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  • Il caldo nuoce anche ai farmaci, ecco come conservarli

    Anche i farmaci temono il caldo e per questo, in estate, è necessario qualche accorgimento in più per conservarli correttamente. Con il caldo, prima della partenza per le vacanze – raccomanda l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) – sarà bene però osservare alcune semplici accortezze. Prima di tutto leggendo il Foglio Illustrativo, che riporta le esatte modalità e temperature di conservazione. È importante rispettarle perché la sicurezza non va in vacanza.

    Ecco alcuni consigli: la temperatura è importante, rispettala. Innanzitutto va verificata attentamente sul Foglio Illustrativo la giusta temperatura di conservazione. Se non sono specificate particolari condizioni, i farmaci vanno conservati in ambienti freschi e asciutti a una temperatura inferiore a 25 °C. In viaggio è buona norma dotarsi di borse refrigerate che possano mantenere una temperatura adeguata per tutta la durata del tragitto. In auto ricordarsi che l’abitacolo è più fresco del portabagagli. In aereo meglio portare i farmaci salvavita nel bagaglio a mano insieme alle prescrizioni. Ricordando che i liquidi di volume non superiore a 100 ml possono essere trasportati nel bagaglio a mano e devono essere inseriti in buste trasparenti, mentre per compresse e capsule non ci sono restrizioni. Alcuni farmaci necessitano di particolari condizioni di conservazione. L’insulina, ad esempio, deve essere conservata in frigo a una temperatura controllata compresa tra 2 e 8 °C. Anche i farmaci per la tiroide, i contraccettivi e altri medicinali a base ormonale sono particolarmente sensibili alle variazioni termiche. Evitare, in ogni caso, di esporli a fonti di calore e a irradiazione solare diretta.

    Occhio all’aspetto: se sembra diverso o presenta difetti come un colore o un odore anomalo o una differente consistenza, consultare il medico o il farmacista prima di assumerlo perché questi cambiamenti non sempre sono indice di un deterioramento del medicinale. Controllare sempre la compatibilità con l’esposizione al sole: Alcuni farmaci possono provocare reazioni di fotosensibilizzazione come dermatiti o eczemi. Questo fenomeno può verificarsi in particolare con creme a base di cortisone, gel, soluzioni o spray, ma anche antibiotici e anticoagulanti. In questo caso, è bene evitare l’esposizione solare, in particolare nelle ore più calde della giornata, e utilizzare sempre un’adeguata protezione. In casi specifici, ad esempio dopo l’uso di cerotti a base di ketoprofene, è necessario evitare di esporsi al sole fino a due settimane dopo il trattamento. Preferire le formulazioni solide: Ricordarsi che, quando possibile, in estate l’utilizzo di formulazioni solide come le compresse è da preferire alle formulazioni liquide, poiché meno sensibili alle alte temperature.

    Portare con sé le confezioni originali: Un errore comune durante la preparazione dei bagagli è quello di mettere farmaci diversi nello stesso contenitore per risparmiare spazio. Tuttavia, questo può comportare una difficoltà nel riconoscere i medicinali, e c’è il rischio di fare confusione con le scadenze, le avvertenze o i dosaggi. Inoltre, blister e scatole riparano i farmaci da luce e umidità, al contrario dei portapillole o di contenitori non esplicitamente destinati al trasporto di medicinali. Questi potrebbero facilmente surriscaldarsi e alterarli. Occorre estrarre dal contenitore originale solo la dose da assumere. Nel caso fosse necessario acquistare un farmaco, la confezione originale che riporta la composizione potrà essere d’ausilio a dialogare con medici e farmacisti del luogo. Per non dimenticarsi di assumere i medicinali nei giusti orari è utile scaricare l’App “AIFAmedicinali” (disponibile per cellulari Android e iOS), che consente di creare il proprio armadietto farmaceutico con l’attivazione di alert per ricordare quando assumerli o per segnalare se sono previste carenze in farmacia. Con questi semplici ma essenziali accorgimenti che compongono un piccolo vademecum da portare in valigia per viaggiare sicuri, le vacanze saranno più serene.

  • La Commissione apre la partecipazione all’Alleanza per i medicinali critici

    L’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) della Commissione europea ha pubblicato un invito aperto per manifestare interesse a partecipare all’Alleanza per i medicinali critici. L’istituzione dell’Alleanza è una delle azioni chiave volte a prevenire e affrontare le carenze di medicinali critici, annunciate dalla Commissione nell’ottobre 2023.

    L’Alleanza riunirà l’insieme dei portatori d’interessi e lavorerà per rafforzare la cooperazione tra la Commissione, i governi nazionali, l’industria e la società civile. Individuerà le sfide, le priorità d’azione e le possibili soluzioni politiche al problema delle carenze di medicinali critici nell’UE. L’Alleanza è un meccanismo consultivo che fungerà anche da rete per accelerare la realizzazione dell’azione dell’UE in questo settore.

  • Troppi farmaci prescritti, anche i medici scoprono che less is more

    Troppi farmaci prescritti, soprattutto agli anziani, ed i rischi di interazioni pericolose per la salute crescono. A segnalarlo sono i medici internisti, dai quali parte dunque un nuovo approccio: è il ‘deprescribing’, ovvero la ‘de-prescrizione’ che punta a ridurre la lista di medicinali non strettamente necessari ai pazienti perché a volte, avvertono gli specialisti, ‘meno è meglio’. Per il bene del paziente è cioè necessario fare marcia indietro rispetto all’eccesso di prescrizioni di terapie, sfoltendo la ‘polifarmacia’, che indica il prendere più di 5-6 medicine al giorno, condizione comune in almeno i due terzi degli anziani. Un tema nuovo e complesso che sarà al centro dei lavori del120esimo Congresso della Società Italiana di Medicina Interna (Simi).

    L’allungamento della vita, rileva la Simi, porta con sé varie conseguenze, come la comparsa di patologie croniche, che spesso si associano in uno stesso paziente. Avere una ‘regia’ centrale, come quella offerta dal medico internista, mette al riparo i pazienti dai rischi di una ‘polifarmacia’ troppo affollata, dovuta alla ‘collezione’ di tante prescrizioni di farmaci diverse, una per ogni specialista consultato, spesso in conflitto tra loro, tanto da provocare interazioni ed effetti indesiderati che possono pregiudicare la sicurezza del paziente.

    “Alcuni studi – ricorda Giorgio Sesti, presidente Simi – hanno messo ben in evidenza il fenomeno della polipharmacy e le sue ricadute. A rischio di effetti indesiderati sono soprattutto le persone con una ridotta funzionalità renale, condizione comune tra gli anziani”. Uno studio su oltre 5 mila pazienti over 65 del registro Reposi ha evidenziato che almeno la metà mostrava una compromissione moderata, il 14% una compromissione funzionale grave e il 3% molto grave. Tra i pazienti con ipertensione, diabete, fibrillazione atriale e scompenso, all’11% veniva prescritto un dosaggio di farmaci inappropriato rispetto alla funzionalità renale. E nel follow up, un’inappropriatezza prescrittiva si associava ad un aumentato rischio di mortalità per tutte le cause del 50%. “Il 66% dei pazienti adulti assume 5 o più farmaci e un anziano su 3 assume oltre 10 farmaci in un anno – rileva Gerardo Mancuso, vicepresidente Simi – provocando un aumento delle cause di ricovero per eventi avversi per interazioni farmacologiche.

    De-prescrivere le molecole farmacologiche è una attività che l’internista deve fare in tutti i pazienti, ma soprattutto negli anziani”. È dunque “necessario invertire la tendenza – sostiene Sesti – e inaugurare l’era del ‘deprescribing’. Ma perché questo avvenga, dobbiamo aumentare la consapevolezza di pazienti e medici”. La Simi, sottolinea Nicola Montano, presidente eletto Simi, “ha lanciato nel 2016 la campagna Choosing Wisely, per sensibilizzare medici e pazienti a ridurre esami e trattamenti che hanno dimostrato una scarsa utilità e quindi aumentare la sicurezza riducendo gli sprechi”. La professoressa Rita Redberg, direttore di Jama Internal Medicine e professore di cardiologia alla University of California, che prenderà parte al congresso, è una delle fautrici del movimento Choosing Wisely. È suo lo slogan ‘less is more’, sintetizzabile con il concetto che ‘fare meno talvolta è meglio che fare di più’. “Il less is more – prosegue Sesti – non vale solo per le medicine, ma anche per i troppi esami, alcuni dei quali, come le Tac, comportano rischi per la salute legati ad un eccesso di radiazioni”. E d’altronde, l’inerzia prescrittiva, che porta a ripetere le prescrizioni anno dopo anno senza una rivalutazione critica, non rappresenta una strategia vincente: secondo un’analisi recente, 1 ricovero su 11 tra gli anziani può essere ricondotto a una prescrizione sbagliata o agli effetti indesiderati dei farmaci. Altri paladini del movimento deprescribing sono gli esperti statunitensi del National Institute on Aging ed un deprescibing network è stato creato in Canada, con offerta di borse di studio e seminari. Intanto, il numero delle pubblicazioni sul deprescribing aumenta. Insomma l’era del ‘less is more’ è iniziata.

  • Anziani in preda all’ipocondria, boom delle apparecchiature di autocontrollo della salute

    Tra timori e solitudine sempre più anziani – spinti anche dai familiari preoccupati – si rifugiano nel controllo ossessivo dei propri parametri vitali, sfruttando tecnologie sempre più diffuse e low-cost come smart-watch e misuratori di pressione e ritmo cardiaco, col rischio di disturbi d’ansia o, peggio ancora, diagnosi sbagliate. Con il nuovo lockdown che coinvolge quasi tutto il Paese, è ipocondria digitale per molti anziani italiani. Nell’anno della pandemia in Italia la spesa per questi strumenti ha toccato mezzo miliardo circa (il mercato globale per gli strumenti che servono a controllare da soli tutte le patologie ammonta a 1,2 miliardi di euro) con una spesa pro capite di circa 40 euro, sostenuta spesso dai figli preoccupati per la salute dei genitori anziani.

    A mettere in guardia dai rischi derivanti dall’ossessione digitale, anche alla luce del recente documento della Società Europea di Cardiologia, sono gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe), che sottolineano come sotto la spinta dell’emergenza Covid si sia passati dalla consultazione compulsiva di Google all’automisurazione di tutti i parametri corporei. “Tutte le tecnologie digitali a partire dagli smartphone, possono rappresentare un volano per la prevenzione cardiovascolare e lo conferma il boom delle vendite di apparecchi per il monitoraggio della funzione cardiaca: dai braccialetti elettronici alle App, agli smartwatch per la trasmissione dell’elettrocardiogramma – dichiara Alessandro Boccanelli, presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe) – È giunto il tempo di lavorare – aggiunge Boccanelli – su un percorso di cura che inizia dall’interazione del paziente da remoto. Ma non bisogna confondere l’automonitoraggio con la diagnosi che deve essere sempre eseguita dal medico, indipendentemente dal dato tecnico che non si può sostituire all’operatore sanitario. Invece c’è la convinzione che usandoli si possa scavalcare il professionista sanitario che deve sempre suggerire il loro utilizzo, altrimenti il rischio è di far sentire tutti un po’ malati. Ciò vale soprattutto per gli anziani che vivono a casa, vittime spesso inconsapevoli di un ossessivo controllo ‘fai da te’, e più esposti al rischio di un eccesso di medicalizzazione e di sofferenza e inquietudini crescenti. Non è infrequente, ad esempio, che l’apparecchio per la pressione invii un messaggio di allerta di una presunta fibrillazione atriale, ma se il paziente non è a rischio non deve preoccuparsi. Bisogna dunque parlare con il proprio medico utilizzando sempre l’operatore sanitario come filtro, capire se si è una persona a rischio, se è opportuno utilizzare la tecnologia digitale e condividere i dati” – precisa Boccanelli.

    L’emergenza Covid ha dato una spinta rilevante e messo in luce il ruolo chiave della tecnologia digitale soprattutto applicata alla cardiologia. Il monitoraggio continuo dei parametri vitali e la raccolta dei relativi dati che in questi mesi di isolamento e distanziamento hanno subito un’impennata, hanno però sconvolto l’equilibro del rapporto tra medico e paziente, soprattutto per gli anziani. “La riprogettazione dell’assistenza sanitaria deve tenere conto delle opportunità che la rivoluzione digitale offre, ma in questo contesto la gestione della diagnosi e della cura deve essere affidata al medico e non al cittadino che rischia di sentirsi malato e ipermedicalizzarsi” – conclude l’esperto.

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