Pittura

  • Per la prima volta in mostra in Italia l’arte di Georges de La Tour

    E’ arrivata a Milano lo scorso 7 febbraio, e per la prima volta in Italia, la mostra Georges de La Tour: l’Europa della luce, a Palazzo Reale fino al 7 giugno 2020. Dedicata al più celebre pittore francese del Seicento e ai suoi rapporti con i grandi maestri del suo tempo, la mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira ed è a cura della Prof.ssa Francesca Cappelletti e di Thomas Clement Salomon. Un progetto che si presenta particolarmente complesso per diversi aspetti, tra i quali il numero di prestatori (28 da tre continenti) che ha coinvolto alcune delle più grandi istituzioni internazionali come la National Gallery of Art di Washington D.C., il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Musée des Beaux-Arts di Nantes e alcuni importanti musei italiani come la Galleria degli Uffizi, la Pinacoteca Vaticana, la Galleria nazionale d’Arte Antica-Palazzo Barberini.

    Quella di de La Tour è una pittura caratterizzata da un profondo contrasto tra i temi “diurni”, crudamente realistici, che ci mostrano un’esistenza senza filtri, con volti segnati dalla povertà e dall’inesorabile trascorrere del tempo e i temi “notturni” con splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi. Dipinti che conservano il segreto della loro origine e della loro destinazione. Come rimane un mistero la formazione del pittore, compresa la possibilità o meno di un suo viaggio italiano.

    La prima mostra in Italia dedicata a Georges de La Tour, attraverso dei mirati confronti tra i capolavori del Maestro francese e quelli di altri grandi del suo tempo – Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot e altri – invita a fare una nuova riflessione sulla pittura dal naturale e sulle sperimentazioni luministiche, per affrontare i profondi interrogativi che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista.

    Malgrado l’alone di mistero che avvolge l’artista lorenese e la sua opera, da decenni ormai Georges de La Tour è uno dei pittori prediletti dai francesi e non solo. Inevitabile il paragone con Caravaggio con il quale l’artista francese condivide il senso drammatico, teatrale, della composizione e lo studio accurato della luce anche se non è dato sapere se de la Tour abbia mai avuto modo di ammirare le opere del Merisi.

    Tra i capolavori in mostra a Milano Maddalena penitente, La rissa tra musici mendicanti, Il Suonatore di ghironda col cane, Il denaro versato, I giocatori di dadi, La negazione di Pietro, Giovane che soffia su un tizzone, Educazione della Vergine.

    Della vita di de La Tour non si sa molto (i quadri che risultano datati sono infatti solo tre: Il denaro versato di Leopoli, forse 1625- 1627, La negazione di Pietro di Nantes,1650, entrambi in mostra e San Pietro e il gallo di Cleveland, 1645), fu un pittore molto stimato ai suoi tempi però le sue tracce, e quelle della sua opera, si persero durante tutto il XVIII e XIX secolo anche a causa delle guerre per l’indipendenza che sconvolsero la sua terra natale. Fu riscoperto solo gli inizi del Novecento quando, nel 1915, il tedesco Hermann Voss pubblicò un articolo rivelatore sulla sua opera. Da allora storici dell’arte e critici non hanno più smesso di interessarsi alla sua opera. Artista enigmatico, che ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici, e che predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in generale gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati ricorda tanto i soggetti dei capolavori di Caravaggio.

    Il percorso della mostra milanese è arricchito da una ventina di splendide opere di artisti coevi come Paulus Bor, Jan Lievens, Throphime Bigot, Frans Hals con due magnifici ritratti di apostoli, Jan van Bijlert, Gerrit Van Honthorst conosciuto in Italia come Gherardo delle Notti con la splendida Cena con sponsali dagli Uffizi, Adam de Coster, Carlo Saraceni con una bellissima Natività da Salisburgo.

    Un’esposizione unica e imperdibile considerato che in Italia non vi è conservata nessuna opera di La Tour e sono solo circa 40 le opere certamente attribuite al Maestro, di cui in mostra ne sono esposte 15 più una attribuita.

  • ‘Raffaello Pugnalato’, il racconto di Marco Carminati sulla vita movimentata dei capolavori del Sanzio

    “Molti dei capolavori di Raffaello sono in realtà ‘miracolosamente’ sopravvissuti sino a noi, hanno conosciuto danni e traversie di ogni tipo, viaggi rocamboleschi, calamità naturali, furti, guerre e anche errori di lettura e interpretazione”. E’ quanto si legge nel libro Raffaello Pugnalato di Marco Carminati, giornalista di Domenica del Sole 24 ORE, che, in occasione dei cinquecento anni dalla morte di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, racconta la storia e la vita movimentata di alcuni dei capolavori di Raffaello Sanzio attraverso una lettura tutta nuova delle sue opere. Aneddoti curiosi, vicende inaspettate si snodano attraverso una narrazione avvincente che mette in luce aspetti inesplorati della vita di questo grande artista. Carminati, con la sua pubblicazione fresca di stampa (Edizioni Il Sole 24 Ore), vuole mettere in guardia sulla grande fragilità e vulnerabilità delle opere d’arte e, al tempo stesso, far conoscere Raffaello, anche attraverso il sorriso. E così ecco i racconti sullo “Sposalizio della Vergine”, pugnalato da uno squilibrato a Brera, sul “San Giorgio” che ha fatto il giro del mondo, sulla martoriata “Madonna del Cardellino” e la sfortunatissima “Madonna Sistina”, fino al racconto degli equivoci di cui è intrisa la figura della protagonista del quadro “La Fornarina”. Gusto dell’aneddotico e della leggenda sicuramente, ma quanto è accaduto a questi capolavori è assolutamente vero e documentato.

  • Hashtag #Umanità – illustrazioni per riflettere. La mostra di Marcia Zegarra a Milano

    Illustrazioni che aiutano a riflettere su uomini, donne e bambini, persone dimenticate, dalle storie e dalle esistenze difficili, quelle che un tempo ci hanno insegnato a chiamare ‘il prossimo’ e alle quali rivolgere aiuto con l’umanità che la modernità e il consumismo spietato ci stanno facendo dimenticare. A questo mondo è dedicata la mostra personale Hashtag#Umanità di Marcia Zegarra Urquizo, alla Fabbrica del Vapore, in Via Procaccini 4 a Milano, dal 21 al 29 maggio 2019, dalle 10.00 alle 20.00, aperta al pubblico gratuitamente.

    Marcia Zegarra è una pittrice, scultrice ed illustratrice peruviana che sin dagli esordi si è dedicata all’analisi dell’essere umano. Le sue illustrazioni hanno l’obiettivo di promuovere l’integrazione nella società, con una attenzione particolare alle donne, alla famiglia e ai bambini, come la serie di immagini intitolata “Figli di Dio”, storie di immigrati, che sono state esposte a Milano, Salerno, Udine, Torino.

    La sua passione nasce da bambina, quando collezionava bamboline di carta, “las maricas”, ne aveva addirittura create 50 con le quali giocava e in ciascuna di loro vedeva un personalità diversa che è stata fonte, crescendo, dell’ispirazione dei suoi soggetti. Quando le persone si incontrano, scambiano parole, sguardi, valori, sentimenti, ammirazione e conoscenza. “Siamo come scatole piene di sorprese – ama dire Marcia Zegarra – abbiamo bisogno di aprirci, abbiamo bisogno di vivere e convivere insieme, per capirci, per conoscerci”.

    Nel 2012 presenta la sua prima mostra di illustrazioni, aveva tante aspettative, le sembrava quasi che le storie cercassero lei che era a caccia di storie. Le sembrava tutto nuovo, i volti, il colore della pelle, gli accenti delle voci, gli sguardi, i gesti, ogni dettaglio era per lei, che aveva capito all’Università che il suo destino era quello di diventare un’artista, un vero tesoro e doveva perciò plasmare ogni colore di quelle storie che erano vita allo stato puro.

    Nel 2017 Zegarra ha ricevuto il premio “Integrazione-Migrazione” durante la seconda edizione dell’Associazione Unione Sociale Donne Latinoamericane in Italia. Nel 2016 invece ha ricevuto il Premio “Donne che ce l’hanno Fatta” dagli Stati Generali delle Donne, durante il Congresso Mondiale delle Donne Latinoamericane, svoltosi al Pirellone di Milano.

    Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private in Perù, Francia, Cina, Germania, Svizzera e Italia.

    Per l’inaugurazione della mostra milanese è prevista una performance della Compagnia Danza Nuda, diretta da Francesca Di Leso.

  • Il mare e il cielo di Piero Guccione in mostra a Mendrisio

    Il Museo d’arte di Mendrisio inaugura la stagione primaverile con la prima retrospettiva post mortem dedicata al grande maestro siciliano Piero Guccione. Dal 7 aprile al 30 giugno sarà possibile visionare, attraverso l’esposizione di 56 capolavori, tra oli e pastelli,  il viaggio attorno al mare di Guccione, a partire dal 1970 fino alla conclusione del suo percorso. Nato nel 1935 a Scicli e scomparso di recente, è stato tra i maggiori protagonisti della pittura italiana del secondo Novecento. Tutta la sua opera è stata caratterizzata dalla presenza del mare, o meglio, dallo sguardo che egli aveva deciso di rivolgere al mare per raccontarlo nella sua straordinaria bellezza e potenza. Luce e azzurro, potenza del mare e del cielo, questi gli emblemi dell’arte di Guccione che, nel dipingerli, sottolinea tutta la sua attrazione per la forza e il colore di quell’impercettibile linea che divide i due elementi infiniti. Ed è questa impercettibilità che ha sempre cercato di riportare sulla tela. Come scrisse Alberto Moravia, che ne colse bene l’essenza: «Guccione non illustra figure e situazioni, ma cerca anzi di ridurre il più possibile il riferimento illustrativo…si è messo fuori dalla storia, si è tenuto alla passione che è di tutti i tempi e di tutti i luoghi e a quella soltanto».

    Questo “mettersi fuori dalla storia” ha portato l’artista a prediligere, oltre all’olio, l’uso del pastello, mezzo che scopre tra il 1973 e il 1974 come tecnica “veloce”, in alternativa, o meglio in sostegno al lento procedere dell’olio. Da quel momento in avanti il pastello assume sempre più importanza nella sua opera, dandogli modo di esprimere un’emozione più immediata e diretta, animando la natura e trasferendo alla natura i sentimenti e le passioni umane, dalla gioia al dolore, dalla malinconia all’indignazione.

    Guccione ha portato la sua ricerca ai limiti dell’astrazione, restando tuttavia ben ancorato alla realtà. Persino nelle ultime opere dove la rarefazione è condotta all’estremo e il senso di vuoto diventa qualità principale, egli vuole e sa rimanere pittore di un’antica tradizione radicata nel dato realistico, figurativo.

    La scelta delle opere è stata curata dal Museo d’arte Mendrisio in collaborazione con l’Archivio Piero Guccione.

  • L’artista bambino in mostra a Lucca

    Ha inaugurato sabato 16 marzo alla Fondazione Ragghianti a Lucca, luogo magnifico nel Complesso monumentale di San Micheletto, la mostra L’artista bambino Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento.

    Curata da Nadia Marchioni, la mostra – aperta al pubblico dal 17 marzo al 2 giugno – indaga il tema della regressione al linguaggio dell’infanzia nell’arte, argomento del quale era stato pionieristico indagatore Carlo Ludovico Ragghianti – il noto studioso di storia dell’arte cui è intitolata, insieme alla moglie Licia Collobi, la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti – nel suo Bologna cruciale 1914, testo fondamentale per le future ricerche sull’arte italiana del Novecento.

    L’esigenza di “tornare bambini”, recuperando la freschezza e la libertà del disegno infantile, era sentita da molti artisti importanti dei primi decenni del Novecento: Balla, Carrà, Garbari, Soffici, Rosai e vari artisti toscani come Cecioni, Balduini, Magri, Viani. Un fenomeno, quello del Primitivismo, che non fu solo italiano, ma percorse l’intera Europa.

    Articolata in sei sezioni, l’esposizione, partendo dalla fine dell’Ottocento, ripercorre i primi decenni del XX secolo, mostrando opere di artisti affascinati dall’universo infantile, di cui prendono in varie forme e stili l’essenza: la semplicità, la poesia, la soavità dei colori e dei soggetti rappresentati.

    In occasione della mostra sono in programma tre laboratori didattici dal titolo IN MOSTRA! Cucù! Sono uno sgorbio o una sgorbia? che si svolgeranno sabato 23 marzo, sabato 6 aprile e sabato 11 maggio.

  • Frida e la moda: quando (anche) gli abiti fanno l’artista

    Chiuderà i battenti il 3 giugno uno degli eventi più attesi degli ultimi tempi. La mostra “Frida Kahlo. Oltre il mito”, organizzata da 24 ORE Cultura al MUDEC di Milano, ha attirato moltissimi spettatori, amanti dell’artista e semplici curiosi, affascinati dalla storia della pittrice messicana e dai colori, accesi e vividi, che raccontano la personalità della Kahlo, la sua terra e l’intero Sud America. Non solo creatrice di quadri dal forte impatto emotivo ma anche un modello di stile per il suo look inconfondibile. A questo tratto di personalità entrato a far parte dell’immaginario collettivo, a volte forse più della stessa produzione pittorica, è dedicato il libro FRIDA VESTIDA – Abiti e accessori di Frida Kahlo, un volume illustrato ricco di ispirazioni, per scoprire l’inscindibile rapporto tra Frida Kahlo e la moda, curato da Alessandra Galasso (docente di semiotica e antropologia della moda presso la NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano) con le illustrazioni di Alessandra Scandella (illustratrice specializzata in moda e design, collabortrice, tra gli altri, del Corriere della Sera, Bulgari, Tod’s, Kiton). Straordinaria promotrice di se stessa e della propria arte, Frida ha saputo costruire uno stile unico, passato alla storia grazie alle numerose fotografie e agli altrettanto numerosi autoritratti, e oggi riprodotto all’infinito su poster, calendari e accessori di ogni genere. I suoi abiti ispirati alla tradizione messicana, i suoi vistosi gioielli e le sue acconciature fiorite rappresentano infatti, ancora oggi, un’inesauribile fonte di ispirazione per i creativi di tutto il mondo, e hanno contribuito a fare di Frida una vera e propria icona pop. Arricchito da curatissime illustrazioni, opere d’arte, fotografie e un originale glossario, il saggio analizza lo stretto rapporto di Frida con la moda, svelando un vasto guardaroba fatto di gonne dai colori accesi e di camicie ricamate, di occhiali da sole dorati e stivaletti rosa decorati di perline e campanelli, ma anche di busti ortopedici e provocatori abiti maschili. Un volume imperdibile per tutti gli amanti dell’arte e della moda, e della donna che, meglio di chiunque altra, ha saputo farne una cosa sola.

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