Abbiamo l’impressione che qualcosa stia cambiando in Italia. E’ un cambiamento fatto in punta di piedi, quasi non si volesse lasciare traccia. E’ una modifica della tradizionale linea di politica estera ed europea, fatta senza parlarne troppo, nel timore di sollevare opposizioni serie e ragionate. Nemmeno il Parlamento ne discute. Eppure, in una democrazia parlamentare, quale riteniamo sia ancora quella che vige in Italia, è il Parlamento che definisce le politiche che devono essere praticate sul piano internazionale e, in particolare, su quello europeo. L’Italia, fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ha sempre perseguito una politica filo-atlantica ed è sempre stata, dopo aver partecipato alla fondazione delle Comunità europee, favorevole all’integrazione europea. L’attuale governo invece, con dichiarazioni, più che con atti, con mugugni, più che con proposte chiare, pare intenzionato a mettere in forse la nostra appartenenza all’Unione europea e alla zona euro. Se c’è qualcosa che non funziona, o che non giova direttamente agli interessi del nostro Paese, la colpa è sempre attribuita all’Europa, responsabile di tutti i nostri mali e, in subordine, alla Germania di Angela Merkel, colpevole di essere la prima potenza economica dell’Unione, a scapito degli interessi di tutti gli altri Paesi membri e, in particolare, della zona euro. Anche la recente vicenda della nave della guardia costiera Diciotti è stata trattata dal nostro governo con lo stesso tono di critica nei confronti dei partner europei per la mancata solidarietà, facendo riferimento ad una serie di informazioni false e minacciando ritorsioni impossibili. Tono e vuote minacce, che sono stati poi mantenuti nel comunicato del 25 agosto, che ha annunciato la fine dell’isolamento dei naufraghi eritrei e dell’equipaggio del pattugliatore italiano, grazie all’intervento della Chiesa, dell’Irlanda e dell’Albania. Con una dose notevole di presunzione, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che «è noto a tutti che l’Italia sta gestendo da giorni, con la nave Diciotti, una emergenza dai risvolti molto complessi e delicati». Che la situazione fosse delicata, dato il coinvolgimento di 177 persone, fra cui bambini, donne ed ammalati, nessuno lo mette in dubbio, che fosse anche complessa lo si deve al titolare del ministero degli Interni e ad altre personalità della maggioranza governativa che avevano posizioni contrapposte sulla vicenda: chi non voleva lo sbarco in Italia dei migranti e chi, invece, lo auspicava e lo riteneva necessario. Posizioni divergenti nello stesso governo, che contribuivano a rendere meno credibile l’Italia e a presentarla inconcludente agli occhi dell’opinione pubblica europea e mondiale. Quella stessa opinione che è in grado di sapere che i migranti non arrivano soltanto in Italia, ma anche in altri Paesi dell’Unione, e con cifre che in diversi casi superano quelle riferite al nostro Paese. E’ l’opinione che sa che i Paesi di Visegrad, tanto elogiati dal nostro ministro degli Interni, non si prenderanno mai nemmeno un emigrato proposto dall’Italia. L’emergenza poi, citata dal Presidente del Consiglio, è una pura opinione. Di emergenze simili se ne contano parecchie ogni settimana, ma l’attenzione è attratta soltanto su alcune di esse ed in particolare su quelle che mostrano aspetti e tratti molto sensibili per il sistema mediatico e per gli interessi elettoralistici del ministro di turno, che è sempre quello dell’Interno e che manda in bestia il suo concorrente pentastellato per lo spostamento dei consensi che avviene per motivi inconsci. La non credibilità italiana è corroborata inoltre da accordi europei che l’Italia ha sottoscritto e che i partiti che formano il governo italiano hanno contribuito a non cambiare, votando contro alle proposte di modifica del Regolamento di Dublino, che disciplina la materia dell’immigrazione nell’Unione europea. Assumere atteggiamenti inutilmente minacciosi, quando alle minacce non seguono i fatti, è controproducente e rischia di minare alla base la credibilità italiana, di qualsiasi argomento si tratti.
Già questa scelta politica di confliggere con l’Europa ci sembra un puro pretesto per raccogliere consensi, ma ciò che una democrazia parlamentare non dovrebbe consentire è che questa scelta venga fatta senza l’accordo del Parlamento. Quando c’è stato un dibattito su questi argomenti? Come il governo si può permettere di saltare a piè pari questo momento politico che è la riprova democratica della sua esistenza? Non considerare più l’Europa come riferimento naturale e normale delle nostre politiche ci sembra un cambiamento che dovrebbe essere sanzionato dalla volontà esplicita del Parlamento. Anche i nuovi rapporti delle forze di governo con la Russia di Putin e con l’America di Trump in funzione anti UE, ci sembrano mancanti di un assenso parlamentare. Non parliamo poi degli indirizzi di politica economica, che avranno un impatto importante sulle possibilità di crescita e sugli investimenti, sull’avvenire delle imprese e sull’occupazione, oppure dell’atteggiamento negativo nei confronti delle infrastrutture, del libero mercato, della scienza e quindi della ricerca. Tutti argomenti che necessiterebbero un dibattito in Parlamento e non soltanto dichiarazioni su Facebook o squittii su Twitter . Sono tutti atteggiamenti e scelte che preoccupano, e non perché sono “cambiamenti”, come ripetono le forze di governo, ma perché preludono a sconfitte e disastri. Lo scenario che si evince dalle dichiarazioni, oltre che dalle parziali scelte già effettuate, non ci lascia tranquilli. L’indebolimento dell’Europa non porta vantaggi a nessuno, la perdita di affidabilità sui mercati finanziari prelude a crisi difficilmente gestibili, non essere creduti a livello internazionale significa perdere peso e qualsiasi influenza. A chi dovrebbero giovare questi orizzonti negativi e senza speranza? Non certamente al popolo italiano, che nonostante tutto, non merita l’avvenire che gli si prepara. Ha ragione il Movimento federalista europeo a lanciare l’allarme, a mobilitarsi per contrastare questa pericolosa deriva e a invitare le forze vive del Paese a contrastare questo andazzo, organizzando un’opposizione ragionata e persuasiva. Il sovranismo è un falso mito, il populismo è un’avventura deleteria, l’euroscetticismo non porta da nessuna parte e fa perdere tutti i vantaggi acquisiti con l’istituzione delle Comunità europee. Perché sostenerli allora? L’unica scelta intelligente è combatterli.