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  • Perseguitato un cristiano su 7, 6mila ‘martiri’ in un anno

    Cresce globalmente la persecuzione anticristiana nel mondo e l’Afghanistan si colloca al primo posto come Paese dove maggiore è la discriminazione, surclassando la Corea del Nord che, da 20 anni, deteneva il negativo primato. Sono oltre 360 milioni i cristiani che sperimentano un livello alto di persecuzione e discriminazione nel mondo (1 cristiano su 7). Salgono invece a 5.898 i cristiani uccisi per cause legate alla loro fede. Sono i principali dati diffusi da ‘Porte Aperte’ presentati a Roma alla Camera dei Deputati.

    Come strumento di oppressione è utilizzato anche il Covid che ha fatto aumentare, in alcuni Paesi, le restrizioni nei confronti della comunità cristiana lì dove è minoranza. ‘Porte Aperte’ ha dunque pubblicato la World Watch List 2022 (periodo di riferimento: 1 ottobre 2020 – 30 settembre 2021), la nuova lista dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo. Sono 360 milioni i cristiani che vivono in terre a loro ostili, erano 340 milioni un anno fa.

    L’Afghanistan diventa il Paese più pericoloso al mondo per i cristiani. “Il primo posto dell’Afghanistan nella World Watch List – commenta Cristian Nani, direttore di ‘Porte Aperte/Open Doors’ – è motivo di profonda preoccupazione. Oltre all’incalcolabile sofferenza per la piccola e nascosta comunità cristiana in Afghanistan, manda un messaggio molto chiaro agli estremisti islamici di tutto il mondo: ‘Continuate la vostra brutale lotta, la vittoria è possibile’. Gruppi come lo Stato Islamico e l’Alleanza delle Forze Democratiche ora ritengono che il loro obiettivo di costituire un califfato islamico sia di nuovo raggiungibile”. I dieci Paesi dove è maggiore la persecuzione contro i cristiani sono: Afghanistan, Corea del Nord, Somalia, Libia, Yemen, Eritrea, Nigeria, Pakistan, Iran, India.

    Tra i circa 100 Paesi monitorati, aumenta la persecuzione in termini assoluti e salgono da 74 a 76 quelli che mostrano un livello definibile alto, molto alto o estremo. I cristiani uccisi per ragioni legate alla fede crescono di oltre il 23% (5.898, oltre 1.000 in più rispetto all’anno precedente), con la Nigeria sempre epicentro di massacri, assieme ad altre nazioni dell’Africa Sub-Sahariana colpite dalla violenza anticristiana: nella top 10 dei Paesi con più violenze contro i cristiani ci sono 7 nazioni africane. Cresce poi il fenomeno di una Chiesa “profuga” perché ci sono sempre più cristiani in fuga dalla persecuzione. Il modello Cina di controllo centralizzato sulla libertà di religione è emulato da altri Paesi. C’è infine il problema legato agli stupri e ai matrimoni forzate delle donne appartenenti alla comunità cristiana dove è piccola minoranza, come in Pakistan.

  • Si è conclusa in Mozambico la fase diocesana di beatificazione dei “Martiri di Guiùa”

    Pubblichiamo di seguito un articolo di Anna Bono per la ‘Nuova Bussola Quotidiana’ del 10 settembre 2019

    Il 22 marzo 1992 a Guiùa, in Mozambico, dei catechisti furono brutalmente uccisi insieme alle loro famiglie dai guerriglieri della Renamo che li rapirono nel loro dormitorio e cercarono di estorcere loro notizie sui miliziani del Frelimo, il Fronte per la liberazione del Mozambico di ispirazione marxista-leninista che aveva preso il potere dopo che il paese aveva ottenuto l’indipendenza dal Portogallo, nel 1975. “Fu un periodo di vera persecuzione contro la Chiesa – ricorda per l’agenzia Fides Padre Osorio Citora Afonso, dell’Istituto missioni della Consolata – con espropriazioni, restrizioni di ogni genere all’attività pastorale, negazione del visto d’entrata nel paese ai missionari stranieri. La Chiesa fu spogliata dei suoi averi. Molte missioni si videro svuotate dei loro missionari e sacerdoti. Nacquero allora molte piccole comunità cristiane. Esse furono radunate non più attorno ai sacerdoti e ai missionari, ma a quelli che furono chiamati i ‘missionari-laici’, cioè i catechisti e gli animatori delle comunità cristiane”. I catechisti catturati a Guiùa dalla Renamo rifiutarono di dare notizie. Questo questo provocò la collera dei miliziani e fu un massacro. “ Fin dall’epoca dei tragici eventi – ricorda Fides – i mozambicani li hanno chiamati “i Martiri di Guiúa” e li hanno seppelliti in doppia fila lungo il vialetto che porta al santuario della “Regina dei Martiri”, nel quale periodicamente si danno appuntamento per rinvigorire la loro fede ricordando la testimonianza resa dai catechisti”. Il 23 marzo scorso si è conclusa la fase diocesana del loro processo di beatificazione e canonizzazione, la prima iniziata e conclusa in Mozambico.

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