Migranti

  • Satellite inglese per controllare i flussi migratori, Orban punta sul Ciad

    Il Regno Unito lancerà nel 2025 il satellite Amber-2, sviluppato dall’azienda britannica Horizon Technologies, per migliorare la sicurezza marittima e contrastare attività illegali come l’immigrazione clandestina e il traffico di stupefacenti.

    Il progetto, sostenuto dalla Uk Space Agency con un investimento di 1,2 milioni di sterline (1,4 miliardi di euro), mira a migliorare le capacità di sicurezza marittima del Regno Unito, monitorando le cosiddette “navi fantasma”, ossia quelle che disattivano il loro Sistema di Identificazione Automatica (Ais) per evitare il rilevamento. Il satellite sarà in grado di rilevare segnali a radiofrequenza, permettendo l’identificazione delle navi anche quando i loro sistemi sono spenti. Tuttavia, l’amministratore delegato di Horizon Technologies, John Beckner, ha osservato che il mercato dell’osservazione terrestre basata su frequenze radio è ancora in fase di sviluppo, simile al tracciamento tramite Ais. Ciò indica che il successo di questo nuovo satellite richiederà una combinazione di sistemi terrestri e dati spaziali.

    Per contrastare l’immigrazione irregolare verso l’Europa il primo ministro ungherese Viktor Orban ha invece stipulato con il governo del Ciad un accordo di partenariato di cooperazione. Il documento è stato firmato a settembre dal ministro ungherese degli Affari esteri e del commercio, Peter Szijjarto, e dall’omologo ciadiano Abderahman Koula Allah, e si declina in quattro accordi di cooperazione distinti, due dei quali nel settore della difesa. Secondo la presidenza del Ciad, uno di questi riguarda lo status dei soldati ungheresi di stanza in Ciad, Paese crocevia dei traffici migratori e partner tradizionale dell’Occidente nel contrasto all’immigrazione illegale.

    Il governo Orban puntava da mesi a fare del Ciad, dopo il Niger, il nuovo bastione saheliano contro i flussi irregolari provenienti dall’Africa sub sahariana. “La migrazione dall’Africa verso l’Europa non può essere fermata senza i Paesi della regione del Sahel. Questo è il motivo per cui l’Ungheria sta costruendo un partenariato di cooperazione con il Ciad”, ha scritto Orban su X nei giorni degli incontri. Soddisfazione è stata espressa in modo esplicito dalla presidenza ciadiana, secondo cui “con questo bilaterale” fra Orban e Deby “l’asse N’Djamena-Budapest è ormai chiaro”: per la giunta militare “si apre ora una nuova era grazie al desiderio manifestato dai due leader di dare impulso alle relazioni tra i due Paesi”. In base agli accordi, peraltro, il figlio 32enne del primo ministro ungherese, Gaspar Orban, oggi capitano dell’esercito nazionale, diventerà “agente di collegamento per aiutare a preparare la missione in Ciad”.

    Per contribuire alla lotta contro l’immigrazione clandestina ed il terrorismo, il parlamento ungherese ha autorizzato a novembre del 2023 il dispiegamento di 200 militari in Ciad. Secondo diversi osservatori internazionali, tuttavia, inviando queste unità nel Paese africano, Orban ha sostenuto unicamente i propri interessi economici nella regione. L’Ungheria ha di recente concluso accordi di cooperazione per la promozione del commercio e degli investimenti in Ciad, e le autorità dei due Paesi stanno valutando l’apertura di un centro di assistenza umanitaria e diplomatica nella capitale N’Djamena, oltre che altri accordi nei settori dell’agricoltura e dell’istruzione. L’agenzia governativa ungherese per gli aiuti umanitari e lo sviluppo, Ungheria Helps, ha inoltre aperto il suo primo ufficio di rappresentanza in Africa proprio a N’Djamena, all’inizio del 2024.

    L’avvicinamento di Budapest a N’Djamena si inserisce, non da ultimo, nei mutati equilibri geopolitici che interessano il Sahel. Il Ciad, infatti, ospita oggi l’ultima delle basi francesi ancora presenti nella regione, dove Parigi ha lasciato circa mille uomini, ma da tempo ormai il governo Deby – così come già fatto, in maniera più plateale, dai vicini Mali, Niger e Burkina Faso – guarda alla Russia, di cui subisce l’influenza politica e diplomatica. Agli occhi ciadiani, dunque, l’Ungheria – che intrattiene ottimi rapporti con Mosca – si configura come un collegamento con l’Europa alternativo alla Francia, con cui sviluppare molteplici ambiti di cooperazione ma, soprattutto, rafforzare l’apparato di difesa regionale in un territorio fortemente instabile, dove i combattenti dell’ex gruppo paramilitare russo Wagner – ora ribattezzato Africa Corps – sono sempre più presenti.

  • Cosa potrebbe accadere in seguito e delle scelte pragmatiche

    Sì, ne era convinto John Maxwell Coetzee, noto scrittore sudafricano e vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 2003. Per lui “il pragmatismo vince sempre sui principi”. Aggiungendo anche che “è così che vanno le cose, l’universo si muove, la terra cambia sotto i nostri piedi; i principi sono sempre un passo indietro”. Una sua convinzione basata sulla sua lunga esperienza di vita sia in Sudafrica che in altri Paesi ed espressa nel suo libro Summertime (Tempo d’estate, n.d.a.), pubblicato nel 2009. Il sostantivo ‘pragmatismo’ ha le sue origini nella lingua greca antica. In quella lingua prâgma significava un ‘fatto, una cosa concreta’. Nei dizionari e nelle enciclopedie con la parola pragmatismo si intende una scelta, un comportamento che punta a far prevalere e preferire i risultati concreti e pratici più che i principi e/o i valori morali.

    Venerdì 18 ottobre è stata resa nota la decisione della sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma sui primi profughi arrivati in Albania con la nave “Libra” della marina militare italiana due giorni prima, il 16 ottobre. Un trasferimento fatto in base all’Accordo, noto come il “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma il 6 novembre 2023 dalla Presidente del Consiglio dei ministri italiano e dal primo ministro albanese. Un Protocollo ratificato in seguito, nel febbraio scorso, sia dal Parlamento italiano che da quello albanese.

    I giudici del Tribunale di Roma non hanno convalidato il trattenimento dei dodici profughi nei due Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio; n.d.a.). La decisione sanciva che “…il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”. Per i giudici della sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma…“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia.”.

    Il 4 ottobre scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa in seguito ad una richiesta presentata dalla Repubblica Ceca, in base ad una domanda di protezione presentata da un cittadino moldavo. Una domanda rifiutata perché le autorità ceche avevano ritenuto la Moldavia come un Paese sicuro, ad eccezione di una sua parte, la Transnistria. Bisogna sottolineare che il diritto dell’Unione europea riconosce come sicuro tutto il territorio di un Paese terzo in questione, e non solo una sua parte. Ebbene, proprio in base a quella norma di diritto, il 4 ottobre scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea ha deciso che “…i criteri che consentono di designare un Paese terzo come di origine sicura devono essere rispettati in tutto il suo territorio”. Bisogna tenere presente che le decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea condizionano anche le sentenze dei sistemi giudiziari di tutti i Paesi dell’Unione, Italia compresa.

    Ovviamente le reazioni in Italia dei massimi rappresentanti sia dell’opposizione che della maggioranza, per ovvi motivi diversi, sono state molto dure.

    Le reazioni sono state tante, forti e motivate anche in Albania, criticando l’Accordo e mettendo in evidenza il suo fallimento. Reazioni fatte però solo dai rappresentati dell’opposizione, da quei pochi media che il primo ministro non riesce a controllare, da noti analisti e dagli abitanti delle aree dove sono stati costruiti i due Cpr. Delle forti reazioni, come quelle fatte dopo la firma dell’Accordo il 6 novembre scorso. Reazioni che allora erano molto critiche soprattutto nei confronti del primo ministro, che aveva fatto tutto senza la ben che minima trasparenza, in piena violazione della Costituzione. Allora il primo ministro albanese, alcuni suoi ministri e tutti i media da lui controllati hanno difeso con entusiasmo l’Accordo. Le cattive lingue dicevano allora che lo facevano per avere il supporto della presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, nonché degli alti rappresentanti italiani nel Consiglio europeo e nelle altre istituzioni dell’Unione. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023; Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024; ecc…). Ma in seguito “l’entusiasmo” del primo ministro albanese sull’Accordo” cominciò a svanire. Lui cominciò a “liberarsi” dalle sue responsabilità già da alcuni mesi fa. Durante un’intervista rilasciata ad un giornalista de La Repubblica nel maggio scorso lui, riferendosi proprio all’Accordo, ha dichiarato che “Ci saranno ricorsi, verrà bloccato dalla burocrazia italiana e dalle regole Ue”. Invece adesso, dopo la sopracitata decisione del Tribunale di Roma il primo ministro non ha detto una sola parola. Si nasconde come fa sempre quando si trova in difficoltà. Chissà perché?!

    Nel frattempo il primo ministro albanese continua vigliaccamente a tacere. Fa male perciò la sua “cara amica Giorgia” a fidarsi di lui. Lei che con l’Accordo del 6 novembre 2023 sui migranti con l’Albania, tra il pragmatismo ed i principi ha scelto il primo. “Il pragmatismo vince sempre sui principi; è così che vanno le cose”, scriveva John Maxwell Coetzee nel suo libro “Tempo d’estate”. Chissà se funzionerà anche questa volta? Di una cosa però la presidente italiana deve essere attenta, dell’infedeltà del suo “caro amico”, il primo ministro albanese.

  • Nove Stati membri riceveranno sostegno tecnico per l’elaborazione dei rispettivi piani nazionali di attuazione del patto sulla migrazione e l’asilo

    A seguito dell’entrata in vigore del patto sulla migrazione e l’asilo e dell’adozione del piano di attuazione comune il 12 giugno 2024, la Commissione fornirà un sostegno mirato e consulenze specialistiche a nove Stati membri attraverso lo strumento di sostegno tecnico. Tale sostegno aiuterà questi Stati membri ad elaborare i propri piani nazionali di attuazione, previsti per l’inizio di dicembre 2024.

    Nel quadro dello strumento di sostegno tecnico, nel giugno 2024 la Commissione ha indetto un bando per assistere gli Stati membri nell’elaborazione dei rispettivi piani nazionali di attuazione, in particolare offrendo loro un sostegno mirato per effettuare analisi situazionali e individuare le azioni necessarie per attuare il patto, in linea con il piano di attuazione comune. Belgio, Cechia, Estonia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Romania hanno presentato richieste di sostegno e riceveranno consulenze mirate da parte di esperti per quattro mesi, fino alla fine di novembre 2024.

    Esperti dei quadri giuridici nazionali ed esperti internazionali con conoscenze sulle pratiche attuate in questo campo da altri paesi aiuteranno le autorità nazionali dei nove Stati membri a individuare i settori in cui la legislazione nazionale necessita di adeguamenti e i processi amministrativi e giudiziari per i quali è necessaria una revisione. Gli esperti assisteranno i nove paesi nella valutazione delle proprie esigenze in termini di personale (assunzione e formazione), infrastrutture, tecnologie dell’informazione, costi che ne deriveranno e bandi che dovranno essere indetti per consentire agli Stati membri di preparare tempestivamente dei solidi piani nazionali di attuazione.

  • Mai accordarsi con individui inaffidabili

    Una persona inaffidabile è completamente inutile.

    Confucio

    Si, proprio così. L’esperienza secolare dell’essere umano sempre ci insegna e ne è anche testimone. Ci insegna a non fare accordi con delle persone che sono pubblicamente note per essere dei bugiardi, degli ingannatori e, perciò, degli individui del tutto inaffidabili. Chissà come si è sentita la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia dopo le affermazioni fatte la scorsa settimana dal suo “caro amico”, il primo ministro albanese?

    La scorsa settimana un noto giornalista italiano è stato in Albania e si è incontrato proprio con lui, con il primo ministro albanese. Un incontro durato circa un’ora, avvenuto nel giardino di un albergo affollatissimo di Tirana. Il giornalista afferma: “Quando l’ho cercato con un messaggio sul telefonino, mi ha risposto dicendomi che in Albania l’ospitalità è sacra e mi ha detto che voleva vedermi subito”. Il che significa che loro si conoscevano da prima, nonostante il giornalista non lo specifichi. Lui afferma però che “…il messaggio su WhatsApp compare esattamente all’ora dell’appuntamento”. Era un messaggio scritto dal primo ministro albanese che gli comunicava: “Sono qua dietro, nel cortile”. Un’altra conferma che quello tra loro due non era un incontro gestito dal protocollo ufficiale del primo ministro albanese, bensì un incontro tra persone che si conoscono da prima, oppure un incontro coordinato da altri. Il giornalista nota che li dove loro due si dovevano incontrare c’erano molte persone che beneficiavano della piscina, oppure che frequentavano il bar del albergo. Ma “…all’improvviso sono spariti tutti”, appena era apparso il primo ministro, Il che ha permesso al giornalista di essere solo con il primo ministro, di beneficiare della sua ospitalità, prendendo un caffè insieme. Lo afferma proprio il giornalista in un articolo pubblicato il 24 maggio scorso sul quotidiano La Repubblica. Il giornalista, Gerardo Greco, aveva intitolato il suo articolo “Migranti in Albania, Rama scarica Meloni: “Il centro sarà un flop””. Mentre nel sottotitolo aveva evidenziato, riferendosi al primo ministro albanese, che “dopo averlo appoggiato, il premier boccia il progetto voluto dal centrodestra. “Ci saranno ricorsi, verrà bloccato dalla burocrazia italiana e dalle regole Ue””.

    Il giornalista, dopo aver raccontato come si sono incontrati la scorsa settimana in un affollatissimo albergo di Tirana lui ed il primo ministro albanese, già nel primo paragrafo sottolineava che “Tirana tutto intorno è un gigantesco cantiere. Solo gru che tirano su grattacieli a tempi di record”. E poi ha chiesto al primo ministro “Presidente, voi ormai costruite palazzi in una notte, e il centro italiano per i migranti in Albania è fatto solo di quattro ruspe abbandonate. C’è qualcosa che non va?”. E dopo questa sua domanda, il primo ministro, il quale, come specifica il giornalista “…assume subito l’espressione di un commissario di maturità di fronte a candidati un po’ ciucci”, spiega al giornalista, riferendosi al centro italiano per i migranti che “quella roba lì è solo italiana. L’Albania ha dato disponibilità e terreni, ma nulla di più”.

    Si tratta infatti di due centri di accoglienza che si costruiranno sul territorio albanese, nel nord del Paese, sulla costa adriatica. Lì arriveranno solo i migranti maschi partiti dalle coste del Nord Africa e salvati in mare dalle autorità italiane. Tutto è stato previsto dal “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma nel pomeriggio del 6 novembre 2023. Un Protocollo ratificato poi nel febbraio scorso sia dal Parlamento italiano che da quello albanese.

    E proprio secondo quel Protocollo, il primo centro di accoglienza doveva essere operativo il 20 maggio scorso. Cosa che però non è avvenuta. Il giornalista racconta nel suo sopracitato articolo che, mentre si parlava di questo fatto, il primo ministro albanese maliziosamente gli chiede: “…Ma siete sicuri che non sia già pronto?”. Al che il giornalista gli risponde: “E su presidente…non faccia così.”. E subito dopo, come afferma il giornalista, il primo ministro è diventato confidenziale ed ha detto: “Amico mio, il centro comunque in qualche mese sarà pronto, quello è niente. Ma il problema sarà farlo funzionare. E sarà molto difficile per le procedure: come fai a far ruotare 3000 persone in 28 giorni con la burocrazia italiana e con le regole europee?”. Il giornalista specifica che il primo ministro albanese gli ha affermato che attende dei ricorsi, delle battaglie politiche e che si riferiva a quello che potrà accadere non in Albania, ma in Italia. In seguito lui evidenzia quanto gli aveva confidato il primo ministro albanese durante il loro incontro, riferendosi agli accordi tra l’Italia e alcuni Paesi africani. “Anche questo piano Mattei… come fai a portarlo avanti? Sì, puoi fare accordi, aprire centri in Tunisia o in Libia. Ma sai quanti soldi ci sono in ballo sul traffico dei migranti su quelle coste? Ed è tutto gestito molto in alto”. Questo gli aveva confidato il primo ministro. E poi aveva aggiunto, suggerendo anche una soluzione per l’Italia “Mica basta la volontà politica, l’unica strategia sarebbe diluviarli di soldi. Ma tanti, tanti.[…] Lo sai chi ci vorrebbe? D’Alema ci vorrebbe!”. E si riferiva ad un suo altro “buon amico”, l’ex presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, Massimo D’Alema. Il giornalista sottolinea nel suo articolo, dopo questo suggerimento del primo ministro, che “…il premier albanese ritira fuori il suo spirito da vecchio socialdemocratico, forse cercando una riappacificazione con i socialisti europei, sospettosi dei suoi troppi WhatsApp con Meloni”.

    L’autore di queste righe, ha continuamente informato il nostro lettore, fatti accaduti, fatti documentati, denunciati e pubblicamente noti alla mano, dell’inaffidabilità del primo ministro albanese. Perché non può essere mai e poi mai affidabile un bugiardo, un ingannatore innato, un individuo che fa di tutto per curare solo i suoi interessi e per schivare le sue note difficoltà e cercare di tirarsi fuori da innumerevoli scandali in cui è stato ed è coinvolto in prima persona. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore anche sull’Accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti, firmato il 6 novembre 2023 a Roma, sulle violazioni delle legislazioni in vigore, soprattutto in Albania e sulle tante reazioni, sia in Italia ed in Albania, che a livello internazionale (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023).

    Chi scrive queste righe è convinto che non bisogna mai accordarsi con individui inaffidabili come il primo ministro albanese. Proprio con lui che il 18 novembre 2021 dichiarava convinto e perentorio che “L’Albania non sarà mai un Paese dove Paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Ma quella sua “determinazione” lo ha “dimenticato” il 6 novembre scorso, firmando l’Accordo sui migranti con l’Italia. Mentre adesso sta “dimenticando” proprio la bontà di quell’Accordo. Perciò tutti coloro che, per varie ragioni, cercano di accordarsi con lui devono ricordare di trarre insegnamento da Confucio, secondo il quale una persona inaffidabile è completamente inutile. E ti crea soltanto dei problemi. Chissà che ne pensa adesso del suo “caro amico”, il primo ministro albanese, la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia?!

  • Africa ed Europa nel bene e nel male

    Qualche volta sarebbe bene imparare dall’Africa.

    In Kenya, dove il nord è stato devastato da piogge particolarmente torrenziali, anche per la stagione, il governo ha preso misure urgenti a tutela della popolazione.

    Dopo i 250 morti e le quasi quattrocentomila persone coinvolte nello straripamento di fiumi e canali, con i conseguenti enormi allagamenti che hanno distrutto case e coltivazioni, il governo, per evitare che in futuro si ripetano tragedie simili, ha ordinato la demolizione di tutti gli edifici costruiti senza permesso entro 30 metri dalle sponde dei fiumi.

    Provvedimento che sarebbe giusto imitare anche in Italia e nel resto d’Europa visto che gli  allagamenti dovuti alle esondazioni di fiumi, torrenti, canali e rigagnoli è diventato costante e non più un fatto eccezionale. Se poi si pensasse anche a pulire i greti dei corsi d’acqua eliminando alberi, tronchi e quant’altro li ostruisce forse un po’ di danni, anche ai ponti, sarebbero evitati. Ma si sa gli interventi più semplici e di buon senso sono quelli che difficilmente si prendono, qualunque sia il colore del potere.

    Viene invece dalla Tunisia una notizia molto preoccupante: i migranti, per impedire che arrivino sulle nostre coste con le imbarcazioni dei trafficanti di esseri umani o autonomamente, sono praticamente deportati al confine algerino o libico  e lì abbandonati.

    Benissimo avere coinvolto il governo tunisino nel controllo del traffico di esseri umani sulle nostre coste  ma l’Italia e l’Europa non dovrebbero tollerare che i migranti siano abbandonati nel deserto o in paesi nei quali non esiste un minimo di tutela.

    Un vero piano Mattei per l’Africa dovrebbe occuparsi anche di questo ed il futuro Parlamento europeo dovrebbe inviare una propria delegazione per verificare con i propri occhi cosa sta succedendo a decine di migliaia di esseri umani, compresi i bambini.

  • Surge of children crossing dangerous Darién Gap jungle

    More than 30,000 children have crossed the Darién Gap, the dense expanse of jungle straddling Panama and Colombia, in the first four months of this year.

    According to figures released by the United Nations’ children’s agency, Unicef, the number of minors embarking on the dangerous journey is up 40% compared to last year.

    Most of them are trying to reach the United States.

    Migrants making the jungle crossing are often robbed or extorted by criminal gangs and many have been sexually abused.

    Doctors Without Borders (MSF) recorded 214 cases of sexual violence in the Darién jungle in the month of December alone.

    The international medical organisation said migrants had described how they had been detained by armed men who had forced them to remove their clothes and sexually abused them.

    While MSF said that most victims of sexual violence were women, its teams have also provided treatment to men and children.

    Unicef deputy executive director Ted Chaiban said that many children had died “on this arduous, dangerous journey”.

    There are no roads through the Darién Gap and crossing it on foot can take a week.

    According to Unicef, 2,000 out of the more than 30,000 children who had embarked on the journey in the first four months of 2024 did so unaccompanied.

    “The Darién Gap is no place for children,” Mr Chaiban said.

    Unicef has helped migrant children, providing them with water, sanitation and hygiene as well as health services, but the organisation says it needs more funds to address their most urgent needs.

    The large number of migrants through the Darién Gap has become a political issue in Panama, with President-elect José Raúl Mulino saying during his acceptance speech that he will “close” the route.

    “This is not a transit route, no, this is our border,” said Mr Mulino, who will be sworn in in July. He did not clarify how he would block the route.

  • Un vero piano per l’Africa non può prescindere dal problema immigrazione, guerre e disperazione

    Mentre è sicuramente positivo che l’Italia, con il piano Mattei per l’Africa, abbia ridestato l’attenzione dell’Europa, da troppi anni indifferente a quanto avveniva in quel continente, non è affatto positivo pensare che per evitare l’arrivo da noi di migliaia di extracomunitari si debbano continuare a tollerare che questi siano rapiti, torturati, schiavizzati nei lager di alcuni paesi nordafricani.

    Ogni accordo che sigliamo con i singoli stati africani non dovrebbe basarsi sulla richiesta di non farci arrivare gli immigrati sui barconi senza che contestualmente sia preteso, a fronte anche dei finanziamenti che facciamo e faremo, che le loro condizioni di vita siano umane ed i trafficanti di esseri umani, le organizzazioni criminali, siano combattute in modo chiaro ed incisivo.

    Vi è troppa collusione tra politica e affari poco puliti sulla pelle di persone disperate.

    Un vero piano per l’Africa non può prescindere dal problema immigrazione, guerre, soprusi, carestie, povertà, disperazione.

    Continuiamo fermamente a sostenere che manca ancora uno studio approfondito sulle diverse e reali situazioni di ogni singolo stato africano, e sul peso che gli investimenti ed il potere cinese e russo hanno esercitato ed esercitano, per valutare e poter decidere i tipi di intervento da effettuare.

    Chi non ha visitato personalmente i campi profughi difficilmente è in grado di comprendere l’enorme, spaventosa, vastità del problema e l’Europa è la prima a non conoscere, a non voler conoscere secondo il vecchio detto ‘occhio non vede cuore non duole’: se non sappiamo, non vediamo la crudeltà e l’orrore, la nostra coscienza non si sente toccata.

    Continuiamo a non fare tra noi, membri dell’Unione, regole, leggi comuni per organizzare un’accoglienza compatibile con il nostro sistema di vita e non riusciamo neppure ad immaginare, proprio nell’Africa del Nord, centri di accoglienza gestiti dall’Europa. Centri come veri villaggi con scuole e assistenza sanitaria per garantire condizioni umane e istruire quei tanti extracomunitari dei quali le nostre imprese hanno bisogno ma che oggi non sono in grado di conoscere le nostre lingue, i nostri costumi, le opportunità di lavoro.

    Ancora una volta manca il tassello più importante, non si tratta solo di provare umanità, si tratta di guardare avanti ed impedire che la situazione precipiti ulteriormente con un danno reale per tutti.

  • US to consider mass release of detained migrants over budget woes

    A senior US immigration official has said that authorities plan to release thousands of migrants from detention amid a severe budget crunch.

    The official from Immigration and Customs Enforcement (ICE) told CBS, the BBC’s US partner, that between 4,000 and 6,000 migrants could be released.

    A bipartisan border bill that would have funded immigration detentions collapsed last week.

    More than 6.3 million migrants have entered the US illegally since 2021.

    ICE is currently holding about 38,000 migrants in long-term detention facilities.

    The bipartisan border bill that faltered due to Republican opposition last week would have earmarked $7.6bn (£6bn) for ICE, including an additional $3.2bn for detention capacity that would have boosted the agency’s ability to house detainees by several thousand beds.

    According to the Washington Post – which first reported the story – the bill’s collapse prompted ICE officials to circulate an internal proposal to slash costs by cutting detentions from 38,000 to 22,000.

    While the proposal would see some of the migrants deported back to their home countries, many would be released into the US, the report added.

    In response to a query from the BBC, a spokesperson for the Department of Homeland Security (DHS) – which includes ICE – said that Congress has “chronically underfunded” efforts to secure the border.

    The rejection of the border bill, the spokesperson added, will “put at risk DHS’s current removal operations” and “put further strain on our already overtaxed workforce”.

    The spokesperson said that without “adequate funding” for Customs and Border Patrol, ICE and US Citizenship and Immigration Services, “the department will have to reprogram or pull resources from other efforts”.

    A budget shortfall would also mean that ICE’s capacity to deport migrants would suffer, one of a number of potential changes to DHS operations cited by the spokesperson.

    Any such move would almost certainly face intense criticism from Republicans, who have long called for stricter enforcement and fewer migrants being “paroled” into the US to await immigration court proceedings.

    The border has become an extremely divisive issue in the US.

    A January poll conducted by CBS – the BBC’s US partner – suggests that nearly half of Americans view the situation at the border as a crisis, with 63% wanting “tougher” policies.

    More migrants have been held while crossing the border illegally since the start of President Joe Biden’s term than under either Donald Trump, Barack Obama or George W Bush.

    Of the more than 6.3 million total, about 2.4 million have been allowed into the US, mostly to await decisions from immigration courts.

    On a monthly basis, migrant detentions rose to an all-time high of over 302,000 in December 2023, but fell by 50% to about 124,00 in December.

    CBP officials have attributed the drastic decline to “seasonal trends, as well as enhanced enforcement efforts”.

    Experts have also credited increased enforcement by the Mexican government for the drop in migrants “encounters” at the border in the wake of a December meeting between Secretary of State Antony Blinken and Mexican President Andrés Manuel López Obrador.

  • Valutazione positive del regolamento Frontex nonostante le sfide

    Il 2 febbraio la Commissione ha adottato la valutazione del regolamento relativo alla guardia di frontiera e costiera europea (regolamento Frontex) unitamente a un piano d’azione a sostegno della sua attuazione. Con questa prima valutazione del regolamento Frontex, che costituisce un obbligo giuridico, la Commissione ha valutato l’impatto, l’efficacia e l’efficienza di Frontex.

    Dalla valutazione emerge che, nonostante le sfide importanti, tra cui la pandemia di COVID-19, la strumentalizzazione della migrazione e la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, Frontex ha contribuito notevolmente a rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell’UE nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. Per attenuare e affrontare le sfide individuate, la Commissione ha inoltre proposto un piano d’azione a sostegno dell’attuazione del regolamento Frontex, con una serie di raccomandazioni che saranno attuate dall’Agenzia, dal suo consiglio di amministrazione, dagli Stati membri e dalla Commissione.

    La Commissione collaborerà con gli Stati membri e Frontex per affrontare le carenze individuate e monitorare attentamente l’attuazione del piano d’azione.

  • Oltre 200mila migranti sbarcati in Italia nel 2023

    Oltre 200 mila migranti hanno cercato di raggiungere l’Italia via mare nel corso del 2023, un numero in netto aumento rispetto allo scorso anno. Il dato è stato elaborato da “Agenzia Nova” sommando gli arrivi accertati sul territorio italiano e le persone intercettate in mare e riportate in Libia e in Tunisia dalle rispettive Guardie costiere nordafricane.

    Sono complessivamente 153.647 i migranti arrivati in modo irregolare via mare e sbarcati nei porti italiani a decorrere dal primo gennaio al 20 dicembre, con un aumento del 55 per cento rispetto ai circa 99.191 arrivi registrati nello stesso periodo del 2022. Si tratta, a ben vedere, di numeri inferiori ai 181 mila arrivi del 2016 e ai 170 mila del 2014, indice di una situazione non emergenziale ma comunque preoccupante anche per i morti nel Mediterraneo centrale: oltre 2.220 da gennaio. Gli ultimi dati del Viminale visti da “Nova” confermano il picco di arrivi via mare dalla Tunisia, 96.156 da inizio anno al 20 dicembre, una media di quasi 272 migranti sbarcati al giorno: più che triplicato il dato di 30.135 arrivi complessivi dalla rotta tunisina in tutto il 2022. A questi numeri vanno aggiunti almeno altri 48.074 migranti che sono stati intercettati dal primo gennaio al 30 novembre, secondo gli ultimi dati disponibili pubblicati dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes). Complessivamente, inoltre, Ftdes ha conteggiato 1.300 morti e dispersi in mare, fino al 30 novembre, lungo la rotta tunisina.

    Più distaccata invece la rotta libica, al secondo posto con almeno 49.714 migranti illegali sbarcati al 20 dicembre, secondo i dati del Viminale visti da “Nova”. Più della metà dei migranti sbarcati in Italia dalle coste libiche, circa 33 mila, è partito dalla Tripolitania, regione occidentale del Paese nordafricano sotto il controllo del governo guidato del premier Abdulhamid Dabaiba. Dalla Cirenaica, regione orientale dominata dal generale Khalifa Haftar e colpita lo scorso settembre dal devastante ciclone “Daniel”, sono invece arrivati ad oggi oltre 16 mila migranti. Secondo le ultime stime dell’Oim, aggiornate al 9 dicembre, 15.383 migranti sono stati intercettati in mare e riportati in Libia, di cui 11.423 uomini, 1.066 donne, 556 minori e 2.443 persone i cui dati di genere non sono disponibili. Di 955 migranti è stata invece accertata la morte, mentre 1.255 risultano ancora dispersi nei tentativi di emigrazione verso le coste europee attraverso la rotta del Mediterraneo centrale (che include sia Libia che Tunisia), per un ammontare complessivo di 2.210 persone decedute. I numeri del ministero dell’Interno italiano visionati da “Nova” mostrano infine un sensibile calo di arrivi dalla rotta turca dalla tragedia di Cutro di febbraio, 7.017, a fronte degli oltre 15 mila dello stesso periodo dello scorso anno. Resta marginale, infine, la rotta che dall’Algeria ha portato in Italia almeno 535 migranti irregolari, a fronte di 1.273 arrivi dello scorso anno.

    “Tante persone provano una traversata più volte, quindi è difficile capire quanti respinti poi siano arrivati o meno. Potremmo effettivamente essere a 200 mila partenze, ma non possiamo consideriamo il 2023 un anno emergenziale. Sono comunque dati inferiori al 2016 e al 2014. L’emergenza numerica non c’è”, commenta a “Nova” Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) a Roma. “Anche qualora fossero 200 mila le persone partite, si tratta di un numero obiettivamente basso: non è paragonabile agli oltre 850 mila arrivati in Grecia nel 2015”, ha aggiunto Di Giacomo, sottolineando come i 153 mila sbarcati in Italia da inizio anno siano pari allo 0,26 del totale della popolazione italiana e allo 0,03 per cento del totale della popolazione europea. Il problema, secondo il portavoce, è soprattutto a Lampedusa, dove fino a due mesi fa si concentrava almeno il 70 per cento degli arrivi. “L’emergenza non è numerica per l’Italia, ma lo è sicuramente per Lampedusa, anche al livello operativo e logistico”, ha aggiunto l’esponente di Oim.

    Secondo i dati del cruscotto statistico giornaliero pubblicato nel sito web del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, al primo posto degli sbarchi in Italia al 20 dicembre 2023 c’è la Guinea con 18.204 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con circa 20.486 sbarcati dalla rotta libica, in particolare quella “orientale” che dalle coste della Cirenaica punta alla Sicilia. Segue poi un altro Paese dell’Africa, la Tunisia, con 17.203 arrivi al 20 dicembre, circa 500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Dalla Tunisia partono soprattutto subsahariani, meno di due su dieci è di nazionalità tunisina. I cittadini della Costa d’Avorio risultano al terzo posto degli sbarchi irregolari in Italia, con 16.004 arrivi via mare, mentre lo scorso anno erano i bengalesi (più di 14 mila) a occupare il gradino più basso del podio in questo periodo. Da segnalare poi l’arrivo quest’anno di 12.122 cittadini del Bangladesh che hanno molto probabilmente percorso la rotta libica per sbarcare in Italia.

    Secondo Di Giacomo, i flussi migratori del 2023 sono stati caratterizzati dalla partenza di persone che vivevano in Nord Africa (e non necessariamente nordafricani) e che sono state costrette a scappare. “Tendenzialmente molte persone arrivate quest’anno sono fuggite da contesti drammatici. Molte persone arrivate dalla Tunisia vivevano lì da anni e sono scappate a causa delle discriminazioni. Sappiamo che la Libia è sia un Paese di transito, ma anche di destinazione: molte persone che si trovano a vivere in Libia scappano, anche se in realtà volevano rimanere”, ha detto ancora Di Giacomo, sottolineando come a influire sul fenomeno sia soprattutto il contesto geopolitico. “L’instabilità economica e geopolitica del Nord Africa crea un flusso migratorio che, se ci fosse più stabilità politica in questi paesi, probabilmente sarebbe più basso”, ha puntualizzato il portavoce di Oim, evidenziando il drammatico dato di 2.271 morti nel Mediterraneo, in netto aumento rispetto ai 1.400 morti del 2022. “E’ un numero ancora per difetto. Ci sono tantissimi naufragi di cui nessuno sa niente. L’emergenza vera è che non si fa abbastanza per salvare le vite in mare”, conclude Di Giacomo.

Pulsante per tornare all'inizio