Parlamento Europeo

  • Il Parlamento europeo approva una risoluzione per sanzionare le azioni illegali della Turchia a Cipro

    Il Parlamento europeo ha approvato, con 631 voti a favore, 3 contrari e 59 astensioni, una risoluzione non vincolante a sostegno di Cipro che esorta i leader dell’UE ad “agire e ad imporre severe sanzioni in risposta alle azioni illegali della Turchia”.

    Lo scorso, 15 novembre, infatti, il presidente turco Recep Tayyip Ergodan ha visitato Varosha, un quartiere abbandonato nella parte meridionale della città cipriota di Famagosta divenuto una sorta di terra di nessuno, recintata e abbandonata dai tempi dell’invasione turca del 1974 e dalla successiva occupazione della parte settentrionale di Cipro.

    La mossa non è piaciuta affatto all’Ue e alla Nato che con Stati Uniti, Grecia e greci-ciprioti hanno condannato la proposta del presidente turco di riaprire parzialmente Varosha.

    Nella sua risoluzione il Parlamento ha esortato l’UE a imporre sanzioni alla Turchia in seguito alla visita di Erdogan nel nord di Cipro, non riconosciuto a livello internazionale e occupato dalla Turchia. Il Parlamento europeo ha anche definito “illegale” l’esplorazione del gas della Turchia nel Mediterraneo orientale, un’accusa che Ankara ha respinto con rabbia.

    Il Parlamento ha osservato che le relazioni UE-Turchia sono ai minimi storici, affermando che le azioni militari illegali e unilaterali di Erdogan nel Mediterraneo orientale stanno violando la sovranità dei due paesi membri dell’UE, Grecia e Cipro. Gli eurodeputati hanno sottolineato che il sostegno militare di Ankara all’alleato Azerbaigian contro il nemico storico turco, l’Armenia, nella recente guerra del Nagorno-Karabakh, così come il sostegno alle milizie islamiche radicali in Libia e Siria ha dato vita ad un approccio molto più aggressivo e belligerante da parte di Erdogan nel trattare con i suoi vicini europei e del Vicino Oriente.

    L’ultima risoluzione dovrebbe contribuire a rafforzare il sostegno alla spinta della Francia per le sanzioni dell’UE contro la Turchia, che sono state discusse per la prima volta ad ottobre, sui diritti del gas naturale nel Mediterraneo orientale.

  • Il Parlamento europeo chiede all’UE una risposta efficace contro le minacce terroristiche

    Approccio concreto e misure rafforzate contro le minacce terroristiche. E’ quanto ha chiesto all’UE la commissione per le libertà civili del Parlamento europeo sulla scia di numerosi attacchi in tutta Europa. La proposta è stata fatta in occasione dell’incontro tra il commissario per gli affari interni, Ylva Johansson, e Christian Klos, il ministero dell’Interno tedesco, il cui paese detiene attualmente la presidenza semestrale del Consiglio, alla luce dei recenti eventi terroristici a Parigi, Nizza e Vienna.

    Durante la sessione plenaria della scorsa settimana, i deputati hanno sottolineato la necessità di sviluppare ulteriormente la strategia antiterrorismo dell’UE, insieme ad ulteriori sforzi per promuovere le libertà fondamentali e l’integrazione. A tal fine, la commissione per le libertà civili sta preparando una risoluzione sulla strategia dell’Unione europea per la sicurezza, che rifletterà le priorità del Parlamento nei prossimi cinque anni.

    All’inizio di novembre il Partito popolare europeo (PPE) aveva chiesto un’azione legislativa per contrastare la propaganda estremista su Internet, sottolineando la necessità di rompere lo “stallo politico” sul regolamento sulla prevenzione della diffusione di contenuti terroristici online. La questione è stata ampiamente sviluppata dal commissario Johansson, che ha sottolineato l’importanza dello scambio di informazioni e della cooperazione di polizia, con i deputati che chiedono di rafforzare i controlli di sicurezza alle frontiere esterne dell’UE. Pur riconoscendo la necessità di uno scambio di informazioni, alcuni legislatori hanno espresso preoccupazione per l’ampia raccolta di dati personali e l’intercettazione delle comunicazioni, avvertendo che ciò potrebbe avere un impatto significativo sui diritti e sulle libertà fondamentali.

  • Il PE si prepara a votare l’accordo sulle indicazioni geografiche UE-Cina

    Il 6 novembre 2019 l’UE e la Cina hanno concluso i negoziati su un accordo autonomo in merito alla cooperazione sulla protezione delle indicazioni geografiche (IG) di prodotti, perlopiù agricoli. Il reciproco accordo UE-Cina mira a proteggere 100 IG dell’UE in Cina e 100 IG cinesi nell’UE contro l’imitazione e l’appropriazione indebita. Il 20 luglio 2020 il Consiglio UE ha approvato la firma dell’accordo e il Parlamento europeo deve ora dare il suo consenso alla conclusione del contratto. Una volta entrato in vigore, l’accordo potrebbe contribuire a promuovere le esportazioni dei prodotti alimentari di alta qualità dell’UE, compresi vini e alcolici, verso la terza destinazione più grande per le esportazioni agroalimentari dell’UE, cioè la Cina.

    L’accordo amplierebbe inoltre il riconoscimento globale del regime di protezione delle IG sui generis dell’UE, un obiettivo chiave della politica commerciale dell’UE.

  • La prossima sessione plenaria del Parlamento europeo si terrà a Bruxelles

    La sessione plenaria del Parlamento europeo, inizialmente prevista per la prossima settimana a Strasburgo, si svolgerà invece a Bruxelles, poiché il rischio per la salute è sempre più alto, come ha annunciato martedì il presidente del Parlamento, David Sassoli.

    “Abbiamo fatto di tutto per riprendere il normale corso delle nostre sessioni plenarie a Strasburgo”, ha detto Sassoli in una nota, poiché l’organismo ha deciso a luglio di riprendere le sessioni plenarie in Francia. “La recrudescenza della pandemia in molti Stati membri e le decisioni prese dalle autorità francesi di classificare l’intero dipartimento del Basso Reno come zona rossa, ci obbliga a riconsiderare il trasferimento a Strasburgo”, ha aggiunto Sassoli.

    Pur esprimendosi deluso per la decisione ha sottolineato che il trasferimento dell’amministrazione del Parlamento europeo avrebbe comportato la quarantena per tutto il personale al loro ritorno a Bruxelles. L’annuncio è stato fatto da Sassoli anche su Twitter.

    Durante il fine settimana, le autorità francesi hanno designato diversi dipartimenti, tra cui Lille, Strasburgo e Digione come zone rosse, il che significa che potrebbero essere imposte misure eccezionali.

     

  • Il premio Lux del Parlamento europeo sbarca su CHILI

    Negli ultimi tredici anni il Premio LUX ha contribuito alla promozione e valorizzare della ricchezza e diversità del cinema europeo attraverso la selezione di film prodotti o co-prodotti nell’Unione europea. Ogni anno il Parlamento europeo copre i costi dei sottotitoli in ventiquattro lingue per i tre film finalisti. Finanzia, inoltre, l’adattamento per il pubblico non vedente, ipo-vedente e non udente e il sostegno alla promozione internazionale del film vincitore.

    In seguito all’emergenza COVID19 e alla difficoltà di organizzare eventi dal vivo con il pubblico, l’ufficio del Parlamento europeo a Milano in collaborazione con l’unità LUX e con la piattaforma CHILI, offre la possibilità di accedere a quattromila visioni gratuite disponibili nella modalità di streaming on demand sulla pagina di chili.com.

    Quattro saranno i film selezionati per la collaborazione, tutti finalisti o vincitori delle passate edizioni del Premio LUX e, in particolare, sono: StyxLa donna elettricaDio è donna e il suo nome è Petrunija e 120 battiti al minuto.

    I beneficiari di questa opportunità saranno i giovani attivisti di insieme-per.eu (il network nato dalla campagna per le elezioni europee #stavoltavoto e che ora prosegue lo sforzo di coinvolgimento, partecipazione e informazione sull’Unione europea), gli studenti che hanno preso parte al programma EPAS (Scuole Ambasciatrici del Parlamento europeo) e cittadini italiani appassionati di cinema europeo.

    I film potranno essere visionati gratuitamente inserendo il codice digitale “LUXCHILI” fino al 31 luglio nella sezione promozioni di CHILI e fino ad esaurimento della promozione.

     

  • Bisogna dire pane al pane e vino al vino

    In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto

    interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.

    Bertrand Russell

    Erano tante le risoluzioni e gli emendamenti da discutere e poi votare durante la sessione della scorsa settimana (17 – 19 giugno 2020) del Parlamento europeo. La sera tardi del 18 giungo, per appello nominale, si è votato anche un emendamento del gruppo del Partito Popolare europeo sull’Albania. Il testo dell’emendamento era: “Il Parlamento europeo sottolinea le 15 condizioni poste dal Consiglio europeo (il 26 marzo 2020; n.d.a.) che l’Albania deve adempiere prima della convocazione della prima Conferenza intergovernativa con gli Stati membri”. Il risultato è stato: 388 voti a favore, 280 contro e 19 le astensioni. Un risultato ulteriormente rafforzato durante la votazione trasversale nella seduta del 19 giugno scorso, con 532 voti a favore, 70 voti conto e 63 astensioni. Hanno votato a favore, oltre ai deputati del gruppo del Partito Popolare europeo e quegli del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, anche molti deputati dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici europei e altri. L’emendamento rappresenta ormai una Raccomandazione del Parlamento europeo da essere presa in considerazione dal Consiglio europeo, dalla Commissione europea e dal vicepresidente della Commissione, che è anche l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza.

    Si tratta, con qualche modifica, di quelle 15 condizioni poste all’Albania, come paese candidato all’adesione nell’Unione europea, dai capi di Stato e di governo, durante il vertice del Consiglio europeo del 26 marzo scorso. Ma a differenza della decisione presa dal Consiglio europeo il 26 marzo, quanto sancito dalla Raccomandazione del Parlamento europeo del 19 giugno rappresenta anche una condizione sine qua non nel processo europeo dell’Albania. Perché se non si adempiono, tutte insieme, le 15 condizioni non si può arrivare neanche all’apertura della prima Conferenza intergovernativa tra l’Albania e gli Stati membri dell’Unione europea. Cosa che non era stata esplicitamente chiarita dalla sopracitata delibera del Consiglio europeo. Ma soprattutto, quella Raccomandazione del Parlamento europeo, con un evidente, vasto e trasversale supporto degli eurodeputati, rappresenta un significativo segnale per la Commissione europea e per l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Perché dal 2016 ad oggi le raccomandazioni della Commissione europea per il Consiglio europeo e/o per chi di dovere sono state sempre positive, affermando e garantendo i “continui progressi” dell’Albania. Ma soprattutto le raccomandazioni della Commissione europea, dal 2016 ad oggi, non hanno mai contenuto la ben che minima condizione per l’Albania! Un contrasto eclatante quello, non solo con la realtà vissuta quotidianamente in Albania, ma anche con le opinioni ufficialmente espresse dai singoli Stati membri. Opinioni che sono state in seguito tradotte in condizioni e che sono aumentate con il passare degli anni. Da cinque iniziali che erano nel 2016, sono diventate nove e poi, dal 2019 sono diventate quindici! Le stesse 15 condizioni che, con qualche modifica, sono quelle che ormai rappresentano le condizioni sine qua non della sopracitata Raccomandazione votata definitivamente il 19 giugno scorso dal Parlamento europeo. E che, tenendo presente quanto è accaduto in questi ultimi anni in sede europea, non solo con l’Albania, rappresenta un fatto più unico che raro. Il nostro lettore è stato sempre tenuto informato di tutto ciò. Anche con i tre articoli dell’aprile scorso, con i quagli l’autore di queste righe analizzava non solo le continue raccomandazioni “tutto rose e fiori” fatte dalla Commissione europea per l’Albania, in seguito agli “entusiasmanti successi e i continui progressi” raggiunti dal governo. Ma cercava anche di analizzare le decisioni del Consiglio europeo, compresa quella del 26 marzo scorso e, soprattutto, le conseguenze che potevano derivare da quella decisione.

    In Albania il primo ministro e la sua potente e ben funzionante propaganda cerca di ingannare l’opinione pubblica con quanto si decide nelle istituzioni europee per l’Albania. Il primo ministro presenta, ovviamente, come degli “enormi successi”, suoi personali e del suo governo, quanto viene sempre raccomandato dalla Commissione europea. Almeno dal 2016. E, allo stesso tempo, cerca di manipolare il contenuto delle decisioni del Consiglio europeo e di negare l’esistenza delle condizioni poste. Comprese anche quelle del 26 marzo. Lo ha fatto ultimamente, il 9 giugno scorso, durante la riunione del Consiglio nazionale per l’Integrazione europea. Ha parlato a lungo di “successi e di evidenti progressi”. Ma non ha detto neanche una sola parola per le condizioni poste dal Consiglio europeo! E tutto ciò proprio in quella sede, dove si stava parlando del percorso europeo dell’Albania. Purtroppo quelle condizioni non le ha menzionate, durante il suo intervento in quell’occasione, nemmeno il rappresentante della Delegazione europea a Tirana. Invece lui, con le parole che ha detto, ma anche con quelle che doveva dire e non le ha detto, ha sostenuto la “versione dei fatti” del primo ministro, come sempre e come anche i suoi predecessori. Negare tutto quello che non conviene è una delle parole d’ordine del primo ministro albanese. E senza batter ciglio e come se niente fosse, ha avuto la spudoratezza e la faccia tosta di negare l’esistenza di quelle “maledette” condizioni, anche dopo la schiacciante e trasversale votazione della settimana scorsa dal Parlamento europeo della Raccomandazione sull’Albania!

    Si tratta di condizioni che rispecchiano fedelmente la realtà, quotidianamente vissuta e sofferta dai cittadini albanesi. Condizioni che riguardano, tra l’altro, la mancata [e volutamente perduta] lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. Ma anche la mancanza delle indagini per tutti coloro che hanno condizionato, controllato e manipolato i risultati elettorali. Condizioni che riguardano la riforma fallita del sistema di giustizia, compreso anche il non funzionamento [voluto], da quasi tre anni, sia della Corte Costituzionale, che della Corte Suprema. Dando così la possibilità al primo ministro, che purtroppo controlla ormai quasi tutto, di operare indisturbato. Come un vero dittatore. E lo sta dimostrando ogni giorno che passa, fatti alla mano!

    Tenendo presente la drammatica situazione in Albania, come minimo, ormai è tempo di dire chiaramente la verità. Ormai è tempo di dire pane al pane e vino al vino! Ragion per cui quello diventa un obbligo istituzionale e morale, anche per i rappresentanti delle istituzioni europee, nel caso volessero assistere, aiutare e sostenere veramente il percorso europeo dell’Albania.

    Chi scrive queste righe cerca di capire cosa realmente ha convinto la maggior parte dei deputati a votare a favore della sopracitata Raccomandazione del Parlamento europeo. Egli è convinto però, che porre quelle 15 condizioni all’Albania come una barriera da superare in anticipo e in modo convincente, prima di ogni ulteriore passo nelle procedure per l’adesione dell’Albania all’Unione europea, è stata, finalmente, una cosa giusta, dovuta ed indispensabile. Chissà se, tra le tante altre ragioni, ci sia stato anche il barbaro e vigliacco abbattimento, notte tempo, dell’edificio del Teatro Nazionale a Tirana, il 17 maggio scorso?! Fatto che ha avuto una vasta e forte condanna non solo in Albania! E che, guarda caso, proprio oggi, 22 giugno, la Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo tratterà anche la realtà albanese e l’osceno abbattimento del Teatro. Teatro che rappresentava una parte integrante dell’eredità culturale europea, come hanno affermato le istituzioni internazionali specializzate! Forse è venuto il tempo di mettere, come cosa salutare, un punto interrogativo a tutto ciò che a lungo si era dato per scontato.

  • Dietro le quinte del Parlamento Europeo

    Gli Uffici in Italia del Parlamento Europeo in collaborazione con il gruppo di giovani attivisti e volontari, insieme-per.eu, organizzano la serie di incontri chiamati One Hour for Europe e invita tutti al webinar, primo di una serie, “Dietro le quinte del PE” che avrà luogo mercoledì 20 maggio alle ore 18.

    Il gruppo è presente in 13 Stati membri ed è stato creato con l’intento di diffondere i valori dell’UE attraverso eventi tematici organizzati durante l’anno per la cittadinanza, che hanno dato il nome al loro progetto. I volontari non si sono lasciati fermare neppure dalla pandemia e stanno organizzando un ciclo di incontri online con la collaborazione degli uffici italiani del PE.

    Ospite d’onore dell’evento sarà Stephen Clark, Direttore degli Uffici di collegamento della Direzione generale Comunicazione del Parlamento, che illustrerà la comunicazione del Parlamento europeo verso i cittadini e in particolar modo verso i giovani, soffermandosi sulle strategie messe in atto dalla DG Comunicazione e introducendo la campagna d’informazione #EuropeiControCOVID19.

    All’incontro parteciperanno alcuni rappresentanti di Banco Alimentare, la rete che ogni giorno e in tutta Italia raccoglie cibo per donarlo alle strutture caritative, per raccontare come viene affrontata l’emergenza e come possiamo tutte e tutti dare una mano.

    Interverranno tanti giovani europei per raccontare le loro storie, i loro successi e le difficoltà che stanno vivendo in questo momento, ci sarà tempo per fare domande e creare un dibattito sulle tematiche che saranno trattate durante il webinar.

    Chi ha voglia di partecipare può seguire il live sull’account Facebook di @PE_Italia. Fate passaparola!

  • Via libera del Parlamento europeo a risorse per 3,08 miliardi per la sanità

    Il 16 aprile il Parlamento europeo ha approvato un pacchetto di 3,08 miliardi di euro in aiuti Ue per sostenere i sistemi sanitari degli Stati membri nella lotta contro la pandemia di coronavirus. Le risorse permetteranno di fare più test e dare maggiore sostegno a medici e infermieri per curare i malati attraverso l’acquisto di forniture mediche urgenti come maschere e dispositivi respiratori, attrezzature per il trasporto di materiale sanitario e di pazienti nelle regioni transfrontaliere; consentiranno anche di finanziare il reclutamento di personale sanitario aggiuntivo da inviare nelle aree più colpite dal virus nonché la costruzione di ospedali da campo mobili.

    I 3,08 miliardi di euro contenuti nel pacchetto saranno veicolati principalmente attraverso lo strumento di sostegno alle emergenze (2,7 miliardi di euro) e rescEU (380 milioni di euro). Le risorse sbloccheranno anche fondi supplementari per finanziare i voli di rimpatrio (45 milioni di euro) nell’ambito del meccanismo di protezione civile dell’Ue, con lo scopo di riunire le famiglie bloccate nei Paesi terzi, mentre 3,6 milioni di euro andranno al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Sono previsti infine fondi aggiuntivi per aiutare la Grecia a far fronte alle crescenti pressioni migratorie (350 milioni di euro) e per sostenere la ricostruzione post-terremoto dell’Albania (100 milioni di euro).

  • Dal Parlamento europeo una risoluzione contro il traffico illecito di animali

    Secondo le stime verificate dal Parlamento europeo ogni mese sul territorio dell’Unione vengono scambiati, cioè cambiano proprietario, circa 46000 cani, di questi una gran parte non è registrata con le ovvie conseguenze sia per il benessere animale che per la salute e la sicurezza, inoltre vi sono troppi gravi illeciti, come abbiamo denunciato più volte sul Patto.

    Nelle scorse settimane il Parlamento, riunito in assemblea plenaria a Strasburgo, con ben 607 voti a favore, ha approvato una risoluzione che chiede un’iniziativa comunitaria contro il commercio illecito di animali anche per contrastare uno dei tanti affari della criminalità organizzata che sulla la vendita illegale di cani, gatti ed altri animaletti da compagnia, ha messo in moto un affare molto redditizio. I parlamentari europei chiedono un controllo più efficace attraverso un sistema obbligatorio e certificato dell’Unione per l’identificazione di cani e gatti, con sanzioni molto più severe per coloro che promuovono, attuano il commercio illegale che truffa coloro che acquistano animali non registrati esponendo i cuccioli spesso a morte certa in quanto le vaccinazioni non sono regolari ed il loro trasporto, quando sono troppi piccoli di età, procura malattie di vario genere. La risoluzione affronta anche il tema del randagismo, purtroppo presente in tutti i paesi dell’Unione e non sempre vi sono leggi, come invece in Italia, adeguate sul problema offrendo un rifugio agli animali abbandonati. Il Parlamento europeo invita ad adottare cani abbandonati riconoscendo nell’adozione anche una funzione sociale specie nei paesi nei quali i cani randagi sono soppressi dopo pochi giorni se nessuno li reclama come propri o gli adotta. Vi è inoltre la necessità di un quadro di insieme per individuare norme più corrette per gli allevamenti visto l’aumento delle cosiddette puppy farm, vere e proprie fabbriche di cuccioli, delle razze di moda, da immettere sul mercato anche se nati da genitori non sani o non compatibili. Gli europarlamentari chiedono che in tutta Europa siano rispettati uguali livelli di tutela degli animali a partire dal divieto di vendere i cuccioli prima del compimento dei due mesi così che abbiano potuto apprendere dalla madre i modi corretti di socializzazione ed abbiano un certificato di buona salute.

    La risoluzione, che tratta diversi punti, testimonia come sull’argomento vi sia una forte intesa tra parlamentari di nazioni e partiti diversi, ora si tratterà di trovare lo strumento legislativo più idoneo per tramutare in cogenti i punti proposti tenendo conto che, purtroppo, è sempre in espansione il mercato clandestino di animali come dimostrano, in Italia, i tanti interventi della Guardia di Finanza e tutt’ora i sistemi informatici sono uno dei più noti strumenti utilizzati per questo traffico che in gran parte arriva dall’est.

  • Cambia il numero e la distribuzione dei seggi al Parlamento europeo dopo la Brexit

    Dal 1° febbraio il Parlamento europeo ha 705 seggi, rispetto ai 751 (il massimo consentito dai trattati UE) precedenti al ritiro del Regno Unito dall’UE, il 31 gennaio 2020. Dei 73 seggi del Regno Unito, 27 sono stati ridistribuiti ad altri Paesi, mentre i restanti 46 sono posti in riserva per eventuali futuri allargamenti. I deputati entranti sono stati eletti alle Elezioni europee del maggio 2019.

    A seconda delle procedure nazionali, alcuni nomi sono già stati confermati, mentre altri sono ancora in attesa di notifica.

    La ridistribuzione dei seggi assicura che nessun paese dell’UE perda alcun deputato, mentre alcuni paesi guadagnano da uno a cinque seggi, per far fronte alla sotto-rappresentazione dovuta ai cambiamenti demografici. La nuova distribuzione tiene conto delle dimensioni della popolazione degli Stati membri e della necessità di un livello minimo di rappresentanza per quelli più piccoli.

    Il principio di “proporzionalità degressiva” significa che i paesi più piccoli hanno meno deputati rispetto ai paesi più grandi, ma anche che i deputati di un paese più grande rappresentano più elettori, rispetto ai loro omologhi dei paesi più piccoli.

    Il Parlamento continuerà a influenzare i negoziati UE-Regno Unito per le future relazioni, mentre la Brexit avrà un impatto anche sulla composizione delle commissioni e delle delegazioni interparlamentari.

     

Pulsante per tornare all'inizio