Migranti

  • Allarme dell’Onu per le condizioni dei migranti in Libia

    Un rapporto dell’Onu denuncia che i migranti in Libia sono sottoposti a «privazione della libertà e detenzione arbitrarie in centri ufficiali e non ufficiali; tortura, compresa la violenza sessuale; rapimento per riscatto; estorsione; lavoro forzato; uccisioni illegali» a dispetto delle ingenti quantità di euro che l’Europa fornisce a governo e milizie locali perché fermino le partenze verso l’Italia. Il dossier, inviato al Consiglio di sicurezza dell’Onu e acquisito dagli investigatori della Corte penale internazionale dell’Aja, sottolinea che «i colpevoli sono funzionari statali, gruppi armati, contrabbandieri, trafficanti e bande criminali» ed invita il governo di concordia di Tripoli a «raggiungere il controllo di tutti i centri di detenzione presenti in Libia, scongiurando l’influenza o l’interferenza di milizie e gruppi armati»

    «Durante il periodo in esame c’erano oltre 669.000 migranti in Libia, tra cui donne (12% dei migranti identificati) e bambini (9%)», precisa il segretario generale dell’Onu, Guterres, e di questi «3.700 hanno bisogno di protezione internazionale» (meriterebbero cioé di venire trasferiti in Europa).

  • Da Bruxelles altri 305 milioni ai Paesi della Ue alle prese coi migranti

    La Commissione europea ha messo a disposizione altri 305 milioni di euro in aiuti di emergenza per sostenere la gestione della migrazione e delle frontiere in Grecia, Italia, Cipro e Croazia. Lo stanziamento sosterrà gli sforzi volti ad aumentare la capacità di accoglienza, a proteggere le vittime della tratta di esseri umani e a rafforzare la capacità di sorveglianza e di gestione delle frontiere.

    I finanziamenti di emergenza saranno stanziati nell’ambito del Fondo asilo, migrazione e integrazione (AMIF) e del Fondo sicurezza interna (ISF) della Commissione e fanno parte dei 10,8 miliardi di euro già mobilitati dalla Commissione per la migrazione, la gestione delle frontiere e la sicurezza interna per il periodo 2014-20.

    All’Italia sono stati assegnati 5,3 milioni per contribuire a proteggere le vittime della tratta di esseri umani nel contesto della migrazione. Attraverso un progetto pilota che prevede l’allestimento nella regione Piemonte di strutture di accoglienza per i richiedenti asilo, i finanziamenti saranno utilizzati per contribuire ad individuare le vittime della tratta di esseri umani e incoraggiarle a utilizzare gli aiuti disponibili.

    Dall’inizio della crisi migratoria, per sostenere la gestione della migrazione e delle frontiere in Italia, la Commissione ha messo a disposizione quasi 950 milioni di euro. Tali finanziamenti comprendono oltre 225 milioni di € in aiuti di emergenza e 724 milioni già assegnati all’Italia nel quadro dei programmi nazionali del Fondo asilo, migrazione e integrazione e del Fondo sicurezza interna 2014-2020.

  • L’Ue studia come dirottare i richiedenti asilo in Marocco e Tunisia

    Gli Stati della Ue stanno facendo pressioni affinché il Marocco e la Tunisia entrino in un elenco di cosiddetti “paesi terzi sicuri” sui quali scaricare le persone che chiedono asilo. La mossa sembra legata a piani in fase di stallo per la creazione di centri nei Paesi che circondano il Mediterraneo per accogliere in mare migranti salvati sbarcati.

    Il concetto di paese terzo sicuro implica che i dispacciatori di persone, indipendentemente dalla nazionalità, tornino ai luoghi in cui hanno inizialmente transitato. Significa, per esempio, che un africano sub-sahariano che ha viaggiato attraverso il Marocco per raggiungere l’Europa potrebbe essere rimandato in Marocco per far sì che il suo caso di asilo venga ascoltato.

    La Commissione europea ha incaricato l’agenzia di asilo di sostegno dell’Ue (Easo) di contribuire alla stesura di un elenco di paesi terzi sicuri per conto degli Stati dell’Unione. L’elenco comprende Montenegro, Serbia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Turchia, Tunisia, Marocco e Ucraina. Una lettera di inizio agosto scritta da Paraskevi Michou, che all’inizio di quest’anno ha assunto la direzione del ramo migratorio della Commissione, chiede al direttore esecutivo ad interim di Easo, Jamil Addou, di raccogliere informazioni “pertinenti per valutare se questi paesi possano essere designati come paesi terzi sicuri a livello dell’Unione”.

    L’iniziativa ha però suscitato anche irritazione, dato che l’agenzia con sede a Malta non ha il mandato legale di effettuare tali valutazioni. «Si tratta di una questione altamente politica e in base all’attuale regolamento non fa parte del mandato dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo», ha dichiarato Martina Anderson, eurodeputata irlandese con il gruppo Sinistra/Gue, in una riunione della commissione al Parlamento europeo.

  • Commission confirms OLAF is investigating Greece’s use of EU migration funds

    Days after three journalists were arrested in Greece following a report that Athens’ Defence Minister Panos Kammenos had misused EU migration funds, Brussels has confirmed that the European Anti-Fraud Agency (OLAF), is looking into the case after the discovery of what they deemed were “certain irregularities from the Ministry of Defence with a food contractor.”

    Both the EU executive and OLAF have refused to comment further on the matter, with the Berlaymont opting to refrain from making a statement regarding the mishandling of funds until the ongoing investigation gathers more evidence.

    OLAF had already opened a case into the Greek defence ministry’s use of EU funds prior to the arrest of the three journalists from the Greek-language daily Fileleftheros.

    A source from the Commission said the case involving the Greek defence ministry was the only known example of irregularities that the EU executive found during its annual audits that are carried out in October.

    Two cases sent to OLAF according to report

    Last year’s report was published by DG HOME – which is responsible for carrying out migration and asylum issues, as well as border and security policy for the Commission – published on April 30 a report outlining as the development and implementation of its own anti-fraud strategy, based on the methodology provided by OLAF.

    According to the annual report, two fraud cases tied to certain irregularities were handed over to OLAF for analysis, while DG HOME continued to provide information and assist the investigation.

    New Europe could not confirm whether the Commission has submitted information to OLAF regarding the investigation since the end of March, leaving open the question about whether Brussels will find more irregularities within the next audits during the upcoming economic year.

     

  • In attesa di Giustizia: figli di un Dio minore

    Devo fare una premessa alle considerazioni che seguiranno: parlo da cittadino che ritiene corretto modulare i flussi migratori, che auspica che l’Europa contribuisca allo sforzo che il nostro Paese deve affrontare rispetto agli sbarchi che quasi quotidianamente si riversano sulle nostre coste.

    Quella penisola che ai tempi della Guerra Fredda era considerata una portaerei NATO nel Mediterraneo è diventata, ma non può continuare ad essere per la sua posizione geografica, un molo di attracco per popolazioni in fuga ma prive di prospettive immediate di integrazione: ciò a prescindere dalle eventuali intenzioni criminali che possono ben animare qualcuno.

    Tuttavia, il recentissimo “Decreto Salvini” posto a baluardo della immigrazione incontrollata offre spunti critici che è auspicabile il Parlamento corregga in sede di approvazione poiché mostra gli estremi della incongruenza costituzionale. E uno Stato di Diritto non può rinunciare a che le garanzie fondamentali vengano limitate nei confronti di talune categorie di persone, eccessivamente compiacendo le ansie dell’opinione pubblica: di fronte alla legge, che non a caso è definita come uguale per tutti, non possono esserci distinguo per provenienza etnica.

    Vediamo, sinteticamente e cercando di impiegare la maggiore chiarezza possibile di cosa si tratta per punti salienti del provvedimento: innanzi tutto appare passibile di scrutinio di costituzionalità la previsione di un obbligo di lasciare il territorio nazionale per i richiedenti asilo (che sono categoria a sé tra i migranti) se condannati in primo grado per alcuni reati (taluni, oltretutto, di marginale gravità).

    Così facendo si infrangono almeno due precetti della Carta Fondamentale dello Stato che disciplinano il diritto alla difesa, la limitazione della libertà personale e la presunzione di non colpevolezza.

    Il problema non è – dunque – nel maggior rigore, che va bene, sui requisiti per fare domanda di asilo e protezione per chi proviene da territori devastati dalle guerre ma sulla prevista espulsione di chi sta affrontando un processo e che – se allontanato – avrà minori opportunità di far valere le proprie ragioni. Sul punto, in casi analoghi, in passato la Corte Costituzionale si è già pronunciata valorizzando e facendo prevalere il diritto di difesa. Il legislatore di tali precedenti dovrebbe fare buon governo attivando, se mai, meccanismi di controllo sui soggetti sotto processo sino al suo esito finale.

    Anche il “trattenimento” degli stranieri in attesa di espulsione lascia perplessi nella misura in cui, costituendo una limitazione della libertà personale omologabile a una detenzione, non è possibile che avvenga sulla scorta di un provvedimento amministrativo essendo necessario quello di una Autorità Giudiziaria…sempre in ossequio a quanto prevede la Costituzione.

    Ciò detto e pur considerando le migliori intenzioni della compagine governativa nell’affrontare quello che sicuramente è un problema avvertito e reale, l’auspicio non può essere che quello di adottare ogni intervento utile in tal senso ma nel rispetto di quella Costituzione su cui chi si è fatto carico di guidare il Paese ha giurato e dovrebbe conoscere.

    Il tutto senza dimenticare che il nostro è stato ed è ancora in certa misura un popolo di migranti e come tale dovrebbe avere la sensibilità che non porta a considerare chi oggi si trova in condizioni analoghe come destinatario di un “diritto del nemico” e figli di un dio minore.

  • Affamata una persona ogni 9 sul pianeta, occorre rafforzare la catena alimentare

    Nel 2017 le persone denutrite nel mondo hanno toccato quota 821 milioni, in aumento di 6 milioni rispetto all’anno precedente, secondo il rapporto ‘Lo stato di sicurezza alimentare e nutrizione’ di Fao, Oms, Unicef, Ifad e Programma Alimentare. Una persona ogni 9 al mondo con cibo insufficiente è lo stesso livello che si registrava nel 2008, viene sottolineato, ma le cause di tale fenomeno (che comporta ritardi nella crescita per 151 milioni di bimbi tra i 2 e i 5 anni e anemia in un terzo delle donne in età fertile) non vanno rintracciate immediatamente nella crisi economica globale che allora investì l’intero pianeta. Il rapporto le individua piuttosto nei mutamenti climatici e nelle ripercussioni sulla produzione agricola e sui prezzi delle derrate alimentari. A fronte di simile diagnosi, il rapporto individua come rimedio il rafforzamento della capacità della catena alimentare di affrontare situazioni climatiche fortemente avverse.

  • Juncker: il mondo ha bisogno di un’Europa forte ed unita

    “Nel 1913 gli europei pensavano di avere una pace duratura ma solo un anno dopo scoppiò una violenta guerra fratricida che attraversò l’intero continente. Non parlo di quel periodo perché siamo sull’orlo di un’altra catastrofe ma perché l’Europa è la ‘guardiana’ della pace, dobbiamo essere grati se viviamo in un continente reso pacifico dall’Unione europea”. Inizia con chiaro riferimento al vero senso dell’esistenza dell’Unione europea il discorso sullo stato dell’Unione che il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha tenuto giovedì 12 settembre a Strasburgo nella sede del Parlamento europeo in occasione della Sessione plenaria. Quasi un monito per chi, in questi mesi,sta cercando di mettere in discussione il valore dell’Unione europea. Un discorso atteso – ultimo per la programmazione prima della fine del mandato dell’attuale Commissione UE (gli organi saranno nominati a settembre 2019) – per le tematiche che Juncker avrebbe affrontato e che toccano da vicino molti degli Stati membri. Immigrazione, rafforzamento del controllo delle frontiere, partnership con l’Africa, contrasto a contenuti illegali e fake news in vista delle prossime elezioni europee (23-26 maggio 2019).  Il discorso di Juncker sulla Sovranità europea (questo il titolo) appare subito in stretta continuità con quello pronunciato lo scorso anno ma con 18 nuove iniziative legislative, frutto del mutamento repentino degli scenari politici, economici e socio-culturali degli ultimi 12 mesi e del sempre crescete euroscetticismo che si sta diffondendo tra gli Stati membri. Sovranità europea, appunto, per sottolineare quell’unione di stati che mai dovrà sostituirsi alla sovranità di ciascuno di essi, da non confondere però con il nazionalismo, concetto contrastato e denunciato da Juncker alla luce anche, e soprattutto, degli atteggiamenti e delle parole di alcuni leader europei quali Salvini e l’ungherese Orban, intervenuto anche lui in questi giorni a Strasburgo.

    Quella di cui parla Juncker è un’Europa più capace di fare politica estera e per questo propone che alcune decisioni strategiche non siano più prese all’unanimità ma con una maggioranza qualificata per giocare un ruolo strategico a livello mondiale. E non è difficile pensare alla questione migranti, al rapporto con gli USA, alla situazione dei Balcani in bilico tra crescenti ondate di nazionalismo e richieste di adesione da parte di alcuni Stati. Sulla questione migranti, in merito alla scelta politica fatta a giugno dagli Stati membri, e cioè distribuire gli sbarchi in diversi Paesi europei, Juncker ha ribadito, in linea con la posizione del governo italiano, la necessità, da parte dell’Europa di una ‘solidarietà durevole e organizzata’, confermando  di voler rafforzare l’agenzia comunitaria Frontex, dedicata al controllo delle frontiere esterne dell’Unione con l’assunzione, come già annunciato a maggio, di 10mila nuovi doganieri, entro il 2020 e non 2027, come proposto in precedenza. Ma la difesa dei confini da sola non basta, per questo è fondamentale un partenariato con l’Africa. Il che vuol dire non solo cooperazione o accordi commerciali ma interventi mirati in un continente diventato terreno fertile per gli investimenti da parte della Cina. Intervenire concretamente in Africa significherebbe porre un argine alla forte presenza asiatica e porsi, credibilmente, come vero interlocutore politico ed economico con la Cina stessa ma anche con gli Stati Uniti e tornare ad avere un ruolo centrale a livello mondiale. Insiste sull’economia Juncker sottolineando come l’Unione importi l’80% del suo fabbisogno energetico in dollari, quando dagli Stati Uniti proviene appena il 2% delle materie prime. Il ruolo dell’euro, nel mercato globale, deve essere rivisto, perché una situazione simile “è aberrante e ridicola”, e rischia di far perdere autorevolezza. L’Unione europea rappresenta infatti un quinto dell’economia mondiale e 60 paesi hanno legato la loro valuta all’euro. Per questo è necessario rilanciare il progetto comunitario, difendendo il ‘patriottismo illuminato’ che è cosa ben diversa dal ‘nazionalismo malsano’, fonte di guerre, ed esorta ad essere più vigili per evitare “un nuovo conflitto in Europa” assicurando che “la sovranità europea nasce dalle sovranità nazionali, e non le sostituisce”.

    Sul fronte lotta ai cyberattacchi Juncker ha dichiarato che la Commissione presenterà nuovi testi legislativi per contrastare i contenuti illegali su Internet e i tentativi di influenzare con fake news le prossime elezioni europee.

    Non manca il riferimento ai traguardi tecnologici e scientifici che l’Europa, unita, ha raggiunto. “Nessun Paese da solo avrebbe potuto mettere in orbita 26 satelliti. Galileo oggi ha 400 milioni di utilizzatori in giro per il mondo”.  Alla luce dei successi raggiunti e in vista delle nuove proposte elencate, senza retorica ma con un chiaro riferimento ai populismi dilaganti, Juncker ha sottolineato quanto il mondo oggi abbia bisogno di un’Europa forte ed unita.

  • Sovranismo, populismo, eurosceticismo: tre mali che danneggiano l’Italia

    Abbiamo l’impressione che qualcosa stia cambiando in Italia. E’ un cambiamento fatto in punta di piedi, quasi non si volesse lasciare traccia. E’ una modifica della tradizionale linea di politica estera ed europea, fatta senza parlarne troppo, nel timore di sollevare opposizioni serie e ragionate. Nemmeno il Parlamento ne discute. Eppure, in una democrazia parlamentare, quale riteniamo sia ancora quella che vige in Italia, è il Parlamento che definisce le politiche che devono essere praticate sul piano internazionale e, in particolare, su quello europeo. L’Italia, fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ha sempre perseguito una politica filo-atlantica ed è sempre stata, dopo aver partecipato alla fondazione delle Comunità europee, favorevole all’integrazione europea. L’attuale governo invece, con dichiarazioni, più che con atti, con mugugni, più che con proposte chiare, pare intenzionato a mettere in forse la nostra appartenenza all’Unione europea e alla zona euro. Se c’è qualcosa che non funziona, o che non giova direttamente agli interessi del nostro Paese, la colpa è sempre attribuita all’Europa, responsabile di tutti i nostri mali e, in subordine, alla Germania di Angela Merkel, colpevole di essere la prima potenza economica dell’Unione, a scapito degli interessi di tutti gli altri Paesi membri e, in particolare, della zona euro. Anche la recente vicenda della nave della guardia costiera Diciotti è stata trattata dal nostro governo con lo stesso tono di critica nei confronti dei partner europei per la mancata solidarietà, facendo riferimento ad una serie di informazioni false e minacciando ritorsioni impossibili. Tono e vuote minacce, che sono stati poi mantenuti nel comunicato del 25 agosto, che ha annunciato la fine dell’isolamento dei naufraghi eritrei e dell’equipaggio del pattugliatore italiano, grazie all’intervento della Chiesa, dell’Irlanda e dell’Albania. Con una dose notevole di presunzione, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che «è noto a tutti che l’Italia sta gestendo da giorni, con la nave Diciotti, una emergenza dai risvolti molto complessi e delicati». Che la situazione fosse delicata, dato il coinvolgimento di 177 persone, fra cui bambini, donne ed ammalati, nessuno lo mette in dubbio, che fosse anche complessa lo si deve al titolare del ministero degli Interni e ad altre personalità della maggioranza governativa che avevano posizioni contrapposte sulla vicenda: chi non voleva lo sbarco in Italia dei migranti e chi, invece, lo auspicava e lo riteneva necessario. Posizioni divergenti nello stesso governo, che contribuivano a rendere meno credibile l’Italia e a presentarla inconcludente agli occhi dell’opinione pubblica europea e mondiale. Quella stessa opinione che è in grado di sapere che i migranti non arrivano soltanto in Italia, ma anche in altri Paesi dell’Unione, e con cifre che in diversi casi superano quelle riferite al nostro Paese. E’ l’opinione che sa che i Paesi di Visegrad, tanto elogiati dal nostro ministro degli Interni, non si prenderanno mai nemmeno un emigrato proposto dall’Italia. L’emergenza poi, citata dal Presidente del Consiglio, è una pura opinione. Di emergenze simili se ne contano parecchie ogni settimana, ma l’attenzione è attratta soltanto su alcune di esse ed in particolare su quelle che mostrano aspetti e tratti molto sensibili per il sistema mediatico e per gli interessi elettoralistici del ministro di turno, che è sempre quello dell’Interno e che manda in bestia il suo concorrente pentastellato per lo spostamento dei consensi che avviene per motivi inconsci. La non credibilità italiana è corroborata inoltre da accordi europei che l’Italia ha sottoscritto e che i partiti che formano il governo italiano hanno contribuito a non cambiare, votando contro alle proposte di modifica del Regolamento di Dublino, che disciplina la materia dell’immigrazione nell’Unione europea. Assumere atteggiamenti inutilmente minacciosi, quando alle minacce non seguono i fatti, è controproducente e rischia di minare alla base la credibilità italiana, di qualsiasi argomento si tratti.
    Già questa scelta politica di confliggere con l’Europa ci sembra un puro pretesto per raccogliere consensi, ma ciò che una democrazia parlamentare non dovrebbe consentire è che questa scelta venga fatta senza l’accordo del Parlamento. Quando c’è stato un dibattito su questi argomenti? Come il governo si può permettere di saltare a piè pari questo momento politico che è la riprova democratica della sua esistenza? Non considerare più l’Europa come riferimento naturale e normale delle nostre politiche ci sembra un cambiamento che dovrebbe essere sanzionato dalla volontà esplicita del Parlamento. Anche i nuovi rapporti delle forze di governo con la Russia di Putin e con l’America di Trump in funzione anti UE, ci sembrano mancanti di un assenso parlamentare. Non parliamo poi degli indirizzi di politica economica, che avranno un impatto importante sulle possibilità di crescita e sugli investimenti, sull’avvenire delle imprese e sull’occupazione, oppure dell’atteggiamento negativo nei confronti delle infrastrutture, del libero mercato, della scienza e quindi della ricerca. Tutti argomenti che necessiterebbero un dibattito in Parlamento e non soltanto dichiarazioni su Facebook o squittii su Twitter . Sono tutti atteggiamenti e scelte che preoccupano, e non perché sono “cambiamenti”, come ripetono le forze di governo, ma perché preludono a sconfitte e disastri. Lo scenario che si evince dalle dichiarazioni, oltre che dalle parziali scelte già effettuate, non ci lascia tranquilli. L’indebolimento dell’Europa non porta vantaggi a nessuno, la perdita di affidabilità sui mercati finanziari prelude a crisi difficilmente gestibili, non essere creduti a livello internazionale significa perdere peso e qualsiasi influenza. A chi dovrebbero giovare questi orizzonti negativi e senza speranza? Non certamente al popolo italiano, che nonostante tutto, non merita l’avvenire che gli si prepara. Ha ragione il Movimento federalista europeo a lanciare l’allarme, a mobilitarsi per contrastare questa pericolosa deriva e a invitare le forze vive del Paese a contrastare questo andazzo, organizzando un’opposizione ragionata e persuasiva. Il sovranismo è un falso mito, il populismo è un’avventura deleteria, l’euroscetticismo non porta da nessuna parte e fa perdere tutti i vantaggi acquisiti con l’istituzione delle Comunità europee. Perché sostenerli allora? L’unica scelta intelligente è combatterli.

  • Genova-Ponzano Veneto: il paradosso insostenibile

    La gestione di immagine di un’azienda come di un singolo prodotto nasce dalla volontà di attribuirle la doppia funzione di conferire un valore superiore al contenuto tecnologico, sia al prodotto stesso che all’azienda che lo realizza. Quindi siamo al secondo obiettivo, aggiungere valore al prodotto come sintesi culturale dell’azienda. Tale sintesi diventa il valore del Brand.

    Nel caso dell’azienda di Ponzano Veneto, che negli anni 70-80 era riuscita ad innovare fortemente questo settore anche sotto il profilo della comunicazione complessiva, attraverso l’ultima campagna di comunicazione inserisce dei contenuti etici e di sensibilità umana rendendo come oggetto della comunicazione stessa il flusso dei migranti con tutte le sue implicazioni etiche e umane.

    Una scelta opinabile ma assolutamente legittima la quale però pretende implicitamente come conseguenza inevitabile dei valori esplicitati che l’azienda adotti i medesimi principi etici con i propri comportamenti in ogni contesto.

    In altre parole, una gestione di immagine evoluta di qualsiasi azienda deve confermare anche di essere perfettamente in sintonia con i valori etici e la sensibilità umana proposta per vendere magliettine da venti euro prodotte in estremo Oriente all’interno di laboratori tessili le cui normative igienico sanitarie base non vengono quasi mai rispettate, come dimostra la tragedia di Dacca che ha coinvolto anche il gruppo Benetton tra i mandatari di determinate produzioni ad un laboratorio in condizione di stabilità pietose il cui crollo costò la vita a oltre 1045 lavoratori del laboratorio tessile contoterzista.

    Tornando quindi alla gestione di immagine dovrebbe essere chiaro al responsabile della comunicazione quanto alla proprietà dell’azienda di Ponzano Veneto che nel momento in cui si inseriscono dei contenuti etici e dei valori umani all’interno della propria politica di comunicazione per ottenere il doppio obiettivo di aumentare l’appeal del prodotto e con esso comunicare la cultura come il “sentiment” aziendale conseguentemente e successivamente l’azienda stessa debba mantenere questo “protocollo etico” finalizzato quindi alla vendita di magliette attraverso ogni proprio singolo comportamento.

    Non passa giorno invece che non emerga, successivamente alla tragedia di Genova, un dettaglio sempre più imbarazzante relativamente all’atteggiamento dell’azienda come dei titolari e dei manager tutti espressioni dell’azionista di maggioranza.

    Tutto questo dimostra quindi come l’intera struttura della comunicazione, e con essa la filosofia aziendale comunicata attraverso l’advertising Benetton by Oliviero Toscani, rappresenti l’ennesima vuota bufala comunicativa in quanto chi l’ha creata non capiva e non comprende neppure oggi gli obblighi ai quali l’azienda stessa risulta successivamente sottoposta.

    Una gestione così dilettantesca della politica di comunicazione successiva alla tragedia di Genova da rendere quasi inevitabile pensare che rappresenti invece la vera espressione del contenuto etico ed umano del gruppo stesso più che un semplice paradosso, comunque insostenibile, ed attribuibile alla mancanza di cultura complessiva.

     

  • Maryan Ismail: basta trincerarsi dietro accuse di razzismo, anche l’Africa faccia la sua parte sui migranti

    Maryan Ismail, sorella di Yusuf Bari Bari, ambasciatore somalo all’Onu che – come ricorda l’on. Cristiana Muscardini nel libro ‘Politeisti & Assassini (Ulisse Edizioni) fu ucciso in un attentato a Mogadiscio nel marzo 2015, contesta alla sinistra «la linea del tutto è razzismo» ed invita a «uscire dalla voglia di elevare il razzismo a scontro ideologico». In un’intervista a Il Giornale, racconta che in Italia (vive a Milano), lei ha sperimentato più volte epiteti poco rispettosi dovuti alla sua pelle («Io vivo qui da 40 anni, ma accade quotidianamente di sentire frasi del genere. Mi è successo di recente anche in tribunale, dove svolgevo un servizio di traduzione. Una signora si è rifiutata di entrare nell’ascensore in cui ero io, con una frase apertamente razzista»), ma sottolinea che occorre evitare di esasperare gli animi e fare di ogni erba un fascio: «Ogni caso deve essere valutato per quello che è».

    «Non c’è stata una gestione intelligente. Io sono per accogliere tutti. Ma se accogli e lasci per strada le persone, allora non ha senso. Io critico l’ideologia che anche sul tema profughi ha prodotto mostruosità. Ideologica è stata anche la proposta dello ius soli», afferma, precisando di vedere (con rammarico) «un illuminismo razzista che ci obbliga a soggiacere a questi stereotipi, a questo gioco delle parti che si è visto anche nel caso di Moncalieri. E si fanno manifestazioni, magliette rosse, ma niente di concreto. Come con l’ideologia delle quote rosa, grandi parole e poi i vertici della sinistra sono tutti al maschile, mentre Forza Italia e Fdi hanno donne come leader e presidenti dei gruppi».

    «L’accoglienza – rimarca – è una scelta, non ci sono norme che obbligano ad accogliere. L’emergenza Siria a Milano è stata gestita anche bene, con tavoli, accordi e protocolli. Passata l’emergenza dei siriani transitanti, ora in Porta Venezia con gli africani c’è una situazione allucinante, con i bambini che giocano fra i topi. Quelle famiglie arrotolano le coperte negli alberi al mattino. Coperte donate dai residenti. I poliziotti danno acqua, caramelle o magari sigarette. Ma l’assessore Majorino continua a dire che è compito del ministro Salvini intervenire. Ma allora si era mosso. Le cose vengono affrontate così».

    «Io mi butterei in mare ma per fermarli quei giovani. Andrei in Libia io – non l’Europa – e andrei a dire: ridatemi i miei ragazzi. La Somalia lo sta facendo. Ma c’è il deserto. E le ambasciate non dicono niente. C’è un progetto? C’è un disegno complessivo per importare manodopera? Bene ma allora regoliamolo con flussi, norme, diritti e doveri». conclude, spiegando che Milano è meta di migranti perché «ha collegamenti di ogni tipo. E reti di passeur. Reti ovviamente informali che organizzano il viaggio. Scafisti di terra, certo e meno facili da individuare. Organizzano il passaggio con soluzioni personalizzate: tir, treno, macchina». «Il silenzio dell’Africa – torna a ripetere – è impressionante. Muoiono i figli dell’Africa e non si fa una campagna, non si fa niente. Eppure sappiamo che di povertà estrema ormai ce n’è ben poca. I governi sono moralmente collusi con le mafie dei trafficanti in questa nuova schiavitù».

     

     

     

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