PAC

  • Agricoltura: adottata una misura per aumentare il flusso di cassa degli agricoltori

    La Commissione europea ha adottato una misura che permette di incrementare gli anticipi sui pagamenti della politica agricola comune (PAC) agli agricoltori. La misura sosterrà e aumenterà il flusso di cassa degli agricoltori danneggiati dalla crisi da COVID-19 e dalle intemperie che si sono abbattute su tutta l’UE. La misura consentirà agli Stati membri di aumentare gli anticipi sul sostegno al reddito e su alcuni programmi di sviluppo rurale: dal 50 fino al 70 % dei pagamenti diretti e dal 75 all’85 % dei pagamenti per lo sviluppo rurale.

    Al riguardo si attivano le garanzie a tutela del bilancio dell’UE di modo che i pagamenti siano erogati solo dopo che saranno ultimati i controlli e le verifiche e a partire dal 16 ottobre 2021 per i pagamenti diretti. La Commissione europea ha provveduto a sostenere i settori agricolo e alimentare durante tutta la crisi da COVID-19 grazie a una maggiore flessibilità e misure di mercato specifiche.

    Fonte; Commissione europea

  • Trovato l’accordo tra i Paesi Ue per rivedere la politica agricola comune

    Dopo tre anni di negoziato arriva la fumata bianca sulla nuova Politica agricola comune, che vale oltre 340 miliardi di euro dal 2021 al 2027, di cui più di 38 per l’Italia (quasi 50 con la quota di cofinanziamento nazionale). Quello tra i Paesi membri è un accordo provvisorio che dovrà passare l’esame dei ministri dell’agricoltura e anche dell’Europarlamento. Il tentativo è quello di rendere la Pac più verde e più equa, ma la riforma viene giudicata insufficiente dalle organizzazioni ambientaliste. Si tratta comunque di un successo in extremis per la presidenza di turno portoghese dopo il naufragio del negoziato del mese scorso.

    A spianare la strada è stato il compromesso sulle misure verdi nel regolamento sui piani nazionali. Punto delicato, in cui si incrociavano i dubbi degli Stati sulla gestione dei piani strategici nazionali, cuore della riforma del 2018, con le priorità del Green Deal, arrivato con la Commissione von der Leyen nel 2019-20. Le istituzioni Ue hanno raggiunto un equilibrio su una maggiore integrazione tra Pac e Green Deal e sulla destinazione a pratiche agronomiche rispettose dell’ambiente (ecoregimi) del 25% delle dotazioni nazionali per i pagamenti diretti 2023-27. Quasi 49 miliardi in cinque anni. L’Europarlamento chiedeva il 30%, gli Stati il 20%. Per incontrarsi a metà strada c’è voluta la garanzia di ampia flessibilità per i paesi, che si sono blindati contro l’eventualità di perdere fondi.

    L’intesa prevede anche – almeno in principio – la condizionalità sociale, cioè il vincolo degli aiuti Pac al rispetto delle norme fondamentali a tutela del lavoro nei campi. Il pagamento redistributivo, che aiuta le piccole aziende, che viene fissato al 10% del montante pagamenti diretti e sarà obbligatorio per tutti i paesi, con possibilità di chiamarsi fuori solo se dimostra di raggiungere gli stessi scopi di equità con altre misure.

    Mentre i negoziatori riprendevano il lavoro nelle sale dell’Europarlamento per arrivare a definire l’accordo, sono iniziate ad arrivavate le prime reazioni. Gli agricoltori hanno manifestato davanti alla sede dell’Eurocamera a Bruxelles, chiedendo di considerare “gli impatti cumulativi di tutte le politiche sulla comunità agricola europea”, con riferimento esplicito agli accordi commerciali e alla strategia Farm to Fork. Le Ong ambientaliste hanno reagito a colpi di comunicati stampa, demolendo l’impianto green della riforma: troppo blando il legame tra Pac e Green Deal, troppe le flessibilità concesse ai Paesi membri. Gli uffici europei di Greenpeace e Wwf hanno chiesto all’Europarlamento di respingere un accordo che sull’ambiente, secondo l’altra Ong Eeb, sarebbe addirittura peggiorativo dello status quo. Sulla stessa linea i ragazzi dei Fridays for future, il movimento che fa capo a Greta Thunberg, che hanno fatto campagna per mesi sul ritiro della riforma.

    Ma la Commissione europea ha benedetto l’accordo con il vicepresidente Frans Timmermans e gli altri gruppi politici che sembrano decisi a dare l’ok. I socialisti tramite il coordinatore agricoltura Paolo De Castro hanno enfatizzato il pilastro sociale, il Ppe con Herbert Dorfmann ha celebrato i risultati positivi per le piccole aziende e i liberali di Renew Europe hanno fatto sapere, tramite il presidente della commissione ambiente Pascal Canfin, di apprezzare il compromesso.

  • Meno risorse alla politica agricola comune della Ue e Coldiretti protesta

    «Le ipotesi di taglio alla Politica Agricola Comune (Pac) sono insostenibili in un settore chiave per vincere le nuove sfide che l’Unione (Ue) deve affrontare, dai cambiamenti climatici, all’immigrazione, alla sicurezza», afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare le proposte di riforma della Pac presentate dal Commissario Europeo all’agricoltura Phil Hogan che secondo alcune analisi sui dati della Commissione potrebbero far perdere all’Italia circa 2,7 miliardi a prezzi correnti rispetto all’attuale periodo di programmazione.

    Ricordando che «l’ipotesi di riduzione dei fondi è stata giustamente bocciata dal Parlamento Europeo oltre che dagli stessi cittadini dell’Unione che per il 90% sostengono la politica agricola a livello comunitario per il ruolo determinante per l’ambiente, il territorio e salute secondo la Consultazione pubblica promossa dalla stessa Commissione europea», Coldiretti sostiene che «soprattutto preoccupa l’impatto negativo di questa riduzione di bilancio sui redditi degli agricoltori impegnati a garantire i migliori standard di qualità, sanitari ed ambientali». E afferma ancora: «Occorre mantenere il budget al livello attuale in prezzi costanti e garantire una più equa distribuzione delle risorse tra gli Stati superando gli squilibri che hanno caratterizzato il passato. Solo in questo modo si potranno cogliere gli elementi positivi pur presenti nella proposta di Riforma che vanno dal maggiore sostegno ai giovani agricoltori all’importanza della sostenibilità, dall’attenzione al concetto di vero agricoltore fino al maggior peso del lavoro, anche familiare, e dei criteri socioeconomici per la ridistribuzione interna dei pagamenti diretti».

  • Con i tagli alla Pac a rischio 35 miliardi di risorse

    La spesa per la Politica agricola comune (primo e secondo pilastro) rischia di subire un taglio pesante. Il bilancio 2021-2027 presentato dalla Commissione europea il 2 maggio scorso prevede uno stanziamento totale di 1.279,408 miliardi di euro con un aumento di 192 miliardi e un contributo nazionale dell’1,1% del reddito nazionale lordo Ue 27 (1% nella precedente programmazione).

    Per quanto riguarda l’agricoltura, alla voce 3 del nuovo documento finanziario “Risorse naturali e ambientali” è assegnato un budget di 378,920 miliardi di cui 286 miliardi per spese di mercato e pagamenti diretti e 79 miliardi per lo sviluppo rurale, in calo rispetto all’attuale dote della Pac pari a 400 miliardi. Il taglio è dunque di 35 miliardi con una flessione rispetto all’attuale documento finanziario del 9,5% se si considera lo stanziamento totale e del 7% per i soli aiuti Pac e misure di mercato.

    Intanto ci sarà una revisione del greening con una maggiore finalizzazione ai temi ambientali attraverso il rafforzamento della condizionalità per i pagamenti diretti. Verrà costituita una nuova riserva di crisi, nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia e l’accesso sarà possibile se a livello nazionale sarà messa a punto una strategia che preveda strumenti come quelli assicurativi.

    Una manovra che non piace al presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, che sottolineato coma “a pagare il conto della Brexit non può essere l’agricoltura che è un settore chiave per vincere le nuove sfide che l’Unione deve affrontare, dai cambiamenti climatici, all’immigrazione, alla sicurezza. Indebolire l’agricoltura, che è l’unico settore realmente integrato dell’Unione, significa minare le fondamenta della stessa Ue in un momento particolarmente critico per il suo futuro”.

    I prossimi passi saranno la presentazione da parte della Commissione delle proposte dettagliate quindi, dopo il via libera dal Parlamento europeo, l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio. L’obiettivo è di chiudere il negoziato prima delle prossime elezioni europee.

    Fonte: Il Punto Coldiretti del 3 maggio 2018

  • Sicurezza e investimenti per la ricerca: parte da qui il semestre di Presidenza bulgara dell’UE

    I cittadini e le loro richieste, politiche di sicurezza e di difesa, garanzie per i giovani, attenzione particolareggiata alla realtà dei Balcani, ridisegnare il rapporto con il Regno Unito dopo la Brexit, sviluppare intelligenze artificiali ed estendere il processo di digitalizzazione. Questi gli obiettivi principali che la Bulgaria si propone di realizzare durante il suo primo semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea. In un incontro che si è svolto a Milano, organizzato dalle Rappresentanze del Parlamento europeo e della Commissione europea, Console ed Ambasciatore bulgari hanno presentato l’agenda che Sofia intende sviluppare durante questi sei importantissimi mesi in cui è chiamata ad avere un ruolo da protagonista. Come più volte è stato sottolineato durante l’incontro bisogna affrontare delle vere e proprie sfide cruciali per l’intero progetto europeo, a partire dall’emergenza immigrazione, sicurezza, controllo dei confini. La Bulgaria, geograficamente, ha un’importanza strategica perché da più di 1300 anni è un ponte tra l’Europa e l’Oriente e da millenni è la culla dell’incrocio tra culture (non a caso è la patria dell’alfabeto cirillico). Questa posizione eccezionale diventa perciò di vitale importanza anche per le nuove sfide che l’Europa, di cui la Bulgaria è Stato membro dal 2007, si appresta ad affrontare, in primis rivestire un ruolo chiave negli scenari mondiali. Fondamentale è perciò la cooperazione tra i Paesi dell’UE che garantirebbe la stabilità e la realizzazione di una adeguata politica di difesa che, stando a quanto espresso dai due rappresentanti, garantirebbe quella sicurezza chiesta a gran voce dai cittadini. Una politica di difesa, intesa anche come ‘rapporti di buon vicinato’, che significherebbe anche affrontare in maniera più concreta e immediata le questioni legate all’immigrazione grazie ad un sistema di gestione e di efficace politica di rimpatrio intensificando il dialogo con i Paesi Terzi.

    Non solo sicurezza però. Di vitale importanza è infatti il futuro dell’Europa e della sua stabilità garantita dall’adeguato uso dei Fondi strutturali, da ripensare anche dopo i programmi 2020, che devono essere sfruttati sempre più per investire in ricerca e cultura. I due ambiti, infatti, oltre a creare opportunità di lavoro per tanti giovani, garantiscono il miglior processo di integrazione. Non è un caso che il governo bulgaro proporrà a Bruxelles l’aumento del  numero dei partecipanti al progetto Erasmus+.

    Revisione della PAC e maggiore attenzione ai cambiamenti ambientali le altre due priorità. La prima va sicuramente rivista (e l’Italia da anni chiede delle migliorie!) e aggiornata anche con un alleggerimento delle pratiche di accesso, meno burocratiche e fruibili per tutti i cittadini. Strettamente connessa alla politica agricola è l’attenzione all’ambiente, anche in seguito ai cambiamenti climatici che non hanno risparmiato l’Europa negli ultimi anni, con adeguati progetti che possano garantire il mantenimento degli standard richiesti dalla Conferenza di Parigi e dai cittadini di tutta l’Unione.

    A margine dell’incontro, per sottolineare l’importanza di un’Europa che punta sempre più al rispetto dei diritti umani e della pace, è stata inaugurata la mostra fotografica sui 30 anni del Premio Sacharov intitolata ‘I difensori delle nostre libertà’, organizzata dal Parlamento europeo in collaborazione con l’agenzia fotografica Magnum. Visitabile fino al 23 febbraio (C.so Magenta, 59), l’esposizione è un viaggio a 360 gradi nella vita quotidiana di due uomini e due donne che si battono per i diritti umani in Cambogia, Tunisia, Etiopia e Bosnia-Erzegovina.

  • La Ue punta a sostituire i satelliti ai burocrati nella gestione della politica agricola comune

    La Commissione europea scommette sui satelliti per rendere più sostenibile l’agricoltura europea e tagliare la burocrazia della politica agricola comune. Le agenzie di pagamento nazionali già oggi usano alcuni dati del sistema di satelliti europei Copernico, ma l’Ue vuole accelerare. Il progetto pilota dell’Esa Sen4Cap, che vede l’Italia tra i paesi sperimentatori, vuole sfruttare il flusso di dati che arriva dai satelliti Copernico per realizzare un sistema automatico che sostituisca i controlli sul campo e riduca la burocrazie delle ‘domande Pac’ per gli agricoltori.

    I dati forniscono inoltre chance per aumentare l’efficienza e ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura. La Commissione europea stima che un’agricoltura digitalizzata, basata sull’integrazione di dati satellitari e sul terreno, possa portare guadagni in efficienza del 40% nella sola gestione dei concimi. «Siamo ancora in una fase iniziale di integrazione dei flussi di dati in applicazioni» utilizzabili dagli agricoltori, afferma il Cema, l’organizzazione di settore delle macchine agricole europee, perché molte aziende «ancora non vedono nel digitale un’opportunità per migliorare le loro pratiche agricole». «Tra qualche anno tutti gli agricoltori europei avranno uno smartphone – ha detto il dirigente della Commissione Tassos Haniotis – molti di questi dispositivi saranno fatti negli Usa o in Cina, ma i dati saranno europei e questo ci dà vantaggio tecnologico. Se non lo sfruttiamo ora lo perderemo per sempre».

Pulsante per tornare all'inizio