono animali davvero peculiari: mammiferi che volano (una caratteristica più unica che rara), possono avere anche oltre un metro e mezzo di apertura alare o pesare meno di due grammi; alcuni mangiano la frutta, altri succhiano il sangue dal bestiame, altri ancora sono insettivori e mangiano le zanzare.

    «I pipistrelli – scrive Capua – ospitano e trasportano i Coronavirus (Sars Cov1 ed il progenitore di Sars Cov2, che ha causato il COVID) oltre al Coronavirus mediorientale (MERS), ai Lyssavirus, responsabili di alcune forme di rabbia, ma anche virus molto aggressivi come Nipah e Hendra che arrivano all’uomo dopo un passaggio dal pipistrello rispettivamente nel suino e nel cavallo.
    Proprio in questi giorni (novembre ndr) si parla di un’epidemia di virus di Marburg in Ruanda ed anche questo virus, insieme con il suo cugino virus di Ebola, sono mantenuti in natura dai pipistrelli che in alcune zone dell’Africa vengono cacciati e poi mangiati. Questi due cuginetti appartengono alla famiglia Filoviridae e sono fra i virus più letali che conosciamo. Alcune varianti virali arrivano a toccare tassi di mortalità del 90% nell’uomo: se si infettano 100 persone, 90 muoiono».

    La scienziata avverte ancora che «molti focolai di queste brutte malattie che sono ospitate dai pipistrelli avvengono nel Sud del mondo oppure nel Sud-est asiatico, lì dove la povertà fa da regina e le norme igieniche non esistono. Esiste però la possibilità che queste infezioni raggiungano le grandi città e poi salgano sulle ali di un aereo grazie ad un passeggero infetto. Ed ecco che un’infezione presente in una caverna della giungla africana può arrivare in occidente». E suggerisce: «Dobbiamo soltanto lasciarli in pace. Le attività di deforestazione e di crescita degli insediamenti urbani verso le foreste, o verso zone segregate come le caverne, fanno sì che i pipistrelli entrino sempre più a contatto con gli esseri umani e con gli animali domestici con la conseguenza che le occasioni di spillover si moltiplichino in maniera esponenziale. In sintesi: se noi lasciamo in pace loro, loro lasceranno in pace noi».

  • Pandemie no, ma epidemie tante. E i virus sono sempre più evoluti e pericolosi per l’uomo

    Solo nel 2024 si sono già verificate nel mondo 17 epidemie di malattie pericolose e in particolare quelle dovute al virus Marburg, al vaiolo delle scimmie (Mpox) e all’ultimo ceppo di influenza aviaria. Si tratta di «un duro promemoria della vulnerabilità del mondo alle pandemie» secondo quanto ha scritto l’organizzazione mondiale della Sanità nel rapporto del Global Preparedness Monitoring Board (Consiglio di monitoraggio della preparazione globale), col quale mette in guardia da «una serie di rischi che aumentano la probabilità di nuove pandemie».

    La mancanza di fiducia tra e all’interno dei Paesi, la disuguaglianza, l’agricoltura intensiva e la probabilità di contaminazione tra esseri umani e animali sono tra le principali minacce identificate, ma c’è anche una buona notizia, seppur passibile di smentite future. Fino a metà 2024, non esistono prove di trasmissione da uomo a uomo del virus H5N1. Tra il 2003 e l’1 aprile 2024, l’Oms ha dichiarato di aver registrato un totale di 889 casi umani di influenza aviaria in 23 paesi, inclusi 463 decessi, portando il tasso di mortalità al 52%, ma complessivamente i casi di trasmissione all’uomo sono molto rari. Il problema però è che il virus ha colpito e provocato la morte anche molte specie di mammiferi e tra questi ultimi vi sono molti animali con cui l’uomo ha molta prossimità, come ha sottolineato Jeremy Farrar, capo dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite, in una conferenza stampa a Ginevra, avvertendo che «questo virus è solo alla ricerca di nuovi ospiti. È una vera preoccupazione». Farrar ha anche affermato che sono in corso sforzi per lo sviluppo di vaccini e terapie per l’H5N1 e ha sottolineato la necessità di garantire che le autorità sanitarie regionali e nazionali di tutto il mondo abbiano la capacità di diagnosticare il virus, in modo che «se l’H5N1 arrivasse agli esseri umani, con trasmissione da uomo a uomo, il mondo sarebbe in grado di rispondere immediatamente».

    In un recente rapporto anche l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e la European Food Safety Authority (Efsa) hanno espresso forte preoccupazione: «Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala». In piena pandemia, nel 2020, è inoltre comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione. Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti.

  • Firmato il primo accordo HERA Invest per sostenere ricerca e sviluppo nel settore delle minacce per la salute a carattere transfrontaliero

    La Commissione, mediante l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) e la Banca europea per gli investimenti, ha firmato un accordo da 20 milioni di € con la società biofarmaceutica francese Fabentech. Ciò aiuterà l’azienda a sviluppare e diffondere medicinali ad ampio spettro al fine di combattere le minacce biologiche per la salute pubblica.

    L’accordo odierno è il primo nel suo genere nell’ambito di HERA Invest. Sono in fase di preparazione ulteriori investimenti con altre imprese europee, che permetteranno di stimolare l’innovazione per rispondere a minacce sanitarie prioritarie quali patogeni ad alto potenziale pandemico, minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari (CBRN) e resistenza agli antibiotici.

    Nel 2022 l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, insieme agli Stati membri, ha individuato tre specifiche minacce per la salute ad alto impatto alle quali è fondamentale prepararsi a rispondere. Per garantire la disponibilità e l’accessibilità delle contromisure mediche, l’HERA sostiene lo sviluppo, la capacità di produzione e l’espansione della produzione, dell’approvvigionamento e della potenziale costituzione di scorte di medicinali, strumenti diagnostici, dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale, nonché di altre contromisure mediche. In quest’ottica l’HERA ha collaborato con la Banca europea per gli investimenti per predisporre HERA Invest.

  • Consegnate al Congo le prime 200mila dosi di vaccini per il vaiolo delle scimmie

    Le prime 200 mila dosi di vaccini contro il Mpox, precedentemente noto come vaiolo delle scimmie, sono state consegnate a partire dal giovedì 5 settembre 2024, alla Repubblica democratica del Congo (Rdc). Lo ha annunciato oggi all’emittente “Rfi” il direttore generale dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc Africa), Jean Kaseya, secondo cui le dosi, che saranno consegnate in due lotti da 100 mila l’uno, sono state trasportate in aereo a Kinshasa tra giovedì 5 e venerdì 6 settembre e poi distribuite tra la capitale, Goma e Lubumbashi. La distribuzione di un totale di 3,6 milioni di dosi assicurate dall’Africa Cdc è programmata poi nei successivi 15 giorni, in altri Paesi africani colpiti dall’epidemia di Mpox: Gabon, Burundi, Repubblica Centrafricana e Costa d’Avorio. “Siamo molto soddisfatti dell’arrivo di questo primo lotto di vaccini nella Rdc. Si tratta di 99.100 dosi che arriveranno domani giovedì 5 settembre alle 12:10 all’aeroporto di Kinshasa”, ha detto Kaseya. “Ringraziamo l’Unione europea, attraverso l’Autorità europea di risposta alle emergenze sanitarie, per aver risposto immediatamente al nostro appello di solidarietà volto a garantire l’accesso al vaccino contro il morbo nei paesi colpiti dall’Unione africana”, ha aggiunto.

    Il continente africano è oggi l’epicentro dell’infezione. Con oltre 15.600 casi segnalati e 537 decessi dall’inizio dell’anno, la Repubblica democratica del Congo (Rdc) è il Paese più colpito dal Mpox in Africa, dove la maggior parte dei decessi sono bambini sotto i 15 anni di età, ma casi – seppur in entità minore – sono stati registrati anche in altri 11 paesi africani (Sudafrica, Kenya, Ruanda, Uganda, Burundi, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio e Liberia). Un caso della nuova variante Clade 1b è stato segnalato in Svezia, il primo al di fuori del continente. Un bilancio che lo scorso 14 agosto ha spinto l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) a dichiarare l’Mpox “emergenza di salute pubblica internazionale”. In Africa, la Nigeria è stato il primo Paese a ricevere vaccini per combattere l’epidemia: dagli Stati Uniti sono state donate 10 mila dosi, destinate alle persone più a rischio.

    Di fronte alla rapida diffusione del virus Mpox (in precedenza noto come vaiolo delle scimmie) nell’Africa orientale, nel Corno d’Africa e nell’Africa meridionale, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) ha lanciato un appello a raccogliere 18,5 milioni di dollari per sostenere gli sforzi di prevenzione, controllo e risposta all’infezione, in particolare per le popolazioni migranti e sfollate. Queste, sottolinea in una nota Oim, sono più esposte al contagio a causa delle condizioni di vita precarie e dei numerosi ostacoli all’accesso alle cure. Secondo Unicef, i casi di bambini e persone vulnerabili sono in aumento soprattutto in cinque Paesi dell’Africa orientale e meridionale: Kenya, Uganda, Burundi, Ruanda e Sudafrica. La nuova variante Clade 1b è stata identificata in tutti i Paesi colpiti, tranne il Sudafrica, e desta preoccupazione per il suo potenziale di trasmissione a gruppi di età più ampi, in particolare ai bambini piccoli. Il Burundi sta registrando il maggior numero di infezioni in tutta la regione: al 20 agosto 2024, sono stati rilevati 170 casi confermati di Mpox in 26 dei 49 distretti del Paese, di cui il 45,3 per cento sono donne. I bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 20 anni costituiscono quasi il 60 per cento dei casi rilevati, mentre i bambini sotto i 5 anni rappresentano il 21 per cento dei casi.

    Fra i Paesi dell’Unione europea che hanno annunciato l’invio di vaccini ci sono la Germania e la Spagna. Da Berlino è arrivata la promessa di 100 mila dosi. Per Steffen Hebestreit, portavoce del cancelliere Olaf Scholz, lo scopo dell’iniziativa è di “sostenere in modo solidale gli sforzi internazionali per contenere l’mpox sul continente africano”. Le dosi saranno disponibili “a breve termine”, ha detto Hebestreit, annunciando anche la creazione di un laboratorio mobile in Congo. Da parte sua, la Spagna donerà 500 mila dosi di vaccino contro l’mpox, come annunciato dal ministero della Salute di Madrid. Il governo spagnolo ha informato la Commissione europea che donerà il 20 per cento del suo stock di vaccini, ossia 100 mila fiale equivalenti a 500 mila dosi, e ha chiesto all’istituzione di estendere agli altri Paesi membri la proposta di donare il 20% del loro stock di vaccini.

  • Nel 2024 in Italia 197 casi di dengue, tutti importati dall’estero

    Sono aumentati a 197 casi di infezione confermata da virus dengue segnalati all’Istituto superiore di sanità (Iss) dall’inizio dell’anno al 13 maggio 2024. Non sono stati segnalati decessi. Tutti i casi segnalati – spiega l’Iss in una nota – sono stati contratti durante viaggi all’estero, ed in seguito notificati in Italia. La maggior parte delle infezioni risultano contratte in Brasile, uno dei paesi più colpiti dalla epidemia di dengue che si sta diffondendo in Centro e Sud America dall’inizio dell’anno, e alle Maldive. Nel primo trimestre del 2024, il numero di segnalazioni di casi confermati da virus dengue è aumentato di circa 6 volte rispetto allo stesso periodo del 2023, questo aumento è coerente con l’aumento diffuso della trasmissione del virus dengue negli ultimi anni a livello globale.

    “La trasmissione locale della Dengue in Italia, così come in altri Paesi europei, è un evento raro. La maggioranza dei casi è contratta all’estero – sottolinea Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di Malattie infettive dell’Iss -. Tuttavia, le condizioni climatiche e la presenza di una zanzara in grado di trasmettere il virus rendono possibile la trasmissione in alcuni mesi dell’anno, nel contesto di una elevata circolazione in molti paesi del mondo. L’attenzione nei confronti di questa infezione è alta nel nostro paese con un monitoraggio attento dei casi diagnosticati in Italia da parte delle Regioni/Pa, del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. Consigliamo a chi intraprende viaggi internazionali, di verificare se è nota la trasmissione di questo virus nelle aree visitate e di adottare tutte le misure di prevenzione raccomandate. Al rientro in Italia, in caso si manifestino sintomi, consigliamo di rivolgersi rapidamente al proprio medico di riferimento”.

  • Follia e follia

    La politica, i media, come un poi noi tutti, parlano spesso di sanità: attese infinite, carenza di personale, nuove scoperte scientifiche, allungamento delle aspettative di vita, necessità di cure differenziate a seconda del sesso, prevenzione anche attraverso più sani stili di vita. Molte promesse e qualche risultato.

    Intanto cresce, ogni giorno di più, la disperazione delle tante famiglie lasciate senza aiuto e che devono gestire un parente, spesso un figlio, con gravi problemi psichici, famiglie che si confrontano quotidianamente con la violenza e l’impossibilità di trovare soluzioni.

    Leggi inadeguate o mai attuate non danno possibilità di assistenza mentre sappiamo tutti che non basta prescrivere qualche farmaco per guarire o tenere sotto controllo persone che, non per loro colpa, non possono controllarsi.

    Nel 1978 la legge 110, detta anche legge Basaglia, chiuse i manicomi, i terribili ghetti dove molte persone restarono per tutta la vita ma, come purtroppo spesso avviene, non si tenne conto che contestualmente, anzi prima dell’entrata in vigore della legge, avrebbero dovuto essere create strutture, emanate norme che impedissero che questi malati fossero di fatto abbandonati, con le loro famiglie, ad un vero e proprio calvario.

    Oggi si parla, dopo i guasti veri e presunti che il covid ha fatto sulle menti di tanti, specie dei più giovani, di un obolo per lo psicologo, di psicologi nelle scuole, ma non si parla dei gravi danni che l’uso smodato, e scorretto, della Rete, che non ha regole, fa quotidianamente né si affrontano i terribili problemi che le famiglie, spesso composte da genitori anziani, devono affrontare con un malato psichico in casa.

    La malattia non può essere azzerata, guarita, eliminata dalla legge ed una legge quando non è in grado di valutare a monte le conseguenze che comporta la sua applicazione è anch’essa una legge malata ed è malato di incomprensione ed indifferenza tutto quel mondo politico, di ogni colore, che dal 1978 ad oggi non ha saputo trovare, dare, al territorio risposte celeri ed adeguate.

    Nel frattempo abbiamo assistito a vere e proprie tragedie annunciate, delitti che avrebbero potuti essere impediti, perché oltre a non esserci servizi e strutture per aiutare i malati psichici e le loro famiglie non c’è neppure prevenzione. Ad ogni tragedia, ad ogni morte, dolore e stupore, sgomento e poi silenzio.

    Ci sono vari tipi di follia, in alcuni casi l’assistenza e la medicina, il controllo e la comprensione, la libertà e la vigilanza possono fare molto per le famiglie e per il malato psichico, in altri casi, come per quello della follia politica che non fa comprendere i reali bisogni di una parte della popolazione, comincio a temere non vi sia alcuna cura.

  • L’inquinamento tra le cause delle morti per malattie respiratorie

    L’inquinamento porta a diversi morti all’anno ed ad un considerevole numero di ammalati, le polveri sottili che rimangono per molto tempo nell’aria penetrano nel profondo dell’apparato respiratorio delle persone, come degli animali, causando gravi e spesso irreversibili danni.

    Tosse cronica, bronchiti, infezioni e dispnea sono molto frequenti specie nelle città dove l’inquinamento, soprattutto in certe aree meno ventilate, ristagna, basta guardare dall’aereo l’aeroporto sul quale stiamo atterrando per renderci conto della diversità tra le zone di campagna o collinare e quelle adiacenti alle città.

    Spesse volte, nel passato, Cristiana Muscardini ha sostenuto che certi atteggiamenti e scelte delle persone, compreso il personale politico, che portavano a risultati negativi, potessero essere dovuti ai danni dell’inquinamento verso il sistema neurologico.

    Il professore Giuseppe Iannoccari, dell’Università Statale di Milano e presidente di Assomensana ha reso noto che, secondo recenti studi, vi sono effetti dello smog sul sistema neurologico, “infatti gli inquinanti penetrano nel circolo sanguigno attaccando i tessuti e gli organi. Le polveri sottili superano la barriera della materia encefalica, la difesa naturale che protegge il cervello dalle sostanze nocive, e diventano tossiche anche per i neuroni”.

    Di fatto mentre immettiamo in bocca qualcosa di sgradevole in genere ce ne accorgiamo quando respiriamo aria inquinata lo facciamo senza avvertire il pericolo.

    La rivista americana Analysis of Neurology ha pubblicato una ricerca che dimostra come l’esposizione all’inquinamento procuri danni alla materia bianca, alla parte di cervello composta da cellule gliali e fibre nervose ricoperte di mielina, riducendo di conseguenza la funzionalità del cervello che, per funzionare bene, ha bisogno di molto ossigeno di qualità.

    Un altro studio ha dimostrato, proprio sul tema ossigeno, che le persone che fanno attività fisica, anche in età avanzata, hanno maggiore capacità mnemonica, migliori ricordi visivi.

    “Quando a volte ci si sente meno reattivi, si ha una sensazione di nebbia, diminuzione della velocità di pensiero e di interazione, senso di stanchezza e mal di testa dobbiamo ritenere questi come segnali che ci avvertono che il nostro cervello è in sofferenza”.

    Per contrastare l’inquinamento siamo tutti in attesa di misure concrete, che non possono essere che prese a livello internazionale oltre che locale, nel frattempo ognuno di noi può cercare di trascorre il maggior tempo libero possibile in aree meno urbanizzate, tra boschi e comunque natura più libera da agenti inquinanti e avere regole di vita: un buon sonno, possibilmente in una camera che non abbia strumenti ed oggetti inquinanti sotto ogni aspetto, una buona alimentazione, con frutta e verdura per contrastare l’impatto ossidante degli elementi atmosferici, sono sicuramente un aiuto che ci possiamo dare.

  • I tumori giovanili aumentati dell’80%

    Il 15 gennaio scorso alcuni tra i più importanti giornali italiani hanno riportato la notizia che negli ultimi trent’anni, nel Mondo, l’incidenza dei tumori tra i giovani è aumentata di quasi l’80% e quasi tutti questi giornali hanno citato il commento alla notizia di un noto scienziato italiano che ha affermato: “un dato allarmante e non sappiamo ancora il perché”. Confesso che alla lettura di questo commento ho provato un senso di profondo sconforto misto a rabbia ma prima di condividere con il lettore le mie considerazioni al riguardo vorrei portare l’attenzione sui dati dello studio pubblicato nel settembre del 2023 sul British Medical Journal Oncology (https://bmjoncology.bmj.com/content/2/1/e000049) da cui emerge questa (tragica) percentuale e, di seguito, alcuni dati sulla situazione della salute dei più giovani in Italia. Obiettivo di questo studio, che ha visto coinvolti oncologi di diversi Paesi, era quello di esplorare l’incidenza mondiale negli ultimi trent’anni del cancro a esordio precoce (ovvero, nella popolazione giovane). Come detto, il risultato è stato che l’incidenza mondiale del cancro tra i più giovani è aumentata del 79,1%. Ora, a differenza del nostro emerito scienziato, gli autori di questo importante studio scientifico hanno indicato quelle che, secondo quanto osservato, potrebbero essere le principali cause di questa tendenza: una cattiva alimentazione (dieta ricca di carne rossa, ricca di sodio, di zucchero e povera di verdura, frutta ecc.), scarsa attività fisica, il consumo di alcolici, l’obesità e il fumo. I ricercatori, inoltre, hanno concluso che se non verranno rapidamente promossi e adottati stili di vita ed alimentari più sani l’incidenza dei tumori a esordio precoce è destinata ad aumentare significativamente.

    Qual è la situazione in Italia? L’Associazione Italiana Registri Tumori ha stimato che nel nostro Paese dal 2016 al 2020 sono state diagnosticate circa 7.000 neoplasie tra i bambini e 4.000 tra gli adolescenti (15-19 anni) con un aumento, rispetto al quinquennio precedente di circa il 4%. La media annuale stimata è di 1.400 casi nella fascia d’età da 0 a 14 anni e di 900 in quella dai 15 ai 19 anni. E stiamo parlando solo dei tumori.

    Cosa dire per tutte le altre patologie riscontrate nei giovani? Stanno diminuendo o aumentando? “Giovani: 1 su 10 rischia infarto e ictus” (Fonte: Ansa, 26 settembre 2023), “I ricoveri per infarto tra le persone di età compresa tra i 20 e i 50 anni sono aumentati del 40%” (Fonte: Rivista Circulation 2021), “Dal 15 al 20% dei giovani sotto i 15 anni ha almeno un disturbo di competenza del neuropsichiatra infantile: disturbi del neuro sviluppo, autismo, paralisi cerebrale, epilessia, disturbi dell’apprendimento, deficit d’attenzione, disabilità intellettive, ecc.” (Fonte: ISS, 2022); “Allarme anoressia e bulimia, 3,6 milioni di casi. Il 20% dei pazienti sotto i 14 anni” (Fonte: IlSole24Ore, 15 marzo 2023), “Dal 2020 l’accesso al pronto soccorso dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma da parte di bambini e giovani è aumentato del 40%. Il 70% di questi ricoveri di emergenza deriva da tentativi di suicidio o autolesionismo e ogni giorno almeno 4 tra bambini e ragazzi accedono al pronto soccorso per problematiche mentali” (Fonte: IlSole24ore, 8 settembre 2023); “L’uso intensivo dei media digitali in età evolutiva è associato ad una significativa riduzione dello sviluppo delle funzioni cognitive (attenzione, memoria, linguaggio, lettura e scrittura) e un aumento del disagio psicologico (disturbi del sonno, ansia, depressione, isolamento, anoressia, bulimia, ecc.) e ad un aumento dei fenomeni di dipendenza (alcol, nicotina, cocaina, gioco, ecc.). In media i giovani dai 6 e i 16 anni dei paesi industrializzati trascorrono nei media digitali circa 5 ore al giorno” (Fonte: WHO, 2022); “Ogni anno, nei Paesi industrializzati, una morte su cinque nei giovani in età compresa tra i 10 e 20 anni è imputabile al consumo insufficiente di cibi sani o, in altre parole, al consumo eccessivo di cibi insalubri, come bevande zuccherate, alimenti molto salati e carni rosse o processate” (Fonte: Lancet, 2022); “Negli USA, il 67 per cento delle calorie della dieta di un bambino proviene oramai da alimenti ultra-processati (ricchi di zuccheri, sale, carboidrati e grassi idrogenati e poveri di fibre, proteine, vitamine e minerali” (Fonte: Journal of Allergy and Clinical Immunology, 2021); “L’aumento dei consumi in Europa dei cibi precotti è in grado di determinare un aumento dei tassi di mortalità a tutte le età: in particolare per problematiche cardiovascolari” (Fonte: British Medical Journal, 2019, 2021); “L’aria che respiriamo, l’acqua in bottiglia di plastica e molti alimenti confezionati e precotti contengono sempre più interferenti endocrini che sono sostanze in grado di alterare il sistema endocrino, influenzando negativamente diverse funzioni vitali quali lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e il comportamento sia nell’uomo che nelle specie animali” (Fonte: MASE, 2020); “Nei soggetti esaminati sono state riscontrate nel sangue tracce di plastiche e microplastiche. Il materiale più abbondante è il Pet (polietilene tereftalato) di cui sono fatte le bottiglie: è stata misurata una quantità di 1,6 microgrammi per millilitro di sangue. È risultato molto comune anche il polistirene utilizzato negli imballaggi, seguito dal polimetilmetacrilato, noto anche come plexiglas” (Fonte: Environment International, 2022); “L’Italia rimane ai primi posti in Europa per consumo di cannabis, cocaina ed eroina. È quanto emerge dall’ultima Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, redatta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Antidroga. L’analisi rivela uno stretto legame tra spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, fenomeno in forte crescita tra i giovani sotto i 19 anni. Nel 2021, quasi il 40% degli studenti italiani, prevalentemente di genere maschile, ha riferito di aver utilizzato almeno una volta nel corso della propria vita una sostanza illegale tra cannabis, cocaina, stimolanti, allucinogeni e oppiacei” (Fonte: Scienze Forensi Magazine, 2022); “In Europa si stima che l’80% degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni faccia un uso abituale di alcol; in Italia la percentuale di adolescenti della stessa fascia d’età è dell’84%, inoltre il 45% di questi ha iniziato il consumo alcolico a 13 anni o prima” (Fonte: OPBG, 2022) …e, purtroppo, la lista di questi problemi è molto più lunga.

    Che dire? Si tratta indubbiamente di dati spaventosi e che ci devono indubbiamente far riflettere sulle nostre scelte presenti e future. Una società che produce più malessere che benessere, soprattutto nelle e per le generazioni future, non è di certo una società che può guardare con ottimismo al proprio futuro.

    Cosa fare? Innanzitutto, non mentire a noi stessi. Come possiamo affermare che “non sappiamo ancora perché” tutto questo succede? Forse l’illustre medico intendeva dire che sono talmente tante le possibili cause e concause (l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, degli alimenti, la malnutrizione, lo stress, l’ibridazione dei semi in agricoltura, la diminuzione della biodiversità, il disboscamento, ecc.) che concorrono nel generare tali problemi che non si riesce ancora a determinare per ogni singola patologia – come per ogni singola persona – quali possano essere le specifiche ed effettive cause chimiche, biologiche, ecc? Se così fosse, che si parlasse chiaro. Che si dicesse che la popolazione tutta (giovani, adulti e anziani compresi) a causa di molteplici fattori (vedi la lista citata sopra) sta gradualmente ammalandosi. In modo tale che proprio a partire dai medici, che più di tutti noi assistono a questa mattanza, possa rafforzarsi la consapevolezza a quanti e a quali rischi siamo esposti tutti i giorni. Solo a causa dell’inquinamento dell’aria muoiono in Europa quasi 6.000 persone al giorno e l’Italia ha il primato con circa 140 morti al giorno (Fonte: Openpolis su dati Eurostat, 2023). È o non è dovere del medico “perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo a cui ispirare con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e SOCIALE, ogni suo atto professionale?” (Vedi il Giuramento di Ippocrate).

    Quello che sappiamo per certo (medici e non medici) è che gli esseri umani sono un prodotto dell’ambiente e possono vivere solo grazie all’ambiente. Se l’ambiente è inquinato, siamo inquinati. Se l’ambiente è malato, inevitabilmente, ci ammaleremo. Sono ormai migliaia gli studi scientifici che lo dimostrano ma a che pro? Se i risultati di questi importanti studi per le nostre scelte future sono oggetto di dibattito solo in piccoli e selezionati contesti? Dagli albori dei tempi viviamo perché respiriamo, beviamo, mangiamo e perché ci relazioniamo con gli altri per imparare a sopravvivere. La qualità dell’aria, dell’acqua, degli alimenti e delle nostre relazioni darà la qualità della nostra vita. Ma la qualità dell’aria è migliorata o peggiorata in questi ultimi trent’anni? E la qualità dell’acqua? La qualità degli alimenti? La qualità di vita? La qualità delle relazioni umane? Allora, se siamo onesti con noi stessi e con gli altri, conosciamo fin troppo bene i motivi per i quali i nostri figli e nipoti (e anche noi) sono sempre più malati fisicamente e mentalmente.

    Nel lontanissimo 1971 il Club di Roma commissionò al MIT (Massachusetts Institute of Technology) un “rapporto sui limiti dello sviluppo” che venne poi pubblicato l’anno seguente. Ebbene, più di 50 anni fa, la conclusione di questo studio fu che “la Terra non è infinita né come serbatoio di risorse (terra coltivabile, acqua dolce, petrolio, gas naturale, carbone, minerali, metalli, ecc.), né come discarica di rifiuti. La crescita della popolazione e della produzione industriale comporta sia il consumo delle risorse, sia l’inquinamento e, di conseguenza il rischio di sopravvivenza per tutte le specie viventi”. Dov’è finito questo rapporto del MIT? Dov’è finito il buon senso? Dov’è finita la politica? Fino a dove crediamo di arrivare? Pensiamo davvero di pulirci la coscienza riempiendo di burattini o di pagliacci i reparti di oncologia pediatrica? Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere…

    Molti giovani (e spero sinceramente siano sempre di più) stanno mettendo insieme le poche forze rimaste per ribellarsi ad una società che ha perso completamente di vista l’ambiente e con esso il loro diritto di nascere in un contesto sano (come Dio lo ha fatto!). Quanti di loro hanno già visto un  amico o un fratello o una sorella morire suicida? O di tumore? O di anoressia? O di overdose? Quanti di loro hanno già conosciuto fin da bambini la violenza fisica o psicologica? O sono stati vittime di abusi sessuali o di sfruttamento? E qualcuno ancora si meraviglia che i ragazzi non hanno alcuna fiducia nelle Istituzioni? E negli adulti in generale?

    Un volta, durante un mio viaggio in Sud America, lessi questa frase sul muro all’entrata di un piccolo paese di provincia: “Si una persona no te demuestra con hechos lo que dice, no es necesario escuchar sus palabras” (Se una persona non dimostra ciò che dice con le azioni, non è necessario ascoltare le sue parole).

    Per tutto quello di cui abbiamo parlato fino ad ora, credo che i giovani di quest’epoca, più di tutti gli altri giovani delle epoche passate, siano impauriti del futuro che li attende e stanchi di vedere le Istituzioni e gli adulti riempirsi di belle parole sul futuro “sostenibile” e non vedere ora e oggi, azioni concrete, per quanto impopolari tra gli adulti, per eliminare le cause di tutto questo generale malessere e di tutta la sofferenza fisica, mentale e sociale di questi tempi. Pertanto, di fronte a tanta disumana inerzia ad affrontare il concreto rischio di sopravvivenza, è istintivamente UMANO reagire. Ed è certamente positivo che ancora qualcuno di loro riesca a farlo. Purtroppo qualcuno risponde a questa violenza con la violenza, qualcun altro ha la fortuna di poter ritornare a lavorare la terra dei propri nonni, qualcun altro fugge in paesi lontani, qualcun altro, invece, rischia la vita tutti i giorni unendosi a movimenti di resistenza e lotta non violenta per tutelare le foreste e con esse, i popoli nativi che vi abitano (Il Rapporto 2023 di Global Witness ha censito quasi 2.000 ragazzi e ragazze ambientalisti assassinati nel mondo negli ultimi 10 anni).

    I bambini e i giovani vivono sulla loro pelle quotidianamente quanto il mondo sia sull’orlo di una catastrofe ambientale. E loro, più di noi, percepiscono nei loro giovani cuori quanto stiamo diventando bugiardi (ci raccontiamo e raccontiamo che è colpa di qualcun altro…) e/o impauriti (dal cambiamento perché schiavi del salario… e del consumismo in generale) e/o impietriti (indifferenti, perché concentrati solo su noi stessi)… in altre parole, quanto stiamo diventando quei burattini e pagliacci che crediamo ancora possano riuscire a dar loro speranza ed alleviare il loro dolore.

  • Ci sono sempre più dementi. E i disturbi cognitivi possono arrivare anche prima dell’anzianità

    Nel mondo si stima che ci siano 50 milioni di persone con demenza e che nei prossimi 30 anni il numero possa salire notevolmente, in Italia si stima che tra il 4% ed il 6% della popolazione over 65 sia affetta da demenza.

    «Quando si parla di demenza non si parla solo di Alzheimer – precisa la neurologa Raffaella Clerici – esistono diverse forme di malattia. Ci sono forme vascolari legate a un’alterazione della vascolarizzazione cerebrale, in particolare i piccoli vasi, che danno una sintomatologia sulla memoria, forme a corpi di lewy correlate a disturbi motori (parkinsonismi), ma anche forme frontotemporali con manifestazioni psicologiche, come apatia o aggressività, ma anche disturbi del linguaggio». Tra i primi segnali di demenza, in particolare per quanto riguarda Alzheimer, ci sono disturbi della memoria. «Si iniziano a dimenticare gli appuntamenti – prosegue – a diventare ripetitivi, non si ricordano le cose recenti ma tutto ciò che è passato si ricorda bene. Iniziano i primi disorientamenti».

    I disturbi cognitivi peraltro possono manifestarsi già intorno ai 30 anni. Gli studi sul questa malattia hanno identificato 39 potenziali fattori di rischio. Eccoli raggruppati in macroaree: fattori sociodemografici (istruzione, stato socioeconomico e sesso), fattori genetici (apolipoproteina E), fattori legati allo stile di vita (attività fisica, consumo di alcol, disturbo da uso di alcol, fumo, dieta, attività cognitiva, isolamento sociale), fattori ambientali (ossido di azoto, particolato, pesticidi e diesel), fattori marcatori del sangue (vitamina D, proteina C-reattiva, funzione stimata della velocità di filtrazione glomerulare e albumina), fattori cardiometabolici (ictus, ipertensione, diabete, ipoglicemia, malattie cardiache, fibrillazione atriale e uso di aspirina), fattori psichiatrici (depressione, ansia, uso di benzodiazepine, delirio e problemi del sonno) e altri fattori (lesione cerebrale traumatica, artrite reumatoide, disfunzione tiroidea, disturbi dell’udito e forza della presa).

    Secondo l’Osservatorio Demenze il costo annuale diretto per ogni paziente varia da 9mila a 16mila euro a seconda della fase della malattia.

    Una volta posta la diagnosi oggi per alcune forme di demenza sono disponibili dei farmaci che consentono il rallentamento della progressione della malattia o il controllo dei sintomi. Per l’Alzheimer non esiste una vera e propria cura ma c’è molta attenzione sui nuovi anticorpi monoclonali (aducanumab, lecanemab e donanemab). «Il Lecanemab – dice Clerici – al momento è stato approvato dalla Food and Drug Administration, ma a livello Europeo non ci sono ancora disposizioni per la sua prescrizione e commercializzazione. Tutti e tre questi anticorpi monoclonali hanno l’obiettivo di bloccare gli aggregati di beta-amiloide ma sembrano funzionare nelle fasi iniziali della malattia, ecco perché la diagnosi precoce resta fondamentale».

  • In aumento le infezioni da virus West Nile

    Campilobatteriosi e salmonellosi restano le zoonosi più segnalate in Europa, ma a preoccupare sono le infezioni da West Nile, in forte crescita.
    E’ quanto si legge su @nmvioggi, rivista on line dell’Associazione Nazionale dei Medici Veterinari Italiani, in cui sono riportarti i risultati del report appena pubblicato dall’EFSA (European Food Safety Authority) e dall’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) “The European Union One Health 2022 Zoonoses Report“.

    I dati si riferiscono al 2022, anno in cui si è registrata una impennata di infezioni da virus del Nilo Occidentale e un aumento del 44% dei focolai veicolati da alimenti, attribuibili principalmente a Lysteria monocitogenes.
    Il 2022 è stato l’anno con il secondo maggior numero di casi di infezioni da virus del Nilo occidentale mai registrato nell’UE (1.133 casi). Ben 431 volatili e 166 cavalli, infatti, ne sono risultati positivi. nell’UE. Il virus ha anche esteso la sua area geografica, raggiungendo zone precedentemente indenni (Francia sud-occidentale, Germania settentrionale e Italia meridionale).
    La salmonellosi è stata la seconda malattia zoonotica più segnalata, con oltre 65 mila casi nel 2022 rispetto ai 60 mila del 2021. Si tratta del numero più alto dal 2018.
    Il Rapporto indaga anche sui focolai veicolati da alimenti, ovvero i casi in cui almeno due persone contraggono la stessa malattia consumando il medesimo cibo contaminato. Il numero di focolai veicolati da alimenti segnalati nell’UE è aumentato del 44% (da 4. 005 nel 2021 a 5.763 focolai nel 2022), raggiungendo livelli simili a quelli degli anni pre-pandemici e causando il maggior numero di decessi connessi ai focolai dell’ultimo decennio (64).

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