ONU

  • A trent’anni dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia ancora troppi minori senza tutela e diritti

    Il 20 novembre 1989, trenta anni fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, composta da 54 articoli e da tre protocolli opzionali che riguardano il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, la vendita di bambini e il loro utilizzo in attività pornografiche e di prostituzione, e le procedure di reclamo. Questo è stato il primo documento nel quale sono elencati tutti i diritti che devono essere riconosciuti ai bambini di tutto il mondo. Ad oggi la Convenzione è stata ratificata da 196 Stati e il 20 novembre, ogni anno, viene ricordato con la giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

    Purtroppo ancora oggi sono più di 380 milioni i bambini che non hanno una minima istruzione, più di 220 milioni i bambini che lavorano e spesso effettuano lavori pericolosi e più di 20 milioni le bambine o adolescenti costrette a matrimoni forzati, più di un milione i bambini vittime di sfruttamento sensuale. Numeri spaventosi, realtà agghiaccianti non solo per quello che questi bambini subiscono ma anche perché non potranno diventare i portatori di una società migliore avendo subito così tanta ingiustizia e violenza. Il mondo si sta tranquillamente privando del suo futuro non tutelando i più piccoli e deboli e distruggendo l’ambiente. Ma a questo breve ma spaventoso elenco mancano altri bambini, altri numeri fortunatamente più piccoli ma comunque inquietanti, i bambini strappati ingiustamente alle loro famiglie nelle tante Bibbiano non solo d’Italia e manca qualunque riferimento a quel triste istituto tedesco, lo Jugendamt, in italiano “Amministrazione per la gioventù”, strutturato durante il nazismo e mai abolito, ma anzi potenziato.

    Questa istituzione affida sempre i bambini al genitore tedesco in caso di separazione e spesso a famiglie affidatarie tedesche, se i genitori sono entrambi stranieri, per esempio italiani emigrati in Germania. Non importa dove è nato il bambino e quale nazionalità abbia. Dopo sei mesi di residenza in Germania questi bambini diventano proprietà tedesca. I genitori così “cancellati” non avranno più nessun contatto con il bambino, ma solo l’obbligo di pagare. Con il genitore straniero viene cancellata anche la lingua e la cultura non tedesca, così come tutto quel ramo familiare.

    Tutto questo è possibile in barba a Convenzioni e Regolamenti, semplicemente con un semplice stratagemma interpretativo: in Germania l’interesse superiore del minore coincide con la sua permanenza in quel paese e con la sua educazione tedesca, anche se per questo perderà i genitori. Ormai sempre più voci si levano parlando di “germanizzazione”.

    I membri dell’Unione Europea tacciono, fingono di non sapere o minimizzano.

    L’Italia, nonostante le centinaia di vittime italiane, è il Paese più silenzioso. Sia i governi di centro destra, sia quelli di centro sinistra non hanno mai mosso un dito per difendere i diritti dei bambini sottratti dallo Jugendamt, sia direttamente, sia imponendo tali scelte ai tribunali.

    La Convenzione resta un caposaldo importante, ma la politica sembra decisa ad accontentarsi di aver scritto una serie di buone intenzioni. Nei fatti le violenze e le ingiustizie contro i bambini continuano anche in quei paesi dove il livello di civiltà e cultura dovrebbe averle azzerate, bambini violentati nel corpo e nella mente dalla pedopornografia, bambini usati come corrieri della droga, bambini rapiti da assistenti sociali corrotti o impreparati, bambini che vivono nel degrado di case senza igiene e anche bambini italiani che lo Jugendamt si porta via nel più totale silenzio delle nostre autorità.

  • Allarme dell’Onu per le condizioni dei migranti in Libia

    Un rapporto dell’Onu denuncia che i migranti in Libia sono sottoposti a «privazione della libertà e detenzione arbitrarie in centri ufficiali e non ufficiali; tortura, compresa la violenza sessuale; rapimento per riscatto; estorsione; lavoro forzato; uccisioni illegali» a dispetto delle ingenti quantità di euro che l’Europa fornisce a governo e milizie locali perché fermino le partenze verso l’Italia. Il dossier, inviato al Consiglio di sicurezza dell’Onu e acquisito dagli investigatori della Corte penale internazionale dell’Aja, sottolinea che «i colpevoli sono funzionari statali, gruppi armati, contrabbandieri, trafficanti e bande criminali» ed invita il governo di concordia di Tripoli a «raggiungere il controllo di tutti i centri di detenzione presenti in Libia, scongiurando l’influenza o l’interferenza di milizie e gruppi armati»

    «Durante il periodo in esame c’erano oltre 669.000 migranti in Libia, tra cui donne (12% dei migranti identificati) e bambini (9%)», precisa il segretario generale dell’Onu, Guterres, e di questi «3.700 hanno bisogno di protezione internazionale» (meriterebbero cioé di venire trasferiti in Europa).

  • Sono “genocidio” i crimini commessi dagli islamici contro i cristiani e gli Yazidi in Iraq e Siria

    Quando i fatti sono accaduti la stampa internazionale vi ha prestato poca attenzione. Le violenze sono state atroci contro le persone, donne e ragazze in particolare, e contro i luoghi di culto e le case dei cristiani e degli yazidi. Volevano far scomparire la memoria di una presenza in quei luoghi che durava da secoli. I loro capi, vescovi e pastori, non furono ascoltati. Le loro denunce e le richieste d’aiuto furono come le grida nel deserto ricordate nel vangelo. Il mondo non prestava attenzione a quanto accadeva. E’ una storia che si è ripetuta tante volte. Non si ascoltano mai le suppliche di chi sta per essere cancellato dalla storia. Successe con gli armeni ad opera dei turchi. Successe con diverse nazionalità con Stalin e la rivoluzione sovietica. Il nazionalsocialismo liquidò sei milioni di ebrei in pochissimo tempo, nel silenzio generale. La tragedia si ripeté con Mao, con la rivoluzione cinese chiamata culturale perché liquidò milioni di intellettuali. Accadde anche in Cambogia con Pol Pot che trasferì con la violenza gli abitanti delle città nelle campagne facendo due milioni di vittime. Quando queste tragedie criminali iniziano i governi e le forze politiche di un certo orientamento minimizzano e non diffondono le notizie che le riguardano. Per di più, i cristiani e gli yazidi erano minoranze religiose in Iraq. Potevano tranquillamente sparire senza creare troppi problemi ai perseguitori. L’Onu poi, in cui la presenza islamica è maggioritaria, non si dette mai pena per questi perseguitati. Le reazioni si ebbero da organizzazioni private, senza peso alcuno nello svolgersi degli avvenimenti, se non per denunciare e rendere testimonianza. L’ironia della sorte volle che un presidente degli Stati Uniti, dopo anni di silenzio da parte di un suo predecessore, prendesse l’iniziativa e dichiarasse al mondo, attraverso una specifica legge, che le persecuzione dei cristiani e degli Yazidi in Iraq e in Siria è stata un “genocidio”. La legge impegna il governo a prestare assistenza alle vittime delle violenze e a perseguirne i responsabili e gli esecutori. In concreto, autorizza il Dipartimento di Stato Usa a svolgere indagini penali, arrestare presunti membri di gruppi Jihadisti, prevenire atti di violenza nei confronti delle minoranze religiose. La legge, inoltre, consente di aumentare la copertura finanziaria per progetti umanitari, di stabilizzazione e di ricostruzione, a favore delle minoranze religiose, direttamente dal governo federale e tramite organizzazioni, anche religiose. Questo modo nuovo di erogare aiuti finanziari direttamente a organismi religiosi, modifica la politica seguita fino ad ora dal Dipartimento di Stato e dall’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale, che si sono sempre serviti di canale ritenuti “neutrali” come le Nazioni Unite. Già un anno fa il vicepresidente Mike Pence aveva annunciato che gli Usa non si sarebbero più affidati solo alle Nazioni Unite per aiutare i cristiani perseguitati e le minoranze, ma che “le agenzie federali USA avrebbero lavorato fianco a fianco con gruppi di fede e organizzazioni private per aiutare coloro che sono perseguitati per la loro fede”. La dichiarazione è stata fatta in occasione della cena di solidarietà annuale per i cristiani in Medio Oriente promossa a Washington dall’organizzazione Usa in difesa dei cristiani. La Commissione Usa sulla libertà religiosa internazionale (USCIRF), un organismo federale indipendente e bipartisan istituito dal Congresso, ha elogiato il Presidente Trump per aver firmato il disegno di legge: “in questo disegno di legge riconosciamo anche il messaggio che i responsabili di questi crimini, compreso il genocidio, non sfuggiranno alla giustizia”, ​​ha detto il vicepresidente della USCIRF Kristina Arriaga.

    Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana del 13/12/2018

  • Soluzione per il Lago Ciad discussa all’ONU tra il presidente delle Nigeria e il sen. Iwobi eletto a Bergamo

    Guardando ieri sera la rubrica televisiva di Rete 4 “Stasera Italia”, gestita da Barbara Palombelli, sono andato col pensiero all’incontro che ha avuto luogo a New York, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 25 settembre scorso, tra il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, e una delegazione guidata da Toni Iwobi, il primo rappresentante di colore eletto al Senato italiano nelle liste della Lega. Tema dell’incontro era il progetto denominato “Transacqua”, relativo al ripristino del Lago Ciad. Perché questo ricordo? Perché nel corso della trasmissione televisiva ad un certo punto è campeggiata una scritta che chiedeva, retoricamente, se l’Italia è un Paese razzista, con riferimento ad un’intervista ad una ragazza di colore che si lamentava, giustamente, di essere stata rifiutata per un posto di cameriera dal padrone di un ristorante di Venezia per il colore della sua pelle. Gli ospiti dello show, tra i quali il direttore del quotidiano La Repubblica, Mario Calabresi, hanno detto la loro: “no, l’Italia non è razzista”, con un interlocutore solo che affermava che in realtà il caso della ragazza in questione non era isolato, perché succede spesso che si rifiuti lavoro a chi non è bianco. Insomma, gli ospiti della Palombelli erano divisi sul problema di sapere se l’Italia è razzista o no. Mi innervosii nell’ascoltare le motivazioni degli uni e dell’altro e ricordai a questo punto l’incontro avvenuto all’Assemblea dell’Onu, nel corso della quale Buhari ha avuto parole di apprezzamento per l’Italia e “il suo rispetto per la razza umana, a prescindere dal colore o dalle inclinazioni geopolitiche“, secondo il Daily Nigerian. “Le mie congratulazioni a Lei e ancor più all’Italia“, ha detto Buhari a Iwobi. L’elezione di quest’ultimo “mostra il grande rispetto degli italiani per gli esseri umani a prescindere dal colore. È impressionante!”. Mi inchino davanti all’opinione del presidente della Nigeria nei confronti dell’Italia e sorrido alle polemiche di parte che ogni sera ascoltiamo alla televisione sulle negate virtù e sulle nefandezze razziste dell’Italia.

    Il presidente Buhari era all’Onu per affrontare le cause del terrorismo e dell’emigrazione in Africa, fra le quali ha indicato “le conseguenze di un lago Ciad drasticamente ristrettosi e l’inaridimento di terre già fertili e coltivabili” come uno dei principali fattori dell’emigrazione, sollecitando “un rinnovato impegno internazionale per accelerare gli sforzi di ripresa nel bacino del Lago Ciad e affrontare le radici del conflitto nella regione”. “Il lago era un’importante fonte di sostentamento per oltre 45 milioni di abitanti della regione – ha affermato il presidente – e il suo prosciugamento ha significato la perdita di reddito per larghe fasce di popolazione che sono diventate povere e quindi molto vulnerabili all’attività di gruppi estremistici e terroristici. L’instabilità così causata nella regione ha intensificato la migrazione interna conducendo, tra le altre cose, a un’intensa competizione specialmente tra agricoltori e allevatori“. Nel febbraio di quest’anno ad Abuja, capitale delle Nigeria, si è svolta una Conferenza internazionale sul Lago Ciad, alla presenza dei leader di otto Stati africani, nel corso della quale è stato formalizzato l’accordo con il governo Italiano di co-finanziamento dello studio di fattibilità del progetto Transacqua. I partecipanti alla Conferenza scelsero Transacqua come unico progetto che offre una soluzione. Buhari all’Assemblea dell’Onu non ha fatto il nome di Transacqua, il grande progetto per ripristinare il Lago Ciad con un sistema di bacini artificiali e di canali che, oltre a trasferire un’ingente quantità d’acqua dal bacino del Congo, porterà alla creazione di un’infrastruttura di trasporto, di produzione idro-elettrica e di sviluppo agro-industriale (ne abbiamo parlato in un articolo pubblicato su Il Patto il 23 febbraio 2018). Di Transacqua, tuttavia, ne ha discusso con il sen. Iwobi, nel corso dell’incontro al quale abbiamo accennato più sopra. Il sen. Iwobi, che è di origine nigeriana, si è battuto a favore di Transacqua sin dal suo ingresso a Palazzo Madama, sollecitando le procedure di formalizzazione dell’accordo tra governo italiano e Commissione per il Bacino del Lago Ciad, a seguito della decisione di Roma di co-finanziarne lo studio di fattibilità. Come ha riferito il consigliere speciale del Presidente nigeriano, Femi Adesina, in una dichiarazione all’indomani dell’incontro, Buhari e Iwobi “hanno discusso temi come l’immigrazione clandestina e come fermarla con investimenti in Africa e il ripristino del Lago Ciad con il trasferimento idrico tra i due bacini”. La dichiarazione cita il sen. Iwobi, il quale ha affermato che “L’Africa non ha bisogno della carità ma di collaborazione per lo sviluppo“. In risposta, Buhari ha attribuito l’immigrazione clandestina alla mancanza di sicurezza, di istruzione e di sistemi sanitari, tra le altre cose. E’ a questo punto che il presidente Buhari ha avuto l’apprezzamento per l’Italia che abbiamo ricordato all’inizio. Ed è puntando su questi apprezzamenti che l’Italia potrà svolgere una sua funzione d’equilibrio in Africa, da un lato sostenendo progetti di sviluppo come Transacqua e dall’altro stabilendo accordi per il controllo dell’emigrazione attraverso il Mediterraneo, senza litigare inutilmente sul razzismo che in Africa non le viene riconosciuto e senza privilegiare soluzioni neo-coloniali, come la Francia sta imperialmente facendo.

  • Il Presidente Juncker e una delegazione di alto livello dell’UE alla 73a assemblea generale delle Nazioni Unite

    La settimana prossima il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sarà a New York con una delegazione di alto livello dell’Unione europea per la 73a assemblea generale delle Nazioni Unite.

    I rappresentanti dell’UE ospiteranno e parteciperanno a numerosi eventi e incontreranno i leader mondiali, per sottolineare l’impegno costante dell’Unione europea a favore di un’istituzione, le Nazioni Unite, forte ed efficace, e per rafforzare il sostegno al multilateralismo e a un ordine mondiale fondato su regole. Come ha dichiarato il Presidente Juncker nel discorso sullo stato dell’Unione 2018, pronunciato il 12 settembre, “L’Europa non sarà mai una fortezza che volta le spalle al mondo, soprattutto al mondo che soffre. L’Europa non sarà mai un’isola. L’Europa deve restare e resterà multilaterale. Il pianeta appartiene a tutti e non solamente ad alcuni.”

    Domenica 23 settembre il Presidente Juncker e l’Alta rappresentante e Vicepresidente Federica Mogherini inaugureranno la settimana con una riunione bilaterale con il Segretario generale dell’ONU António Guterres, riconfermando il partenariato strategico UE-ONU. Incontreranno inoltre il presidente della Commissione dell’Unione africana (UA) Moussa Faki Mahamat per discutere di come proseguire il lavoro dell’innovativa cooperazione trilaterale UE-ONU-UA.

    Lunedì 24 settembre Juncker parlerà al Nelson Mandela Peace Summit, una riunione di alto livello sulla pace mondiale in onore del centenario della nascita di Nelson Mandela. Martedì 25 settembre Juncker, il Primo Vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e l’Alta rappresentante e Vicepresidente Federica Mogherini, insieme al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, parteciperanno all’apertura della 73° assemblea generale.

    Il Presidente Juncker parteciperà anche a una serie di riunioni bilaterali: con il Presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, con il Presidente del Ruanda e dell’Unione africana, Paul Kagame, e con il Primo Ministro della Georgia Mamuka Bakhtadze. L’UE ospiterà una serie di eventi faro a margine dell’assemblea generale e i suoi rappresentanti saranno impegnati in dibattiti di alto livello, eventi a margine e numerose riunioni bilaterali.

    Fonte: Comunicato stampa della Commissione europea del 21/09/2018

  • Rapporto Onu: cresce il mercato della droga

    L’ultimo rapporto dell’agenzia per droga e crimine dell’Onu (Unodc) segnala «che il mercato della droga è in espansione, con la produzione di cocaina e oppio che ha raggiunto livelli record assoluti», secondo quanto ha dichiarato il direttore esecutivo di Unodc, Yury Fedotov. L’oppioide sintetico Fentanyl è un problema crescente in Nord America, e il Tramadol nelle zone dell’Africa e dell’Asia. Nel 2015 sono stati stimati 450 mila morti per droga nel mondo.

    In Italia la mancata legalizzazione delle droghe leggere e la probabile revoca della licenza di commerciare cannabis leggera lasciano a carico della fiscalità generale, quindi anche di chi non usa stupefacenti, le cure mediche di chi si droga. Poiché il commercio di quelle sostanze è vietato, salvo la cannabis leggera per ora, lo Stato non ha alcun gettito fiscale dalla loro vendita, che avviene in via extralegale e quindi senza alcun prelievo. Va da sé però che chi patisse a seguito dell’uso di sostanze psicotrope viene curato dalla sanità pubblica, i cui costi sono coperti dalla fiscalità generale e, in assenza di gettito legato al commercio di tali sostanze, da chi con commercio e uso di stupefacenti non ha nulla a che fare.

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