ONU

  • Paesi africani in ritardo negli obiettivi educativi

    Il mondo non raggiungerà l’obiettivo di un’istruzione di qualità per tutti entro il 2030 e l’Africa subsahariana sarà l’area con i risultati peggiori, stando ad un nuovo studio dell’organizzazione per l’istruzione delle Nazioni Unite. Nella regione, infatti, milioni di bambini continueranno a non frequentare la scuola e a non usufruire di un apprendimento di alta qualità. Si prevede che nell’Africa subsahariana l’8% dei bambini in età scolare non andrà a scuola entro la scadenza del 2030. Un dato pesante anche se si tratta di un miglioramento rispetto all’attuale 19%.

    Sembra, inoltre, che la qualità formativa degli insegnanti sia lontana dagli standard necessari per garantire una buona preparazione agli alunni, dato questo che dovrebbe suonare come campanello d’allarme per i leader africani. Dal rapporto emerge infatti che, nonostante gli sforzi, oltre un quarto degli insegnanti della scuola materna dell’area subsahariana rimarrà senza formazione.

    Tuttavia si prevede che la percentuale di insegnanti formati a livello globale aumenterà tra il 2015 e il 2030 a oltre il 90% a ciascun livello di istruzione. La crescita più rapida è prevista a livello di istruzione pre primaria, dal 70% al 94%.

  • In Kazakistan spuntano caschi blu mai inviati dall’Onu

    L’8 gennaio l’agenzia fotografica Associated Press ha diffuso alcune fotografie – riprese in Italia anche dalla testata Il Post – che mostrano soldati kazaki con caschi blu dell’Onu, quelli destinati alle missioni di peacekeeping autorizzate dalle Nazioni Unite, in testa. Le immagini hanno colpito, visto che i caschi blu, associati a missioni di pace, erano indossati dai militari di un Paese che in quei giorni stava reprimendo con violenza le proteste di qualche migliaio di persone contro il governo autoritario guidato dal presidente Kassym-Jomart Tokayev, accusato di essere corrotto.

    I caschi – riferisce Il Post – sono stati impiegati senza l’autorizzazione dell’Onu, per un motivo che non è ancora chiaro: forse per la mancanza di equipaggiamento di difesa delle forze di sicurezza del paese, impiegate raramente nella repressione di manifestazioni antigovernative, che in Kazakistan sono pressoché inesistenti; o forse nel tentativo di dare maggiore legittimità a un’operazione di polizia violenta e con motivazioni esclusivamente interne, e contestata dalla maggioranza della comunità internazionale. I caschi blu mostrati nelle fotografie di Associated Press sono il motivo per cui i soldati che fanno parte delle missioni di peacekeeping dell’Onu, e che appartengono a diversi Paesi, vengono chiamati “Caschi blu“. Le loro missioni possono essere autorizzate esclusivamente dal Consiglio di Sicurezza, l’organo dell’Onu in cui siedono anche cinque paesi con il potere di veto, cioè quel potere che permette loro di bloccare qualsiasi risoluzione, se lo vogliono (sono Stati Uniti, Francia, Cina, Russia e Regno Unito). Sono missioni finalizzate solitamente a consolidare un processo di pace in corso, o a garantire stabilità e pace. I Caschi blu non sono quindi un esercito a sé stante: sono militari convocati solo se l’Onu avvia una missione di pace, e che arrivati sul posto della missione dovranno seguire le regole d’ingaggio indicate dalla stessa organizzazione.

    In Kazakistan, l’Onu non ha autorizzato alcuna missione di peacekeeping. I militari intervenuti durante le proteste erano soldati kazaki, che per qualche ragione avevano indossato i caschi blu.

    Due giorni dopo la diffusione delle foto, un portavoce delle Nazioni Unite ha chiesto spiegazioni alla missione permanente kazaka all’Onu, rappresentante quindi del governo del Kazakistan. La missione ha risposto con un comunicato un po’ vago («imbarazzante», ha scritto France 24) che diceva che i soldati delle foto erano membri del Kazbat, un’unità dell’esercito kazako deputata alle missioni di pace. L’unità «era stata mobilitata per assistere e proteggere le infrastrutture strategiche della città dai terroristi ed estremisti», e «fatta eccezione per i caschi, parte dell’equipaggiamento ufficiale dei peacekeeper impiegati durante la situazione di alta minaccia, non è stato usato altro materiale con la scritta “UN”».

    La spiegazione data dalla missione permanente sembra quindi avere fatto maggiore chiarezza su quanto successo. Ad autorizzare l’uso dei caschi blu non è stata l’Onu, ma il governo kazako, anche se non si sa per quale ragione: se per mancanza di equipaggiamento di difesa da dare ai militari di Kazbat, o se per un più articolato tentativo politico del regime di presentare la repressione come un’operazione legittima internazionale.

    In teoria l’uso non autorizzato di uniformi delle Nazioni Unite in operazioni che portino a morti o feriti gravi è considerato un crimine di guerra, sempre che si stia parlando di conflitti internazionali.

    Come ha detto a Radio Free Europe Eric David, esperto di diritto internazionale e di operazioni di peacekeeping alla Libera Università di Bruxelles, molto probabilmente quelle in cui sono stati impegnati i militari di Kazbat verranno però considerate operazioni interne al paese, e non parte di un conflitto internazionale, nonostante la presenza di militari russi in Kazakistan (che giovedì hanno iniziato il ritiro). Questo, ha aggiunto David, significa che l’uso dei caschi blu si può considerare «illegale, ma non un crimine di guerra», e potrebbe quindi non avere grosse conseguenze.

  • Bambini che giocano un ruolo chiave nei conflitti in Africa

    Nei conflitti armati nell’Africa occidentale e centrale vengono reclutati più bambini che in qualsiasi altra parte del mondo. A dichiararlo è l’ONU che con la sua agenzia per l’Infanzia, l’Unicef, parla di più di 20.000 bambini che si sono uniti a gruppi armati negli ultimi cinque anni.

    I bambini sono usati come combattenti ma anche come messaggeri, spie, cuochi, addetti alle pulizie, guardie e facchini in paesi dal Mali alla Repubblica Democratica del Congo.

    L’Africa occidentale e centrale ha registrato anche il maggior numero di bambini vittime di violenza sessuale nel mondo e il secondo numero di rapimenti.

    La regione ha diversi conflitti armati in corso, tra cui insurrezioni islamiste e guerre separatiste.

    L’Unicef, oltre a tenere sempre accesa l’attenzione sulla situazione, chiede un maggiore sostegno agli sforzi per prevenire e rispondere alle gravi violazioni contro i bambini.

  • Taliban ask to speak at UN General Assembly in New York

    The Taliban have asked to address world leaders at the United Nations General Assembly this week in New York City.

    A UN committee will rule on the request but it is unlikely to happen during the current session of the body.

    The Taliban also nominated their Doha-based spokesperson, Suhail Shaheen, as Afghanistan’s UN ambassador.

    The group, which seized control of Afghanistan last month, said the envoy for the ousted government no longer represented the country.

    The request to participate in the high-level debate is being considered by a credentials committee, whose nine members include the US, China and Russia, according to a UN spokesperson.

    But they are unlikely to meet before the end of the General Assembly session next Monday. Until then, under UN rules, Ghulam Isaczai will remain Afghanistan’s ambassador to the global body.

    He is expected to make a speech on the final day. However the Taliban said his mission “no longer represents Afghanistan”.

    No government has formally recognised the Taliban as Afghanistan’s new government and for the UN to agree to its nominee for ambassador would be an important step towards international acceptance.

    The Taliban also said that several countries no longer recognised former President Ashraf Ghani as leader.

    Mr Ghani abruptly left Afghanistan as Taliban militants advanced on the capital, Kabul, on 15 August. He has since taken refuge in the United Arab Emirates.

    In Afghanistan itself, the last minister from the deposed government, Wahid Majrooh, has left office as public health minister after hearing that he had been replaced.

    When the Taliban last controlled Afghanistan, between 1996 and 2001, the ambassador of the government they overthrew stayed on as a UN representative, after the credentials committee deferred its decision on competing claims for the position.

    At the UN meeting on Tuesday, Qatar urged world leaders to stay engaged with the Taliban.

    “Boycotting them would only lead to polarisation and reactions, whereas dialogue could be fruitful,” said Qatar’s ruler, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani.

    Qatar has become a key broker in Afghanistan. It hosted talks between the Taliban and US which culminated in a 2020 agreement to withdraw US-led Nato forces.

    The country has helped Afghans and foreign nationals to evacuate the country since the Taliban takeover, and has facilitated recent intra-Afghan peace talks.

  • UN chief warns of Yemen ‘death sentence’ as donor pledges fall short

    UN Secretary-General Antonio Guterres on Monday expressed his disappointment that a virtual pledging event has failed to raise sufficient funds to avert a large-scale “man-made” famine in Yemen, urging donors to reconsider their stance.

    “Millions of Yemeni children, women and men desperately need aid to live,” Guterres said in a statement, adding that “cutting aid is a death sentence.”

    While the UN chief was hoping to raise some $3.85 billion, the pledging event that was co-hosted by the United Nations, Sweden and Switzerland, fell short of the $1.9 billion needed to avert famine, as it only gathered $1.67 billion in pledges.

    “The best that can be said about today is that it represents a down payment,” Guterres said.

    According to the UN aid chief Mark Lowcock, 16 million Yemenis, meaning more than half the population of the Arabian Peninsula country, are going hungry, while of those, 5 million are on the brink of famine, – “the worst the world will have seen for decades”, as characterized by Lowcock.

    For much of its food, the war-torn country is heavily relied on imports that have been badly disrupted over the years by all warring parties. UN data have shown that almost 80% of Yemenis are in dire need of help, with 400,000 children under the age of five severely malnourished.

    The coronavirus pandemic comes on top of the prolonged conflict which has plunged Yemen into the world’s largest humanitarian crisis. In a bid to find a solution, the UN are trying to revive peace talks between warring parties, while the new US administration under President Joe Biden has set Yemen as a priority.

  • L’Onu vuole schierare gli osservatori in Libia

    Una missione internazionale di osservatori in Libia per spingere al rispetto di un cessate il fuoco ad alto rischio di essere spazzato via da nuovi venti di una guerra. E’ l’iniziativa senza precedenti che ha preso il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, inviando una lettera ai Paesi membri dell’organizzazione mondiale per chiedere di nominare loro osservatori da inviare, ma senza armi, nel Paese nordafricano in preda a un caos intermittente ormai da un decennio.

    Secondo informazioni rilanciate da media internazionali, tra cui il Guardian, la missione dovrebbe controllare il rispetto sia della tregua concordata a ottobre, sia del quasi ignorato embargo sulle armi. La presenza degli osservatori punta anche a spingere i leader politici del Paese a mettere a punto un meccanismo per eleggere un nuovo governo.

    E’ la prima volta che l’Onu intraprende la via di iniziative ‘sul terreno’ per garantire il rispetto della tregua concordata dopo il fallito assalto del generale Khalifa Haftar a Tripoli, la capitale libica dove è insediato il premier dimissionario ma sempre in sella Fayez al-Sarraj. Attualmente in Libia le Nazioni Unite hanno solo una piccola missione ‘politica’ con 230 rappresentanti, l’Unsmil.

    Tenendo conto degli appoggi soprattutto di Emirati Arabi Uniti e dell’Egitto ad Haftar, e di quelli della Turchia e del Qatar a Sarraj, l’invito di Guterres a nominare osservatori disarmati è rivolto a “blocchi regionali” oltre che ad altre organizzazioni internazionali come Unione africana, Ue e Lega araba.

    Il tempo in Libia, come sempre, stringe: il cessate il fuoco del 23 ottobre include una clausola che impone a tutte le forze straniere di lasciare il Paese entro tre mesi, quindi già non oltre il 23 gennaio, ma finora non vi è alcun segnale che ciò stia avvenendo.

    L’Onu stima infatti che attualmente sono sul terreno circa 20.000 militari o mercenari, fra l’altro ufficiali turchi e professionisti russi del gruppo privato “Wagner”. E ancora a fine dicembre, ad esempio, Tripoli ha rifiutato di aprire la strada costiera che va da Sirte a Misurata, come invece previsto dagli accordi, perché Haftar sta ammassando truppe nell’area.

    Il fronte che dopo la ritirata del generale spacca in due la Libia corre da Sirte verso sud. Ed è proprio da questa città sull’omonimo golfo che cominciano i tre settori – per un totale di 564 km quadrati di terreno – da affidare alla missione di monitoraggio.

  • At UN, Kazakhstan proposes multilateral biological weapons control system

    In light of the global pandemic, launching of a biological weapons control system is becoming more acute than ever, Kazakhstan President Kassym-Jomart Tokayev said at the General Debate of the 75th session of the UNGA “The future we want, the UN we need: Reaffirming our collective commitment to multilateralism” on September 23.

    “Kazakhstan proposes to establish a special multilateral body – the International Agency for Biological Safety – based on the 1972 Biological Weapons Convention and accountable to the UN Security Council,” he said.

    The nuclear non-proliferation and disarmament crisis is looming right behind the pandemic. “Kazakhstan has been the role model of a responsible state by willingly abandoning its nuclear arsenal and shutting down world’s biggest nuclear test site.

    However, continuous erosion of the non-proliferation regime leaves us in a dangerous position,” he said.

    Kazakhstan urged all Member States to join its appeal to nuclear powers to take necessary and urgent measures to save the humankind from a nuclear disaster.

    “In this respect we appreciate an active role played by relevant UN institutions including the Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization.  We believe that legally-binding negative security assurances should be given to every non-nuclear-weapon state. That is why we urge all P5 countries to ratify the respective Protocols to the Nuclear-Weapon-Free-Zone Treaties, including Semipalatinsk Treaty,” he said.

    According to the Kazakh President, the international community needs to do more to combat the health crisis following the coronavirus outbreak.

    “Firstly, to build a strong global health system priority must be given to upgrading national health institutions through timely and coordinated support from developed countries and UN agencies,” he said. “Secondly, we must take the politics out of the vaccine. It is not too late for reaching a COVID-19 vaccine trade and investment agreement that would protect global production and supply chains. Thirdly, it may be necessary to revise the International Health Regulations to increase the World Health Organization’s capacity, and to develop national capabilities in preventing and responding to diseases. Fourthly, we suggest that the idea of a network of Regional Centres for Disease Control and Biosafety under the UN auspices be closely examined. Kazakhstan stands ready to host such a regional centre,” Tokayev said.

    Turning to the global economy, Tokayev urged the UN delegates to step up urgent concerted efforts for a truly global economic recovery. “I join the Secretary-General’s call on rescue package amounting to 10% of the world economy and share his view that the response to the pandemic should be based on a New Global Deal to create equal and broader opportunities for all,” he said.

    Tokayev called for the suspension of debt repayments by the poorest countries to help reduce uncertainty. International financial institutions need to implement innovative solutions like debt-to-health system swaps.

    “I hope that the upcoming High-Level Meeting on Financing for Development will produce concrete measures.  Landlocked developing countries have been particularly hard-hit by COVID-19 which has severely damaged trade and supply chains,” Tokayev said.

    As the current Chair of the LLDC Group, Kazakhstan has proposed a UN Roadmap to reinvigorate implementation of the Vienna Programme of Action, he said.

    “The highest expectation of our people is practical deliverables within Agenda 2030.

    We need prompt and well-coordinated steps to get back on track for an accelerated SDG Decade of Action – probably the most critical decade of our generation.  The very basic target, zero hunger is to be provided unconditionally.  In this context, we note the importance of convening a Food Systems Summit in 2021,” he said.

    The Kazakh President said the Islamic Organization for Food Security, initiated by his country is ready to assist the international humanitarian campaign through the creation of food reserves. “We should renew our commitment to leave no one behind, especially women, youth, children, elders, persons with disabilities, disproportionately affected by the crisis. The largest disruption of education systems in history should be stopped from becoming a generational catastrophe. Civic engagement and private sector involvement are also critical for solving current pressing problems.  During past months we have witnessed strong solidarity all over the world through volunteering.

    To acknowledge the role of volunteers, I propose the United Nations to proclaim an International Year of Mobilising Volunteers for Development. In Kazakhstan I announced the current year as a Year of Volunteers,” he said.

    Turning to climate change, Tokayev said it’s an existential crisis for the world civilisation. “The climate emergency is a race we are losing. But the post-COVID recovery gives us unique opportunity to put environmental protection at the forefront of international agenda. We must unite around the UN’s six climate positive actions.

    Kazakhstan is very vulnerable to the various effects of the climate change. The tragedies of Aral Sea and Semipalatinsk Nuclear Test Site, the rapid melting of glaciers, and desertification threaten not only Kazakhstan and Central Asian region, but also the entire world,” he said.

    Although Kazakhstan is highly dependent on fossil fuels and has a long way to go to meet Paris 2030 targets, the countru’s commitment to develop a decarbonised economy has no alternative, he said. “We will reduce our greenhouse gas emissions by 15% by 2030 through economic overhaul and industrial modernisation. And yet, in next five years we will plant more than two billion trees,” he said.

    Due to the immensely growing demand for confidence-building, Kazakhstan aims to transform Conference on Interaction and Confidence-Building Measures in Asia into a full-fledged organization for security and development in Asia, he said.

    Tokayev invited all countries to join the Code of Conduct for Achieving a World Free of Terrorism. “Kazakhstan was among the first to repatriate our women and children from war-torn Syria and Iraq. It was not an easy decision, but absolutely necessary one.

    It is our strong belief that the United Nations must lead the global effort to overcome the pandemic, accelerate recovery and improve prospects for global governance,” he said.

    Turning to the national level, Tokayev said Kazakhstan is determined to build an economically strong, democratically advanced and human-oriented “Listening State”.

    “Therefore, we conduct political and economic reforms that are expected to give a boost to the development of our society to meet up the expectations of our people.

    We have decriminalised defamation, adopted new laws on political parties and on the peaceful mass meetings,” he said, adding that the country has reduced the gender Inequality Index value by two times and have introduced a mandatory 30% quota for women and youth in election party lists. “We have helped 4.5 million fellow-citizens who temporarily lost their income during pandemic having allocated for this goal 1.1 billion dollars. Over a million people have received food and household packages. It was an unprecedented measure in our part of the world,” he said.

    Tokayev noted that regional cooperation has always been Kazakhstan’s main focus and commitment. Central Asia is undergoing rapid transformation through significant expansion of regional cooperation in various fields. “No doubt that a prosperous, strong and united Central Asia is beneficial both for regional and global stakeholders.

    As to regional stability, the rational use of transboundary water resources is instrumental. We thus propose the establishment of a Regional water and energy consortium,” he said, adding, “To coordinate development agenda in the region we intend to institutionalise a UN-led regional SDGs Center in Almaty”.

     

  • Russia e Cina pongono il veto alla risoluzione ONU per gli aiuti umanitari in Siria ma l’UE tira dritto

    L’UE contro Russia e Cina dopo che i due Paesi hanno ripetutamente posto il veto ad una risoluzione delle Nazioni Unite per la fornitura di aiuti umanitari in Siria. Il responsabile della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, non ha usato mezzi termini per commentare la decisione: “L’approccio non costruttivo di alcuni membri del Consiglio di sicurezza è tanto più deplorevole in un momento in cui i bisogni non sono mai stati così grandi e nel contesto della pandemia di coronavirus”.

    La risoluzione è stata infine approvata sabato scorso, dopo cinque tentativi, e solo dopo l’astensione di Russia e Cina. Alle Nazioni Unite è consentito solo un punto di attraversamento dalla Turchia, il cosiddetto Bab al-Hawa, rispetto ai due precedentemente disponibili. Il limitato accesso per la fornitura di assistenza umanitaria d’emergenza penalizzerà migliaia di persone bisognose nella Siria nordoccidentale poiché ostacolerà la consegna di forniture salvavita.

    L’UE continuerà comunque a sostenere la popolazione siriana in difficoltà, nonostante le circostanze sfavorevoli. Borrell ha anche sottolineato che il conflitto richiede una soluzione politica e non militare, citando i risultati di una conferenza sul futuro della Siria, tenutasi a giugno a Bruxelles.

     

  • Il Corno d’Africa devastato da sciami di sciami di cavallette e locuste

    Mentre incombono i pericoli sanitari e le conseguenze economiche del coronavirus un’altra sciagura si abbatte non solo sul continente africano, infatti l’invasione delle micidiali locuste sta già raggiungendo aree dell’India e del Pakistan.

    20 milioni di persone sono ormai coinvolte dalla calamità sia nel corno d’Africa che in Kenia e le cavallette avanzano e colpiscono anche le zone della Tanzania vicine al Kilimangiaro. Le Nazioni Unite parlano al momento di 200 miliardi di insetti, velocissimi negli spostamenti e nella riproduzione, che partiti dallo Yemen stanno invadendo l’Africa orientale già provata per le inondazioni dovute alle spaventose piogge fuori stagione. I raccolti già in parte distrutti sono stati azzerati definitivamente dall’arrivo delle cavallette, i filmati sono impressionanti, il cielo è veramente oscurato dall’arrivo di sciami di milioni e milioni di insetti che dove passano creano il deserto. La FAO ha lanciato un appello alla comunità internazionale, servono non solo aiuti alimentari ma strumenti per distruggere questo flagello. Per il Kenia si tratta della più massiccia invasione da più di 70 anni, vi sono  sciami  di più di 40 milioni di esemplari per chilometro quadrato, sciami lunghi 60 chilometri e larghi 40, scene apocalittiche: le cavallette hanno già distrutto 175 milioni di acri, uno sciame medio piccolo distrugge il raccolto che serve a sfamare per un anno 2500 persone.

    Per la situazione da guerra civile che si protrae in Somalia e la presenza costante degli Shabaab non è possibile utilizzare l’unico strumento adatto per distruggere le cavallette che è irrorarle dagli aerei con potenti insetticidi. L’Uganda per cercare di impedire l’arrivo ed il diffondersi di questa piaga sta già utilizzando anche l’esercito ed in Etiopia la presenza delle cavallette ha messo a rischio più volte il traffico aereo.

    Gli esperti dicono che se non vi sarà una rapida distruzione delle cavallette queste, che si riproducono con gran velocità, potrebbero aumentare entro giugno di 500 volte e considerando che possono compiere anche 150 chilometri al giorno diventerebbero un pericolo per altri paesi non solo africani. Incombe la possibilità di una carestia senza precedenti e di tutte le malattie che ne potrebbero derivare con conseguenze anche per i paesi europei  che si affacciano sul mediterraneo ma sembra che sul problema non ci sia sufficiente percezione sia dalla comunità internazionale in genere che più in particolare dell’Unione Europea. Infatti sono arrivati solo una minima parte degli aiuti richiesti dalla FAO che inoltre, tramite il direttore per le emergenze, fa  sapere che l’invasione abnorme delle locuste del deserto è un altra dimensione dell’emergenza climatica che potrebbe peggiorare nei prossimi anni.

  • La Germania chiede sanzioni per chi infrange l’embargo in Libia

    Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha affermato che le Nazioni Unite dovrebbero approvare una risoluzione che sanzioni qualsiasi paese che contravvenga all’embargo sulle armi in Libia.

    All’inizio del mese, i ministri degli esteri hanno deciso di rilanciare la missione di controllo dell’UE lungo la costa del Mediterraneo libico, chiamata Operazione Sophia, con l’obiettivo di far rispettare un potenziale cessate il fuoco e un embargo sulle armi delle Nazioni Unite nel paese. Tuttavia, l’embargo concordato sta già fallendo. Secondo Maas il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe ribadire che la violazione dell’embargo non può rimanere senza conseguenze.

    La Libia è divisa in due governi rivali: il governo di accordo nazionale, riconosciuto dalle Nazioni Unite, che è sostenuto dalla Turchia, è in conflitto con l’Esercito nazionale libico di Haftar, sostenuto da Russia, Egitto, Giordania ed Emirati Arabi Uniti. Haftar ha respinto il cessate il fuoco. Le sue forze di recente sono avanzate fino a 120 chilometri a est della città di Misurata e hanno conquistato la città di Abugrein, che era sotto il controllo del Governo di accordo nazionale la cui sede si trova nella capitale, Tripoli.

    Di recente, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha avvertito che la guerra civile in Libia è diventata un parco giochi per le forze straniere in Nord Africa e rischia di estendersi alle regioni del Sahel e del Lago Ciad.

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