Muscardini

  • Al PalaEventi Banca di Piacenza il Prof. Zecchi presenta ‘Safari’ di Cristiana Muscardini

    “Perché non lasciare l’Africa e i suoi abitanti al proprio destino?” Teatro della provocazione, lanciata dal Prof. Zecchi, eminente scrittore e filosofo, la sede centrale della Banca di Piacenza, nel capoluogo emiliano, cornice la presentazione del libro Safari, di Cristiana Muscardini (appena pubblicato dal Gruppo Albatros).

    È una delle serate di confronto e promozione della cultura che l’istituto di credito svolge sul territorio in cui opera, la provocazione – davanti a una platea altamente sensibile alla questione – la lancia il Professor Stefano Zecchi a Cristiana Muscardini, autrice del volume.

    Perché – risponde l’autrice con quella distanza critica che lo stesso Zecchi ravvisa nelle pagine del libro – se il nostro modello di sviluppo non è detto sia il migliore è altrettanto vero che non possiamo ignorare come la mancanza di strumenti vitali, come l’acqua potabile, siano un grave ostacolo non solo allo sviluppo ma alla stessa sopravvivenza delle popolazioni africane.

    E prosegue “gli africani credono che in Europa siamo tutti simili mentre, pur essendo europei abbiamo caratteri diversi, storie diverse tra uno stato e l’altro, lo stesso capita a noi europei parlando degli africani senza capire i grandi distinguo che ci sono tra africani arabi e musulmani, africani musulmani ma non arabi, africani animisti o di religioni cristiane. L’Africa centrale, l’Africa profonda è ben diversa dal Maghreb, da quella delle coste mediterranee. “L’Africa, sottolinea ancora Muscardini, è un crocevia potenzialmente esplosivo tra gli interessi commerciali e le ipoteche che la Cina accende, sotto forma di investimenti allo sviluppo, per perseguire le proprie mire egemoniche globali e gli interessi, in alcuni stati, dei russi che, attraverso Prigozhin, si sono impossessati di immense ricchezze difese dai miliziani della Wagner.

    Certo – rimarca Muscardini con l’esperienza e le riflessioni che derivano da 25 anni di permanenza nel Parlamento europeo e che le hanno consentito il confronto con colleghi di altri Paesi europei, –  la democrazia non si esporta, la democrazia deve essere lasciata maturare in seno al popolo, in un processo bottom-up e non certo top-down. Ma questo non giustifica l’inerzia che l’Unione europea ha troppo spesso mostrato di fronte al vicino continente africano sia per i problemi legati alla povertà che al terrorismo e non ultimo alla nuova colonizzazione cinese.

    Ancor meno giustifica che l’Europa si sia spesso dimostrata quel cattivo attore su scala globale che Zecchi ravvede spesso nell’occidente, fornendo aiuti senza prestare attenzione al fatto che i governi li utilizzassero effettivamente a favore dei governati. Solo un impiego delle risorse a favore di quei milioni di giovani che rappresentano la maggioranza degli abitanti del continente nero, osservano Zecchi e Muscardini, può offrire una soluzione al problema immigrazione che investe l’Europa e consentire così agli africani di perseguire il proprio destino sul proprio territorio. A beneficio, peraltro, di quella biodiversità che in Africa trova un giardino ancora non violato da un ritmo di sviluppo talmente forsennato da dimenticare, come accade altrove, la propria stessa sostenibilità.

    Nel libro anche i racconti della vita di italiani che si sono trasferiti in Africa, dopo l’ultima guerra, le loro avventure, le speranze, le difficoltà e le conquiste in un territorio che hanno imparato a conoscere ed amare e poi paesaggi, rituali, bracconieri e suggestivi ricordi.

  • L’Europa è meglio concentrica

    L’Europa è meglio concentrica. E’ questa la conclusione cui l’on. Cristiana Muscardini è pervenuta dialogando con Andrea Mascaretti (capogruppo di FdI in Consiglio comunale a Milano) e Alessandro Da Rold (giornalista de La Verità) alla presentazione del suo saggio ‘Divergenze parallele’ (Ulisse Edizioni), ospite di una delle serata degli ‘Stati generali del Mediterraneo’ che Andrea Vento (Vento & Associati) organizza alla Fabbrica del Vapore di Milano.
    Scontata già prima e a prescindere dalla Brexit Framania, cioè l’asse tra Francia e Germania (basti pensare ai Trattati dell’Eliseo e di Aquisgrana, in virtù dei quali funzionari di ciascuno dei due Paesi sono distaccati in servizio presso il Ministero degli Esteri dell’altro), l’ex eurodeputata (5 legislature dal 1989 al 2014) ritiene che l’Unione europea abbia ecceduto in celerità nell’ampliarsi. L’allargamento ai Paesi dell’ex cortina di ferro nel 2004, mentre ancora la Convenzione europea cercava di dare una Costituzione comune ai Paesi che già erano da tempo componenti della Ue, è la dimostrazione – a detta dell’onorevole – che non si può integrare tutti e subito. Salita all’epoca 28 componenti con l’inclusione dei Paesi dell’Est, la Ue ha visto spostare il proprio baricentro verso Nord, a scapito non solo dei suoi componenti affacciati sul Mediterraneo ma anche delle relazioni con l’Africa. Il risultato lo si è visto nel 2011, quando la Francia trascinò tutti dietro di sé nella destabilizzazione della Libia.
    Meglio allora, questa la tesi illustrata alla platea convenuta alla presentazione del libro, procedere con un’integrazione per gradi e volontaria. Chi ci sta ci sta e condivide con gli altri quel che si sente di condividere in aggiunta a ciò che già oggi è condiviso, gli altri seguiranno se e quando saranno in grado e se la sentiranno. Armonizzazione fiscale e doganale restano peraltro i passi più significativi, come emerso anche da interventi del pubblico, per migliorare e approfondire l’integrazione.
    Quale che sia il percorso ottimale verso l’integrazione europea, la sua percorribilità resta comunque subordinata alla presenza di classi dirigenti preparate, documentate e che non vedano nell’Europa una sinecura o una sorta di esilio lontano dalla visibilità presso l’opinione pubblica italiana, che è effettivamente linfa vitale per chi si nutre di consenso. Una legge elettorale che consenta di essere scelti dagli elettori, un percorso di formazione politica che prenda le mosse dal confronto col territorio (quello fisico, non quello virtuale) sono in tal senso una sorta di pre-requisito per evitare che l’Italia ripeta gli errori compiuti in passato, col risultato di non aver dimostrato la capacità dimostrata invece dalla Germania di tutelare la propria sovranità in sede europea (come nel caso del regolamento sul made in, relativo all’origine dei prodotti extra UE messi in commercio nel mercato unico europeo e alla lotta alla contraffazione).
    Crollato il Muro di Berlino, creato l’euro quasi di conseguenza e debellato il socialismo reale che da Mosca arrivava fino appunto a Potsdamer Platz, l’Europa non deve più temere i cosacchi e neanche chi prova a immigrare. Proprio prendendo spunto dall’89, l’accademico britannico Niall Ferguson ha indicato una decina di motivi per cui aspettarsi che quel che c’è al di là della Grande Muraglia finisca un giorno per cadere, per motivi e sotto impulsi analoghi a quelli che hanno ridotto Die Mauer a memoria storica. Ma intanto, avvisa l’on. Muscardini, la vera minaccia per l’Europa proviene, appunto, da oltre la Grande Muraglia, non dall’altra sponda del Mediterraneo.

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