Migranti

  • Mai accordarsi con individui inaffidabili

    Una persona inaffidabile è completamente inutile.

    Confucio

    Si, proprio così. L’esperienza secolare dell’essere umano sempre ci insegna e ne è anche testimone. Ci insegna a non fare accordi con delle persone che sono pubblicamente note per essere dei bugiardi, degli ingannatori e, perciò, degli individui del tutto inaffidabili. Chissà come si è sentita la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia dopo le affermazioni fatte la scorsa settimana dal suo “caro amico”, il primo ministro albanese?

    La scorsa settimana un noto giornalista italiano è stato in Albania e si è incontrato proprio con lui, con il primo ministro albanese. Un incontro durato circa un’ora, avvenuto nel giardino di un albergo affollatissimo di Tirana. Il giornalista afferma: “Quando l’ho cercato con un messaggio sul telefonino, mi ha risposto dicendomi che in Albania l’ospitalità è sacra e mi ha detto che voleva vedermi subito”. Il che significa che loro si conoscevano da prima, nonostante il giornalista non lo specifichi. Lui afferma però che “…il messaggio su WhatsApp compare esattamente all’ora dell’appuntamento”. Era un messaggio scritto dal primo ministro albanese che gli comunicava: “Sono qua dietro, nel cortile”. Un’altra conferma che quello tra loro due non era un incontro gestito dal protocollo ufficiale del primo ministro albanese, bensì un incontro tra persone che si conoscono da prima, oppure un incontro coordinato da altri. Il giornalista nota che li dove loro due si dovevano incontrare c’erano molte persone che beneficiavano della piscina, oppure che frequentavano il bar del albergo. Ma “…all’improvviso sono spariti tutti”, appena era apparso il primo ministro, Il che ha permesso al giornalista di essere solo con il primo ministro, di beneficiare della sua ospitalità, prendendo un caffè insieme. Lo afferma proprio il giornalista in un articolo pubblicato il 24 maggio scorso sul quotidiano La Repubblica. Il giornalista, Gerardo Greco, aveva intitolato il suo articolo “Migranti in Albania, Rama scarica Meloni: “Il centro sarà un flop””. Mentre nel sottotitolo aveva evidenziato, riferendosi al primo ministro albanese, che “dopo averlo appoggiato, il premier boccia il progetto voluto dal centrodestra. “Ci saranno ricorsi, verrà bloccato dalla burocrazia italiana e dalle regole Ue””.

    Il giornalista, dopo aver raccontato come si sono incontrati la scorsa settimana in un affollatissimo albergo di Tirana lui ed il primo ministro albanese, già nel primo paragrafo sottolineava che “Tirana tutto intorno è un gigantesco cantiere. Solo gru che tirano su grattacieli a tempi di record”. E poi ha chiesto al primo ministro “Presidente, voi ormai costruite palazzi in una notte, e il centro italiano per i migranti in Albania è fatto solo di quattro ruspe abbandonate. C’è qualcosa che non va?”. E dopo questa sua domanda, il primo ministro, il quale, come specifica il giornalista “…assume subito l’espressione di un commissario di maturità di fronte a candidati un po’ ciucci”, spiega al giornalista, riferendosi al centro italiano per i migranti che “quella roba lì è solo italiana. L’Albania ha dato disponibilità e terreni, ma nulla di più”.

    Si tratta infatti di due centri di accoglienza che si costruiranno sul territorio albanese, nel nord del Paese, sulla costa adriatica. Lì arriveranno solo i migranti maschi partiti dalle coste del Nord Africa e salvati in mare dalle autorità italiane. Tutto è stato previsto dal “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma nel pomeriggio del 6 novembre 2023. Un Protocollo ratificato poi nel febbraio scorso sia dal Parlamento italiano che da quello albanese.

    E proprio secondo quel Protocollo, il primo centro di accoglienza doveva essere operativo il 20 maggio scorso. Cosa che però non è avvenuta. Il giornalista racconta nel suo sopracitato articolo che, mentre si parlava di questo fatto, il primo ministro albanese maliziosamente gli chiede: “…Ma siete sicuri che non sia già pronto?”. Al che il giornalista gli risponde: “E su presidente…non faccia così.”. E subito dopo, come afferma il giornalista, il primo ministro è diventato confidenziale ed ha detto: “Amico mio, il centro comunque in qualche mese sarà pronto, quello è niente. Ma il problema sarà farlo funzionare. E sarà molto difficile per le procedure: come fai a far ruotare 3000 persone in 28 giorni con la burocrazia italiana e con le regole europee?”. Il giornalista specifica che il primo ministro albanese gli ha affermato che attende dei ricorsi, delle battaglie politiche e che si riferiva a quello che potrà accadere non in Albania, ma in Italia. In seguito lui evidenzia quanto gli aveva confidato il primo ministro albanese durante il loro incontro, riferendosi agli accordi tra l’Italia e alcuni Paesi africani. “Anche questo piano Mattei… come fai a portarlo avanti? Sì, puoi fare accordi, aprire centri in Tunisia o in Libia. Ma sai quanti soldi ci sono in ballo sul traffico dei migranti su quelle coste? Ed è tutto gestito molto in alto”. Questo gli aveva confidato il primo ministro. E poi aveva aggiunto, suggerendo anche una soluzione per l’Italia “Mica basta la volontà politica, l’unica strategia sarebbe diluviarli di soldi. Ma tanti, tanti.[…] Lo sai chi ci vorrebbe? D’Alema ci vorrebbe!”. E si riferiva ad un suo altro “buon amico”, l’ex presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, Massimo D’Alema. Il giornalista sottolinea nel suo articolo, dopo questo suggerimento del primo ministro, che “…il premier albanese ritira fuori il suo spirito da vecchio socialdemocratico, forse cercando una riappacificazione con i socialisti europei, sospettosi dei suoi troppi WhatsApp con Meloni”.

    L’autore di queste righe, ha continuamente informato il nostro lettore, fatti accaduti, fatti documentati, denunciati e pubblicamente noti alla mano, dell’inaffidabilità del primo ministro albanese. Perché non può essere mai e poi mai affidabile un bugiardo, un ingannatore innato, un individuo che fa di tutto per curare solo i suoi interessi e per schivare le sue note difficoltà e cercare di tirarsi fuori da innumerevoli scandali in cui è stato ed è coinvolto in prima persona. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore anche sull’Accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti, firmato il 6 novembre 2023 a Roma, sulle violazioni delle legislazioni in vigore, soprattutto in Albania e sulle tante reazioni, sia in Italia ed in Albania, che a livello internazionale (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023).

    Chi scrive queste righe è convinto che non bisogna mai accordarsi con individui inaffidabili come il primo ministro albanese. Proprio con lui che il 18 novembre 2021 dichiarava convinto e perentorio che “L’Albania non sarà mai un Paese dove Paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Ma quella sua “determinazione” lo ha “dimenticato” il 6 novembre scorso, firmando l’Accordo sui migranti con l’Italia. Mentre adesso sta “dimenticando” proprio la bontà di quell’Accordo. Perciò tutti coloro che, per varie ragioni, cercano di accordarsi con lui devono ricordare di trarre insegnamento da Confucio, secondo il quale una persona inaffidabile è completamente inutile. E ti crea soltanto dei problemi. Chissà che ne pensa adesso del suo “caro amico”, il primo ministro albanese, la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia?!

  • Africa ed Europa nel bene e nel male

    Qualche volta sarebbe bene imparare dall’Africa.

    In Kenya, dove il nord è stato devastato da piogge particolarmente torrenziali, anche per la stagione, il governo ha preso misure urgenti a tutela della popolazione.

    Dopo i 250 morti e le quasi quattrocentomila persone coinvolte nello straripamento di fiumi e canali, con i conseguenti enormi allagamenti che hanno distrutto case e coltivazioni, il governo, per evitare che in futuro si ripetano tragedie simili, ha ordinato la demolizione di tutti gli edifici costruiti senza permesso entro 30 metri dalle sponde dei fiumi.

    Provvedimento che sarebbe giusto imitare anche in Italia e nel resto d’Europa visto che gli  allagamenti dovuti alle esondazioni di fiumi, torrenti, canali e rigagnoli è diventato costante e non più un fatto eccezionale. Se poi si pensasse anche a pulire i greti dei corsi d’acqua eliminando alberi, tronchi e quant’altro li ostruisce forse un po’ di danni, anche ai ponti, sarebbero evitati. Ma si sa gli interventi più semplici e di buon senso sono quelli che difficilmente si prendono, qualunque sia il colore del potere.

    Viene invece dalla Tunisia una notizia molto preoccupante: i migranti, per impedire che arrivino sulle nostre coste con le imbarcazioni dei trafficanti di esseri umani o autonomamente, sono praticamente deportati al confine algerino o libico  e lì abbandonati.

    Benissimo avere coinvolto il governo tunisino nel controllo del traffico di esseri umani sulle nostre coste  ma l’Italia e l’Europa non dovrebbero tollerare che i migranti siano abbandonati nel deserto o in paesi nei quali non esiste un minimo di tutela.

    Un vero piano Mattei per l’Africa dovrebbe occuparsi anche di questo ed il futuro Parlamento europeo dovrebbe inviare una propria delegazione per verificare con i propri occhi cosa sta succedendo a decine di migliaia di esseri umani, compresi i bambini.

  • Surge of children crossing dangerous Darién Gap jungle

    More than 30,000 children have crossed the Darién Gap, the dense expanse of jungle straddling Panama and Colombia, in the first four months of this year.

    According to figures released by the United Nations’ children’s agency, Unicef, the number of minors embarking on the dangerous journey is up 40% compared to last year.

    Most of them are trying to reach the United States.

    Migrants making the jungle crossing are often robbed or extorted by criminal gangs and many have been sexually abused.

    Doctors Without Borders (MSF) recorded 214 cases of sexual violence in the Darién jungle in the month of December alone.

    The international medical organisation said migrants had described how they had been detained by armed men who had forced them to remove their clothes and sexually abused them.

    While MSF said that most victims of sexual violence were women, its teams have also provided treatment to men and children.

    Unicef deputy executive director Ted Chaiban said that many children had died “on this arduous, dangerous journey”.

    There are no roads through the Darién Gap and crossing it on foot can take a week.

    According to Unicef, 2,000 out of the more than 30,000 children who had embarked on the journey in the first four months of 2024 did so unaccompanied.

    “The Darién Gap is no place for children,” Mr Chaiban said.

    Unicef has helped migrant children, providing them with water, sanitation and hygiene as well as health services, but the organisation says it needs more funds to address their most urgent needs.

    The large number of migrants through the Darién Gap has become a political issue in Panama, with President-elect José Raúl Mulino saying during his acceptance speech that he will “close” the route.

    “This is not a transit route, no, this is our border,” said Mr Mulino, who will be sworn in in July. He did not clarify how he would block the route.

  • Un vero piano per l’Africa non può prescindere dal problema immigrazione, guerre e disperazione

    Mentre è sicuramente positivo che l’Italia, con il piano Mattei per l’Africa, abbia ridestato l’attenzione dell’Europa, da troppi anni indifferente a quanto avveniva in quel continente, non è affatto positivo pensare che per evitare l’arrivo da noi di migliaia di extracomunitari si debbano continuare a tollerare che questi siano rapiti, torturati, schiavizzati nei lager di alcuni paesi nordafricani.

    Ogni accordo che sigliamo con i singoli stati africani non dovrebbe basarsi sulla richiesta di non farci arrivare gli immigrati sui barconi senza che contestualmente sia preteso, a fronte anche dei finanziamenti che facciamo e faremo, che le loro condizioni di vita siano umane ed i trafficanti di esseri umani, le organizzazioni criminali, siano combattute in modo chiaro ed incisivo.

    Vi è troppa collusione tra politica e affari poco puliti sulla pelle di persone disperate.

    Un vero piano per l’Africa non può prescindere dal problema immigrazione, guerre, soprusi, carestie, povertà, disperazione.

    Continuiamo fermamente a sostenere che manca ancora uno studio approfondito sulle diverse e reali situazioni di ogni singolo stato africano, e sul peso che gli investimenti ed il potere cinese e russo hanno esercitato ed esercitano, per valutare e poter decidere i tipi di intervento da effettuare.

    Chi non ha visitato personalmente i campi profughi difficilmente è in grado di comprendere l’enorme, spaventosa, vastità del problema e l’Europa è la prima a non conoscere, a non voler conoscere secondo il vecchio detto ‘occhio non vede cuore non duole’: se non sappiamo, non vediamo la crudeltà e l’orrore, la nostra coscienza non si sente toccata.

    Continuiamo a non fare tra noi, membri dell’Unione, regole, leggi comuni per organizzare un’accoglienza compatibile con il nostro sistema di vita e non riusciamo neppure ad immaginare, proprio nell’Africa del Nord, centri di accoglienza gestiti dall’Europa. Centri come veri villaggi con scuole e assistenza sanitaria per garantire condizioni umane e istruire quei tanti extracomunitari dei quali le nostre imprese hanno bisogno ma che oggi non sono in grado di conoscere le nostre lingue, i nostri costumi, le opportunità di lavoro.

    Ancora una volta manca il tassello più importante, non si tratta solo di provare umanità, si tratta di guardare avanti ed impedire che la situazione precipiti ulteriormente con un danno reale per tutti.

  • US to consider mass release of detained migrants over budget woes

    A senior US immigration official has said that authorities plan to release thousands of migrants from detention amid a severe budget crunch.

    The official from Immigration and Customs Enforcement (ICE) told CBS, the BBC’s US partner, that between 4,000 and 6,000 migrants could be released.

    A bipartisan border bill that would have funded immigration detentions collapsed last week.

    More than 6.3 million migrants have entered the US illegally since 2021.

    ICE is currently holding about 38,000 migrants in long-term detention facilities.

    The bipartisan border bill that faltered due to Republican opposition last week would have earmarked $7.6bn (£6bn) for ICE, including an additional $3.2bn for detention capacity that would have boosted the agency’s ability to house detainees by several thousand beds.

    According to the Washington Post – which first reported the story – the bill’s collapse prompted ICE officials to circulate an internal proposal to slash costs by cutting detentions from 38,000 to 22,000.

    While the proposal would see some of the migrants deported back to their home countries, many would be released into the US, the report added.

    In response to a query from the BBC, a spokesperson for the Department of Homeland Security (DHS) – which includes ICE – said that Congress has “chronically underfunded” efforts to secure the border.

    The rejection of the border bill, the spokesperson added, will “put at risk DHS’s current removal operations” and “put further strain on our already overtaxed workforce”.

    The spokesperson said that without “adequate funding” for Customs and Border Patrol, ICE and US Citizenship and Immigration Services, “the department will have to reprogram or pull resources from other efforts”.

    A budget shortfall would also mean that ICE’s capacity to deport migrants would suffer, one of a number of potential changes to DHS operations cited by the spokesperson.

    Any such move would almost certainly face intense criticism from Republicans, who have long called for stricter enforcement and fewer migrants being “paroled” into the US to await immigration court proceedings.

    The border has become an extremely divisive issue in the US.

    A January poll conducted by CBS – the BBC’s US partner – suggests that nearly half of Americans view the situation at the border as a crisis, with 63% wanting “tougher” policies.

    More migrants have been held while crossing the border illegally since the start of President Joe Biden’s term than under either Donald Trump, Barack Obama or George W Bush.

    Of the more than 6.3 million total, about 2.4 million have been allowed into the US, mostly to await decisions from immigration courts.

    On a monthly basis, migrant detentions rose to an all-time high of over 302,000 in December 2023, but fell by 50% to about 124,00 in December.

    CBP officials have attributed the drastic decline to “seasonal trends, as well as enhanced enforcement efforts”.

    Experts have also credited increased enforcement by the Mexican government for the drop in migrants “encounters” at the border in the wake of a December meeting between Secretary of State Antony Blinken and Mexican President Andrés Manuel López Obrador.

  • Valutazione positive del regolamento Frontex nonostante le sfide

    Il 2 febbraio la Commissione ha adottato la valutazione del regolamento relativo alla guardia di frontiera e costiera europea (regolamento Frontex) unitamente a un piano d’azione a sostegno della sua attuazione. Con questa prima valutazione del regolamento Frontex, che costituisce un obbligo giuridico, la Commissione ha valutato l’impatto, l’efficacia e l’efficienza di Frontex.

    Dalla valutazione emerge che, nonostante le sfide importanti, tra cui la pandemia di COVID-19, la strumentalizzazione della migrazione e la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, Frontex ha contribuito notevolmente a rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell’UE nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. Per attenuare e affrontare le sfide individuate, la Commissione ha inoltre proposto un piano d’azione a sostegno dell’attuazione del regolamento Frontex, con una serie di raccomandazioni che saranno attuate dall’Agenzia, dal suo consiglio di amministrazione, dagli Stati membri e dalla Commissione.

    La Commissione collaborerà con gli Stati membri e Frontex per affrontare le carenze individuate e monitorare attentamente l’attuazione del piano d’azione.

  • Oltre 200mila migranti sbarcati in Italia nel 2023

    Oltre 200 mila migranti hanno cercato di raggiungere l’Italia via mare nel corso del 2023, un numero in netto aumento rispetto allo scorso anno. Il dato è stato elaborato da “Agenzia Nova” sommando gli arrivi accertati sul territorio italiano e le persone intercettate in mare e riportate in Libia e in Tunisia dalle rispettive Guardie costiere nordafricane.

    Sono complessivamente 153.647 i migranti arrivati in modo irregolare via mare e sbarcati nei porti italiani a decorrere dal primo gennaio al 20 dicembre, con un aumento del 55 per cento rispetto ai circa 99.191 arrivi registrati nello stesso periodo del 2022. Si tratta, a ben vedere, di numeri inferiori ai 181 mila arrivi del 2016 e ai 170 mila del 2014, indice di una situazione non emergenziale ma comunque preoccupante anche per i morti nel Mediterraneo centrale: oltre 2.220 da gennaio. Gli ultimi dati del Viminale visti da “Nova” confermano il picco di arrivi via mare dalla Tunisia, 96.156 da inizio anno al 20 dicembre, una media di quasi 272 migranti sbarcati al giorno: più che triplicato il dato di 30.135 arrivi complessivi dalla rotta tunisina in tutto il 2022. A questi numeri vanno aggiunti almeno altri 48.074 migranti che sono stati intercettati dal primo gennaio al 30 novembre, secondo gli ultimi dati disponibili pubblicati dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes). Complessivamente, inoltre, Ftdes ha conteggiato 1.300 morti e dispersi in mare, fino al 30 novembre, lungo la rotta tunisina.

    Più distaccata invece la rotta libica, al secondo posto con almeno 49.714 migranti illegali sbarcati al 20 dicembre, secondo i dati del Viminale visti da “Nova”. Più della metà dei migranti sbarcati in Italia dalle coste libiche, circa 33 mila, è partito dalla Tripolitania, regione occidentale del Paese nordafricano sotto il controllo del governo guidato del premier Abdulhamid Dabaiba. Dalla Cirenaica, regione orientale dominata dal generale Khalifa Haftar e colpita lo scorso settembre dal devastante ciclone “Daniel”, sono invece arrivati ad oggi oltre 16 mila migranti. Secondo le ultime stime dell’Oim, aggiornate al 9 dicembre, 15.383 migranti sono stati intercettati in mare e riportati in Libia, di cui 11.423 uomini, 1.066 donne, 556 minori e 2.443 persone i cui dati di genere non sono disponibili. Di 955 migranti è stata invece accertata la morte, mentre 1.255 risultano ancora dispersi nei tentativi di emigrazione verso le coste europee attraverso la rotta del Mediterraneo centrale (che include sia Libia che Tunisia), per un ammontare complessivo di 2.210 persone decedute. I numeri del ministero dell’Interno italiano visionati da “Nova” mostrano infine un sensibile calo di arrivi dalla rotta turca dalla tragedia di Cutro di febbraio, 7.017, a fronte degli oltre 15 mila dello stesso periodo dello scorso anno. Resta marginale, infine, la rotta che dall’Algeria ha portato in Italia almeno 535 migranti irregolari, a fronte di 1.273 arrivi dello scorso anno.

    “Tante persone provano una traversata più volte, quindi è difficile capire quanti respinti poi siano arrivati o meno. Potremmo effettivamente essere a 200 mila partenze, ma non possiamo consideriamo il 2023 un anno emergenziale. Sono comunque dati inferiori al 2016 e al 2014. L’emergenza numerica non c’è”, commenta a “Nova” Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) a Roma. “Anche qualora fossero 200 mila le persone partite, si tratta di un numero obiettivamente basso: non è paragonabile agli oltre 850 mila arrivati in Grecia nel 2015”, ha aggiunto Di Giacomo, sottolineando come i 153 mila sbarcati in Italia da inizio anno siano pari allo 0,26 del totale della popolazione italiana e allo 0,03 per cento del totale della popolazione europea. Il problema, secondo il portavoce, è soprattutto a Lampedusa, dove fino a due mesi fa si concentrava almeno il 70 per cento degli arrivi. “L’emergenza non è numerica per l’Italia, ma lo è sicuramente per Lampedusa, anche al livello operativo e logistico”, ha aggiunto l’esponente di Oim.

    Secondo i dati del cruscotto statistico giornaliero pubblicato nel sito web del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, al primo posto degli sbarchi in Italia al 20 dicembre 2023 c’è la Guinea con 18.204 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con circa 20.486 sbarcati dalla rotta libica, in particolare quella “orientale” che dalle coste della Cirenaica punta alla Sicilia. Segue poi un altro Paese dell’Africa, la Tunisia, con 17.203 arrivi al 20 dicembre, circa 500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Dalla Tunisia partono soprattutto subsahariani, meno di due su dieci è di nazionalità tunisina. I cittadini della Costa d’Avorio risultano al terzo posto degli sbarchi irregolari in Italia, con 16.004 arrivi via mare, mentre lo scorso anno erano i bengalesi (più di 14 mila) a occupare il gradino più basso del podio in questo periodo. Da segnalare poi l’arrivo quest’anno di 12.122 cittadini del Bangladesh che hanno molto probabilmente percorso la rotta libica per sbarcare in Italia.

    Secondo Di Giacomo, i flussi migratori del 2023 sono stati caratterizzati dalla partenza di persone che vivevano in Nord Africa (e non necessariamente nordafricani) e che sono state costrette a scappare. “Tendenzialmente molte persone arrivate quest’anno sono fuggite da contesti drammatici. Molte persone arrivate dalla Tunisia vivevano lì da anni e sono scappate a causa delle discriminazioni. Sappiamo che la Libia è sia un Paese di transito, ma anche di destinazione: molte persone che si trovano a vivere in Libia scappano, anche se in realtà volevano rimanere”, ha detto ancora Di Giacomo, sottolineando come a influire sul fenomeno sia soprattutto il contesto geopolitico. “L’instabilità economica e geopolitica del Nord Africa crea un flusso migratorio che, se ci fosse più stabilità politica in questi paesi, probabilmente sarebbe più basso”, ha puntualizzato il portavoce di Oim, evidenziando il drammatico dato di 2.271 morti nel Mediterraneo, in netto aumento rispetto ai 1.400 morti del 2022. “E’ un numero ancora per difetto. Ci sono tantissimi naufragi di cui nessuno sa niente. L’emergenza vera è che non si fa abbastanza per salvare le vite in mare”, conclude Di Giacomo.

  • L’UE presenta le buone prassi per migliorare la cooperazione tra gli Stati membri sulle procedure di asilo

    La Commissione ha presentato una serie di buone prassi per garantire l’efficacia del regolamento Dublino III, come annunciato dalla Presidente von der Leyen all’inizio di giugno nell’ambito dell’attuazione della tabella di marcia di Dublino.

    Nella lettera inviata agli Stati membri in vista del Consiglio europeo del febbraio 2023 la Presidente von der Leyen si è impegnata ad assicurare la piena attuazione della tabella di marcia di Dublino, elaborata dalla Commissione e approvata dagli Stati membri nel novembre 2022. La tabella di marcia di Dublino stabilisce azioni pratiche per ridurre gli incentivi ai movimenti secondari grazie a una migliore cooperazione tra gli Stati membri.

    Nella “Tabella di marcia di Dublino in azione – aumentare l’efficacia del regolamento Dublino III: individuare le buone prassi negli Stati membri“, la Commissione ha individuato una serie di buone prassi che hanno un impatto positivo sul funzionamento della procedura Dublino, tra cui:

    • la comunicazione ai richiedenti di informazioni dettagliate sul trasferimento mediante colloqui prima della partenza od opuscoli mirati per spiegare i motivi della decisione di trasferimento e le aspettative derivanti dal trasferimento;
    • la garanzia di un controllo più rigoroso di ciascun trasferimento, ad esempio introducendo un sistema di registrazione di chi entra ed esce dai centri di accoglienza, che permette di monitorare la presenza nei centri di accoglienza e può anche contribuire a limitare la fuga;
    • il ricorso a misure alternative al trattenimento, quali il sequestro dei documenti di viaggio o la designazione di funzionari speciali nei centri di accoglienza per controllare regolarmente la presenza fisica delle persone oggetto di trasferimento;
    • il miglioramento della comunicazione tra lo Stato membro che provvede al trasferimento e lo Stato membro competente, concludendo accordi bilaterali, designando funzionari di collegamento, organizzando riunioni bilaterali periodiche e missioni di accertamento dei fatti;
    • il potenziamento dei sistemi informatici esistenti e lo sviluppo di nuove soluzioni digitali per monitorare tutte le fasi della procedura Dublino.

    Nell’ultimo anno gli Stati membri, sulla base della tabella di marcia di Dublino, hanno avviato varie iniziative con il sostegno della Commissione per aumentare l’efficienza delle procedure Dublino.

    Le buone prassi individuate in questo documento saranno discusse nella prossima riunione del comitato di contatto Dublino che si terrà il 4 dicembre. La Commissione continuerà a sostenere gli Stati membri nel conseguimento di tutti gli obiettivi fissati nella tabella di marcia di Dublino. Il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo proposto dalla Commissione nel settembre 2020 comprende una serie di strumenti per rendere più efficace il sistema di Dublino, in particolare nell’ambito della proposta di regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, attualmente in fase di negoziazione da parte dei colegislatori. La Commissione è pronta a continuare a collaborare con il Parlamento europeo e il Consiglio per garantire un accordo sul patto entro la fine del presente mandato legislativo, in linea con la tabella di marcia comune.

  • Number of Venezuelan migrants at US-Mexico border halves

    The number of Venezuelans illegally crossing the US-Mexico border has nearly halved since deportation flights restarted last month.

    Statistics from Customs and Border Patrol (CBP) indicate a 46% drop in such arrivals.

    In early October, US President Joe Biden’s government announced it would deport Venezuelans who were ineligible for asylum or temporary legal status.

    More than seven million people have fled Venezuela in recent years.

    According to the CBP figures released on Tuesday, border agents apprehended 29,637 Venezuelans at the border last month, a sharp drop from September’s record high of 54,833.

    Overall illegal entries along the southern border also decreased in October by 14% – from nearly 219,000 in September.

    On 18 October, US Immigration and Customs Enforcement (ICE) began deportation flights to Venezuela. Since then, hundreds of Venezuelans have been sent home.

    Acting CBP Commissioner Troy Miller said the “resumption of removal flights… consistent with delivering consequences for those who cross the border unlawfully” had contributed to the dramatic decline of Venezuelan illegal migrant detentions.

    In September, the US also said that about 472,000 Venezuelans would be eligible for Temporary Protected Status (TPS) for a period of 18 months.

    Those granted TPS status are eligible to work while they wait for their asylum cases to be heard.

    The influx of Venezuelan migrants into US cities such as New York, Denver and Chicago has become a politically contentious issue, with even some Democratic elected officials criticising the Biden administration for its handling of the issue.

    New York City Mayor Eric Adams, for example, blamed the federal government for not providing enough assistance to help the city house and provide services for newly arrived migrants.

    The economy of oil giant Venezuela has collapsed under socialist President Nicolás Maduro, who has been in power since 2013.

  • Le preoccupanti conseguenze degli interessi geopolitici

    L’interesse parla ogni genere di lingua e interpreta ogni

    genere di personaggio, perfino quello del disinteressato.

    François de La Rochefoucauld; da “Massime”, 1678

    Il 20 settembre scorso a Siracusa si sono incontrati il presidente della Repubblica dell’Italia ed il presidente della Repubblica Federale di Germania. L’occasione era la cerimonia della seconda edizione del Premio dei Presidenti per la Cooperazione comunale tra Germania e Italia, istituito dai due presidenti nel settembre 2020 a Milano. Un premio che si assegna ogni anno, partendo dal 2021, e premia le città e i comuni in Italia ed in Germania che hanno attivato tra loro degli accordi di gemellaggio. Una visita quella del presidente tedesco in Sicilia, ospite del suo omologo italiano, che è proseguita l’indomani, 21 settembre, nel comune di Piazza Armerina, parte integrante del libero consorzio comunale di Enna. I due presidenti sono stati anche nella sede dell’Associazione Don Bosco 2000 a Piazza Armerina, dove è stata presentata loro l’attività che svolge l’associazione e che riguarda l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Un grave problema quello dei migranti che da anni sta generando delle serie preoccupazioni in Italia. Ma non solo. Quanto sta accadendo ormai da anni a Lampedusa ne è una chiara ed inconfutabile testimonianza. Soprattutto il naufragio di un barcone proprio dieci anni fa, il 3 ottobre 2013, a circa mezzo miglio dalle coste dell’isola, che causò 368 vittime umane e 20 dispesi. Ma anche quello che ormai è noto come il “naufragio dei bambini”, accaduto sempre a Lampedusa. Un altro barcone, partito dalla Siria, in piena guerra civile, affondò l’11 ottobre 2013 a poca distanza da Lampedusa. Morirono 268 profughi, tra cui circa sessanta bambini e minorenni.

    Il presidente tedesco, prima di arrivare in Sicilia, a Siracusa, il 20 settembre scorso, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera. Il giornalista ha fatto, tra l’altro, anche la domanda: “Signor presidente, lei ha sempre detto che l’Italia non dev’essere lasciata da sola dall’Europa sulla questione dei migranti”. A quella domanda il presidente tedesco ha risposto: “Quella frase è ancora valida e voglio ringraziare l’Italia per avere mostrato negli ultimi anni tanta responsabilità umanitaria verso i rifugiati venuti dal Mediterraneo. Non è la prima volta che dico che noi nel resto d’Europa non abbiamo riconosciuto abbastanza questa assunzione di responsabilità da parte italiana”. Il 21 settembre scorso, durante la comune conferenza con i giornalisti a Piazza Armerina, il presidente italiano ha detto: “Abbiamo ascoltato qui a Piazza Armerina le iniziative messe in campo innanzitutto per accogliere i migranti che sono giunti qui attraverso sofferenze indicibili, ma anche per integrarli e inserirli in progetti di crescita, incentivando oltretutto programmi nei Paesi d’origine dove possano assumere iniziative grazie alle competenze acquisite, creando nuove aspettative di vita in quei luoghi dove resterebbero volentieri se non fossero spinti dalla fame, dalla miseria, dalle intolleranze”. Il presidente italiano ha, altresì ribadito: “Quello che è importante è che tutti comprendano in Europa che il problema esiste e non si rimuove ignorandolo, ma va affrontato per non lasciare il protagonismo di questo fenomeno plurale ai crudeli trafficanti di esseri umani”. E poi ha aggiunto che “Le regole di Dublino sono la preistoria, nessuno ha la soluzione in tasca”. Mentre il presidente tedesco, durante la stessa conferenza con i giornalisti, riferendosi ai migranti, ha affermato che la Germania “è il Paese che ha partecipato di più alla redistribuzione di quelli giunti in Italia. Ma gli arrivi devono diminuire e servono regole dell’Unione europea se le frontiere interne devono essere aperte”. Un’affermazione quella che ha suscitato speranze per una concreta e sostanziale collaborazione tra i due Paesi, anche nell’ambito delle strutture dell’Unione europea, soprattutto del Consiglio europeo, per risolvere lo spinoso problema dei migranti che arrivano continuamente e massicciamente in Italia. Ma purtroppo quella speranza si è spenta alcuni giorni dopo. Si perché il cancelliere tedesco e i suoi ministri degli Esteri e dell’Interno la pensano diversamente dal presidente della Repubblica di Germania. Ovviamente ci sarebbero dei motivi politici, viste le elezioni regionali in Baviera ed Assia, domenica prossima, 8 ottobre. Ma anche le elezioni per il Parlamento europeo, che in Germania si svolgeranno il 9 giugno 2024. Elezioni che secondo gli opinionisti e i sondaggi vedono in difficoltà sia il partito del cancelliere che quelli dei suoi alleati. Ma potrebbero esserci anche altri interessi, oltre a quelli politici, che hanno portato a delle decisioni del governo, in pieno contrasto con quanto ha dichiarato il presidente della Repubblica di Germania, sia alla sopracitata intervista al Corriere della Sera che durante la conferenza con i giornalisti a Piazza Armerina il 21 settembre scorso.

    Ebbene, proprio un giorno dopo, il 22 settembre, la ministra tedesca dell’Interno ha dichiarato: “L’Italia non rispetta il sistema delle riammissioni [previste dal Trattato] di Dublino, e finché non lo farà, nemmeno noi accoglieremo rifugiati dall’Italia con il meccanismo di solidarietà”. Ed ha preteso che “Roma venga di nuovo incontro a noi per adempiere ai suoi impegni”. Bisogna sottolineare che la Convenzione (Trattato) di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità Europea è stata firmata il 15 giugno 1990 ed è resa attiva sette anni dopo, il 1º settembre 1997, per i primi dodici Stati firmatari. In seguito altri Paesi hanno aderito e la stessa Convenzione è stata modificata nel corso degli anni. Dal 19 luglio 2013 è diventato attivo il Regolamento di Dublino III che deve essere rispettato da tutti gli Stati dell’Unione europea, eccezion fatta della Danimarca. Ma i tanti sviluppi geopolitici di questi ultimi anni hanno reso necessario la revisione del Trattato di Dublino. Ragion per cui anche il presidente italiano, il 21 settembre scorso a Piazza Armerina, lo ha considerato come un atto che appartiene alla “preistoria”. Ma oltre alle sopracitate dichiarazioni della ministra tedesca dell’Interno, lo stesso giorno c’è stata anche una dichiarazione di un portavoce del ministero degli Esteri. In più il governo tedesco prevede il finanziamento di un’organizzazione non governativa (Ong) impegnata con le sue navi nei salvataggi di profughi. Subito dopo è arrivata anche la replica dall’Italia. “Grande stupore per la notizia secondo la quale un portavoce del ministero degli Esteri della Germania avrebbe annunciato un imminente finanziamento ad alcune Ong per un progetto di assistenza di migranti sul territorio italiano e un progetto di salvataggi in mare”. Mentre la presidente italiana del Consiglio dei ministri ha scritto una lettera al cancelliere tedesco, ribadendo che “…il finanziamento della Germania di attività di Ong in territorio italiano rappresenterebbe una gravissima anomalia nelle dinamiche che regolano i rapporti fra Stati ….”. Sullo stesso argomento c’è stata anche una replica, senza peli sulla lingua, da parte del ministro italiano della Difesa.In merito alle recenti e rinnovate dichiarazioni sull’operato del governo italiano e, in particolare, sulla questione dei salvataggi dei migranti e dei finanziamenti alle Ong, voglio ricordare che mi sarei aspettato aiuto e solidarietà in un momento di difficoltà, come abbiamo l’abitudine di fare noi italiani con tutte le nazioni, quando sono in difficoltà. A noi italiani viene naturale”.

    Ma alcuni giorni dopo, un’altra decisione arriva dalla Germania. Di nuovo la ministra dell’Interno ha dichiarato che si effettueranno “…ulteriori controlli flessibili e mirati sulle rotte del traffico di esseri umani”. E lei si riferisce a controlli ai confini statali con la Polonia, l’Austria, la Svizzera e la Repubblica Ceca. La ragione di queste nuove e restrittive misure è legata, sempre secondo la ministra tedesca dell’Interno, all’aumento eccessivo del numero degli arrivi, sul territorio tedesco, di profughi. Profughi provenienti dalle stesse aree da dove partono continuamente, ma molto più numerosi, i profughi che ogni giorno arrivano in Italia, soprattutto a Lampedusa. Il che mette in evidenza l’incoerenza del ragionamento e delle decisioni prese dal governo tedesco in questi ultimi giorni. Lo sottolinea anche il ministro italiano della Difesa che considera, con ironia, la decisione del governo tedesco come “coerente e geniale”. E poi aggiunge, sempre riferendosi alle sopracitate decisioni del governo tedesco, che “si cerca di bloccare l’immigrazione in una parte d’Europa e se ne agevola il trasporto in un’altra”. Chissà perché?! E chissà come si sente il presidente della Repubblica Federale di Germania, dopo le sue dichiarazioni fatte il 20 e 21 settembre scorso al Corriere della Sera e a Piazza Armerina in Sicilia?!

    Nel frattempo, anche durante questa settimana, quanto è accaduto domenica 24 settembre nel nord del Kosovo sta attirando l’attenzione sia delle cancellerie europee e statunitense, che delle istituzioni dell’Unione europea. Il nostro lettore è stato informato di quello che era accaduto il 24 settembre in Kosovo. “Non erano ancora le tre del mattino quando una pattuglia delle forze speciali della polizia del Kosovo, arrivata sul posto, è stata attaccata da persone armate che sparavano da diverse postazioni. In quell’attacco è rimasto ucciso un poliziotto e due sono stati feriti. Le forze speciali della polizia del Kosovo hanno seguito gli aggressori armati […]. Gli scontri sono continuati per tutta la giornata di domenica, per finire solo in serata. Durante gli scontri intorno al monastero, le forze speciali della polizia del Kosovo hanno ucciso quattro degli aggressori ed hanno catturato altri sei. (Si sentono responsabili alcuni rappresentanti internazionali;25 settembre 2023). Durante tutta la scorsa settimana sono continuate le denunce e la presentazione di nuovi fatti che dimostrano il diretto coinvolgimento di strutture paramilitari serbe. Lo testimonia anche un video in cui si vede chiaramente il vice presidente del partito Srpska lista (Lista serba, un partito che rappresenta la popolazione di etnia serba in Kosovo; n.d.a.). Un partito quello in stretto contatto con i massimi rappresentati politici della Serbia, presidente della repubblica incluso. Il vice presidente del partito Srpska lista è stato da tempo inserito nella cosiddetta Lista nera sia negli Stati Uniti d’America che nel Regno Unito per le sue attività. Lui era il dirigente del gruppo paramilitare che ha aggredito la pattuglia della polizia del Kosovo nelle primissime ore del 24 settembre scorso. Bisogna sottolineare che le cancellerie europee e quella statunitense, nonché i massimi rappresentati delle istituzioni dell’Unione europea hanno condannato l’aggressione del 24 settembre scorso. Mentre il presidente della Serbia ha dichiarato un giorno di lutto nazionale il 27 settembre scorso, in onore dei sei serbi uccisi durante l’aggressione. Il che smaschera tutta la sua demagogia e la sua falsità durante questi giorni, cercando di “tenersi fuori” da quella “aggressione terroristica”. E come consolazione ha avuto soltanto e come sempre l’appoggio della Russia. Bisogna sottolineare che durante questa settimana si sono “pentiti” e hanno cambiato linguaggio anche tutti quei rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea, la Commissione in primis, che hanno sempre appoggiato il presidente della Serbia per delle “ragioni geopolitiche e geostrategiche”, senza, però, nessuna basata e credibile giustificazione. Adesso loro possono costatare però e purtroppo anche le conseguenze di quel comportamento. Le cattive lingue da tempo parlano anche di “interessi geopolitici” ai quali “ubbidiscono” quei rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. E le cattive lingue sanno molto più delle altre persone.

    Chi scrive queste righe continuerà a seguire gli sviluppi, tuttora in corso, che riguardano tutti gli aspetti relativi all’aggressione del 24 settembre scorso nel nord del Kosovo. Chi scrive queste righe considera preoccupante la situazione, tenendo presente anche determinati e ben presenti interessi geopolitici e geostrategici, soprattutto della Russia. Mentre, riferendosi a quei rappresentanti istituzionali e governativi che hanno finora appoggiato il presidente della Serbia, egli condivide quanto affermava François de La Rochefoucauld. Bisogna perciò ricordare che l’interesse parla ogni genere di lingua e interpreta ogni genere di personaggio, perfino quello del disinteressato.

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