Politica

  • Attualità del pensiero politico conservatore e le sue prospettive odierne

    Vengo da molto lontano, ma vado molto avanti. Voglio conservare i principi immortali dei nostri padri, il fuoco sacro della società. Ricevo l’eredità dei nostri padri con beneficio di inventario; il buono è mio, il male lo scarto; ma anche quando hanno sbagliato, voglio imitare i figli buoni di Noè che coprirono pietosamente le nudità del loro padre, senza dimenticare gli errori per non cadere in essi.” Questa frase del giornalista e politico spagnolo Antonio Aparisi y Guijarro (1815 – 1872) rende bene il significato dell’essere conservatore.  Riecheggia il Salmo 78, 3 “ Quel che abbiamo udito e conosciuto e che i nostri padri ci hanno raccontato, non lo nasconderemo ai loro figli” e risponde alla banale osservazione su che cosa ci sarebbe oggi da conservare.

    Il contrario di conservatore è il progressista che vuole fare tabula rasa, che ispira la cancel culture.  Per reazione all’ideologia progressista da alcuni anni si vanno affermando nelle elezioni politiche movimenti variamente definiti che raccolgono il voto di un popolo conservatore. Nel Parlamento europeo esiste un raggruppamento che si definisce Conservatore e Riformista di cui è a capo Giorgia Meloni ma nella storia italiana non è mai stato presente un partito che si definisse tale.

    Giunge quindi opportuno il saggio Conservatori. Storia e attualità di un pensiero conservatore di Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti con contributi di Giovanni Orsina, Andrea Morigi, Francesco Pappalardo e Mauro Ronco che offre una mappa storico – politica per orientarsi di fronte a un termine spesso frainteso o distorto. L’intento del saggio è mostrare gli elementi per costruire in Italia un vero conservatorismo “tradizionalista”. Cito dal libro questo breve brano che spiega bene che cosa si intende: «Conservatore è chi vuole il progresso dei singoli e della società nella continuità; chi vuole mantenere e trasmettere a chi viene dopo non solo quello che di buono vi esiste, ma anche e soprattutto quello che vi è in esso di perenne, di originario, di conforme alla legge di Dio, a una retta antropologia e al senso comune e all’esperienza, arricchito da quanto le generazioni precedenti hanno “capitalizzato” in termini di progresso e la generazione presente può aggiungervi in termini di valore. In uno slogan: chi è conservatore vuole un mondo “a misura d’uomo e secondo il piano di Dio”.

    E per fare questo è necessario coglierne il sentimento di reazione alla modernità che ha raggiunto il suo apice con la Rivoluzione francese e partire proprio da quegli autori che hanno reagito e criticato i principi dell’89. Il rifiuto degli immortali principi dell’89 è infatti il punto di separazione che distingue il vero conservatore dal conservatore “posizionale” che invece pur reagendo a taluni aspetti della modernità viene a patti con essa e ne assume molti postulati.

    Gli autori percorrono un lungo itinerario che, esaminando gli scrittori che lucidamente e fin dall’inizio espressero le critiche a quel fenomeno epocale che fu la Rivoluzione francese (dall’inglese Edmund Burke al savoiardo Joseph de Maistre), giunge fino ai tempi nostri passando per il legittimismo francese e spagnolo (il Carlismo). Nell’excursus storico-politico il saggio esamina aspetti peculiari e deviazioni del conservatorismo in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, in Austria, Germania e negli Stati Uniti. Non manca un capitolo dedicato alle “tentazioni” del pensiero conservatore che spesso cede ai compromessi con la modernità e che se comporta inizialmente un forte consenso, paga poi con cadute che lo azzerano del tutto (i casi di Action Française e del Fascismo italiano). Ampio spazio è poi concesso nel saggio al poco conosciuto episodio delle Insorgenze che videro il popolo reagire anche con le armi alle imposizioni dei rivoluzionari francesi (e nostrani) e in cui si può vedere la presenza di un sentimento conservatore.

    Dopo la Restaurazione, inquinata dalle concessioni alla modernità ereditata dal periodo napoleonico, il pensiero conservatore sopravvive nel legittimismo degli antichi Stati pre-unitari sopraffatti militarmente e con falsi plebisciti dal Regno di Sardegna e poi dal Regno d’Italia ma soprattutto nel mondo cattolico che si oppone sul piano culturale e sociale al liberalismo e ai “falsi conservatori” della cosiddetta Destra storica. Quel mondo e quel popolo conservatore daranno vita all’Opera dei Congressi e poi al Patto Gentiloni stretto con i liberali moderati per opporsi al pericolo del socialismo nascente.

    Dopo la Grande Guerra i conservatori si troveranno a scegliere tra il modernismo del Partito Popolare di Sturzo e il movimento fascista nel cui “fascio” si troveranno anche esponenti del conservatorismo cattolico tradizionalista come Alessandro Monti della Corte (1902 – 1975). Alla fine della tragedia del secondo conflitto mondiale il popolo conservatore troverà un alveo nella Democrazia Cristiana soprattutto in occasione delle elezioni del 18 aprile 1948 che vedranno sconfitte le sinistre social-comuniste del Fronte Popolare e l’affermazione dei Comitati Civici di Luigi Gedda (1902 – 2000).

    Il libro esamina anche l’altra svolta epocale, quella del Sessantotto a cui il popolo conservatore deluso dai tradimenti della DC seppe opporre la Maggioranza Silenziosa in un sussulto di reazione seppure breve e si arriva al 1994 con il trionfo di Forza Italia di Silvio Berlusconi e la fine della conventio ad excludendum delle destre politiche che durava da decenni. Invernizzi e Sanguinetti dedicano un capitolo alle correnti e ai protagonisti del pensiero conservatore a partire dall’Ottocento con Clemente Solaro della Margarita, a cui si deve la significativa frase “Una sola è la destra, e vi appartengono color che la Religione, il il bene e la gloria dello Stato hanno in mira”, con il meno noto Emiliano Avogadro della Motta, con Monaldo Leopardi e il Principe di Canosa per arrivare a fine Ottocento all’ala intransigente del movimento cattolico dell’Opera dei Congressi (Sacchetti, Casoni, Toniolo, Tovini, Medolago Albani) e nel nuovo secolo il combattivo Domenico Giuliotti.

    Negli anni più vicini non viene trascurata la coraggiosa opera di divulgazione di autori afferenti al mondo conservatore effettuata dalla casa editrice Rusconi sotto la direzione di Alfredo Cattabiani né viene dimenticato l’apporto di Giovannino Guareschi e di tanti altri. All’identikit dell’Italia conservatrice seguono poi i contributi di Francesco Pappalardo su come è nata l’Italia, di Mauro Ronco sull’importanza del filosofo Giambattista Vico e di Andrea Morigi che ricorda l’esperienza negli anni Novanta della rivista conservatrice Percorsi diretta da Gennaro Malgieri senza dimenticare la dotta prefazione del politologo Giovanni Orsina. Il volume è completato da un’accurata e utile parte di indicazioni bibliografiche. In conclusione un libro consigliabile a chi voglia conoscere il pensiero conservatore per costruire oggi un’opposizione al processo secolare di dissoluzione della società e intercettare il “«“Paese profondo” resistente a ogni pressione ideologica delle sinistre e molto più a destra  delle  élite  politiche  che  si  trovano  a  rappresentarne  le istanze. […] Una “deep Italy” erede di un passato soffocato dalle ripetute “colonizzazioni”  ideologiche  subìte  –  per  usare  una  locuzione cara al regnante Pontefice –, ma anche prodotto delle contraddizioni  di  una  globalizzazione  pilotata  da  centri  di  potere  “discreti” che se ne servono per i loro disegni gnostici di mega-reset orwelliani».

  • La lotteria familiare della politica

    Tra mille posizioni retoriche uno degli strumenti attraverso il quale la politica potrebbe riacquisire un minimo di credibilità potrebbe essere quello di adottare delle misure minime, ma in grado di permettere il mantenimento di un rapporto con la civiltà che li ha eletti.

    Da troppo tempo la carriera politica rappresenta un affare di famiglia in quanto vede coinvolti mariti e mogli ma anche figli e cugini i quali beneficiano di tutti i vantaggi che un incarico politico può distribuire dalla propria posizione.

    La carriera politica in questo modo diventa una sorta di SuperEnalotto per l’intera stirpe familiare, la quale discenda da deputato o da un senatore o dal rappresentante politico regionale fino al livello comunale.Questo tipo di percezione sempre più evidente nel corpo elettorale determina un progressivo allontanamento della politica dal circostante mondo della realtà.

    In più viene azzerata  sempre più la autorevolezza generale confermata  dalla dimostrazione di una priorità concessa ad una riforma istituzionale preferita a quella di un sistema elettorale all’interno del quale l’elettore sia messo nella possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

    In fondo basterebbe una semplice legge la quale escludesse, o perlomeno limitasse, vantaggi che una carica politica comunque possa assicurare, escludendo in questo modo ogni persona legata da un vincolo di parentela con l’eletto. Un limite che permetterebbe alla politica di tornare a rappresentare sicuramente una posizione di privilegio ma non più ad esercitare i vantaggi di una vincita al SuperEnalotto per l’intera famiglia di appartenenza del politico stesso.

    Il distacco del mondo della politica rispetto agli elettori parte anche da queste piccole cose, con mariti e mogli in parlamento, figli di rappresentanti del governo i quali, senza arte né parte, vengono assunti nella FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio o nella Fondazione Milano Cortina) o cognati ministeriali, molti dei quali senza il minimo sindacale di competenza.

    Se veramente si volesse aumentare la credibilità della politica risulterebbe fondamentale che questa posizione politica non rappresentasse la vincita di una lotteria una l’acquisizione di una posizione, di privilegio, per un solo componente della famiglia stessa.

  • Le riforme istituzionali: dalla funzione di governo a quella del comando

    E’assolutamente riduttivo credere che la situazione di estrema difficoltà delle famiglie italiane (*) sia legata solo ed esclusivamente ai terribili effetti della pandemia e dalle due guerre in corso.

    Se il 63% dei nuclei familiari del nostro Paese presentano difficoltà ad arrivare alla fine del mese, rispetto al 43% della media europea, emerge evidente come le responsabilità si dimostrino molto più diffuse e soprattutto individuabili all’interno di un maggiore arco temporale sia sotto il profilo delle responsabilità governative che legislative.

    In questo difficilissimo contesto economico e sociale che  si protrae sostanzialmente dal novembre 2011, nel nostro Paese da oltre trent’anni si parla di riforme istituzionali.

    Da più parti si ipotizza un possibile superamento del bicameralismo perfetto, come della elezione diretta del Presidente del Consiglio o del Presidente della Repubblica. Riforme che vengono indicate come la soluzione delle problematiche nazionali politiche e, di conseguenza, sociali ed economiche.

    Tutte queste riforme presentate da tutti i più  diversi gruppi politici risultano espressione di una visione assolutamente parziale e magari anche interessata al proprio interesse piuttosto che finalizzata a  fornire nuovi strumenti democratici agli elettori.

    Si pensi, per esempio, come queste “riforme” lascino sostanzialmente inalterate le prerogative del Parlamento il quale, di fatto, vede ridotta la propria funzione di fronte ad un asset istituzionale che veda un premier eletto direttamente e quindi un accentramento della funzione governativa. Salvo poi, eventualmente, attribuire un premio di maggioranza che assicurerebbe una stabilità politica ma al tempo stesso diminuirebbe la rappresentanza democratica e la stessa alternativa democratica.

    In altre parole, qualsiasi banale riforma istituzionale presentata sino ad oggi non tiene in alcun conto il doveroso mantenimento dell’ equilibrio istituzionale tra i poteri dello Stato il quale rappresentava uno degli obiettivi della carta costituzionale e dei Padri costituenti, ma tende a favorirne uno rispetto ad un altro.

    Esattamente come l’ultima attuale riforma anticipata dal governo in carica con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, la quale rappresenta una visione parziale e molto probabilmente interessata di una classe politica la quale cerca  di porre le condizioni per ottenere un comando completo del Paese e contemporaneamente assicurarsi il mantenimento al potere.

    In un momento storico di estrema difficoltà del nostro Paese per la situazione internazionale e la stessa sostenibilità del debito pubblico, i cui titoli vengono considerati meno affidabili di quelli della Grecia, l’Italia non presenta una immediata necessità di una riforma istituzionale quanto di una diversa classe politica responsabile e quindi di una modalità elettorale che assicuri la possibilità di scelta degli elettori.

    Come nel gioco delle tre carte, infatti, ogni riforma che tenda a spostare semplicemente i poteri lasciando invariati assolutamente il gestore e la sua selezione non potrà mai rappresentare un miglioramento per il paese, in quanto tutte le forze politiche traggono vantaggi da un sistema elettorale bloccato che invece meriterebbe una riforma immediata.

    Del resto, sarebbe anche infantile pensare ad una capacità di autoriforma da parte di chi ha determinato questi disastri economici e sociali senza precedenti dal dopoguerra ad oggi.

    Quest’ennesima proposta di riforma istituzionale rappresenta, quindi, ancora una volta, la ricerca di un alibi istituzionale per azzerare le proprie responsabilità relative alla situazione dell’intera classe politica italiana e contemporaneamente assicurarsi una ulteriore legittimazione.

    A  questo evidente processo di accertamento di potere nel nostro Paese ne corrisponde uno analogo all’interno dell’Unione Europea. Anche in questa istituzione, infatti, attraverso  l’abolizione del principio di unanimità sostituito da quello di maggioranza, si  permetterebbe di  passare dalla legittima funzione di governare  a quella più ambita  di  comandare.

    Il medesimo obiettivo da conseguire in Italia attraverso le “riforme istituzionali”.

    (*) https://www.ilpattosociale.it/politica/italia-sempre-piu-povera/

  • Le priorità dell’Italia

    La manovra finanziaria non è ancora nota nel testo definitivo ma da tempo infuriano polemiche su bozze più o meno veritiere o inventate.

    Si spera che tutti siano consapevoli delle difficoltà che il governo deve affrontare per dare aiuti a chi ne ha più bisogno e per risolvere problemi complessi, in una situazione di emergenza mondiale per l’intensificarsi dei conflitti, per l’inflazione ancora troppo alta, per l’aumento dei tassi e per l’oggettiva presenza di poche risorse disponibili.

    In molti ritengono, noi compresi, che in questa situazione le opposizioni dovrebbero mostrare maggiore capacità di confrontarsi sui problemi reali invece di affidarsi alle solite sterili dichiarazioni  per dire sempre no a tutto.

    La mancanza di una opposizione capace, senza pregiudizi a priori e in grado di offrire proposte ragionevoli e realizzabili, rende il Paese più povero, rende la completezza della democrazia più a rischio, nega agli italiani un oggettivo diritto di scelta per le competizioni elettorali, come si vede dal continuo aumento dell’assenteismo.

    Sul problema assenteismo pesa anche il rifiuto che i cittadini hanno per leggi elettorali che li hanno privati del loro diritto di scegliere le persone che devono rappresentarli mentre le liste bloccate danno ai leader di partito il potere di decidere chi dovrà essere eletto, spesso mettendo in lista persone  a loro “obbedienti” anche se meno qualificate.

    Non è certo il momento, esaminata con lucidità e consapevolezza la situazione nel suo complesso, di pensare al ponte sullo Stretto mentre rimane incomprensibile, quando si parla di aiuti alla famiglia, alle donne ed alla natalità, il ventilato aumento dell’IVA  sui pannolini.

    Una volta in più ricordiamo, al governo ed alle opposizioni, che le priorità dell’Italia sono, oltre ovviamente dare sicurezza alle categorie svantaggiate ed alle imprese come fonte di lavoro, risolvere tutti i problemi legati alle calamità naturali già avvenute, la messa in sicurezza del territorio, per cercare di prevenire il più possibile altre tragedia, eliminare le pericolosità di strutture pubbliche, partendo dai cavalcavia, dai ponti e dalle scuole,ristrutturare la  rete idrica nazionale che, perdendo gran parte dell’acqua potabile, procura un danno irreversibile.

  • Italia sempre più povera

    Questo drammatico risultato rappresenta la sintesi della politica italiana,o meglio della gestione della spesa pubblica finanziata con il costante aumento del prelievo fiscale e con il nuovo debito pubblico.

    Al crescere della prima sono sempre corrisposti una maggiore pressione fiscale e crescita del debito stesso, i quali, tuttavia, sono stati utilizzati per obiettivi diversi rispetto alle finalità dichiarate.

    In altre parole, sono stati traditi gli obiettivi finali i quali erano stati indicati dai sostenitori dei benefici della spesa pubblica nella riduzione delle differenze sociali e soprattutto nel finanziamento dei servizi.

    Proprio in considerazione del mancato conseguimento degli obiettivi dichiarati, emerge il fallimento colossale dell’effetto redistributivo della spesa pubblica sostenuto dall’intero mondo della politica indipendentemente dall’orientamento politico. Un fallimento tanto più clamoroso se considerato anche in rapporto alle scelte strategiche che tutti i governi dal 2011 ad oggi hanno posto in essere.

    Non va Infatti dimenticato come nel nostro Paese tutti i governi sia di centro-sinistra che di centro-destra hanno dimostrato una strategia governativa finalizzate essenzialmente alla facilitazione delle
    (1) privatizzazioni di monopoli indivisibili (cdx+csx) che hanno determinato maggiori costi per l’utenza fino ai 43 decessi del Ponte Morandi per l’azzeramento degli investimenti in manutenzione.

    In più (2) dal 2011 al 2023 ogni governo che si è succeduto alla guida del Paese ha contribuito alla esplosione con +900 mld del debito pubblico dal 1987 al 2011 fino agli attuali 2856, sempre a sostegno della
    (3) crescita della spesa pubblica (cdx+csx) contemporanea, però, (4) alla riduzione spesa sanitaria (csx+cdx).

    Questo disastroso risultato che porta i cittadini italiani nel novero dei paesi sottosviluppati dell’Europa dell’est dimostra, una volta di più, come in Italia la spesa pubblica venga utilizzata da ogni componente politica semplicemente per l’esercizio del potere.

    Un aspetto degenerativo già chiaro nel lontano novembre 2018 (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-vera-diarchia/).

    Mai come ora all’interno di un disastro epocale espressione di una intera classe politica e dirigente vale il principio: “Tutti colpevoli nessun colpevole”.

  • In attesa di Giustizia: la moglie di Cesare

    Ormai da giorni non si parla d’altro che del decreto della Giudice di Catania Iolanda Apostolico che, disapplicando una legge dello Stato, ha “liberato” alcuni migranti, a suo dire illegittimamente privati della possibilità di scorrazzare liberamente per un Paese – il nostro – in cui, di solito, si entra dall’estero sole se muniti di un passaporto quand’anche non venga richiesto in frontiera se di nazionalità “Europea”.

    La materia è molto complessa anche per un giurista, ed è malamente articolata, complicata dal sovrapporsi di normative disorganiche e confuse dalla “Turco Napolitano”  in poi – che, tra l’altro, è quella che prevede e regola l’obbligo del documento di espatrio ed i respingimenti ma la memoria è corta o distorta quando serve e sarebbe necessario ben altro approfondimento di quello che consentono lo spazio ed il taglio divulgativo di questa rubrica per formulare un giudizio decentemente serio su qualità e fondatezza del provvedimento.

    Non si comprende, allora, su quali basi la Presidente Meloni abbia potuto, con cognizione di causa, dichiararsene immediatamente “basita”, definendo quelle motivazioni “incredibili”, a tacere del pronostico di necessaria radiazione dall’Ordine Giudiziario del Giudice formulato da un noto parlamentare in caso di accoglimento dell’appello.

    Tristemente si assiste all’ennesimo scontro tra tifoserie, che in materia di giustizia è ormai la regola ed un bel tacer non fu mai scritto: si parla e, più che altro, si straparla anche senza la minima competenza delle più disparate questioni, valorizzando solo la ricaduta mediatica e confidando sui dividendi politici che si confida di lucrare.

    Ma anche la “curva” della magistratura associata è apparsa sfrenata alimentando una polemica in difesa -immancabilmente – della propria indipendenza, gridando al dossieraggio senza sentire minimamente il dovere di interrogarsi su alcuni aspetti che la vicenda chiama in causa.

    Sappiamo infatti ora che la Giudice ha avuto modo di manifestare sui social media – e addirittura in una manifestazione pubblica di protesta – idee inequivocabilmente schierate in tema di immigrazione, ponendosi in aperta polemica con la politica dell’attuale Governo, e così pure avrebbero fatto suoi stretti congiunti.

    Padronissima la giudice di manifestare liberamente il proprio pensiero sulle più disparate tematiche, ma ad una condizione: che di tutto potrà poi occuparsi professionalmente, fuorchè di quei temi.

    Diversamente si realizzano condizioni inconcepibili ed inaccettabili in un Paese civile, incompatibili con elementari regole di uno Stato di Diritto: ed è proprio facendo venir meno questo rispetto che si semina vento raccogliendo tempesta. Il diritto processuale prevede l’istituto dell’astensione per casi simili, ed esiste la categoria della opportunità, il dovere del Giudice non solo di essere ma prima ancora di apparire imparziale come afferma la stessa Corte di Cassazione richiamando il pensiero liberale e sempre attuale di Alexis de Tocqueville.

    La storia anche recente ha offerto in questo senso più di un esempio da non seguire: emblematico fu quello del Giudice che ha incamerato e deciso senza batter ciglio un processo a carico di Augusto Minzolini, condannandolo per il presunto uso indebito delle carte di credito aziendali quando era Direttore del TG1, ed era stato suo avversario quando, entrambi parlamentari, militavano in opposte fazioni politiche.

    Permangono, invece, casi del tutto isolati come quello di Gianrico Carofiglio che dopo la (poco gratificante, per lui) esperienza di parlamentare del PD non si è ricandidato e dimesso dalla magistratura ritenendosi compromesso dal punto di vista della esposizione politica e quello ultimo di Carlo Nordio che ha rifiutato qualsiasi candidatura fino a diversi anni dopo essere andato in pensione.

    Un sistema sano innanzitutto previene ed i protagonisti evitano di ritrovarsi in situazioni ambigue, e nessuno si stupisca se viene chiesto conto della infrazione di basilari regole di civiltà giuridica.

    A meno che il famoso idiomatismo sulla moglie di Cesare valga per tutti, ma non per i magistrati e i rispettivi coniugi.

  • In memoria di Napolitano

    Siamo vicini alla famiglia del Presidente Napolitano nel ricordo degli anni condivisi al Parlamento europeo e delle occasioni di incontro, durante gli anni della sua Presidenza  della Repubblica, incontri nei quali la sua fede europeista e l’attenzione alle tante problematiche, non solo italiane, sono state condivise e sono diventare spesso un importante suggerimento.

    La sua storia, nelle varie sfaccettature, è la Storia di molti, anni  della nostra Italia, ne riposi in pace e resti per in noi il ricordo di un uomo che partendo da posizioni di parte ha cercato di essere il Presidente di tutti.

  • La santa alleanza

    Si rivela, ormai, sempre più ridotto il perimetro democratico all’interno del quale i cittadini possano vedere garantiti i propri diritti.

    In questo contesto verrebbe da chiedersi il senso di un’alleanza tra la Lega di Zaia proprio con il PD in relazione alle ulteriori limitazioni all’utilizzo dell’automobile privata.

    Sembra incredibile, infatti,come una inconfessabile incapacità di gestire una crisi economica ormai alle porte spinga tutte le forze politiche ad allearsi per introdurre nuove limitazioni alla movimentazione privata (*). Questa strategia esprime solo un approccio politico ed ideologico il cui effetto sull’inquinamento risulta nullo.

    L’unico obiettivo conseguito, viceversa, è quello di certificare la propria esistenza politica la quale non si nutre certamente di alcuna conoscenza o competenza (agosto 2022 https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-colpevole-immaginaria-lautomobile/).

    Questa metamorfosi della Regione Veneto, già palesatasi precedentemente  in Piemonte (**), ed in particolare del suo presidente Zaia e della Lega che lo appoggia, rappresenta l’ultimo anello di un declino politico istituzionale generale senza precedenti, tale da creare le condizioni di un’alleanza tra Lega e PD finalizzata alla introduzione di nuove limitazioni alla movimentazione semplicemente sulla base di motivazione ideologiche ambientaliste.

    Se poi a questo processo di alleanza di pura sopravvivenza tra maggioranza ed opposizione si volesse aggiungere l’introduzione del ticket di ingresso a Venezia, voluto dal sindaco Brugnaro, grande alleato di Zaia, il quale non soddisfatto di pretendere 7,50 euro a testa per una semplice corsa in vaporetto, risulta evidente la svolta autoritaria delle istituzioni regionali e comunali nel desiderio di limitare il perimetro della tutela dei diritti.

    Questa vera e propria metamorfosi democratica, nella quale i diritti dei cittadini vengono sostituiti da obblighi in nome di una tutela all’ambiente, rappresenta semplicemente il cavallo di Troia per diminuire poco alla volta le sempre minori aspettative democratiche dei cittadini sempre più sudditi di uno stato etico.

    Una santa alleanza che vede coinvolti e complici i tutti i partiti dell’intero parlamento i quali dimostrano, ancora una volta, una assoluta incapacità nella gestione dei flussi turistici e delle crisi economiche e climatiche ma, contemporaneamente, solo per fornire un semplice esempio, si dimostrano non in grado di valutare l’effetto della politica energetica della Cina la quale apre  una centrale energetica a carbone ogni settimana e mezzo (***) .

    In altre parole, per giustificare la propria esistenza politica all’interno delle istituzioni si adottano sempre nuove limitazioni e divieti alla libera circolazione delle persone giustificandoli con la applicazione di una rinnovata attenzione all’ambiente.

    Mai come ora l’attacco alla democrazia avviene proprio da chi la democrazia dovrebbe rappresentarla.

    (*) https://www.ilgazzettino.it/nordest/primopiano/auto_inquinanti_vecchie_scatola_nera_tetto_di_chilometri_regione_veneto-7613792.html#amp_tf=Da%20%251%24s&aoh=16939826380606&csi=0&referrer=https%3A%2F%2Fwww.google.com&ampshare=https%3A%2F%2Fwww.ilgazzettino.it%2Fnordest%2Fprimopiano%2Fauto_inquinanti_vecchie_scatola_nera_tetto_di_chilometri_regione_veneto-7613792.html

    (**) https://www.ilpattosociale.it/politica/quale-democrazia-dal-diritto-alla-pianificazione-del-premio/

    (***) https://www.ilpattosociale.it/attualita/lapocalisse-settimana-dopo-settimana/

  • Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata

    Tutto ciò che sentiamo è un’opinione, non la realtà.

    Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità.

    Marco Aurelio

    Quando il giornalista e scrittore Carlo Lorenzini, cominciò a scrivere e pubblicare tra il 1881 ed il 1882 con lo pseudonimo Carlo Collodi i suoi racconti, parte della serie Storia di un burattino, non aveva immaginato il grande interesse dei lettori. Il che convinse e spinse l’autore a ripresentare la serie, elaborata ed allargata, come un libro per i ragazzi, con il titolo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Il libro, pubblicato nel 1883, attirò subito l’attenzione, l’interesse e l’apprezzamento dei lettori. Da allora quel libro ha avuto sempre un grandissimo successo ed è stato tradotto e pubblicato, a più riprese, in molti Paesi del mondo. Nonostante sia stato presentato come un’opera della letteratura per l’infanzia, piena di personaggi immaginari, il libro, con il suo contenuto, il significato dei suoi insegnamenti e delle sue allegorie serve ed è utile non solo per i ragazzi, ma anche per gli adulti. Sono noti ai tantissimi lettori in tutto il mondo, da quanto Collodi cominciò a pubblicare i suoi primo racconti, parte della serie Storia di un burattino ad oggi, tutti i personaggi del libro. Partendo da mastro Geppetto, un artigiano che con le sue mani costruì, con il legno dato da mastro Ciliegia, un burattino al quale diede anche un nome: Pinocchio. Pinocchio che si comportava come un vero bambino e, siccome mastro Geppetto non aveva figli, egli diventò il suo figlio amato. Così come sono noti la Fata turchina, la protettrice di Pinocchio, il Grillo parlante che rimproverava e consigliava sempre Pinocchio, ma al quale lui non dava retta e spesso anche si arrabbiava. Sono noti anche Mangiafuoco, che era il proprietario di un teatrino di marionette e burattini e che, commosso da quello che senti da Pinocchio, diede a lui cinque zecchini d’oro per portarli a mastro Geppetto. E chi non si ricorda del Gatto e della Volpe che volevano ingannare Pinocchio e prendergli proprio quei cinque zecchini, Ma anche del suo amico Lucignolo che convinse Pinocchio ad andare insieme a divertirsi nel Paese dei Balocchi e tutti gli altri personaggi del libro. Per il noto filosofo, scrittore e politico italiano Benedetto Croce Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è “una fra le grandi opere della letteratura italiana”. Per lui “il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità”. Una metafora molto significativa del noto filosofo, questa, che fa riflettere.

    Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un libro che insegna a tutti, ragazzi ed adulti, ad essere attenti ai propri comportamenti perché possono generare conseguenze non gradite e anche dannose. Insegna che bisogna sempre rispettare i grandi sacrifici fatti per te da chi ti vuole bene. Un libro che, tramite quello che accade ai personaggi, soprattutto a Pinocchio, insegna a tutti quanto importante è non mentire e dire la verità. Un libro che insegna il valore dell’onestà e di altri principi morali. Un libro che insegna quanto sia importante imparare dagli errori fatti. Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un libro che insegna e consiglia anche di non fidarsi degli imbroglioni e di stare ben attenti e lontani dalle cattive compagnie. E molto significativo quanto disse il Grillo parlante a Pinocchio per dissuaderlo a seguire il Gatto e la Volpe, che volevano derubargli i quattro zecchini rimasti, dopo che con uno aveva pagato la cena in osteria. Erano proprio quei cinque zecchini d’oro che Mangiafuoco, commosso, aveva dato a Pinocchio per portarli a Geppetto. Ebbene, il Grillo parlante disse, a Pinocchio: “Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!”. Un ammonimento ed un consiglio che è un insegnamento molto significativo ed utile per tutti, ragazzi ed adulti, in tutti i tempi ed in tutto il mondo.

    All’inizio della scorsa settimana la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha interrotto le sue vacanze in Puglia per andare in “visita privata” in Albania, ospite del suo “amico” il primo ministro albanese. Insieme con la sua famiglia hanno lasciato la masseria di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, alla vigilia di Ferragosto, per andare ospiti del nuovo “amico” albanese. Una visita improvvisa quella della Presidente del Consiglio dei ministri in Albania che è stata subito però diffusa dalle fonti mediatiche, sia in Italia che in Albania. Anzi, essendo scarse le informazioni, comprese anche quelle ufficiali da Palazzo Chigi, all’inizio della “visita privata”, i media in Italia hanno fatto riferimento alle notizie dei media albanesi, comprese anche alcune immagini video. Ci sono però delle versioni diverse e anche contraddittorie sia dei motivi della visita, che del mezzo usato per l’attraversata dell’Adriatico, dalle coste brindisine a Valona in Albania. Ma comunque sia, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia e la sua famiglia hanno preferito passare il Ferragosto come ospiti del primo ministro albanese. Quest’ultimo aveva annunciato poco prima della visita: “Anche Giorgia Meloni farà un po’ di ferie in Albania”. Ma è stata una vacanza un po’ più lunga di quella annunciata dalle fonti mediatiche all’inizio della visita. E, guarda caso, proprio nello stesso periodo, ospiti del primo ministro albanese erano anche l’ex primo ministro dell Regno Unito, Tony Blair con sua moglie. Non si sa però se è stato un caso che due attuali primi ministri ed un ex primo ministro si trovassero nello stesso periodo e nello stesso posto, nella residenza governativa in riva alle coste ioniche dell’Albania. Si sa però che l’ex-premier del Regno Unito, da quando l’attuale primo ministro albanese, nel 2013, cominciò il suo primo mandato è diventato il suo “consigliere speciale”. Ma un consigliere “non pagato” (Sic!). Proprio lui che, da quando ha smesso di fare il premier, sta facendo il “consigliere” in diversi Paesi, soprattutto in Africa. Ed in alcuni casi è stato coinvolto anche in scandali finanziari. Le cattive lingue dicono che anche in Albania lui stia facendo fortuna. E si sa, le cattive lingue sanno molto.

    Il primo ministro albanese, fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, sta abusando clamorosamente del bene pubblico. Lui da alcuni anni controlla tutti e tre i poteri ben definiti da Montesquieu: il potere esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. Da circa un anno il primo ministro controlla anche l’istituzione della Presidenza della Repubblica che, per la Costituzione albanese, è l’istituzione più importante del Paese. Il che significa che in Albania il sistema non è più democratico. Sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, risulta che il primo ministro albanese sia il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza dittatoriale tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali e internazionali. Il primo ministro albanese è ben noto nella madre patria per le sue continue bugie, dette come se niente fosse. In Albania è da anni di dominio pubblico il fatto che il primo ministro sia un innato e sfacciato bugiardo ed imbroglione. Che sempre cerca di mentire e di ingannare quando si trova in difficoltà. E lui si trova sempre in difficoltà. Come anche in questi ultimi giorni, con due clamorosi scandali, quello degli inceneritori e l’altro della sterilizzazione dei mezzi/utensili che si usano negli ospedali. Sullo scandalo degli inceneritori il nostro lettore è stato informato anche durante queste ultime settimane. Sull’altro che è riscoppiato la scorsa settimana, il nostro lettore verrà informato nelle prossime settimane.

    Ebbene, in queste difficili situazioni in cui si trova il primo ministro albanese e dovendo affrontare anche un nuovo disaccordo con il suo omologo greco, ha ben pensato di “invitare” in Albania per una “visita privata” in riva alle coste ioniche dell’Albania, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia. E, come al solito, lui non si risparmia in “elogi”. Proprio il 2 agosto scorso, due giorni prima dell’arrivo della sua omologa italiana, la “tigre”, la sua “sorella Giorgia”, il primo ministro albanese ha dichiarato ad un media italiano che “nella scena internazionale Giorgia ha sorpreso tutti e alla grande, direi, perché si aspettavano un mostro fascista che avrebbe marciato sull’Europa e si sono trovati davanti una donna con una abilità mostruosa nel comunicare da grande europeista, senza sbagliarne una”. Ma nel frattempo in Albania continua ad essere in carcere una persone che vinse come sindaco durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso. Una persona arrestata in palese violazione della legge proprio due giorni prima delle elezioni. Lui è stato eletto sindaco proprio nel municipio dove si trova anche la villa governativa in cui è stata ospite la Presidente del Consiglio e la sua famiglia dal 14 al 17 agosto scorso. Si tratta di una zona dove si sta abusando dei terreni sulla costa ionica e che il sindaco eletto aveva promesso di mettere ordine. Ma adesso lui si trova ancora in prigione, in palese violazione delle leggi e delle convenzioni internazionali sul diritto dell’uomo. E non a caso, il primo ministro della Grecia sta dichiarando che con le sue decisioni contro i diritti dell’uomo il primo ministro albanese non avrà mai l’appoggio della Grecia nel percorso europeista dell’Albania, Come diretta conseguenza il primo ministro albanese non è stato invitato lunedì scorso, 21 agosto, alla cerimonia ospitata dal primo ministro greco per ricordare il vertice di Salonicco tenutosi venti anni fa, durante il quale si decise anche sul futuro europeista dei Balcani occidentali. Chissà se la presidente del Consiglio dell’Italia sapeva di questi sviluppi mentre era ospite in Albania?! Perso ormai l’appoggio della Grecia, il primo ministro albanese cerca di avere e di sottolineare l’appoggio della sua omologa italiana. Dopo la “visita privata” della famiglia della Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia sulle coste albanesi, il primo ministro ha dichiarato, in un’intervista ad un media nazionale italiano, che durante il soggiorno albanese con lei avevano “…scambiato alcune idee, perché c’è molto da fare tra l’Italia e l’Albania”. Sottolineando che la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia “…appoggia l’ingresso dell’Albania nell’Unione europea ed è un’amica degli albanesi”. Dando così anche un messaggio al suo omologo greco. Il primo ministro albanese, intervistato da un altro media italiano, ha dichiarato che con la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avevano “parlato a lungo di relazioni internazionali” e di “integrazione europea”. Aggiungendo, da buon leccapiedi qual è, che “Giorgia è incredibile. Possiamo dire che è nata un’amicizia. Ma soprattutto, che lei è una politica concreta, altro che pericolo fascista”. E non è mancata neanche la risposta della sua illustre ospite che, dopo il ritorno in Italia, ha scritto: “Grazie per avermi ospitata nella vostra terra e per la calorosa accoglienza ricevuta Edi. Ti aspetto in Italia!”. Da quelle parole risulterebbe che tra i due si è stabilito un “amichevole legame”. Ma la Presidente del Consiglio dovrebbe essere molto attenta alle “lusinghe” del suo omologo albanese. Dovrebbe capire che la sta solo e semplicemente usando, in un periodo molto, ma molto difficile per lui. Difficoltà causate sia dagli innumerevoli scandali in Albania, che da un’indagine in corso negli Stati Uniti d’America. Un’indagine a carico di un ex alto funzionario del FBI (Federal Bureau of Investigation – Ufficio nazionale per l’investigazione; n.d.a.), nella quale viene citato per ben quattordici volte il nome del primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato anche di questo.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto molto altro da analizzare su quella visita della Presidente del Consiglio dell’Italia. Una visita che doveva essere evitata. Chissà però perché la Presidente del Consiglio ha deciso di incontrare il suo “amico” autocrate?! La presidente del Consiglio dovrebbe rileggere ed imparare dal libro Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Dovrebbe fare tesoro anche del pensiero di Marco Aurelio, secondo il quale “Tutto ciò che sentiamo è un’opinione, non la realtà. Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità”. E tutto quello che dice e che vuol fare apparire il primo ministro albanese sono bugie ed inganni.

  • La politica degli annunci

    Corretta e coraggiosa la dichiarazione del ministro Giorgetti, in sintesi la legge di bilancio sarà difficile e complessa e non si potrà fare tutto quello che il governo  avrebbe voluto fare.

    Ovviamente, come già in altre occasioni con altri governi, continuiamo a chiederci perché promettere quanto, conti alla mano, si sa di non poter mantenere in tempi rapidi, perché continuare con la politica degli annunci creando illusioni e disillusioni.

    Sappiamo tutti, almeno quelli che non sono in malafede, che la situazione è molto difficile sul piano interno, europeo ed internazionale: alla guerra in Ucraina dobbiamo aggiungere la crisi del grano, anche questa voluta dalla Russia, e dei prodotti agricoli flagellati dalla siccità o dalle alluvioni, lo sbarco di decine di migliaia di migranti per i quali occorrono strutture e risorse, il cambiamento climatico che sta creando vere emergenze.

    L’Italia sembra che sul piano economico risponda meglio di altri stati ma le casse dello Stato non hanno adeguate risorse per dare il via a tutte le iniziative che il governo vorrebbe e certamente prima di pensare al ponte sullo Stretto sarà bene provvedere a mettere in sicurezza le troppe strutture pericolose e pericolanti e dare il via a quella riforma sanitaria senza la quale troppi italiani sono rimasti senza servizi adeguati.

    Bene allora la coraggiosa dichiarazione di Giorgetti ma ora ci aspettiamo che il governo riveda le strategie senza cadere nella vecchia abitudine della politica politicante di dare un contentino a questa e a quella forza politica non tenendo  conto delle vere urgenze delle famiglie e delle attività produttive

    Certo avere una opposizione più intelligente e meno inutilmente astiosa sarebbe di aiuto ma al momento non si vedono sbocchi in questo senso salvo qualche dichiarazione di Renzi.

Pulsante per tornare all'inizio