Politica

  • In memoria di Napolitano

    Siamo vicini alla famiglia del Presidente Napolitano nel ricordo degli anni condivisi al Parlamento europeo e delle occasioni di incontro, durante gli anni della sua Presidenza  della Repubblica, incontri nei quali la sua fede europeista e l’attenzione alle tante problematiche, non solo italiane, sono state condivise e sono diventare spesso un importante suggerimento.

    La sua storia, nelle varie sfaccettature, è la Storia di molti, anni  della nostra Italia, ne riposi in pace e resti per in noi il ricordo di un uomo che partendo da posizioni di parte ha cercato di essere il Presidente di tutti.

  • La santa alleanza

    Si rivela, ormai, sempre più ridotto il perimetro democratico all’interno del quale i cittadini possano vedere garantiti i propri diritti.

    In questo contesto verrebbe da chiedersi il senso di un’alleanza tra la Lega di Zaia proprio con il PD in relazione alle ulteriori limitazioni all’utilizzo dell’automobile privata.

    Sembra incredibile, infatti,come una inconfessabile incapacità di gestire una crisi economica ormai alle porte spinga tutte le forze politiche ad allearsi per introdurre nuove limitazioni alla movimentazione privata (*). Questa strategia esprime solo un approccio politico ed ideologico il cui effetto sull’inquinamento risulta nullo.

    L’unico obiettivo conseguito, viceversa, è quello di certificare la propria esistenza politica la quale non si nutre certamente di alcuna conoscenza o competenza (agosto 2022 https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-colpevole-immaginaria-lautomobile/).

    Questa metamorfosi della Regione Veneto, già palesatasi precedentemente  in Piemonte (**), ed in particolare del suo presidente Zaia e della Lega che lo appoggia, rappresenta l’ultimo anello di un declino politico istituzionale generale senza precedenti, tale da creare le condizioni di un’alleanza tra Lega e PD finalizzata alla introduzione di nuove limitazioni alla movimentazione semplicemente sulla base di motivazione ideologiche ambientaliste.

    Se poi a questo processo di alleanza di pura sopravvivenza tra maggioranza ed opposizione si volesse aggiungere l’introduzione del ticket di ingresso a Venezia, voluto dal sindaco Brugnaro, grande alleato di Zaia, il quale non soddisfatto di pretendere 7,50 euro a testa per una semplice corsa in vaporetto, risulta evidente la svolta autoritaria delle istituzioni regionali e comunali nel desiderio di limitare il perimetro della tutela dei diritti.

    Questa vera e propria metamorfosi democratica, nella quale i diritti dei cittadini vengono sostituiti da obblighi in nome di una tutela all’ambiente, rappresenta semplicemente il cavallo di Troia per diminuire poco alla volta le sempre minori aspettative democratiche dei cittadini sempre più sudditi di uno stato etico.

    Una santa alleanza che vede coinvolti e complici i tutti i partiti dell’intero parlamento i quali dimostrano, ancora una volta, una assoluta incapacità nella gestione dei flussi turistici e delle crisi economiche e climatiche ma, contemporaneamente, solo per fornire un semplice esempio, si dimostrano non in grado di valutare l’effetto della politica energetica della Cina la quale apre  una centrale energetica a carbone ogni settimana e mezzo (***) .

    In altre parole, per giustificare la propria esistenza politica all’interno delle istituzioni si adottano sempre nuove limitazioni e divieti alla libera circolazione delle persone giustificandoli con la applicazione di una rinnovata attenzione all’ambiente.

    Mai come ora l’attacco alla democrazia avviene proprio da chi la democrazia dovrebbe rappresentarla.

    (*) https://www.ilgazzettino.it/nordest/primopiano/auto_inquinanti_vecchie_scatola_nera_tetto_di_chilometri_regione_veneto-7613792.html#amp_tf=Da%20%251%24s&aoh=16939826380606&csi=0&referrer=https%3A%2F%2Fwww.google.com&ampshare=https%3A%2F%2Fwww.ilgazzettino.it%2Fnordest%2Fprimopiano%2Fauto_inquinanti_vecchie_scatola_nera_tetto_di_chilometri_regione_veneto-7613792.html

    (**) https://www.ilpattosociale.it/politica/quale-democrazia-dal-diritto-alla-pianificazione-del-premio/

    (***) https://www.ilpattosociale.it/attualita/lapocalisse-settimana-dopo-settimana/

  • Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata

    Tutto ciò che sentiamo è un’opinione, non la realtà.

    Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità.

    Marco Aurelio

    Quando il giornalista e scrittore Carlo Lorenzini, cominciò a scrivere e pubblicare tra il 1881 ed il 1882 con lo pseudonimo Carlo Collodi i suoi racconti, parte della serie Storia di un burattino, non aveva immaginato il grande interesse dei lettori. Il che convinse e spinse l’autore a ripresentare la serie, elaborata ed allargata, come un libro per i ragazzi, con il titolo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Il libro, pubblicato nel 1883, attirò subito l’attenzione, l’interesse e l’apprezzamento dei lettori. Da allora quel libro ha avuto sempre un grandissimo successo ed è stato tradotto e pubblicato, a più riprese, in molti Paesi del mondo. Nonostante sia stato presentato come un’opera della letteratura per l’infanzia, piena di personaggi immaginari, il libro, con il suo contenuto, il significato dei suoi insegnamenti e delle sue allegorie serve ed è utile non solo per i ragazzi, ma anche per gli adulti. Sono noti ai tantissimi lettori in tutto il mondo, da quanto Collodi cominciò a pubblicare i suoi primo racconti, parte della serie Storia di un burattino ad oggi, tutti i personaggi del libro. Partendo da mastro Geppetto, un artigiano che con le sue mani costruì, con il legno dato da mastro Ciliegia, un burattino al quale diede anche un nome: Pinocchio. Pinocchio che si comportava come un vero bambino e, siccome mastro Geppetto non aveva figli, egli diventò il suo figlio amato. Così come sono noti la Fata turchina, la protettrice di Pinocchio, il Grillo parlante che rimproverava e consigliava sempre Pinocchio, ma al quale lui non dava retta e spesso anche si arrabbiava. Sono noti anche Mangiafuoco, che era il proprietario di un teatrino di marionette e burattini e che, commosso da quello che senti da Pinocchio, diede a lui cinque zecchini d’oro per portarli a mastro Geppetto. E chi non si ricorda del Gatto e della Volpe che volevano ingannare Pinocchio e prendergli proprio quei cinque zecchini, Ma anche del suo amico Lucignolo che convinse Pinocchio ad andare insieme a divertirsi nel Paese dei Balocchi e tutti gli altri personaggi del libro. Per il noto filosofo, scrittore e politico italiano Benedetto Croce Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è “una fra le grandi opere della letteratura italiana”. Per lui “il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità”. Una metafora molto significativa del noto filosofo, questa, che fa riflettere.

    Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un libro che insegna a tutti, ragazzi ed adulti, ad essere attenti ai propri comportamenti perché possono generare conseguenze non gradite e anche dannose. Insegna che bisogna sempre rispettare i grandi sacrifici fatti per te da chi ti vuole bene. Un libro che, tramite quello che accade ai personaggi, soprattutto a Pinocchio, insegna a tutti quanto importante è non mentire e dire la verità. Un libro che insegna il valore dell’onestà e di altri principi morali. Un libro che insegna quanto sia importante imparare dagli errori fatti. Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un libro che insegna e consiglia anche di non fidarsi degli imbroglioni e di stare ben attenti e lontani dalle cattive compagnie. E molto significativo quanto disse il Grillo parlante a Pinocchio per dissuaderlo a seguire il Gatto e la Volpe, che volevano derubargli i quattro zecchini rimasti, dopo che con uno aveva pagato la cena in osteria. Erano proprio quei cinque zecchini d’oro che Mangiafuoco, commosso, aveva dato a Pinocchio per portarli a Geppetto. Ebbene, il Grillo parlante disse, a Pinocchio: “Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!”. Un ammonimento ed un consiglio che è un insegnamento molto significativo ed utile per tutti, ragazzi ed adulti, in tutti i tempi ed in tutto il mondo.

    All’inizio della scorsa settimana la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha interrotto le sue vacanze in Puglia per andare in “visita privata” in Albania, ospite del suo “amico” il primo ministro albanese. Insieme con la sua famiglia hanno lasciato la masseria di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, alla vigilia di Ferragosto, per andare ospiti del nuovo “amico” albanese. Una visita improvvisa quella della Presidente del Consiglio dei ministri in Albania che è stata subito però diffusa dalle fonti mediatiche, sia in Italia che in Albania. Anzi, essendo scarse le informazioni, comprese anche quelle ufficiali da Palazzo Chigi, all’inizio della “visita privata”, i media in Italia hanno fatto riferimento alle notizie dei media albanesi, comprese anche alcune immagini video. Ci sono però delle versioni diverse e anche contraddittorie sia dei motivi della visita, che del mezzo usato per l’attraversata dell’Adriatico, dalle coste brindisine a Valona in Albania. Ma comunque sia, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia e la sua famiglia hanno preferito passare il Ferragosto come ospiti del primo ministro albanese. Quest’ultimo aveva annunciato poco prima della visita: “Anche Giorgia Meloni farà un po’ di ferie in Albania”. Ma è stata una vacanza un po’ più lunga di quella annunciata dalle fonti mediatiche all’inizio della visita. E, guarda caso, proprio nello stesso periodo, ospiti del primo ministro albanese erano anche l’ex primo ministro dell Regno Unito, Tony Blair con sua moglie. Non si sa però se è stato un caso che due attuali primi ministri ed un ex primo ministro si trovassero nello stesso periodo e nello stesso posto, nella residenza governativa in riva alle coste ioniche dell’Albania. Si sa però che l’ex-premier del Regno Unito, da quando l’attuale primo ministro albanese, nel 2013, cominciò il suo primo mandato è diventato il suo “consigliere speciale”. Ma un consigliere “non pagato” (Sic!). Proprio lui che, da quando ha smesso di fare il premier, sta facendo il “consigliere” in diversi Paesi, soprattutto in Africa. Ed in alcuni casi è stato coinvolto anche in scandali finanziari. Le cattive lingue dicono che anche in Albania lui stia facendo fortuna. E si sa, le cattive lingue sanno molto.

    Il primo ministro albanese, fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, sta abusando clamorosamente del bene pubblico. Lui da alcuni anni controlla tutti e tre i poteri ben definiti da Montesquieu: il potere esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. Da circa un anno il primo ministro controlla anche l’istituzione della Presidenza della Repubblica che, per la Costituzione albanese, è l’istituzione più importante del Paese. Il che significa che in Albania il sistema non è più democratico. Sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, risulta che il primo ministro albanese sia il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza dittatoriale tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali e internazionali. Il primo ministro albanese è ben noto nella madre patria per le sue continue bugie, dette come se niente fosse. In Albania è da anni di dominio pubblico il fatto che il primo ministro sia un innato e sfacciato bugiardo ed imbroglione. Che sempre cerca di mentire e di ingannare quando si trova in difficoltà. E lui si trova sempre in difficoltà. Come anche in questi ultimi giorni, con due clamorosi scandali, quello degli inceneritori e l’altro della sterilizzazione dei mezzi/utensili che si usano negli ospedali. Sullo scandalo degli inceneritori il nostro lettore è stato informato anche durante queste ultime settimane. Sull’altro che è riscoppiato la scorsa settimana, il nostro lettore verrà informato nelle prossime settimane.

    Ebbene, in queste difficili situazioni in cui si trova il primo ministro albanese e dovendo affrontare anche un nuovo disaccordo con il suo omologo greco, ha ben pensato di “invitare” in Albania per una “visita privata” in riva alle coste ioniche dell’Albania, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia. E, come al solito, lui non si risparmia in “elogi”. Proprio il 2 agosto scorso, due giorni prima dell’arrivo della sua omologa italiana, la “tigre”, la sua “sorella Giorgia”, il primo ministro albanese ha dichiarato ad un media italiano che “nella scena internazionale Giorgia ha sorpreso tutti e alla grande, direi, perché si aspettavano un mostro fascista che avrebbe marciato sull’Europa e si sono trovati davanti una donna con una abilità mostruosa nel comunicare da grande europeista, senza sbagliarne una”. Ma nel frattempo in Albania continua ad essere in carcere una persone che vinse come sindaco durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso. Una persona arrestata in palese violazione della legge proprio due giorni prima delle elezioni. Lui è stato eletto sindaco proprio nel municipio dove si trova anche la villa governativa in cui è stata ospite la Presidente del Consiglio e la sua famiglia dal 14 al 17 agosto scorso. Si tratta di una zona dove si sta abusando dei terreni sulla costa ionica e che il sindaco eletto aveva promesso di mettere ordine. Ma adesso lui si trova ancora in prigione, in palese violazione delle leggi e delle convenzioni internazionali sul diritto dell’uomo. E non a caso, il primo ministro della Grecia sta dichiarando che con le sue decisioni contro i diritti dell’uomo il primo ministro albanese non avrà mai l’appoggio della Grecia nel percorso europeista dell’Albania, Come diretta conseguenza il primo ministro albanese non è stato invitato lunedì scorso, 21 agosto, alla cerimonia ospitata dal primo ministro greco per ricordare il vertice di Salonicco tenutosi venti anni fa, durante il quale si decise anche sul futuro europeista dei Balcani occidentali. Chissà se la presidente del Consiglio dell’Italia sapeva di questi sviluppi mentre era ospite in Albania?! Perso ormai l’appoggio della Grecia, il primo ministro albanese cerca di avere e di sottolineare l’appoggio della sua omologa italiana. Dopo la “visita privata” della famiglia della Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia sulle coste albanesi, il primo ministro ha dichiarato, in un’intervista ad un media nazionale italiano, che durante il soggiorno albanese con lei avevano “…scambiato alcune idee, perché c’è molto da fare tra l’Italia e l’Albania”. Sottolineando che la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia “…appoggia l’ingresso dell’Albania nell’Unione europea ed è un’amica degli albanesi”. Dando così anche un messaggio al suo omologo greco. Il primo ministro albanese, intervistato da un altro media italiano, ha dichiarato che con la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avevano “parlato a lungo di relazioni internazionali” e di “integrazione europea”. Aggiungendo, da buon leccapiedi qual è, che “Giorgia è incredibile. Possiamo dire che è nata un’amicizia. Ma soprattutto, che lei è una politica concreta, altro che pericolo fascista”. E non è mancata neanche la risposta della sua illustre ospite che, dopo il ritorno in Italia, ha scritto: “Grazie per avermi ospitata nella vostra terra e per la calorosa accoglienza ricevuta Edi. Ti aspetto in Italia!”. Da quelle parole risulterebbe che tra i due si è stabilito un “amichevole legame”. Ma la Presidente del Consiglio dovrebbe essere molto attenta alle “lusinghe” del suo omologo albanese. Dovrebbe capire che la sta solo e semplicemente usando, in un periodo molto, ma molto difficile per lui. Difficoltà causate sia dagli innumerevoli scandali in Albania, che da un’indagine in corso negli Stati Uniti d’America. Un’indagine a carico di un ex alto funzionario del FBI (Federal Bureau of Investigation – Ufficio nazionale per l’investigazione; n.d.a.), nella quale viene citato per ben quattordici volte il nome del primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato anche di questo.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto molto altro da analizzare su quella visita della Presidente del Consiglio dell’Italia. Una visita che doveva essere evitata. Chissà però perché la Presidente del Consiglio ha deciso di incontrare il suo “amico” autocrate?! La presidente del Consiglio dovrebbe rileggere ed imparare dal libro Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Dovrebbe fare tesoro anche del pensiero di Marco Aurelio, secondo il quale “Tutto ciò che sentiamo è un’opinione, non la realtà. Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità”. E tutto quello che dice e che vuol fare apparire il primo ministro albanese sono bugie ed inganni.

  • La politica degli annunci

    Corretta e coraggiosa la dichiarazione del ministro Giorgetti, in sintesi la legge di bilancio sarà difficile e complessa e non si potrà fare tutto quello che il governo  avrebbe voluto fare.

    Ovviamente, come già in altre occasioni con altri governi, continuiamo a chiederci perché promettere quanto, conti alla mano, si sa di non poter mantenere in tempi rapidi, perché continuare con la politica degli annunci creando illusioni e disillusioni.

    Sappiamo tutti, almeno quelli che non sono in malafede, che la situazione è molto difficile sul piano interno, europeo ed internazionale: alla guerra in Ucraina dobbiamo aggiungere la crisi del grano, anche questa voluta dalla Russia, e dei prodotti agricoli flagellati dalla siccità o dalle alluvioni, lo sbarco di decine di migliaia di migranti per i quali occorrono strutture e risorse, il cambiamento climatico che sta creando vere emergenze.

    L’Italia sembra che sul piano economico risponda meglio di altri stati ma le casse dello Stato non hanno adeguate risorse per dare il via a tutte le iniziative che il governo vorrebbe e certamente prima di pensare al ponte sullo Stretto sarà bene provvedere a mettere in sicurezza le troppe strutture pericolose e pericolanti e dare il via a quella riforma sanitaria senza la quale troppi italiani sono rimasti senza servizi adeguati.

    Bene allora la coraggiosa dichiarazione di Giorgetti ma ora ci aspettiamo che il governo riveda le strategie senza cadere nella vecchia abitudine della politica politicante di dare un contentino a questa e a quella forza politica non tenendo  conto delle vere urgenze delle famiglie e delle attività produttive

    Certo avere una opposizione più intelligente e meno inutilmente astiosa sarebbe di aiuto ma al momento non si vedono sbocchi in questo senso salvo qualche dichiarazione di Renzi.

  • I tre asset istituzionali

    La maggioranza di governo persegue due obiettivi programmatici ambiziosi e considerati compatibili.

    Il primo è rappresentato dal riconoscimento di una maggiore autonomia per le regioni del Veneto(*),  Lombardia ed Emilia Romagna. Il secondo, viceversa, prevede una forte riforma istituzionale e contemporaneamente della divisione di poteri attraverso l’elezione diretta del Presidente del Consiglio o in subordine del Presidente della Repubblica

    Nel caso in cui queste due importanti riforme venissero entrambe approvate dai due rami del Parlamento ci troveremmo di fronte a un asset istituzionale caratterizzato da un insostenibile terzetto di istituzioni locali. in quanto alle cinque regioni a statuto autonomo si dovrebbero aggiungere altre tre dotate di una maggiore autonomia amministrativa sulle materie delegate ed infine una terza rappresentata dalle regioni a statuto ordinario.

    In questo contesto la stessa elezione diretta del Presidente del Consiglio rappresenterebbe per gli abitanti delle tre tipologie di regioni prerogative ed aspettative decisamente differenti proprio in rapporto al livello di autonomia conseguito dalla propria regione di residenza.

    Uno stato federale, infatti, non si può reggere su tre diversi asset istituzionali la cui differenza si basa sul riconoscimento di tre tipologie di autonomia amministrativa e fiscale.  Viceversa, tutti gli asset istituzionali basati sul riconoscimento del federalismo trovano la propria ragione costitutiva quando esprimono un stato centrale più o meno titolare di prerogative, in aggiunta al riconoscimento dei poteri locali demandati ai singoli Stati o alle regioni.

    Al di là, quindi, delle dichiarazioni formali della maggioranza, emerge evidente come molto probabilmente verranno disattese le legittime aspettative di maggiore autonomia amministrativa da parte dei veneti  e  contemporaneamente si abbandonerà una qualsiasi riforma verso un presidenzialismo anche se spurio.

    La realtà politica attuale dimostra come nessuno di questi obiettivi di “riforme istituzionali” sia nella realtà raggiungibile in quanto il vero l’obiettivo di queste “visioni istituzionali” rimane quello di sostenere un alto interesse che rappresenta la molla per mantenere il proprio consenso elettorale.

    (*) A fronte anche di un referendum dall’esito plebiscitario

  • Ricordando Vittorio Prodi

    La morte di Vittorio Prodi lascia un vuoto nel mondo della scienza e della cultura, voglio inoltre ricordare il suo importante impegno come parlamentare europeo, anni nei quali ho avuto modo di conoscerlo come collega ed apprezzarlo anche per la grande umanità.

    Alla famiglia e al Presidente Prodi, colpito in poco tempo da un nuovo grande dolore, la mia più sentita partecipazione.

  • Il colpevole silenzio istituzionale

    Per oltre quarant’anni il confronto tra i negazionisti delle Foibe e le vittime della furia titina ha rappresentato uno dei dibattiti più accesi e controversi all’interno della lettura della Seconda guerra mondiale.

    La peggiore sinistra di sempre, quella massimalista, per quarant’anni ha sempre negato l’esistenza delle stesse Foibe ed ancora oggi organizza, con la complicità dell’Anpi, congressi all’interno dei quali vengono ospitati appunto esponenti del negazionismo dello sterminio degli italiani.

    Pur esprimendo il massimo disprezzo intellettuale verso queste posizioni politiche che sostengono questa posizione negazionista, tuttavia nessuno ha mai pensato di vietare la loro libera espressione di pensiero. Piuttosto si sono solo contestati l’utilizzo dei finanziamenti pubblici a favore di queste associazioni che appoggiano il negazionismo del dramma degli infoibati.

    Il medesimo approccio intellettuale vale per gli ex brigatisti i quali, dopo avere scontato la propria pena, hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni: sempre al di fuori di contesti pubblici o di associazioni che ricevano finanziamenti statali, come recentemente si era verificato all’interno di un ateneo.

    Questo “doloroso ed impegnativo” riconoscimento della libertà di pensiero sempre valido anche per esponenti intellettualmente disprezzabili, non è stato apprezzato come massima espressione del senso Democratico della Libertà.

    Ora, addirittura in un colpo solo, viene cancellato ogni valore democratico dalla proposta decisamente eversiva espressa da Bonelli, il quale intende inserire il reato d’opinione relativo al negazionismo ambientale.

    Un reato di opinione che porterebbe il nostro Paese indietro di settant’anni anni e il cui solo accenno avrebbe dovuto scatenare immediatamente le ire delle massime cariche istituzionali, a cominciare dal Presidente della Repubblica, della Camera e del Senato.

    Viceversa il silenzio istituzionale che rimbomba nel nostro Paese testimonia un supino assenso all’introduzione di questo reato di opinione, e contemporaneamente il sostegno ad un processo che vede un sistema democratico declinare verso uno stato etico all’interno del quale i diritti vengono riconosciuti se, e solo se, aderenti ai principi ed ai paradigmi statali.

    Mai come ora il silenzio delle massime autorità istituzionali e di una ampia parte dello schieramento politico di fronte ad un rigurgito eversivo, simbolo di un nuovo autoritarismo etico, si trasforma in una supina forma di complicità.

    Questo silenzio esprime, quindi, una inconfessabile forma di sostegno politico al nuovo autoritarismo etico.

  • In ricordo di Donatella Albanese Servello

    Anche Donatella ci ha lasciato, per anni per noi era la signora Donatella, custode implacabile dell’ufficio del marito, l’on Franco Servello, e infaticabile risolutrice di tutti i problemi e le idee che venivano dal vulcanico e severo deputato che tra Milano, Roma ed il resto d’Italia non aveva mai requie.

    Nella loro lunga vita insieme hanno affrontato molte avversità, sconfitto paure ed inganni, difeso identità e speranze, sopportato ingiustizie e assaporato successi, sempre con la stessa normalità di vita.

    Da Radio University, nell’ufficio di Franco, alla sede del Msi in via Mancini, da Viale Abruzzi ad altre case ed uffici, sempre pieni di carte, libri, iniziative, non si è mai tirata indietro Donatella, ad ogni comizio era lì, con le sue antipatie e simpatie tenute nascoste per non intralciare quel mondo politico sul quale vegliava e che spesso non le ha riconosciuto il ruolo che rappresentava.

    Diciamolo pure, dopo la morte di Franco Servello molti di noi, di quel noi che fummo e che anche a lei dovevamo tanto, avrebbero dovuto starle un po’ vicino, bastava qualche telefonata, magari invitarla qualche volta. Mi diceva “siete rimasti in pochi a ricordarvi di me“, cercavo di distrarla con gli articoli del Patto Sociale così come faceva Benedetta raccontandole di progetti e speranze. Poco prima di Natale, in un bar vicino a casa sua, dove ci eravamo dati appuntamento anche in vista anche del suo compleanno, disse ad Anastasia “lo so che tu piangerai al mio funerale”.

    Cara Donatella al tuo funerale piangeremo in tanti, quelli che ci saranno e quelli che non potranno esserci, piangeremo perché con te se ne va un’altra parte del nostro passato, perché il pudore a volte, a volte l’arroganza di credere che si abbia davanti tutto il tempo che si vuole, a volte la superficialità o l’urgenza del presente ci fanno dimenticare che il presente esiste perché c’è stato il passato.

    Tu sei stata tanta parte del nostro passato e resterai Presente nel cuore e nella mente di chi ti ha voluto bene.

  • Mettiamo i puntini sulle i

    Qualche giorno fa Salvini, in una delle sue molteplici interviste, ha dichiarato di voler riunire in Europa tutti i partiti di destra in coalizione, alleanza, con il Partito Popolare Europeo.

    Tajani, anche a nome del PPE, ha sottolineato che nel Gruppo Popolare non può e non potrà esserci spazio per i movimenti di estrema destra, come il partito della Le Pen, o che comunque rappresentano filoni politici contrari ai valori del Partito Popolare Europeo.

    Salvini ha ribadito che anche il Movimento Sociale Italiano era stato sdoganato da Berlusconi e che perciò Forza Italia non poteva, non doveva essere contraria all’ingresso nei popolari, o in una coalizione con loro, del partito della Le Pen.

    Tanto per rinfrescare la memoria di tutti, cominciando da Salvini, se è vero che Berlusconi, alleandosi con la Lega nel nord Italia e con l’MSI al centro sud andò per la prima volta al governo con gli alleati è altrettanto vero che l’MSI si era sdoganato da solo con il consenso di voti che era andato via via aumentando.

    Ancora più importante ricordare che Forza Italia in Europa, dove si era presentata come Forza Europa, non volle mai fare gruppo con i deputati del Movimento Sociale e neppure in seguito con quelli di Alleanza Nazionale e che l’Msi, dal 1989, non aveva più fatto gruppo con il partito di Le Pen.

    Il Movimento Sociale e poi Alleanza Nazionale in seguito costruirono in modo indipendente e lineare il loro percorso europeo fino alla creazione del gruppo Unione per l’Europa delle Nazioni, senza nessun aiuto, neppure esterno, da Forza Italia, anzi si subirono anche qualche non dimenticato e non marginale ostacolo.

    Forse sarebbe bene che tutti si andasse a rileggere la recente storia, dal 1989 sono passati 34 anni, molte cose sono accadute e molti di quegli avvenimenti hanno portato fino ai giorni nostri, ignorare o manipolare il percorso che i deputati europei prima del Msi e poi di AN hanno fatto, raggiungendo traguardi politici che oggi sono presentati come novità e che invece prendono origine da battaglie, impegni, visioni del passato, non giova a nessuno.

    Forza Italia dopo aver rifiutato di fare gruppo con il Msi/AN. fece parte, con colleghi di altri Stati, del gruppo UPE che poi lasciò per andare con il Gruppo Popolare, l’adesione al Gruppo Popolare non avvenne come partito, i deputati forzisti aderirono tutti singolarmente, questo era la condizione voluta dai Popolari.
    Le stesse condizioni di adesioni personali, e non di partito politico, i popolari le richiesero anche nel 2009 alla formazione che aveva inglobato in un unico soggetto, in Italia, Forza Italia e Alleanza Nazionale con il nuovo nome di Partito del Popolo delle Libertà.

    Ricordiamo anche come l’esperimento del nuovo soggetto politico finì poi malamente.

    Perciò Salvini, e non solo, si ripassi la storia recente e non tiri fuori a sproposito il nome del Msi.

  • Il tallone di Achille dell’Autonomia Differenziata è l’incostituzionalità

    Non ci vuole un dottorato in diritto costituzionale per capire che l’impianto giuridico dell’Autonomia Differenziata è una selva di violazioni della Carta Costituzionale, impossibile da attuare specialmente sul terreno della gestione delle risorse.

    Cionondimeno, fino ad oggi, pur a fronte di dubbi e qualche incidente velocemente insabbiato, come l’analisi del Servizio Bilancio del Senato, che appunto ne metteva in discussione lo scorso maggio l’insostenibilità finanziaria e il conseguente rischio di vulnerare il principio di equità ed eguaglianza dei diritti dei cittadini, ha potuto continuare senza troppe scosse il suo iter.

    Però si tratta di una barca che galleggia grazie ad una enorme bolla d’aria, ma con grandi buchi nella carena, priva di vela e senza motore, inevitabilmente destinata ad affondare appena evaporerà la bolla di bugie, falsità e irreparabili anticostituzionalità che la caratterizzano.

    Ad aiutare a fare chiarezza, hanno senz’altro contribuito le dimissioni dal Comitato per l’individuazione dei LEP e del fabbisogno di quattro dei suoi più autorevoli componenti, che ne hanno rilevato appunto l’incostituzionalità, con la violazione in merito proprio al rispetto dei termini sanciti per garantire in tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali a tutti gli italiani e nella esigenza di eliminare, o quanto meno ridurre, le distanze tra regioni ricche e fragili del Paese.

    I quattro saggi Amato, Bassanini, Gallo e Pajno, ritengono che non solo l’impostazione della legge non consente di adempiere a tali fondamentali obiettivi, ma anche che le modalità per stabilire i costi dei LEP non prevedono meccanismi per valutare una definizione puntuale del costo degli stessi, tale da assicurare standard adeguati anche nei territori che oggi ne sono sprovvisti e, conseguentemente, della definizione dei maggiori costi che, appunto, non sono previsti.

    Ma, soprattutto, secondo i quattro dimissionari, rimangono irrisolti alcuni problemi di fondo come l’incoerenza di consentire alle commissioni paritetiche regionali il diritto di decidere i nuovi LEP, e i relativi costi standard, materia per materia e con il solo vincolo della disponibilità delle risorse erariali nel proprio territorio, senza che prima venga costruito l’intero complesso dei LEP per i diritti civili e sociali in tutta Italia, onde evitare il rischio dell’esaurimento delle risorse a disposizione.

    Inoltre eccepiscono l’inconcepibile esclusione del Parlamento nel ruolo centrale che gli compete, come organo di elaborazione dei costi standard dei LEP.

    Una esclusione del Parlamento che viola l’art. 117 lett. m) della Costituzione (competenza legislativa esclusiva), ma anche perché spettano al Parlamento – e non alle commissioni paritetiche regionali – le decisioni sulla allocazione delle risorse pubbliche.

    Fin qui le corrette valutazioni dei quattro dimissionari che danno uno spaccato ben preciso alla incostituzionalità del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata, ma nei fatti c’è molto di più.

    Infatti, oltre alla citata violazione degli art. 116 e 117, secondo comma lett. m) della Costituzione, risultano ulteriori violazioni gravi della Carta Costituzionale, tra cui quella dell’art. 117, comma 2 lettera e) che sancisce la legislazione esclusiva dello Stato in merito alla perequazione delle risorse finanziarie; nonché quella ancora più inaccettabile, dell’art. 119, comma 3 e cioè l’eliminazione di fatto del Fondo Perequativo.

    Quest’ultima violazione, in pratica sostituisce il Fondo Perequativo con le parole “Misure Perequative”, ricorrendo dunque a una locuzione generica, peraltro riportata solo nel titolo dell’articolo 9 del ddl Calderoli, che di fatto elimina ogni forma di solidarietà delle regioni ricche nei confronti delle regioni fragili, anche perché  prevede di “perequare” attraverso l’individuazione dei Fondi strutturali dell’Unione Europea e quelli della coesione nazionale, da sempre già disponibili per le regioni fragili. Quindi una perequazione inesistente, ma con l’aggravante di un aumento della platea che fino ad oggi ha avuto accesso a tali risorse, per l’estensione alle regioni fragili del Centro e del Nord.

    Insomma una legge fortemente anticostituzionale, che viola le norme di corretta gestione della contabilità pubblica, laddove non prevede alcun monitoraggio dei flussi finanziari Stato-Regioni, man mano che le commissioni paritetiche delibereranno in merito ai nuovi LEP e stabiliranno in maniera autonoma e arbitraria, unicamente in base alle rispettive disponibilità erariali, i nuovi costi standard, il cui effetto sarà il veloce prosciugamento delle disponibilità finanziarie dello Stato, che verrà inevitabilmente svilito nel suo ruolo e, con esso, ogni principio di reale valore patriottico a discapito della stessa Unità Nazionale.

    Ecco perché è fondamentale fermare questo disegno di legge e puntare ad una sua profonda modifica, con l’introduzione di criteri di equilibrio, monitoraggio, perequazione e garanzia di sostanziale parità dei LEP e dei costi standard per tutti gli italiani, nel rigoroso rispetto delle norme costituzionali.

    *Presidente di Europa Nazione

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