mare

  • Il 92% degli italiani non rinuncia alle ferie, ma fa vacanze più corte

    Secondo l’Osservatorio Findomestic rispetto allo scorso anno sono diminuiti (dal 12% all’8%) gli italiani che rinunciano a fare le vacanze. Si parte soprattutto con i familiari per cercare relax e benessere più che cultura. La spesa media prevista è di quasi 1.800 euro a famiglia, il 15% in più rispetto al 2023. I rincari maggiori percepiti per bar, ristoranti e alberghi.

    Il 92% degli italiani ha già programmato le vacanze (62%), o pensa comunque di farle (30%), ma per meno tempo rispetto alla scorsa estate. Secondo il focus dedicato al turismo dell’Osservatorio Findomestic (Gruppo Bnp Paribas), il 41% degli intervistati partirà per una settimana (era il 51% nel 2023), mentre il 27% solo per qualche weekend (9 punti percentuali in più rispetto all’ultima estate). Rimane stabile al 30% la percentuale di chi andrà in vacanza per due settimane e anche oltre. Solo l’8% degli italiani (era il 12% nel 2023) non farà, invece, alcun giorno di vacanza, soprattutto (per 1 famiglia su 2) a causa di una diminuzione del proprio reddito.

    “Gli italiani – commenta Claudio Bardazzi, Responsabile Osservatorio Findomestic – non vogliono rinunciare a godersi qualche giorno di riposo nonostante il momento incerto dal punto di vista economico: partiranno soprattutto per l’Italia (80%) e per il mare che resta la meta prediletta (72%), seguita dalle città d’arte (24%) e dalla montagna (18%). Si andrà in compagnia della propria famiglia (82%) più che tra amici (15%), si cercherà più benessere e relax (61%) che cultura o divertimento (24%)”.

    Gli italiani che pensano di partire per le ferie prevedono una spesa media intorno ai 1.785euro, in aumento del 15% rispetto ai 1.560 euro del 2023. Le famiglie con 4 o più persone riescono a contenere maggiormente l’aumento dei costi: prevedono un budget medio di 1.923 euro, 73 in più (+4%) rispetto ai 1.850 euro dello scorso anno. Nel complesso, quasi 7 famiglie su 10 (68%) pensano di spendere fino a 2.000 euro, il 15% tra 2.000 e 3.000 e soltanto il 7% oltre i 3.000 euro. “Il 68% dei vacanzieri di questa estate – continua Bardazzi – nota un aumento dei prezzi superiore a quello che si osserva in altri settori e i rincari più evidenti sono percepiti nei ristoranti e bar (65%), alberghi (58%), trasporti aerei e spiagge (41%)”. “Per contrastare la crescita dei prezzi e il calo del potere d’acquisto chi parte si propone di fare ferie “intelligenti”: il 72% cercherà di spendere il meno possibile, il 69% eviterà le mete più ambite e il 65% ha prenotato con largo anticipo per risparmiare, evitando nel 59% dei casi i periodi più centrali”.

    L’albergo è la struttura prescelta dal 34% degli intervistati (3 punti percentuali in più rispetto al 2023), ma anche le case in affitto e i residence risultano una soluzione molto gradita (30%, in linea con l’anno scorso). Al terzo posto troviamo i bed&breakfast con il 22% delle preferenze. “La necessità di cercare relax e benessere – ha aggiunto Bardazzi – emerge anche dalla scelta della destinazione: oltre 3 persone 10 per evitare complicazioni o brutte sorprese andranno in posti dove sono già stati o vanno di solito e il 25% sceglie nuove destinazioni solo affidandosi ai consigli degli amici”.

  • La libertà

    La  libertà rappresenta, ancora oggi, un valore sconosciuto.

    Nella medesima spiaggia del veneziano solo qualche settimana addietro era possibile imbattersi in una famiglia musulmana con la moglie al bagno con il burkini e a solo a poche centinaia di metri trovare delle persone adulte che praticavano il naturismo.

    Queste due forme di approccio sicuramente sono agli antipodi nella interpretazione della vita in riva al mare, ma dimostrano come contemporaneamente possano coesistere due filosofie di costume ed espressione di valori etici e religiosi diversi, in quanto non hanno intenzione di imporre il proprio codice alla parte “avversa”.

    In altre parole, la lezione veneziana esprime la superiorità valoriale del codice occidentale che proprio per la propria forza riesce a contenere nell’alveo democratico le più diverse espressioni di costume umano.

    Viceversa, l’idea di vietare l’accesso ad una spiaggia pubblica ad una donna  per il solo motivo del costume indossato, come intenderebbe imporre la sindaca di Monfalcone, rappresenta l’espressione della peggiore retroguardia culturale.

    Innanzitutto tutto perché ghettizzare una donna che forse esprime la propria situazione con il burkini impedisce alla stessa di venire a contatto con una realtà diversa da quella del proprio ambito familiare e religioso e conseguentemente emanciparsi.

    Ed in secondo luogo una democrazia cresce anche attraverso la consapevolezza della priorità forza che parte dalla uguaglianza tra donna e uomo, quindi non vieta nessuna, perché un divieto rappresenta una forma di debolezza ed  investe nel progresso culturale forte della propria consapevolezza.

    A Monfalcone, la scelta della sindaca esprime solo una triste debolezza culturale ed una povertà umana che nulla hanno in comune con il valore occidentale della libertà.

  • Will the Gulf Stream really collapse by 2025?

    The Gulf Stream system of warm ocean currents could collapse as early as 2025, a scientific study has warned.

    The end of the system, which drives the Atlantic’s currents and determines western Europe’s weather, would probably lead to lower temperatures and catastrophic climate impacts.

    But leading scientists have reservations about the study and say it is not established science.

    It is far from certain the system will shut down this century, they say.

    The most recent assessment by the Intergovernmental Panel on Climate Change concluded that Amoc would not in fact collapse so quickly.

    The latest study’s author, Prof Peter Ditlevsen at the University of Copenhagen, told BBC News that other scientists had warned about the potential for collapse of the system, known as the Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc).

    “There’s been worries that this current is weakening for as long as we have had measurements of it – since 2004,” he said.

    The Amoc is a complicated set of currents that bring warm water north towards the pole, where it cools and sinks.

    But as global temperatures rise with global warming, fresh water is pouring into the Amoc from the melting Greenland ice cap and other sources.

    It if collapses, it could lower temperatures by up to 10 or 15 degrees in Europe and lead to rising sea levels in the eastern US. It would also disrupt rain that billions rely on for agriculture.

    The last time Amoc stopped and restarted was during Ice Ages about 115,000 to 12,000 years ago.

    The new study, published in Nature Communications, used sea surface temperature data stretching back to 1870 as a way of assessing the change in strength of Amoc currents over time.

    It estimates Amoc could collapse between 2025 and 2095.

    The analysis is based on greenhouse gas emissions rising as they have done so far. If emissions started to reduce, the world would have more time to keep temperatures below the point at which Amoc would collapse.

    But scientists including Ben Booth at the Met Office Hadley Centre say the paper’s conclusions “are far from settled science”.

    “We just don’t have the evidence to state that it has declined,” says Prof Penny Holliday at the National Oceanography Centre.

    “We know that there is a possibility that Amoc could stop what it’s doing now at some point, but it’s really hard to have certainty about that,” she says.

    “If my neighbour asked me if I should worry about heatwaves or the Amoc collapse, I’d say worry about temperatures. We know that is already happening and will get worse,” she said.

    The reasons for many scientists’ reservations is that they say the study’s authors made a series of assumptions about how to understand Amoc.

    But the climate system is extremely complex and experts do not have all the evidence they need to fully understand the Amoc.

    The predictions that it could collapse as early as 2025 or by 2095 should be taken with a large grain of salt, says Jon Robson at the National Centre for Atmospheric Science, University of Reading.

    But It does not mean that the study is not important or that the possibility of Amoc shutting down should be dismissed, they say.

    “We do still have to take the idea seriously that there could be abrupt changes in the North Atlantic climate system,” says Prof Robson.

    “But the exact predictions that it will happen and within this time frame – you have to take that with some scepticism,” he adds.

  • La qualità delle acque di balneazione europee resta elevata

    Secondo l’ultima relazione annuale sulle acque di balneazione appena pubblicata, nel 2022 la maggior parte dei siti di balneazione in Europa è risultata all’altezza dei più severi standard di qualità dell’UE, meritandosi la classificazione di “eccellente”. La valutazione, elaborata dall’Agenzia europea dell’ambiente in collaborazione con la Commissione, segnala ai bagnanti dove possono trovare le acque di balneazione più pulite in Europa questa estate.

    La qualità delle acque dei siti costieri, che rappresentano i due terzi delle zone di balneazione, è generalmente migliore di quella dei fiumi e dei laghi delle zone interne. Nel 2022 la qualità dell’88,9% dei siti di balneazione costieri dell’UE è stata considerata “eccellente” rispetto al 79,3% dei siti interni.

    Nel 2022 il 95% delle acque di balneazione a Cipro, in Austria, Grecia e Croazia è stato classificato come “eccellente”. Va aggiunto che nello stesso anno tutte le acque di balneazione sottoposte a valutazione a Malta, in Bulgaria, Romania, Slovenia e Lussemburgo hanno soddisfatto almeno lo standard minimo di “qualità sufficiente”.

    Dall’adozione della direttiva sulle acque di balneazione nel 2006, la percentuale di siti di qualità “eccellente” è aumentata, stabilizzandosi negli ultimi anni tra l’85% e l’89% per le acque di balneazione delle zone costiere e tra il 77% e l’81% per quelle interne. Nel 2022 questo livello è stato raggiunto dall’85,7% di tutte le acque di balneazione dell’UE, mentre il 95,9% rispondeva agli standard minimi di qualità.

    Più dell’8% delle acque di balneazione europee si trova in città con più di 100.000 abitanti, principalmente in Grecia, Francia, Italia e Spagna, svolgendo un ruolo importante nella qualità della vita nelle città oltre a garantire benefici ecosistemici.

  • Sicurezza marittima: un trasporto più pulito e moderno

    La Commissione ha presentato cinque proposte legislative intese ad aggiornare le norme dell’UE sulla sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento idrico causato dalle navi.

    Poiché il 75% del commercio estero dell’UE avviene via mare, il trasporto marittimo è non solo l’arteria di un’economia globalizzata, ma anche un fattore vitale per le isole e le regioni marittime periferiche e remote dell’UE.

    Il livello di sicurezza marittima nelle acque dell’UE è attualmente molto elevato: negli ultimi 20 anni non si sono verificate maree nere, anche se si segnalano ancora oltre 2 000 incidenti in mare ogni anno.

    Le proposte odierne mirano a dotare l’UE di nuovi strumenti per ridurre il numero di incidenti e garantire un trasporto marittimo più pulito e moderno. Allineeranno le norme dell’UE alle normative internazionali, garantendo tra l’altro parità di condizioni per il settore e un’armonizzazione delle norme per il controllo e le indagini sugli incidenti marittimi.

    L’aumento dell’uso di strumenti informatici e una maggiore collaborazione tra gli Stati membri garantiranno inoltre l’attuazione e il controllo dell’applicazione di queste norme.

    All’Agenzia europea per la sicurezza marittima sarà attribuito un mandato più ampio, che rispecchi il ruolo sempre più importante che riveste.

  • Enel e Costa alleati per ridurre le emissioni delle navi

    Il ‘caso pilota’ sarà la trasformazione di un nave da crociera per azzerarne le emissioni nelle fasi di ingresso, sosta e uscita dal porto, attraverso l’installazione a bordo di una alimentazione a batteria e sulle banchine un impianto di alimentazione e ricarica elettrica da terra. E’ partito così un progetto di collaborazione tra Enel e Costa Crociere “per favorire la mobilità marittima sostenibile attraverso soluzioni di elettrificazione”. Un protocollo di intesa che, spiegano le due società, «nasce dalla comune convinzione che il trasporto crocieristico sia, nel settore marittimo, quello tecnologicamente più evoluto e precursore di soluzioni a basso impatto ambientale».

    Le due società collaboreranno anche per promuovere «attività di advocacy finalizzate a semplificare ed incentivare l’efficientamento energetico, l’elettrificazione e la produzione di energia rinnovabile in ambito portuale, in particolar modo nelle aree portuali inserite in contesti cittadini», come prevedono l’European New Green Deal ed il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030.

    Su fronti come i progetti di cold ironing, l’alimentazione delle navi attraverso l’elettrificazione della rete di terra durante le soste in porto, la flotta di Costa Crociere, per un terzo già predisposta – viene evidenziato – si sta muovendo in anticipo rispetto ai progetti dei principali porti Italiani e del Mediterraneo, non ancora realizzati. Enel e Costa puntano anche a «favorire il turismo sostenibile, attraverso lo sviluppo di iniziative legate alla mobilità sostenibile elettrica, sia in ambito portuale sia in ambito cittadino», per esempio per le escursioni dei crocieristi a terra o per i collegamenti intermodali tra città e porti. E’ una collaborazione, quella tra le due società, che già prevede la possibilità di essere estesa anche all’estero dove sono presenti i due gruppi, in particolare in Spagna.

    Più in generale, Costa Crociere sottolinea la sua «ambizione” sul fronte della sostenibilità evidenziando l’obiettivo «di introdurre una nuova generazione di navi che operino a zero emissioni nette entro il 2050».

  • Egypt oil pollution risks coral reefs’ survival

    Pollution from an Egyptian oil facility on the Red Sea coast is threatening the survival of some of the world’s last thriving coral reefs, a BBC-led investigation has found.

    Experts who analysed satellite imagery of the area say contaminated water has entered the sea since 1985, and was still flowing as recently as September.

    Until three years ago, the plant was co-owned by the British oil giant, BP, alongside Egypt’s state-backed Gupco oil company.

    Egypt is currently hosting the COP27 climate summit but neither its environment ministry or Gupco would comment on the findings.

    Red Sea corals have a unique ability to withstand warming sea temperatures.

    The investigation was undertaken by BBC News Arabic and journalists from the group Source Material.

  • L’UE e i Paesi vicini concordano i primi piani di gestione pluriennali congiunti nel Mediterraneo

    Per la prima volta, l’UE e i paesi vicini del Mediterraneo hanno deciso di istituire cinque piani di gestione pluriennali (MAPs) basati sui principi della politica comune della pesca (PCP). Questo è il risultato della 45a riunione annuale della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM).

    Grazie agli sforzi congiunti della Commissione, degli Stati membri e di tutti i paesi costieri, la CGPM ha adottato all’unanimità 21 ambiziose misure, 19 delle quali presentate dall’Unione europea, per la gestione e il controllo della pesca, l’acquacoltura e la protezione degli habitat vulnerabili nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Inoltre l’UE sostiene l’attuazione di tutte le misure e la nuova strategia CGPM 2030 mediante una sovvenzione annuale di 8 milioni di euro

    I nuovi piani pluriennali riguarderanno le principali sottoregioni mediterranee: il Mare di Alboran nel Mar Mediterraneo occidentale, lo Stretto di Sicilia, il Mar Ionio e il Mare di Levante. I piani contribuiranno a intensificare gli sforzi per ridurre la pesca eccessiva e migliorare lo stato degli stock ittici nel bacino marittimo, oltre a rafforzare il quadro giuridico per lo sfruttamento sostenibile degli stock, al fine di garantire la redditività del settore della pesca e condizioni di parità per le flotte del Mediterraneo.

    L’UE, il Marocco e l’Algeria hanno poi concordato una tabella di marcia per l’istituzione della prima zona di restrizione della pesca condivisa (FRA), la quale contribuirà a sostenere le nuove misure del piano pluriennale di Alboran per la protezione degli stock di occhialone, che si trovano in uno stato critico.

    Al fine di garantire la corretta attuazione delle misure di gestione e il controllo delle attività di pesca, la CGPM ha adottato due programmi di ispezione internazionali congiunti nel Canale di Sicilia e nel Mar Ionio e ha deciso di vietare il trasbordo in mare quale strumento essenziale nella lotta contro le attività illegali, non dichiarate e non regolamentate (INN).

  • L’UE stanzia un fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura, all’Italia 518 milioni di euro

    La Commissione ha adottato il programma del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) per l’Italia per un totale di 987,2 milioni di € per i prossimi sei anni, di cui 518,2 milioni di € rappresentano contributi dell’UE.

    Circa la metà dei fondi sarà destinata alla pesca sostenibile, in particolare per aiutare l’Italia a porre fine alla pratica dei rigetti in mare dei pesci, a ridurre l’eccesso di capacità di alcune flotte e a migliorare il controllo della pesca e la raccolta dei dati. Oltre un terzo sarà investito nell’acquacoltura, nella trasformazione e nella commercializzazione sostenibili, mentre il resto sarà riservato all’economia blu sostenibile e al rafforzamento della governance internazionale degli oceani. Tra i settori chiave del programma vi è anche la digitalizzazione dei settori italiani della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione.

    L’obiettivo generale del programma FEAMPA è attuare la politica comune della pesca (PCP) e le priorità politiche dell’UE descritte nel Green Deal europeo.

  • Pesca in difficoltà: il caro gasolio brucia 200 milioni di euro

    Ha ripreso vigore in tutta Italia la protesta dei pescatori contro il caro gasolio. Gli operatori del comparto ittico non riescono più a rientrare dei costi della propria attività, essendo triplicati in pochi mesi. Dall’inizio del conflitto russo-ucraino a oggi sono andati in fumo circa 200 milioni di euro di fatturato, di conseguenza potrebbero scarseggiare sui mercati alcune specie di pesce. A stimare per la prima volta con l’agenzia Ansa gli effetti del caro gasolio sul settore ittico, è la Fedagripesca-Confcooperative su un fatturato in tempi di pace, ovvero al netto dell’impennata dei costi di carburante. E in molte famiglie è già scattato l’effetto scorta, come avvenuto per il lockdown e quindi chi può acquista e congela pesci, molluschi e crostacei per paura di non trovare prodotto ittico nazionale. Quanto ai prezzi in pescheria o al ristorante, rileva un monitoraggio dell’associazione, si registrano complessivamente da marzo a oggi aumenti fino al 30% per il consumatore finale e praticamente nulla in più per le tasche del pescatore. Secondo Fedagripesca potrebbero scarseggiare sui mercati i prodotti italiani di stagione come acciughe e sardine, ma anche nasello, pesce spada, sogliola e spigola.

    Una situazione tornata ad essere incandescente nelle ultime ore, dopo il fermo dei pescherecci nella prima settimana di marzo. La tensione nelle marinerie da Nord a Sud è altissima, molti pescatori hanno deciso di non uscire in mare e di protestare. Dopo Ancona, dove hanno manifestato oltre 200 lavoratori provenienti anche dall’Abruzzo, è stata poi la volta di Venezia con una trentina di pescherecci di Chioggia davanti alla capitaneria di porto, come anche a Bari dove le delegazioni di quasi tutte le marinerie pugliesi si sono date appuntamento davanti al porto e da una settimana 200 pescherecci del comparto marittimo di Manfredonia (Foggia) sono fermi. “Non ci resta nulla per vivere”, dicono. Al fianco dei pescatori i sindaci del Nord Barese: ‘Solleciteremo il Governo. Il rischio è di una crisi sociale”. Sul Tirreno, gli operatori di Fiumicino hanno optato per un fermo ad oltranza. Mentre tornando sull’Adriatico il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini e l’assessore regionale Alessio Mammi, condannano le “minacce ai pescatori di Cesenatico” costretti, di fatto, a non uscire in mare “da parte di persone provenienti da altre marinerie” e sollecitano risposte rapide per erogare gli indennizzi previsti dal Governo.

    Sono in arrivo infatti 20 milioni di euro per sostenere le filiere della pesca e dell’acquacoltura colpite dalla crisi internazionale. Una misura molto attesa che necessita ora di tempestività nell’iter di attuazione per dare l’avvio alla presentazione delle domande da parte delle imprese. Un ulteriore spiraglio positivo potrebbe arrivare anche da Bruxelles con una sorta di intesa sul rimborso dei costi aggiuntivi sostenuti per l’acquisto del gasolio utilizzando risorse del Feampa, Fondo europeo per gli affari marittimi, pesca e acquacoltura; il ché produrrebbe un abbassamento dei costi, come se venisse fissato una sorta di tetto al prezzo. Secondo il Nise, l’ente di ricerca socio-economica nel settore ittico, considerata l’importanza del costo del carburante per le imprese pescherecce, si stima una perdita di profitto lordo nel 2022 di circa il 28% rispetto al 2019 e 2020. In termini di fatturato, l’incidenza del costo del gasolio sul valore della produzione sfiorerà quindi il 30%, con punte di quasi il 45% per i mestieri più energivori come lo strascico.

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