multe

  • Fleximan e l’analisi statistica

    Come sempre l’Italia per ogni argomento si divide tra Guelfi e Ghibellini ed inevitabilmente questo avviene anche per il serial killer degli autovelox. Persino un procuratore della Repubblica ha avuto l’ardire di definire la simpatia di alcune persone nei confronti di Fleximen espressa soprattutto sui social come una possibile apologia di reato

    Nello specifico, tuttavia, la statistica potrebbe aiutare a dipanare la situazione attuale e magari offrire una lettura della attuale situazione.

    Nel nostro Paese sono operativi circa 11.000 autovelox (*) mentre in Francia ve ne sono circa 3.700 ma istallati all’interno di un territorio superiore del 45% a quello dell’Italia. In considerazione del fatto che le comparazioni statistiche andrebbero fatte per sistemi omologhi, la comparazione tra Francia e Italia in su rilevatori e velocità ci porta a considerare i numeri come se in nostro Paese avesse la stessa superficie della Francia.

    In questo caso, allora, gli autovelox sarebbero oltre 15.400, mentre se la Francia avesse la nostra superficie i rilevatori di velocità diventerebbero circa 2500.

    In questa rinnovata analisi gli ultimi dati disponibili indicano come in Francia ci siano 2.947 morti, contro i 2.875 deceduti sul territorio italiano.

    La differenza tra i dati fa emergere quindi come siano poco più del +2,5% i decessi nel paese transalpino. Al contrario, la presenza di rilevatori di velocità in Italia è superiore del +75% rispetto a quanto avviene in Francia.

    Queste due differenze percentuali tra decessi e numero di autovelox dimostra come viene meno l’effetto sui decessi in quanto l’infrazione non viene rilevata istantaneamente da una pattuglia.

    Non è difficile comprendere se anche un ‘auto passa ad una velocità superiore al limite alla guida, gli effetti disastrosi causati da una persona alla giuda oltre i limiti consentiti di alcool, droga, ‘auto non revisionata e senza assicurazione rimangono tali e quali.

    In ultima analisi, la simpatia che Fleximen ottiene non è per una sostanziale anarchia dei cittadini italiani, quanto nata dalla consapevolezza di un utilizzo speculativo del concetto di sicurezza stradale complessivo di cui questi rilevatori sono espressione.

    Le sanzioni erogate da ogni rilevatore di velocità rappresentano una riedizione contemporanea della medioevale decima applicata non sul raccolto ma sul semplice “transito”.

  • Aumentano le multe per chi guida nonostante alcol e droghe

    Quasi una multa su tre è per eccesso di velocità, sono in aumento le sanzioni per guida dopo aver assunto alcol e droga, così come quelle a chi non ha assicurato il veicoli. Emergono i comportamenti pericolosi degli italiani alla guida dal rapporto sull’attività delle Polizie locali nel 2022, una fotografia della sicurezza nelle città medie e grandi.

    Sono 142 i comandi delle Polizie locali che hanno partecipato attivamente alla raccolta dei dati, fornendo le informazioni su Comuni in cui abitano quasi 19 milioni di italiani. Se da un lato c’è stata una diminuzione degli incidenti con feriti rispetto ai dati prima dalla pandemia – si è passati dai 76.099 del 2019 ai 65.309 del 2022 – dall’altro c’è un crescente coinvolgimento degli utenti più deboli, come ciclisti e pedoni. Su 6,5 milioni infrazioni contestate, 1,9 milioni riguardano l’eccesso di velocità, c’è una crescita delle sanzioni per guida in stato di ebrezza o sotto l’influenza di sostanze stupefacenti (6.426 violazioni accertate) e di quelle per mancata copertura assicurativa (46.674 sanzioni, in aumento rispetto al precedente anno quando erano 42.029); le violazioni per il mancato uso dei dispositivi di sicurezza (casco e cinture) e per l’uso del cellulare alla guida ammontano a 134.463; la fuga o omissione di soccorso è stato riconosciuto in 2.210 casi; 25.537 patenti sono state ritirate.

    L’uso delle telecamere posizionati in diversi punti della città consentono di monitorare le strade urbane, soprattutto in alcuni punti ritenuti più critici. Secondo il rapporto, l’attività di videosorveglianza è in costante crescita: il 79% dei Comuni ha stilato un regolamento di videosorveglianza (erano il 56,5% del 2014). Le telecamere installate nel 2021 sono in media 192 per ogni città (erano 179 nel 2020). La città più videocontrollata è Milano (2.272 telecamere), seguita da Roma (2.123 telecamere installate) e Firenze (1.392 telecamere). Per quanto riguarda gli accertamenti di natura amministrativa, nell’ultimo anno sono stati 9.060 gli abusi edilizia accertati (7.537 nel precedente anno), ed è in aumento anche l’attività di accertamento in tema ambientale: oggi rappresentano il 16% dell’attività di polizia amministrativa (il 10,5% nel 2020).

    Il personale delle Polizie Locali rappresenta il 15,7% del personale dei Comuni, negli ultimi sette anni è diminuito di 6.735 unità, quasi l’8%. Con questi numeri i comandi fanno fatica. E non è solo una questione di organico in termini assoluti, ma anche di età media elevata. “C’è una discrasia evidente – ha sottolineato Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale dell’Anci – tra la domanda di sicurezza che viene rivolta ai sindaci e le risorse umane e finanziarie che le amministrazioni locali possono impiegare”. Da qui la richiesta di “rafforzare quantitativamente e qualitativamente, specie sotto il profilo anagrafico, la polizia locale: deve diventare una priorità». “Dobbiamo cogliere – ha affermato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, rispondendo alle sollecitazioni dell’Anci – questa stagione per riconsiderare il concetto di sicurezza urbana e l’ordinamento delle polizie locali, evitando suggestioni come quella della dimensione regionale o della spinta alla quarta polizia».

  • A Milano verde non significa piante ma lotta all’auto

    Beppe Sala non è green, se non come affiliazione politica. Se le piante fossero biciclette, sicuramente avrebbero trovato spazio nella città che Sala amministra, ma poiché le piante non crescono sulle strade dove il primo cittadino dà la caccia alle auto, ecco che Milano ha perso 6 milioni di euro per il 2022. E altri 6 milioni di euro per il 2023: fondi già disponibili, con destinazione vincolata: la realizzazione di 138 ettari di nuovi boschi. Il problema è che non esistono sull’intero territorio della Città metropolitana zone disponibili (aree dismesse, ex cave, ex siti industriali in via di bonifica) e sufficientemente grandi per creare nuove foreste intorno alla città e così la gara pubblica per la piantumazione delle città è stata disertata da tutti. La Corte dei Conti, che sta verificando come le città italiane utilizzino i fondi messi a disposizione della Ue per il verde, ha rilevato, tramite il comando provinciale dei carabinieri, che Milano è l’unica Città metropolitana italiana nella quale non è stato presentato e non sta partendo alcun progetto.

    Di contro quella amministrata da Sala è la città metropolitana in Italia che ottiene più denaro dalle multe. Già prima dell’idea di estendere in ogni dove i 30 km/h, nel 2021 il sindaco ha raccolto quasi 103 milioni dalle violazioni del Codice della strada: 13 milioni sono stati prelevati dagli autisti che hanno violato i limiti di velocità. I costi della manutenzione stradale sono intanto aumentati per via del generale rincaro dei prezzi, tanto che alcuni Comuni del milanese hanno rivisto i loro programmi in tema di strade e la stessa ciclabile di corso Sempione a Milano ha subito intoppi, ma sempre Milano nel 2021 è risultati la città con la maggior capacità di spesa per manutenzione ed educazione stradale: 22 milioni in totale, equamente ripartiti tra sostituzione della segnaletica e potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni. Dimenticando però, buche e manutenzione della pavimentazione stradale.

  • Urge occuparsi delle acque

    Tra le emergenze che l’Italia deve affrontare vi sono anche quelle legate ai depuratori. Nonostante le norme di adeguamento risalgano al 1991 la Commissione europea ha dovuto chiedere nuovamente all’Italia l’applicazione delle norme su fogne e depuratori, infatti ben 237 località italiane, con più di 2.000 abitanti, sono ancora gravemente fuori norma, specialmente in alcune Regioni come Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana. Come si vede sono equamente ripartite tra Nord, Sud e Centro Italia! Dalla procedura di infrazione, aperta dalla Ue l’anno scorso, su 276 località, 39 sono state sistemate. Già da maggio 2018 l’Italia è stata condannata dalla Corte Ue a pagare 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni trimestre di ritardo, per la messa a norma di oltre 70 aree con oltre 15mila abitanti ancora sprovviste di reti fognarie e di sistemi di depurazione delle acque.

    Se a questo problema aggiungiamo la drammatica situazione della rete idrica, che ha portato anche questa estate a gravi disagi agli abitanti di varie località, dal Sud al Nord, risulta chiara la necessità, da parte di qualsiasi governo, di procedere alle manchevolezze dei precedenti occupandosi immediatamente sia dei sistemi fognari e di depurazione che delle condotte dell’acqua potabile. Tali interventi non solo eviteranno ulteriori infrazioni e sperpero di denaro, non solo sono necessari per la tutela della salute pubblica, ma rappresenteranno un forte volano per le attività lavorative e imprenditoriali.

  • Più multe per i guidatori che usano droghe illegali

    In aumento nel 2018 le multe per i guidatori sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (5.404, +2,2% sul 2017) e in calo quelle per guida in stato di ebbrezza alcolica (39.209, -5,5%). Come riporta ADUC – Notiziario Droghe, a rivelarlo è il Rapporto Aci-Istat sugli incidenti stradali. Dai dati della Polizia Stradale emerge anche quest’anno che a essere multati per guida in stato di ebbrezza sono soprattutto i giovani conducenti di autovetture (tra 25 e 32 anni) nella fascia oraria notturna, fascia durante la quale è stato elevato circa l’80% delle sanzioni. Emerge inoltre che gli italiani sono diventati un po’ più attenti nel parlare al telefono mentre si trovano alla guida: l’infrazione per l’uso improprio dei cellulari, pur restando tra quelle più frequenti, diminuisce mediamente del 6%, forse anche grazie al diffondersi di veicoli dotati di Bluetooth.
    Il Rapporto evidenzia che anche nel 2018 le tre principali cause degli incidenti sono la distrazione, la mancata precedenza e la velocità elevata. Agosto è il mese più pericoloso per il numero di incidenti gravi in tutti gli ambiti stradali (2,7 morti ogni 100 incidenti). Giugno e luglio quelli con più incidenti nel complesso, rispettivamente 16.755 e 16.856. Gennaio e febbraio, viceversa, i mesi con il minor numero di incidenti, febbraio anche con il minor numero di morti. Di notte (tra le 22 e le 6 del mattino) e nelle ore di buio aumentano sia l’indice di mortalità che quello di lesività (rispettivamente morti e feriti ogni 100 incidenti).

  • Il controllo facciale? Una meraviglia sull’iPhone, una minaccia in mano allo Stato

    La tecnologia aiuta a vivere meglio, è indubbio (a parte la fatica di imparare a usarla), ma quando finisce in mano allo Stato possono essere guai. La tecnologia facciale, come ben sa chi ha gli ultimi modelli di iPhone, consente di essere riconosciuti come titolari del proprio cellulare e attivarlo, escludendo che altri possano farlo. Ottimo, comodo, non c’è che dire. Ma la tecnologia facciale può anche essere usata ad altri fini, in alcuni Paesi è già così e l’Italia potrebbe prendere esempio.

    In Cina la tecnologia facciale viene già utilizzata per la ricerca di sospetti colpevoli: Mr Ao è stato individuato tra 60mila persone ad un concerto e arrestato in quanto ricercato per reati economici. L’Italia, che con questo governo ha stretto rapporti talmente buoni con Pechino (nuova via della seta) da suscitare forti perplessità in Europa ed Usa, potrebbe fare altrettanto. Una volta che una faccia sia stata ripresa da una telecamera, il controllo facciale consente di riscontrare se una certa persona è esattamente quella con quella faccia oppure no. Anche qui, si può pensare che la tecnologia sia utile ai fini investigativi e che tali fini rendano lecito usare simili tecnologie. Il problema, però, è che nulla vieta – il timore è stato espresso anche da Aldo Cazzullo su Style Magazine – che l’autorità si faccia prendere un po’ troppo la mano, visto quanto è comodo il controllo facciale, ad esempio utilizzandolo per identificare chi posteggia in doppia fila (atteggiamento non dei più commendevoli, d’accordo, ma talmente grave da giustificare un controllo simile? La pubblica amministrazione, prima di addossare colpe e multe, non dovrebbe provvedere a garantire parcheggi visto che nessuna Greta o sforzo ambientalista rende possibile ad oggi far scomparire le auto?).

    Le telecamere, sempre più numerose, che vigilano su luoghi pubblici sollevano già problemi di privacy (d’accordo la tutela della sicurezza, ma questo autorizza a registrare le facce di tutti e archiviare i relativi dati?), il controllo facciale lascia supporre che si creino immensi database/archivi con le facce di ciascuno di noi, per tempi indefiniti (perché ovviamente per usare il controllo facciale occorre avere una persona in carne ed ossa ed una faccia di cui si ha l’immagine da raffrontare). E creare questi immensi database non significa supporre che ciascuno di noi sia un potenziale colpevole non ancora scoperto. Il magistrato Piercamillo Davigo la pensa esattamente così (ma di solito circoscrive questa idea a quanti hanno a che fare con denaro pubblico e possono corrompere o essere corrotti, non la formula nei confronti di tutti indiscriminatamente), la Costituzione italiana all’articolo 27 dice che non si può ritenere colpevole nessuno neanche quando nei suoi confronti si è già arrivati a processo fino a sentenza definitiva e non più contestabile in altro tribunale. Ma se non è possibile pensare che sia colpevole chi è indagato/sotto processo, come si può sospettare chi neanche è indagato o sotto processo (certo, potrebbe compiere qualcosa di più o meno illegale nell’arco della sua vita, ma se vale questo ragionamento allora per la stessa logica securitaria dovrebbero essere incarcerati tutti i figli di coloro che siano stati ritenuti colpevoli di qualche reato).

  • Bruxelles multa Asus, Denon & Marantz, Philips e Pioneer

    La Commissione Ue ha multato Asus, Denon & Marantz, Philips e Pioneer, per aver imposto prezzi fissi o minimi di vendita ai loro rivenditori online. Poiché le quattro società hanno collaborato con la Commissione, le ammende, che ammontano a oltre 111 milioni di euro in totale, sono state ridotte del 40%. Asus pagherà 63,5 milioni di euro, Denon & Marantz 7,7 milioni, Philips 29,8 milioni e Pioneer 10,1. Per la Commissione Ue le quattro società hanno applicato «prezzi minimi di vendita imposti», limitando la capacità dei loro rivenditori online di fissare i propri prezzi al dettaglio per i prodotti di elettronica di consumo tradizionali come gli elettrodomestici da cucina o computer portatili. I rivenditori che non rispettavano i prezzi imposti, venivano esposti a minacce o sanzioni, come la cessazione di forniture. Poiché molti rivenditori online, compresi i più grandi, usano degli algoritmi per adeguare automaticamente i prezzi al dettaglio a quelli dei concorrenti, le restrizioni delle quattro società hanno avuto un impatto molto più ampio.

    Le aziende hanno applicato le loro pratiche anticoncorrenziali soprattutto in Germania, Francia e Olanda per quattro anni, dal 2011 al 2015. La condotta di Pioneer ha avuto effetti anche in Italia, Spagna, Portogallo, Finlandia, Svezia, Danimarca e Belgio. «Il mercato dell’e-commerce, in rapida crescita, pesa più di 500 miliardi di euro in Europa ogni anno. Più della metà degli europei ormai fa acquisti online. Come conseguenza delle misure adottate da queste quattro società, milioni di consumatori europei hanno dovuto pagare di più per elettrodomestici da cucina, asciugacapelli, computer portatili, cuffie e molti altri prodotti. Questa pratica è illegale per la Ue», ha detto il commissario alla concorrenza Margrethe Vestager, ricordando che «le regole Ue servono a proteggere i consumatori quando le aziende devono affrontare una concorrenza maggiore».

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