Parlamento Europeo

  • Elezioni europee 2019: siamo tutti protagonisti!

    C’è chi ha pensato si realizzare un ciclo di incontri a tema, chi ha messo su un gruppo di volontari per fare informazione nelle scuole, chi organizza aperitivi ‘culturali’ perché davanti a un buon bicchiere di vino saltano fuori tante verità, chi propone di far votare i fuorisede nella città in cui si è scelto di studiare o lavorare e chi pensa che a ritmo di sport si possa comunicare meglio. Sono alcune delle proposte fatte, per spronare quante più persone possibile a votare per le prossime Elezioni europee, da attivisti e volontari della piattaforma #stavoltavoto, che il Parlamento europeo ha realizzato in vista delle prossime elezioni europee, in un incontro svoltosi a Milano nell’inconsueto e informale scenario di Cascina Cuccagna.
    Quelle di maggio saranno elezioni ‘strane’ perché si svolgeranno in un contesto inaspettato: per la prima volta uno Stato Membro, la Gran Bretagna, non farà più parte dell’UE (chi l’avrebbe mai detto nel 2014?) e potrebbero aprirsi perciò nuovi scenari in tema di confini e circolazione di persone e merci, l’Europa, suo malgrado, si trova ad interloquire con la Russia di Putin, la Cina è diventata il competitor economico e politico con il quale confrontarsi e tanti movimenti populisti e sovranisti si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa. Per la prima volta, in materia di elezioni europee, non ci si confronterà più con la domanda ‘quanti andranno a votare?’ ma ‘cosa voteranno e soprattutto perché?’.
    Dalle ricerche presentate durante l’incontro milanese sembra che rispetto a cinque anni fa le idee sarebbero più chiare, ma non nell’accezione positiva del termine, purtroppo, e che in molti, di conseguenza, potrebbero affollare i seggi elettorali, grazie ad una campagna mediatica, perpetrata da alcuni politici, e non solo, fortemente denigratoria nei confronti dell’Europa e alla sempre più ridotta informazione in merito al reale svolgimento delle attività di Parlamento, Commissione e Consiglio. Le proiezioni appena diffuse dal Parlamento europeo sui futuri seggi da distribuire agli eletti (705) vedrebbero sì ancora un numero consistente di deputati che occuperebbero gli scranni destinati ai due gruppi principali (PPE e S&D) ma anche un numero più alto, rispetto alle elezioni europee del 2014, di rappresentanti dei gruppi di tendenza conservatrice (e non bisogna dimenticare che una parte consistente di seggi era occupata da deputati britannici che non siederanno più nel prossimo Parlamento).
    Cosa non ha funzionato se c’è tanto scetticismo tra i cittadini europei? Chi e perché non ha saputo comunicare i notevoli passi fatti in tema di pace, cooperazione, scambi commerciali, opportunità per studenti e lavoratori? Perché tutto si è ridotto ad un sbrigativo e immotivato ‘ce lo chiede l’Europa’ facendo crescere sempre più la sfiducia nei confronti delle Istituzioni di Bruxelles? Perché si parla sempre di burocrati, trasformando anni di conquiste e traguardi in meri e prolissi documenti redatti da fantomatici omini in giacca grigia e senza nome, quando la staticità di certe decisioni dipende dai capi di Stato e di governo dei paesi dell’Unione che al momento di discutere su decisioni concrete pensano prima al proprio Stato (o interessi?) e poi ad un bene comune? Ecco, forse tanti populismi e sovranismi forse non esisterebbero, o sarebbero la conseguenza di decisioni prese al meglio per il proprio Paese (e non avrebbero perciò le connotazioni negative che al momento hanno) se davvero ci fosse la dovuta comunicazione la comunicazione, partendo da tutti coloro che in quel progetto dei padri fondatori credono ancora oggi e si andasse oltre l’idea che l’Europa sia un luogo in cui redigere fredde scartoffie ricordando quanto, in 70 anni di pace, la nostra Europa sia stata capace di diventata più bella e più competitiva.

  • Environment and climate action need more EU funds, MEPs say

    New Europe Online/KG

    Following European Parliament’s adoption of its position on the EU’s long-term 2021-2027 budget, MEPs voted in favour on December 11 of doubling funding for the LIFE programme, the EU’s only funding instrument for climate change, environment and nature conservation, compared to the last 7-year period.
    Setting out their position on the scope and the priorities for investing in areas which are crucial for future growth, MEPs approved by 580 votes to 41 against, and 45 abstentions the proposal for the LIFE programme for 2021-2027 financing of environmental and climate objectives.
    MEPs propose to double funding for the LIFE programme compared to the last 7-year period. The total financial envelope foreseen is €6.44 billion in 2018 prices (€7.27 billion in current prices compared to the Commission’s proposal of €5.45 billion).
    The EU programme for the environment and climate action will contribute to mainstreaming climate action and to reaching an overall target of at least 25% of the EU’s budget expenditure supporting climate objectives over the 2021-2027 period, the European Parliament said in a press release.
    The European Parliament is now ready to start negotiations with EU member states, the press release read. MEPs want a swift agreement on MFF-related files before the European elections, in order to avoid any serious setbacks in launching the new programmes due to late adoption, as experienced in the past.
    Environmental organisations hailed the move. WWF noted that the European Parliament voted in favour of increasing the allocation for LIFE from 0.3% to 0.6% of the EU budget. This is higher than the European Commission’s proposal to increase the allocation to 0.4%. Parliament also voted to dedicate 45% of the fund to nature and biodiversity projects, 5% higher than the recommendation from the European Commission.
    “It’s commendable that the European Parliament has gone slightly above the European Commission’s recommendations, but even with the proposed increase, the LIFE budget remains minuscule. This clearly shows that policymakers continue ignoring the real value of our planet and the biodiversity it hosts, and fail to understand that funding nature conservation is not a cost, but an investment in our future,” said Andreas Baumueller, Head of Natural Resources, WWF European Policy Office.
    An increase to 1% would further enable the LIFE Programme to fulfil its aim to contribute to the implementation, updating and development of EU biodiversity, environment and climate policies, WWF said, adding that the environmental group urges the Environment Council to send a strong message in support of increasing LIFE funding at its meeting on December 20.

  • Achtung Binational Babies: Condanna dello Jugendamt da parte del Parlamento europeo

    Dopo anni di dolorose, impari lotte, abbiamo finalmente ottenuto un documento ufficiale del Parlamento Europeo che “ricorda alla Germania i suoi obblighi internazionali ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, compreso l’articolo 8” e riconosce che il sistema tedesco in materia di diritto di famiglia controllato dallo Jugendamt discrimina i genitori stranieri e lede, anziché proteggere, l’interesse superiore del minore.

    Per ottenere tale documento ci siamo impegnati in prima persona per oltre due legislature. Il nostro lavoro è stato sempre osteggiato dagli eurodeputati tedeschi di tutti i gruppi politici e purtroppo anche da molti eurodeputati italiani che hanno pedissequamente seguito le indicazioni del loro gruppo di appartenenza (per lo più a maggioranza tedesca) lavorando così contro gli interessi del loro Paese e dei loro concittadini. In quest’ultima legislatura abbiamo avuto il supporto dell’eurodeputata italiana della Commissione Petizioni e siamo riusciti ad avere su questo tema un Gruppo di Lavoro che ha stilato una serie di raccomandazioni[1], per arrivare poi alla Proposta di risoluzione[2], discussa in Plenaria il 15 novembre e votata da tutto il Parlamento europeo il 29 novembre 2018[3]. Oggi nessuno e soprattutto nessuna Autorità, né politico, né magistrato italiano potrà dire “non sapevo”, “non è vero”, “è un’invenzione dei germanofobi”.  Ma c’è di più, oltre a evidenziare le discriminazionidi cui sono vittime i genitori non-tedeschi in Germania e ad elencare una serie di raccomandazioni alla Germania (che come al solito quel paese disattenderà) il documento costringe anche le nostre autorità consolari e diplomatiche in genere a prendersi carico dei propri connazionali che denunciano discriminazioni gravi, quali il ritiro senza motivo fondato dell’affido e della potestà sui figli.

    Inoltre “ricorda agli Stati membri l’importanza di attuare sistematicamente le disposizioni della convenzione di Vienna del 1963 e di assicurarsi che le ambasciate e le rappresentanze consolari siano informate fin dalle prime fasi di tutti i procedimenti di presa in carico dei minori riguardanti i loro cittadini e abbiano pieno accesso ai relativi documenti; sottolinea l’importanza di una cooperazione consolare affidabile in questo settore e suggerisce che alle autorità consolari sia consentito di partecipare a tutte le fasi del procedimento”. Non ci saranno dunque più scuse, il Console competente può d’ora in poi chiedere di visionare gli atti relativi al concittadino che ha chiesto il suo aiuto (il nostro consiglio: dovrà ricordarsi di chiedere anche del fascicolo, di solito segreto, tenuto dallo Jugendamt!) e quando verrà richiesta la sua presenza durante le udienze, potrà e dovrà esserci!

    Anche giudici ed avvocati italiani dovranno leggere attentamente questo documento prima di autorizzare un genitore a trasferirsi dall’Italia in Germania (il rischio di perdere il genitore che resta in Italia è pari al 99%) e, nel caso in cui emettano una sentenza che andrà riconosciuta in Germania, devono sapere che i bambini, anche se di soli 3 anni, vanno ascoltati, pena il non-riconoscimento della stessa da parte dei tribunali tedeschi. Ciò che sosteniamo da anni è ora finalmente scritto nel testo del Parlamento che “esprime preoccupazione per il fatto che, nelle controversie familiari che hanno implicazioni transfrontaliere” le autorità tedesche possono “rifiutare sistematicamente di riconoscere le decisioni giudiziarie adottate in altri Stati membri nei casi in cui i minori che non hanno ancora tre anni non siano stati ascoltati”.

    In particolare i giudici dei Tribunali per i Minorenni competenti per i procedimenti in Convenzione Aja (e l’Autorità centrale del Ministero) non dovrebbero più limitarsi ad effettuare rimpatri (o a lasciare il bambino all’estero) solo sulla base del principio che il bambino abitava all’estero (o non è nato in Italia) perché il concetto di residenza abituale non è univoco, come (finalmente) ci ricorda il documento del Parlamento europeo che “sottolinea, conformemente alla giurisprudenza della CGUE, la nozione autonoma di “residenza abituale” del minore nella legislazione dell’UE e la pluralità dei criteri che le giurisdizioni nazionali devono utilizzare per determinare la residenza abituale.

    Questa risoluzione ci aiuta infine nel grande lavoro di informazione fatto da anni, confermando quanto già avevamo instancabilmente spiegato perché “sottolinea il diritto dei cittadini di rifiutare di accettare documenti non scritti o tradotti in una lingua che comprendono, come previsto all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1393/2007 relativo alla notificazione e comunicazione di atti; invita la Commissione a valutare attentamente l’attuazione in Germania delle disposizioni di tale regolamento al fine di affrontare adeguatamente tutte le possibili violazioni”. E’ dunque ufficiale, basta lettere di minaccia in tedesco inviate dallo Jugendamt! Rispediremo al mittente, come previsto dal citato regolamento, ogni comunicazione che non sia redatta in Italiano.

    La battaglia contro questo sistema che si appropria dei bambini e delle vite altrui non è finita, questa è però una battaglia vinta. Ce ne saranno altre e ci vedranno sempre in prima linea.

    [1]

    [2]

    [3]

  • Mandato popolare e prospettive del Parlamento europeo, confronto tra eurodeputati all’Istituto europeo di Fiesole

    A quarant’anni dall’introduzione del voto popolare per eleggerne i componenti, il Parlamento europeo rivendica ancora, è la priorità indicata dal suo presidente Antonio Tajani al convegno con accademici ed eurodeputati ospitato all’Istituto europeo di Fiesole per celebrare l’anniversario, un potere di iniziativa legislativa diretta di cui è privo, diversamente da tutti i Parlamenti nazionali eletti dai cittadini.

    Cristiana Muscardini, medaglia d’oro al merito europeo ed europarlamentare italiana per 5 legislature, ha sottolineato come a distanza di 40 anni dalle elezioni dirette sia ancora troppo «il divario tra il potere decisionale del Parlamento e quello del Consiglio europeo», sottolineando che «la crisi che la società nel suo complesso e l’Europa stanno attraversando dovrebbe portare nell’immediato alla convocazione di una nuova convenzione europea per dare finalmente avvio all’Europa politica, all’armonizzazione del sistema tributario e doganale, all’esercito comune ed alla polizia comune non solo per contrastare terrorismo e criminalità organizzata».

    Partendo dalla contrapposizione tra «quelli che sostengono la riappropriazione delle prerogative nazionali e quelli che sostengono il confronto per superare gli egoismi nazionali», l’ex presidente del Parlamento europeo Enrique Baron Crespo osserva che «sì, è vero, l’Europa è in difficoltà, ma la maggioranza dell’Europa e non solo del Parlamento europeo è a favore di una maggior integrazione, mi auguro che la quadriga Germania-Francia, Italia e Spagna nell’Eurogruppo non cavalchi in direzione opposta». Ridimensiona le profezie di un’ondata euroscettica alle prossime elezioni europee del 26 maggio 2019 anche Monica Frassoni, copresidente del gruppo dei Verdi nell’assemblea continentale: «Fasciarsi la testa è prematuro e se passiamo in rassegna i Paesi dell’Unione vediamo che la situazione non è così tragica, molto dipenderà dal Ppe e dal fatto che rimanga la forza più importante del Parlamento europeo: se si aggrega con le forze euroscettiche, che sicuramente sono in crescita, i rischi si accentuano e proprio per questo la prossima campagna elettorale deve servire a rivendicare quanto si può fare ancora».

    Che gli eurodeputati, dopo il braccio di ferro con la Commissione europea per quanto riguarda il bilancio dell’Unione, siano appagati e possano rilassarsi sugli allori, come osservato da Alfredo De Feo (professore a Parma e funzionario a Strasburgo) è una preoccupazione che ha echeggiato ampiamente nella 2 giorni di dibattito. «Dal 1979 ad oggi il Parlamento europeo ha acquisito maggiori poteri, ma spesso non fa valere le sue prerogative» osserva l’eurodeputata Monica Baldi, «mi auguro quindi che le prossime elezioni vedano elette persone che conoscono regole e istituzioni europee, perché modifiche si possono apportare alle une e alle altre ma per farlo occorre prima conoscere ciò che si tiene. E a questo proposito è fondamentale la connessione tra i candidati e i territori, che in Italia però si perde in parte a causa dell’eccessiva ampiezza delle circoscrizioni elettorali».

    Ministro in Francia ed eurodeputato transalpino, Alain Lamassoure indica nello spinoso tema del bilancio comunitario una delle priorità che la prossima assemblea continentale dovrà affrontare (la creazione di una dotazione con cui la Ue possa intervenire a favore dei Paesi maggiormente in difficoltà, così da mantenere un equilibrio complessivo tra le varie aree dell’Unione è già oggetto di discussione, tutt’altro che agevole, tra i governi dei Paesi della Ue), l’irlandese Patrick Cox (presidente della Fondazione Jean Monnet, alla quale potrebbe aderire anche Angela Merkel una volta cessati gli impegni governativi a Berlino), già presidente del Paralamento europeo, ribadisce in parallelo, sul piano più prettamente istituzionale, la necessità che la Ue si dia un assetto federale, lo spagnolo Inigo Mendez de Vigo, ex ministro dell’Istruzione, Cultura e Sport del governo spagnolo, inquadra l’evoluzione che l’Europa si deve dare, nel senso di una closer union, nella cornice delle regole che ha già saputo darsi finora, con i trattati ratificati dai singoli Paesi aderenti.

    Condivisa da tutti l’idea che il Parlamento europeo sia il perno della democrazia della Ue, il sistema dello Spitzenkandidate, la designazione del presidente della Commissione europea da parte dei partiti che corrono alle elezioni continentali (da ratificare poi da parte degli Stati della Ue) appare un meccanismo perfettibile ai fautori più tenaci della partecipazione popolare e il miglior risultato possibile allo stato dell’arte a chi inclina per una visione realistica e attenta anzitutto ai rapporti di forza.

  • Launch of new EP website: What Europe does for me

    Dear colleagues,
    Citizens often ask themselves ‘What does Europe do for me’? Today, I launched a ground-breaking, new multi-lingual, interactive website to help us all to answer that question. It offers hundreds of easy-to-read, one-page notes, giving examples of the positive difference that the EU makes to people’s lives. Each user can easily find specific information about what Europe does for their region, their profession or their favourite pastime.

    The notes are available to read, share or reuse. They exist both as online pages and as PDF files.

    You can access the new website – called what-europe-does-for-me.eu – on your computer or mobile device at any time, inside or outside the EP’s premises.

    ‘In my region’ – 1400 notes on EU regions and cities
    How is Europe present in our towns, cities and regions? How has the EU provided support in any particular area? This section of the website covers over 1400 towns, cities and regions throughout all parts of the European Union.

    Each note provides a brief snapshot of some of the many EU projects and actions in places where people live, work or spend their free time. Users can select an area on an interactive map and look at what Europe does in that specific locality. And there are useful links to further sources of information.

    ‘In my life’ – 400 notes on citizens and social groups
    How does Europe affect citizens’ everyday lives? How does it impact our jobs, our families, our healthcare, our hobbies, our travel, our security, our consumer choices and our social rights?

    This section of the website provides practical examples of the role which the EU plays in different areas of citizens’ lives. There are useful links to further sources of information and you can also listen to a series of podcasts in a growing number of languages on these themes.

    EU policies ‘In focus’
    A third section of the website will present a series of 24 longer briefing papers exploring some of the EU policy achievements in the current parliamentary term and the outlook for the future, with a specific focus on public opinion and citizens’ concerns and expectations of EU action. Altogether, the ‘What Europe does for me’ website looks at the EU from the perspective of the individual citizen. It is designed to help him or her find out more about things which may be interesting or important about the EU in one’s daily life.

    This website came into being thanks to the hard work of several European Parliament teams and I am particularly grateful to the outstanding effort of our colleagues in the following DGs:

    EPRS, Translation and Communication.

    What Europe does for me is a living project that will be updated regularly and I am confident that it will be an important tool in helping to bring Europe closer to its citizens.

    With kind regards,
    Antonio Tajani
    President of the European Parliament

  • Bono calls on artists to celebrate ‘romance’ of Europe

    U2 singer says supportive voices needed at time when ‘people are questioning Europe’.

    Bono has called on artists to celebrate the “romance” of Europe at a time when the value of the EU has come under question.

    Visiting the European Parliament in Brussels, the U2 singer hailed the European institutions as both a “brain that is strategically working to improve the lives of Europeans, so we do largely live better lives than anyone else in the world”, and a “loudly beating heart”. “I’m not sure it is heard by enough people, and I want to be a part of that romantic idea that is Europe,” he added.

    The Irish rock star and anti-poverty campaigner did not mention Brexit in his comments alongside the parliament’s president, Antonio Tajani, but said that pro-European voices were needed at a time when “people are questioning Europe”. “As an artist I think I probably have a role to play in romancing the idea of Europe and seeing it as something warm-blooded,” said Bono. “Europe is a thought that needs to become a feeling, and I am, as an artist, in service of that.”

    If you think  about how Hollywood perpetuated the idea of the American dream, when you think about artists involved in the project that is Europe, it’s not that many.

    Describing himself as “European as well as Irish”, Bono suggested that Europe had lost out from the lack of the kind of positive artistic treatment given to the United States in movies and songs. “If you think about the mythology of America and you think about Hollywood and how Hollywood perpetuated the idea of the American dream… when you think about artists involved in the project that is Europe, it’s not that many,” he said. “I think we need more as people are questioning Europe.”

    Tajani thanked the singer for his engagement in the European project, adding: “If we want to protect our citizens we need the European umbrella. It’s impossible to compete during globalisation as Italy, as France, as Ireland, as Germany, with China, Russia, India or the USA. We need to be united all together as friends with a common history, a common identity and common values – first of all, freedom.”

    Bono was in Brussels for talks about improving the partnership between Europe and Africa, which he characterised as “an incredible opportunity”. “While America is on its holidays from big ideas, we should sit across the table with our African partners as equals and take over the world,” he said. – PA

     

  • FROM WEST TO EAST, nuovo appuntamento del Parlamento europeo a Milano per incontrare i sostenitori, e non solo, della campagna #stavoltavoto

    Il Parlamento Europeo ha realizzato una piattaforma online dove si sta sviluppando una campagna, Ground Game, con moltissime adesioni: si tratta di un’opportunità in più di partecipazione al processo democratico in vista delle elezioni europee del 26 maggio 2019. Partecipare alla campagna è facile, basta cliccare il link https://www.stavoltavoto.eu/it?recruiter_id=14441, una volta iscritti si riceve un link personale che si può condividere con altri amici sui social media. I sostenitori più attivi saranno coinvolti successivamente, sulla base della loro disponibilità.

    Per valutare insieme l’avvio di questa prima sarà organizzato un evento streaming con gli amici degli Europe Direct del Nord Itali che operano come sportelli aperti alla cittadinanza in moltissime realtà. L’appuntamento è per martedì 16 ottobre dalle 10.30 alle12.30 con FROM WEST TO EAST e l’Ufficio di Milano del Parlamento europeo trasmetterà dalla sede di AVANZI , in via Ampère a Milano. Ci saranno testimonial già coinvolti e, in particolare, alcuni dei Ground Gamers che hanno invitato un buon numero di persone sulla piattaforma #STAVOLTAVOTO. Chi vuole può partecipare registrandosi, entro il 12 ottobre, all’indirizzo EPmilano@europarl.europa.eu, chi non potrà avrà l’opportunità di seguire la diretta streaming sul sito: https://www.facebook.com/parlamento.europeo.italia/ a partire dalle ore 10.30.

  • La giornata del multilinguismo al Parlamento europeo

    Il 29 settembre il Parlamento europeo celebrerà la giornata del multilinguismo. In preparazione di questo avvenimento sono stati diffusi, via mail, molti inviti, ai quali è annesso un pacchetto promozionale per la celebrazione della giornata. Il multilinguismo è una preziosa realtà che consente ai 751 deputati di 28 Stati membri di parlare nella propria lingua e di essere capiti dai colleghi che si esprimono nelle altre 23 lingue dell’Unione europea. Sono infatti 24 le lingue ufficiali. Il che vuol dire che oltre agli interventi nelle 24  lingue degli oratori, anche i documenti ufficiali della seduta sono tradotti in tutte le 24 lingue ufficiali. La traduzione è diventato uno strumento assolutamente indispensabile per il funzionamento dell’istituzione che è eletta a suffragio universale dai cittadini dei 28 Stati membri (che si ridurranno a 27 quando il Regno Unito abbandonerà l’UE). Parlare la propria lingua significa anche esprimere la propria cultura, i valori che la sottendono, la storia di cui è stata l’espressione. Significa in altri termini rappresentare il modo di essere della popolazione e della nazione di cui si è rappresentanti e testimoniare le differenze che, come in questo caso delle comunità europee, uniscono anziché dividere. Ciò detto, viene spontaneo chiederci, con legittima curiosità, perché il pacchetto promozionale per la celebrazione della giornata del multilinguismo è presentato in sole 4 lingue e perché fra queste quattro non figura l’Italiano. Forse perché la lingua italiana è considerata meno importante di quella olandese? Quali sono le ragioni che hanno privilegiato la scelta dell’olandese rispetto all’italiano? Sono ragioni tecniche? Quali, di grazia? Sono ragioni funzionali? Rispetto a che cosa? Sono altre ragioni ancora? La nostra non è solo legittima curiosità. Vuole essere la verifica che in questa modestissima vicenda non c’entra la discriminazione. Non sarebbe la prima volta che l’Italia viene discriminata in scelte che apparentemente non sembrano importanti. Dalle lingue di lavoro è stata esclusa qualche anno fa, ad esempio. La discriminazione è importante in sé, per tutto il peso negativo che rappresenta. La vicenda odierna sembra paradossale, anche per il fatto che il presidente del Parlamento europeo in carica è un italiano. Presidente Tajani, ce la dà una spiegazione sulla scelta dell’olandese rispetto all’italiano? Gliene saremo grati.

  • Il Parlamento europeo propone di vietare in tutto il mondo i test cosmetici sugli animali entro il 2023

    Con una risoluzione non vincolante adottata con 620 voti favorevoli, 14 contrari e 18 astensioni, i deputati europei chiedono all’Unione europea di lanciare una campagna diplomatica per un divieto mondiale di testare i cosmetici sugli animali entro il 2023. La sperimentazione animale per i cosmetici è già stata vietata nell’UE e ora i deputati chiedono che il divieto venga esteso al resto del mondo.

    Il 16 novembre si terrà una conferenza presso le Nazioni Unite a Ginevra, organizzata da OIPA, LSCV (Lega svizzera contro la sperimentazione animale e protezione degli animali) e ATRA (Associazione svizzera per l’abolizione della vivisezione) dal titolo “Test sugli animali vietati per i cosmetici: dibattito su una risoluzione del PE “. Durante questo incontro verranno discusse molte questioni, tra cui la situazione attuale per i test sugli animali e la ricerca di strategie per porre fine alla sperimentazione animale sui cosmetici a livello globale. La protezione e il benessere degli animali  possono essere raggiunti anche attraverso la diplomazia.

    Il 3 maggio il Parlamento europeo ha invitato l’UE a sostenere un divieto globale “sulla sperimentazione animale per cosmetici e sul commercio internazionale di ingredienti e prodotti cosmetici testati sugli animali” e ha invitato i leader dell’UE a “utilizzare le loro reti diplomatiche per costruire una coalizione e lanciare una convenzione internazionale nell’ambito delle Nazioni Unite”al fine di vietare tutti i test sugli animali per i cosmetici prima del 2023.

    Tuttavia, questa operazione a livello mondiale risulta non essere così facile: circa l’80% dei paesi in tutto il mondo consente ancora la sperimentazione animale e la commercializzazione di cosmetici testati su animali, compresi grandi produttori come la Cina. Anche l’Europa non può essere considerata un luogo sicuro per i topi da laboratorio. Ecco perché l’iniziativa mira anche a migliorare l’efficacia del divieto all’interno dell’UE. I deputati sottolineano infatti che esistono lacune nel sistema dell’UE, dal momento che alcuni prodotti cosmetici sono testati su animali al di fuori dell’UE prima di essere sottoposti a nuovi test nell’UE con metodi alternativi e immessi sul mercato dell’UE. Sottolineano inoltre un altro serio problema: la maggior parte degli ingredienti in prodotti cosmetici sono utilizzati anche in molti altri prodotti, come prodotti farmaceutici, detergenti o alimenti, e possono quindi essere stati testati su animali in base a leggi diverse.

    I dati raccolti dall’entrata in vigore del divieto dell’UE nel 2013 dimostrano che tale divieto non ha impedito all’industria cosmetica dell’UE di prosperare e di fornire circa due milioni di posti di lavoro, e di essere il più grande mercato del mondo in questo settore. In breve, i deputati dicono che, guardando le cifre, questi prodotti possono rimanere sicuri per la nostra salute senza causare cali di produzione e preservare il benessere degli animali. Inoltre, è stato dimostrato che gli europei si preoccupano profondamente del benessere degli animali. Secondo l’indagine speciale Eurobarometro del marzo 2016 sull’atteggiamento degli europei nei confronti del benessere degli animali, l’89% dei cittadini dell’UE concorda sul fatto che l’UE dovrebbe fare di più per promuovere una maggiore consapevolezza sull’importanza del benessere degli animali a livello internazionale e che è necessario istituire standard di benessere riconosciuti in tutto il mondo.

    Il 16 novembre 2018 l’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra ospiterà una conferenza organizzata da OIPA, LSCV e ATRA che riunirà esperti del settore. Questo incontro mira a promuovere strategie pratiche per un divieto mondiale di sperimentazione animale in vista della futura convenzione che le Nazioni Unite, si spera, propongano per la sottoscrizione anche agli stati non-UE.

  • European Parliament adopts Copyright Directive for the digital age

    An intense day at the European Parliament wrapped up on September 12 after the MEPs entered a lengthy voting session to decide on a Copyright Directive that would modernise intellectual property rights and bring them in line with the digital revolution by encouraging platforms like YouTube, owned by Google, to better reward content creators.

    The new regulations, however, remain controversial as opponents fear that the plans could destroy user-generated content. The bill’s supporters, however, claim the reforms are necessary to fairly compensate artists.

    Article 13 puts the onus on web giants to take measures to ensure that agreements with rights holders for the use of their work are working. This would require all internet platforms to filter content put online by users, which some say would be an excessive restriction on free speech.

    The new copyright law also requires online platforms to pay news organisations for the use of their content in what is being dubbed a “link tax”. Web giants will also now have to take measures to ensure that agreements with rights holders for the use of their work are working.

    In the case of the latter, critics charge that would require all internet platforms to filter content put online by users, which many believe would be an excessive restriction on free speech.

    The bill’s sponsor, Alex Voss of the European People’s Party, said the directive would not lead to any form of online censorship but instead strikes a balance between individual creators and larger online platforms that take advantage of their accounts.

    The proposal was approved with 438 votes in favour and 226 against, with 39 abstentions. This vote took place after the adoption of several amendments that were more favourable to major Web companies and advocates of digital freedom.

    The European Commission welcomed the adoption of the Parliament’s negotiating position, with the Vice-President for the Digital Single Market Andrus Ansip and the Commissioner for Digital Economy and Society Mariya Gabriel saying that discussions can now start on a legislative proposal that would boost the standing of the Digital Single Market strategy.

    Our aim for this reform is to bring tangible benefits for EU citizens, researchers, educators, writers, artists, press, and cultural heritage institutions and to open up the potential for more creativity and content by clarifying the rules and making them fit for the digital world,” Ansip and Gabriel said in a joint statements. “At the same time, we aim to safeguard free speech and ensure that online platforms – including 7,000 European online platforms – can develop new and innovative offers and business models.”

    The two Commissioners reiterated that the EU executive stands ready to start working with the European Parliament and the Council of the EU  for the swift adoption of the directive, “ideally by the end of 2018”.

     

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