migrazione

  • Bruxelles si promuove per il suo impegno sul fronte immigrati

    Nel quadro dell’agenda europea sulle migrazioni, la Commissione europea ha presentato i principali progressi riguardo alla gestione del fenomeno migratorio.

    Da quando, nel 2015, le migrazioni hanno raggiunto il punto massimo, l’Ue ha messo in atto una serie di azioni e interventi. Tutto questo, si legge nella relazione presentata, nel tempo ha creato basi solide su cui costruire una politica migratoria unitaria e compatta, permettendo all’Europa di fornire sostegno operativo e finanziario agli Stati membri sotto pressione, gestire le frontiere esterne e cooperare con i paesi terzi.

    In questi ultimi cinque anni, viene sottolineato, l’Ue ha attuato una stretta collaborazione con i diversi Stati membri attraverso il sistema degli “hotspot” e un dispiegamento capillare di più di 2 300 agenti per una migliore gestione della migrazione e delle frontiere, per il controllo di arrivi irregolari e di rimpatri e per salvaguardare le vite umane. Inoltre l’Ue collabora fortemente anche con i paesi esterni, soprattutto grazie al partenariato con l’Unione Africana e l’Onu, con un investimento di 9,7 miliardi di euro, specialmente tramite il Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa, il Fondo fiduciario per la Siria e lo strumento per i rifugiati in Turchia. In più oggi sono in vigore migliori accordi e intese riguardo ai rimpatri. Infine il grande sforzo in materia di reinsediamento ha permesso di trasferire quasi 63 000 persone.

    D’altro canto, nonostante un ritorno ai livelli precedenti alla crisi per quanto riguarda i flussi migratori, la situazione rimane instabile e i continui cambi di equilibri geopolitici richiedono all’Ue di affrontare nuove sfide e di consolidare i progressi già raggiunti. In particolare è necessario: migliorare la situazione nel Mediterraneo orientale, agendo sulla gestione migratoria in Grecia e in Turchia, un impegno maggiore nelle operazioni di ricerca e soccorso per facilitare le operazioni di sbarco e mettere fine alla tragedia delle morti in mare, e infine accelerare le evacuazioni dalla Libia, paese che desta sempre maggiori preoccupazioni a causa del violento conflitto scoppiato a Tripoli nell’aprile 2019 e per le condizioni disumane in cui versano i migranti nei centri di trattenimento.

  • UNICEF says at least 16 million children are malnourished in the Middle East and North Africa

    More than 16 million children under five years of age suffer from acute malnutrition in the Middle East and North Africa, a trend that has stagnated or worsened since 2000, a new report by UNICEF revealed.

    Despite the improvements to address under-nutrition, the Middle East and North Africa came in second globally in child obesity, with 5.4 million children being overweight – up from 3.4 million in 2000, according to the State of the World’s Children report.

    Moreover, nearly 11 million children suffer from chronic or acute malnutrition, a number that includes over 7 million children with growth defects as well as 3.7 million acutely malnourished children. The report highlights that children that are poorly nourished are 11 times more likely to die without treatment, in comparison to those children who have access to proper food and vitamins.

    The impact of the region’s various conflicts has deeply affected children’s nutrition in Syria, Yemen, Libya, and Sudan. Since hostilities broke out in each nation, nearly one-third of all pregnant and nursing mothers in northwest Syria are anaemic, while the widespread deprivations caused by years of war have had a severe impact on the physical and mental development of children in all four countries.

    Around 2.3 million children in Sudan now suffer from malnutrition, while half of all deaths of children under five years old are directly related to. This is mainly due to rising food prices. An estimated 2 million children in Yemen are currently suffering from acute malnutrition, including 360,000 children under five-years-old that are fighting to survive.

    Ted Chaiban, UNICEF’s Regional Director for the Middle East and North Africa, highlighted the report’s findings, saying, “Children from the poorest and most marginalised communities account for the largest share of all children suffering from malnutrition. This perpetuates poverty across multiple generations. Children who are hungry are unable to concentrate in school or learn. Those who are stunted in their growth have lower earning potential as adults as a result of developmental deficiencies.”

    “Hidden hunger”, which occurs when the quality of food that people eat does not meet their nutritional requirements, as well as micronutrient deficiencies from poor diets, are also factors that threaten children’s survival along with physical growth and brain development and as overweight.

    “Staple foods with low nutritious value, highly processed “junk” foods, sugary drinks, food fortification policies, labelling, and marketing practices – are all failing to provide healthy diets for children in poor and wealthy countries alike. As a result, more children are not eating healthy and are either undernourished or overweight in a number of countries in the region” added Chaiban.

    Improving the nutrition situation in the Middle East and North Africa requires the concerted efforts of governments, the private sector, donors, parents, and those in the health, education, water, sanitation, hygiene and social protection services.

    As the world marks the 30th anniversary of the Convention of the Rights of the Child, which secures a child’s right to nutritious food, UNICEF has issued a call for all governments to place child nutrition at their heart of state-supported humanitarian aid campaigns and demanded that the private sector partner with food suppliers to produce and distribute nutritious foods to at-risk children.

    The report also stresses that it is important to enforce strict minimum food quality standards and improve labelling, while also saying that restrictions need to be put in place to limit the marketing of food that has little to no nutritional value.

    A further important recommendation in the report encourages the provision of paid parental leave and dedicated time and facilities for women to breastfeed in the workplace and the supply of school canteens with healthy foods in addition to safe access to water and hygienic facilities for food preparation for students, teachers, and families. This would also include preventive and treatment services for nutrition in health care systems around the region.

    UNICEF’s State of the World’s Children Report is released annually and covers key issues that affect children. This year’s finding is the first to examine the major challenges that children face in regards to food and nutrition issues.

  • Far rinascere la speranza delusa e offesa

    La speranza degli infelici rinasce sempre.

    Ignazio Silone

    “L’inferno è lo stato di chi ha cessato di sperare” scriveva tempo fa il noto scrittore scozzese Archibald Joseph Cronin. E proprio un inferno sta diventando, ogni giorno che passa, la situazione in Albania e la vita della maggior parte degli albanesi. Essi si sentono profondamente delusi e offesi da tutti coloro che avrebbero dovuto gestire gli interessi del paese e dei cittadini. Ragion per cui, negli ultimi anni, è cresciuto in modo allarmante il numero degli albanesi che stanno cessando di sperare in un futuro migliore nel loro Paese. Il che li sta spingendo ad una scelta sofferta ma obbligatoria: quella dell’emigrazione. Dagli studi fatti risulterebbe che nel 2018 era circa del 78% il numero dei giovani albanesi che volevano lasciare il paese. Numero che per i primi mesi di quest’anno è ulteriormente aumentato, raggiungendo il livello di circa 84%. Il crescente flusso dei richiedenti asilo e/o di coloro che stanno andando via per una vita migliore si sente anche nelle scuole. Le classi, in tutto il Paese, si stanno chiudendo per mancanza di allievi. Quel flusso si sente ormai sempre più spesso nelle istituzioni pubbliche. Ma si sta sentendo purtroppo anche negli ospedali, con tutte le preoccupanti conseguenze per il futuro. Adesso stanno lasciando il Paese sempre più professionisti, i quali, non avendo diretti problemi di sopravvivenza, si allontanano perché non si sentono sicuri e perché stanno perdendo sempre più la speranza.

    Ed è proprio l’aumento continuo delle richieste d’asilo in diversi paesi europei uno dei più significativi indicatori della grave situazione nella quale si trovano adesso gli albanesi nella loro madrepatria. Realtà che ormai non riescono a nascondere e/o “addolcire” neanche la potente propaganda governativa e i discorsi logorroici del primo ministro. Perché non si possono nascondere e manipolare più i dati eloquenti pubblicati recentemente dalle istituzioni internazionali specializzate, quali l’Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione europea), l’EASO (European Asylum Support Office – l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo) e la Banca Mondiale. Secondo l’elaborazione comparativa di questi dati risulterebbe che soltanto nei primi sei mesi di quest’anno, richiedendo asilo, hanno lasciato l’Albania mediamente 55 albanesi per ogni 1000 abitanti. Rappresentando così il numero più alto, paragonato con altri paesi che, come valore assoluto, sono tra i primi come richiedenti asilo. Per rendere meglio l’idea della gravità della situazione, sempre secondo i sopracitati dati, nello stesso periodo, i siriani richiedenti asilo sono stati 29 per ogni 1000 abitanti. Poi venivano, rispettivamente, i georgiani, i venezuelani e gli afgani con 15, 10 e 10 richiedenti asilo per ogni 1000 abitanti. Mentre, secondo il numero assoluto degli richiedenti asilo, i primi risultavano i siriani, seguiti dai venezuelani e gli afgani. Gli albanesi erano, comunque, tra i primi cinque. E formalmente in Albania non ci sono guerre e scontri armati come in Siria e in Afganistan!

    Riferendosi alla vissuta realtà quotidiana, risulterebbe sempre più credibile l’idea che, da alcuni anni, si stiano  attuando due diaboliche e complementari strategie in Albania. E tutte e due, come consapevolmente voluto obiettivo finale, cercano di spingere gli albanesi a scappare e chiedere asilo altrove. Si tratta sia della strategia che mira ad impoverire sistematicamente la popolazione, sia di quella che punta ad indebolire il sistema dell’istruzione pubblica. L’autore di queste righe è tra coloro che hanno delle buone ragioni per essere convinti di questo. Gli evidenti risultati e le preoccupanti conseguenze dell’attuazione di queste strategie si possono verificare facilmente. Si tratterebbe di scelte strategiche le quali, a lungo andare, potrebbero portare a gravi sviluppi demografici e allarmanti realtà. Sempre secondo le sopracitate fonti, risulterebbe che la popolazione in Albania stia invecchiando in fretta, mentre il numero delle nascite stia significativamente diminuendo, portando verso lo zero l’incremento naturale della popolazione.

    Nel frattempo, e mentre gli albanesi stanno andando via, recentemente il governo ha presentato una proposta di legge per agevolare le procedure, per i cittadini stranieri, ad avere un passaporto albanese. In questo modo si potrebbe sostituire la mancante manodopera con altri profughi. Tra qualche decina d’anni perciò, malauguratamente, l’Albania potrebbe non essere più il paese dove vivranno gli albanesi, ma altri cittadini venuti da altri paesi. Da lì dove, adesso o negli anni prossimi, altri disperati cittadini scapperanno dalle guerre e da altre carestie.

    Non c’è di meglio, come scelta strategica, come sembrerebbe essere, per annientare una nazione! E non bisogna dimenticare anche che, da alcuni decenni ormai, partendo dall’inizio del secolo passato, ci sono delle dottrine sviluppate da alcuni “strateghi” nei paesi confinanti che puntano proprio a questo. Proprio a questo, e si tratta di fatti di dominio pubblico. In più, e oltre a quelle dottrine, ma sempre puntando allo stesso risultato finale, sembrerebbe siano elaborate anche altre, più recenti. Le cattive lingue, che non smettono mai di borbottare e parlare, dicono convinte che dietro quelle recenti strategie ci sia un multimiliardario e speculatore di borsa di oltreoceano. Le cattive lingue dicono anche che a lui servirebbe l’Albania come paese dove “fare i cavoli suoi”. Secondo le stesse cattive lingue, questo significherebbe riciclare denaro sporco, smistare stupefacenti e altri traffici illeciti e ben altro. Esse sono convinte che si tratti di una strategia per la quale stanno lavorando sia i dirigenti attuali del governo che altre strutture occulte locali e internazionali. Strutture che avrebbero preso tutte le dovute e necessarie misure per garantire che l’attuale stato delle cose continuasse anche dopo eventuali sviluppi politici. Ragion per cui diventa imperativo, dovere civile e patriottico, che tutti i cittadini responsabili e altrettanti rappresentanti politici debbano contrastare, decisi e immediatamente, simili lugubri strategie, sia quelle precedenti che queste recenti. Il tempo, da eterno gentiluomo, dimostrerà cosa accadrà.

    Riferendosi all’attuale situazione in Albania viene naturale la domanda: perché scappano via gli albanesi? L’attuale grave e allarmante situazione in Albania è il diretto risultato e la derivante conseguenza del malgoverno e degli enormi abusi della cosa pubblica. Non poteva portare altrove la connivenza con la criminalità organizzata, la collaborazione occulta con pochi oligarchi avidi e il controllo di quasi tutti i poteri dello Stato.

    La speranza, in una simile realtà, lo potrebbe dare soltanto l’opposizione politica. Una seria e responsabile opposizione però. Ma purtroppo anche l’opposizione ha deluso e offeso tutte le aspettative e le speranze dei cittadini, con le sue ripetute promesse, regolarmente, però, mai mantenute. Soprattutto dal 18 maggio 2017 ad oggi. E così facendo ha “annientato” anche lo spirito di protesta dei cittadini contro il malgoverno e le tante ingiustizie. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito anche di tutto ciò.

    Chi scrive queste righe è convinto della gravità della situazione, dovuta al crescente flusso degli albanesi che stanno lasciando la madrepatria, delusi e offesi nelle loro speranze. Egli è convinto però che delle persone responsabili e oneste faranno rinascere la speranza per gli albanesi delusi e offesi. Credendo anche a quanto scriveva Ignazio Silone, e cioè che la speranza degli infelici rinasce sempre.

     

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