mercato

  • Libero scambio: quale modello?

    La libera circolazione delle merci non gravata di alcun tipo di tassazione aggiuntiva rappresenta lo scenario ideale ed ovviamente teorico al quale i vari accordi commerciali tra le diverse realtà economiche e  politiche timidamente tendono ad avvicinarsi. Nel mondo reale infatti la concorrenza non comincia tra prodotti (piuttosto tra filiere produttive), e quindi tra sistemi normativi relativi alla fiscalità, alla tutela del lavoro e della produzione e, ultimamente, anche alla sostenibilità. Questi sistemi si confrontano poi attraverso i prodotti (e le filiere), e quindi  la sola ricerca di un aumento della produttività non può certamente compensare i dumping sociali, fiscali ed economici tra Paesi evoluti ed in via di sviluppo. Una delle ricette più banali proposte da oltre quindici anni dal mondo accademico italiano per combattere l’invasione di prodotti a basso costo provenienti dai Paesi del Far East.

    In questo contesto così articolato di un mercato globale che pone in concorrenza beni di consumo ed intermedi, espressione di culture e normative assolutamente diverse tanto diventare esse stesse fattori competitivi, recentemente si è innescata una nuova situazione politica ed economica con  l’esito del referendum in Gran Bretagna relativo all’uscita dall’Unione stessa. La gestione della Brexit infatti rappresenta una nuova opportunità in relazione alle politiche commerciali di libero scambio che vede contrapposte l’Unione Europea alla Gran Bretagna. Il punto d’arrivo dichiarato all’Unione stessa può venire indicato in due obiettivi: il  primo relativo ad un accordo di libero scambio, quindi con zero quote, zero tariffe, ed un secondo, forse ancora più qualificante, relativo al riconoscimento delle oltre tremila specificità o, meglio, tremila indicazioni geografiche per le quali l’Europea chiede la protezione all’interno del mercato britannico.

    In questo ambito la posizione dell’Italia è assolutamente preminente in quanto quasi un terzo (935) di queste protezioni richieste rappresenta appunto l’indicazione di prodotti italiani che vanno dal prosecco al parmigiano reggiano. Questo punto rappresenta una scelta molto qualificante, e potremmo aggiungere assolutamente tardiva, da parte della Unione Europea. In questo senso, infatti, vanno ricordate le critiche che vennero altrettanto giustamente mosse all’accordo relativo e flussi commerciali tra Unione Europea e Canada (il Ceta) all’interno del quale la tutela delle specificità geografiche italiane si fermò al misero numero di quarantatre. In altre parole nel Ceta hanno trovato una propria tutela  poco più del 4% di quei prodotti espressioni della specificità geografica e culturale italiana che invece rappresentano l’obiettivo attuale nella trattativa con la Gran Bretagna. Nella scelta della trattativa tra Gran Bretagna ed Unione Europea la tutela del prodotto inteso come il risultato finale di una filiera produttiva, e quindi espressione contemporanea della cultura di un determinato Paese, pare abbia trovato finalmente una propria espressione e tutela.

    Tornando quindi agli obiettivi raggiungibili in riferimento al Ceta, tutte le critiche risultarono assolutamente corrette e nulla avevano a che fare, come qualcuno disse, in base ad una contrarietà culturale con gli accordi relativi ai flussi commerciali ed al libero mercato. Quest’ultimo rappresenta certamente un traguardo che indica una direzione più che un punto da raggiungere.

    Tale direzione può essere indicata ancora meglio non attraverso l’omogeneizzare delle diverse espressioni culturali che i prodotti esprimono ma fornendo una tutela aggiuntiva a quella nazionale per offrire successivamente la possibilità al consumatore di scegliere liberamente attraverso il proprio acquisto.

    In fondo la semplice condizione  per rendere un libero mercato viene rappresentata dalla conoscenza e quindi dalla certificazione della filiera produttiva.

  • La Germania è un ottimo affare per l’e-commerce targato Italia

    Avere due Germanie, come piaceva a Giulio Andreotti, non si può più, ma tenersi cara quella che c’è conviene, secondo quanto sottolinea il portale internazionale per la comparazione dei prezzi online, idealo, che ha recentemente annunciato un’importante partnership con Itkam, la Camera di Commercio Italiana per la Germania, volta ad incentivare l’internazionalizzazione dei negozi online italiani e tedeschi oltre i rispettivi confini nazionali.

    La Germania è infatti un mercato di riferimento commerciale essenziale per l’Italia in quanto  con 80,5 milioni di consumatori e un reddito medio pro-capite di oltre 33.000 euro annui rappresenta la maggiore economia dell’Unione Europea. A dispetto della scarsa popolarità che la Germania nutre in Italia, idealo segnala che essa può rappresentare un target di tutto interesse per l’economia italiana. I dati parlano chiaro. L’88% degli utenti tedeschi acquista regolarmente su Internet, il che equivale a dire che avere un e-shop disponibile a vendere anche in Germania offre la possibilità di godere di un bacino d’utenza potenziale di 58 milioni di utenti aggiuntivi (https://www.idealo.it/azienda/idealo-netcomm-forum/#idealo-itkam).

    In Germania, il 40% degli acquirenti online fa già acquisti su e-shop stranieri. Come motivazione principale, il 65% di questi dichiara di farlo quando il prodotto desiderato non è disponibile nel proprio paese, mentre il 49% in quanto ha riscontrato che l’articolo desiderato è più economico all’estero. Sei dei 10 maggiori e-shop presenti su amazon.de si trovano in paesi differenti dalla Germania e conducono con successo scambi commerciali transfrontalieri in Germania attraverso i propri negozi online.

    In termini di vendite, la Germania si colloca tra i primi cinque mercati e-commerce più grandi del mondo, insieme a Cina, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone.

    Nel 2012 il totale delle vendite legate al mercato online tedesco era di 28 miliardi di euro, nel 2017 è salito a 58,5 miliardi e gli esperti prevedono che entro il 2022 raggiungerà gli 81 miliardi di euro.

    “idealo diretto”, la funzione presente in Germania che permette di vendere direttamente sul portale di idealo, produce in media un +42% negli ordini ricevuti dai negozi online, che possono quindi aumentare il proprio fatturato. A tale riguardo, Francesca Regina, Vice Segretario di ITKAM Camera di Commercio Italiana per la Germania ha commentato: “Da un punto di vista economico, la Germania è il primo partner commerciale per l’Italia, sia come mercato di sbocco dell’export italiano, sia come Paese di provenienza dell’import italiano. Il volume dell’interscambio bilaterale è molto elevato: esso corrisponde infatti tradizionalmente quasi alla somma degli scambi che intratteniamo con Francia e Regno Unito insieme. Siamo quotidianamente impegnati a potenziare la presenza di aziende italiane nel mercato tedesco e valorizzare il made in Italy. La partnership con idealo rappresenta un’importante opportunità che consente quindi ulteriormente di perseguire questi obiettivi.” Fabio Plebani, country manager di idealo per l’Italia, ha così commentato la partnership: “Come comparatore prezzi leader in Europa noi di idealo conosciamo il valore dell’internazionalizzazione. Per questo motivo ci impegniamo tutti i giorni per aiutare i nostri partner a superare i propri confini. Allo stesso modo di idealo, anche la Camera di Commercio Italiana per la Germania è in prima linea per favorire la crescita delle realtà italiane e tedesche oltre i confini nazionali. Uniti da questo spirito è nata la volontà di cooperare insieme per poter offrire ancora più servizi ai nostri rispettivi partner”.

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