Politica

  • Terzo polo per tornare alla politica

    Da sempre siamo convinti che gli ultimi sistemi elettorali, basati sull’imposizione del bipolarismo e togliendo agli elettori il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti, abbiano portato alla confusione politica ed all’astensionismo di questi anni.

    Anche questa volta andremo alle urne con una legge sbagliata che invita i partiti a raggrupparsi non su progetti comuni ma solo sulla speranza di battere lo schieramento opposto. Questo è un pessimo presupposto per la prossima legislatura che vedrà un parlamento ancora meno influente e meno capace di rappresentare gli elettori prima dei capi partito.

    Per cercare di vincere sia lo schieramento di destra che di sinistra hanno creato cartelli elettorali tra partiti che hanno diversità sostanziali di vedute sul presente e sul futuro dell’Italia, anche nel contesto europeo ed internazionale.

    I cartelli elettorali sono stati creati solo per cercare di ottenere più seggi dello schieramento avversario, pur sapendo che incolmabili divergenze, dall’ambiente all’economia, dalle riforme strutturali e sociali alle necessarie posizioni da prendere di fronte a guerre che incalzano alle nostre porte, non consentiranno comuni azioni di governo o di opposizione ma porteranno a continui conflitti e veti incrociati.

    La nascita di un terzo polo, da tempo annunciato ma in continuo divenire, anche per responsabilità di alcuni, potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione e portare ad un parlamento consapevole della necessità di una nuova legge elettorale, nel segno della democrazia e del rispetto degli elettori. Un parlamento che dovrebbe anche cominciare a parlare della democrazia che manca all’interno dei partiti.

    I prossimi giorni ci diranno chi avrà il coraggio di uscire dall’ambiguità rischiando numericamente, forse, meno seggi ma ottenendo consensi propri e chiari così che si possa riprendere a fare politica e non soltanto ottenere somme di interessi contrapposti.

    Guardiamo con interesse a coloro che non vogliono annullare le proprie idee, che le condividiamo o meno, nel cartello di chi ha come unico obiettivo chiaro e primario quello di sconfiggere gli altri e poi, nonostante promesse varie, non sarà in grado di fare nulla.

  • Riflettere per non farci ingannare ancora una volta

    In una situazione di grave incertezza, globale e nazionale, ogni giorno aumentano problemi e pericoli come dimostrano le gravi tensioni tra Kosovo e Serbia, le dichiarazioni di Putin e l’escalation costante delle nefandezze perpetrate dalla Russia contro l’Ucraina.

    E vi è anche un costante aumento delle violenze in Italia, violenze commesse da persone in parte insospettabili in parte non controllate a sufficienza, una violenza fisica e verbale sintomo anche di un malessere diffuso e del clima di incertezza che ormai è generalizzato.

    Apparentemente inconsapevoli della delicatezza della situazione mass media e partiti continuano a gettare paglia sul fuoco fomentando odio e reciproche incomprensioni, intanto il partito degli astensionisti continua, almeno nelle intenzioni di voto, ad aumentare.

    Gli appuntamenti che attendono il futuro governo, legge di bilancio, riforme, fondi europei etc sembrano non entrare ancora nella vera agenda dei leader di partito tutti tesi a inseguire più o meno reali o ipotetiche alleanze siglate non su un progetto comune ma solo sulla speranza di andare al governo, purché sia e con chiunque.

    Una cosa è certa, molti, moltissimi, non voteranno chi ha fatto cadere il governo Draghi, non voteranno per chi ha avuto ed ha qualunque tipo di simpatia con Putin.

    La verità è che Putin si avvantaggia ogni giorno anche per colpa delle debolezze, incertezze, ambiguità di molti di coloro che sono, dall’inizio, stati solidali con l’Ucraina aggredita e martoriata e che oggi, per tentare alleanze elettorali, sembrano dimenticare la gravità di recenti affermazioni di loro possibili o reali alleati.

    Nel caldo di questa estate non dimentichiamoci, mentre Draghi tenta di salvare il salvabile, di pensare e riflettere per non farci ingannare ancora una volta.

  • Non c’è limite alle bassezze morali

    Ci sono donne e uomini piccoli di statura e donne e uomini piccoli di testa, di sentimenti, di programmi, di percezioni, magari proprio le stesse e gli stessi che sono grandi, spropositati per ambizioni ed interessi.

    Giudicare una persona per il suo fisico è tipico di chi esorcizza i suoi complessi negandoli e cercando di ferire gli altri. In questi tristi giorni di corbellerie politiche abbiamo sentito troppe frasi ingiuriose sul fisico altrui, non giudizi sui contenuti ma sulle altezze o rotondità senza che alcuno pensasse a guardare in casa propria.

    Proprio non c’è limite alle bassezze morali.

  • L’eutanasia dei partiti

    I partiti hanno fatto Harakiri, perché il loro degrado, ed ormai l’evidente incapacità di elaborare analisi politiche, li ha portati irrimediabilmente al suicidio.

    Una stupidata incomprensibile, commessa da un ex premier che non ha mai brillato per carisma e personalità, spinto da ciò che resta dell’intellighenzia, si fa per dire, dei rivoluzionari grillini, è stata di colpo fatta propria da parte dell’intero centrodestra, accecato dalle dinamiche di concorrenza interna, che si è addossato la responsabilità di essere il vero killer dell’unico governo che avrebbe potuto realizzare le riforme, che costituiscono l’unico vero strumento per salvare l’Italia dalle perniciose logiche dell’immobilismo delle lobby, che la stanno logorando.

    I partiti, che erano sull’orlo di una crisi esistenziale, impediti nel ricorso alla spesa pubblica dal cerbero Draghi, hanno pertanto strumentalizzato l’errore di Conte e vinto la loro più importante battaglia, di tornare ad avere le “mani libere”, con cui potere affrontare le elezioni potendo tornare al tradizionale carosello di promesse ed elargizioni a puro scopo di acquisizione dei consensi elettorali.

    Il risultato di questa follia, sarà nientepopodimeno che la ripetizione dei disastri del passato, con l’aggravante di elezioni anticipate senza alcun soggetto politico concorrente, riconosciuto capace di esprimere una strategia per tutelare il presente e il futuro dell’Italia.

    Chiunque vincerà queste elezioni sarà incapace di realizzare, come negli ultimi quarant’anni, le riforme, non riuscirà per questo a consumare i passaggi per ottenere le rate ancora spettanti del PNRR, non sarà in grado di ultimare i progetti e sarà costretto a ripetere unicamente il ricorso all’ulteriore aumento del debito pubblico, fino a vedere realizzare gli scenari tremendi di fine 2011, che portarono alle dimissioni di Berlusconi, travolto dai mercati, dall’aumento esponenziale dello spread e dal ritorno dello spettro del default.

    La mancanza di competenze, di senso politico e di responsabilità dei partiti, specie quelli del centrodestra, che per tradizione culturale e storica dovrebbe sentire più degli altri questi valori, porterà l’Italia al disastro.

    Ed a rendere lo scenario ancora più cupo, dopo la scelta oscena dei partiti, in particolare del centrodestra, di assentarsi dal voto, nessuno è in grado di valutare il contraccolpo che la fine improvvisa e traumatica del governo Draghi provocherà sugli orientamenti del corpo elettorale nazionale, mai tenero con i responsabili delle elezioni anticipate, che oltretutto sarà chiamato a votare, per la quarta volta, senza una nuova auspicata legge che sottragga ai capi partito l’intollerabile esproprio del diritto degli elettori di scegliere i propri rappresentanti.

    Il disastro annunciato, gli assalti alla diligenza delle risorse UE e del bilancio nazionale, il ricorso all’indebitamento per acquisire consensi, senza più freni da parte di nessuno, non potranno che portare, in tempi brevi, all’inevitabile commissariamento della politica, per salvare, come nel 2011 il Paese dal default.

    E questa volta, speriamo, sarà la fine degli imbonitori da fiera e l’inizio di una nuova era di recupero della politica, fondata su partiti nuovi e costruiti sulla base di ideali valori, contenuti, progetti e soprattutto visioni, in un quadro di rafforzamento della coesione Europea, per affrontare le sfide dei nemici della democrazia e del nostro stile di vita.

  • Un triste spettacolo

    Dopo aver ascoltato oggi gli interventi di molti senatori comincio a chiedermi se non avesse ragione Renzi a chiedere l’abolizione del Senato…

    Come la gran parte degli italiani: lavoratori, pensionati, imprenditori, autorevoli rappresentanti dei mondi della cultura e del volontariato, esprimo la mia solidarietà a Draghi e la tristezza per lo spettacolo al quale abbiamo, ancora una volta, assistito per colpa di coloro che hanno tramutato la Politica nello strumento dei loro interessi.

    C’è però una buona notizia, con le prossime elezioni gran parte di quei deputati e senatori che ci hanno ammorbato con le loro insipienze non torneranno più, il problema è, però, purtroppo, che fino a che non ci sarà una legge elettorale che riconsegni agli elettori il diritto di scegliere i loro rappresentanti continueremo ad avere alla Camera e al Senato i nominati e servi dei capi partito.

  • Se Draghi…

    Se Draghi dovesse seguire il suo personale interesse perché mai dovrebbe accettare di rimanere, per qualche mese, a presiedere un governo formato da partiti che, chi più chi meno, hanno comunque dimostrato di preferire il proprio tornaconto elettorale all’interesse comune?
    Draghi è arrivato a Palazzo Chigi avendo già ottenuto dalla vita, per suoi meriti, i massimi successi e riconoscimenti, come dimostrano, una volta di più, le recenti dichiarazioni di tanti capi di Stato e di governo, accreditati organi di stampa e mondi economici.
    Se Draghi, come ha dimostrato in tante occasioni, tiene più al bene dell’Italia e dell’Europa, agli interessi legittimi di tutti quei cittadini, personalità culturali, categorie ed imprese, ed anche amministratori pubblici, che in questi giorni hanno alzato la testa chiedendogli di restare, Draghi non potrà che rimanere accettando il rischio.
    Rischi ce ne saranno e bocconi amari da far perdere la calma anche ad un santo perché molti di quelli che oggi gli chiedono di restare saranno i primi a cercare  di portarlo, poi, ai margini di quel mondo politico che credono di rappresentare.
    Se Draghi se ne va molti diranno che ha abbandonato la nave nella tempesta, che ha fatto prevalere l’orgoglio alle necessità del Paese.
    Se resta gli stessi, e non solo, diranno che si vuole appropriare della politica usurpando i partiti dal diritto di voto e che la democrazia ha subito un nuovo vulnus.
    La verità è che, comunque, Draghi, grazie alla sciagurata scelta di Conte, che una volta di più ha dimostrato di non capire niente, ha, proprio in questi giorni, trovato quella legittimità politica che i partiti hanno perso da tempo.
    Se ieri Draghi era stata una scelta di Mattarella, accettata per necessità dalla coalizione di tutti, salvo FdI, oggi, con la richiesta di rimanere che gli hanno espresso più di 1300 sindaci, il corpo accademico, sindacati di lavoratori ed imprenditori, associazioni della società civile e con il consenso espresso da tanti cittadini, Draghi ha ottenuto quell’investitura politica necessaria a renderlo personalità sopra le parti e politicamente, profondamente, dentro la cosa pubblica, la res pubblica.
    Come sempre mentre vi è chi cerca di costruire ponti per superare la crisi  altri distruggono e più si parla più è a rischio la credibilità italiana nel mondo e intanto i problemi si aggravano.
    Alcuni sembrano non essere  in grado di comprendere che se in democrazia votare è un diritto dovrebbe essere un dovere delle forze politiche, specie di quelle che chiedono ad ogni piè sospinto il voto come se fosse un mantra, chiedersi da dove deriva quella sfiducia che ha portato il partito dell’astensione ad essere ormai maggioranza relativa.
    I partiti promettono quello che, se governeranno, non saranno in grado di mantenere, si nutrono di atteggiamenti arroganti e frasi fatte, non hanno democrazia interna, continuano a scippare agli elettori il diritto di scelta, nominano i parlamentari secondo la loro vicinanza alla leadership invece che farli scegliere dai cittadini. La incapacità, non solo dei leader, di autocritica, l’assoluta certezza di avere la verità rivelata, la difesa di alcune categorie senza valutare le conseguenze nel contesto generale della società, la mancanza di cultura geopolitica, di empatia e l’indifferenza ad ogni seria analisi sociale sono tra le cause che,se continueranno, renderanno sempre più forte l’astensione.
    D’altra parte a un certo tipo di leader non importa che vadano a votare tutti ma solo che vadano a votare i loro sostenitori perché per certi politici politicanti la democrazia non è portare il più gran numero di elettori a poter scegliere liberamente ma arrivare al governo con la maggioranza di quella minoranza che si recata alle urne!

    Il retro pensiero di troppi è ormai da tempo “meno vanno a votare meglio è“, per averne conferma basta analizzare i dati delle elezioni di questi anni.

  • Tutte le ragioni di Draghi e il nuovo patto per salvare il Paese

    Non occorreva avere il dono della premonizione del futuro per intuire che tutti i partiti, dopo le elezioni del Presidente della Repubblica, avrebbero intrapreso la strategia per il progressivo logoramento di Draghi.

    E se è vero che a dare fuoco alle polveri è stato Conte, che in tal modo ha definitivamente confermato la sua inadeguatezza a qualsiasi ruolo politico, per assenza congenita di acume e carisma, non è purtuttavia l’unico responsabile del processo di delegittimazione continua delle attività dell’esecutivo a guida Draghi, che è la vera ragione delle dimissioni del Presidente del Consiglio.

    Non v’è dubbio infatti che Draghi abbia ragione su tutta la linea.

    Fino all’uscita scomposta e disperata di Conte, quali sono state infatti le dinamiche all’interno della maggioranza in relazione alla coerenza del patto di governo?

    Quale è stato il comportamento di tutti i partiti, specialmente su due elementi fondamentali e dirimenti per le sorti presenti e future del Paese e cioè le riforme e la politica di spesa pubblica, per non parlare dell’Ucraina?

    Sei mesi di dure polemiche quotidiane su ogni punto delle riforme, che sono state stravolte, mutilate, accantonate, svuotate e oggetto di battaglia politica, confermando la volontà dei partiti di non volere alcun effettivo cambiamento del sistema obsoleto, che costituisce il principale freno allo sviluppo economico e sociale nazionale.

    Non era, quindi, solo il M5S a creare problemi, che purtuttavia con le sue “battaglie identitarie”, dal superbonus di 32 miliardi di euro, e le sue conseguenti truffe plurimiliardarie, insieme al reddito di cittadinanza, ha fatto strame di risorse, penalizzato il mercato del lavoro e che, proprio sul mantenimento di queste norme assurde, ha avviato la crisi, ma anche Salvini ci ha messo molto di suo e FI, quando si è trattato di temi come la giustizia, la concorrenza o il fisco, a giocare all’opposizione e minare le proposte del governo, o lo stesso PD, che non si è sottratto alle “battaglie identitarie” e, oltre a concorrere alle modifiche delle proposte governative, votate da tutti i ministri all’unanimità, ha pensato bene di aggiungere altri temi divisivi come lo Jus scholae o la liberalizzazione delle droghe leggere, offrendo ulteriori motivi a chi cercava solo ragioni di scontro.

    Un Governo di unità nazionale, nato per le emergenze, che viene messo da mesi in costante stato di assedio e ricatto da tutti i partiti che lo compongono, come può adempiere al proprio mandato?

    Questa è la domanda, l’unica possibile di Draghi, nel decidere di dimettersi.

    Perché il vero problema è l’evidenza che ormai da anni i partiti italiani non hanno alcuna dignità, coerenza e visione politica.

    La cosiddetta rivendicazione della identità, sotto forma di provvedimenti, è la più patetica forma di ammissione di non avere alcuna reale identità, né ideologica, né ideale, né culturale, e soprattutto contenuti, progetti e visioni di un originale modo di concepire il governo del Paese.

    Partiti ridotti a comitati elettorali, che si auto-referenziano con la personalizzazione dei leader che, a loro volta, passano le giornate a pronunciare slogan del tutto vuoti di significato ed inseguono algoritmi come fanno i peggiori influencer della rete.

    Ecco perché quando la Meloni invoca le elezioni non è credibile, perché il popolo elettore non può essere chiamato a scegliere nel vuoto pneumatico in cui versa la politica attuale.

    Demandare al voto popolare, per la quinta volta consecutiva dopo il Porcellum, una scelta sul nulla è vergognoso e onestamente patetico, specialmente per l’esproprio della scelta dei rappresentanti, che rimane totalmente prerogativa dei capi partito. Quindi un vuoto politico ed una totale assenza di riferimento popolare sugli eletti, pura espressione della casta dei capi partito.

    Ma che sistema democratico è questo?

    Ma proprio perché la situazione è così devastata che occorre salvaguardare Draghi, quale oggettivamente unico soggetto dotato degli strumenti per offrire ciò che realmente serve al Paese, che è del tutto ignorato dalla politica.

    Ma Draghi non accetterà mai di restare alla Presidenza senza la certezza che questa politica faccia davvero un passo indietro.

    Ed allora l’unica soluzione è la stipula di un nuovo patto politico che fissi il perimetro delle riforme, delle linee di gestione dell’economia e della spesa pubblica, delle politiche di contrasto alla  pandemia e la conferma dell’impegno alla difesa dell’Ucraina dall’aggressione Russa, insieme ai partner europei, con un impegno d’onore che l’adesione a tale patto costituisca per tutti i firmatari un obbligo da osservare per tutta la durata del governo e definisca in questo l’identità dei partiti che hanno scelto l’unità nazionale quale bene comune da preservare e il rilancio del Paese attraverso le riforme.

    Un patto anti lobby, che dovrebbe essere condiviso da tutti i partiti per il bene comune e che produrrebbe in pochi mesi ciò che la politica italiana non è riuscita a realizzare in oltre 40 anni.

    Tale patto andrebbe sottoposto a tutti i partiti, compresi FdI, perché sarebbe l’unico modo giusto per azzerare le differenze elettorali per le prossime elezioni da tenersi nel 2023.

    I temi al di fuori del patto, che non riguardano le questioni del governo di unità nazionale, resterebbero terreno di confronto politico che non inficerebbe l’azione di salute pubblica, ma che consentirebbe il libero confronto dei partiti con i cittadini.

    Così si qualificherebbero nei fatti i veri patrioti e chi non ci sta, evidentemente, non lo sarebbe.

    Solo a queste condizioni, e con l’impegno dei partiti di fare una riforma elettorale che restituisca ai cittadini il diritto di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento, si potrebbe uscire dall’empasse e scongiurare una ennesima elezione inutile, al servizio unicamente della casta politica ingiustamente e catastroficamente dominante.

  • Gli interessi dietro le leggi elettorali e il disastro idrico

    Continua da mesi, ora più scoperta ora più in sordina, la solita diatriba sulla legge elettorale. Ormai mancano pochi mesi al voto, voto che da tempo alcuni sostenevano e sostengono di volere subito, voto che rischia di tramutarsi nella nuova vittoria dell’astensionismo.

    Ancora una volta, come nel passato, i partiti non sono alla ricerca di un sistema elettorale che rafforzi la democrazia, riportando gli elettori ad essere protagonisti delle scelte, ma sono concentrati, con alchimie e calcoli, per cercare di trovare la legge che ritengono più premiante per il loro schieramento.

    Nonostante tutti gli evidenti fallimenti del bipolarismo alcuni ancora cercano di scimmiottare sistemi e paesi diversi dal nostro che, per altro, vedono anche  loro la sempre maggior disaffezione degli elettori.

    Per chi vuole una democrazia più forte, con una più responsabile partecipazione degli elettori, le strade da percorrere e le decisioni da prendere sono evidenti.  Occorrono:

    1) un sistema elettorale proporzionale preferenziale con limite di sbarramento e rigide regole che impediscano spese scellerate o scorrette (senza la preferenza i deputati non saranno espressione dei cittadini ma continueranno ad essere scelti, nominati dai loro capi partito e non saranno mai veramente presenti e disponibili sul territorio ma più legati e dubbi al centro di potere partitico);

    2) nuove norme che portino i partiti ad avere statuti che garantiscano la democrazia interna ed il dibattito, con l’obbligo di avere i bilanci approvati dalla Corte dei Conti, problemi che già la nostra Costituzione affrontava ma che sono rimasti insoluti;

    3) riconquistare la fiducia dei cittadini con proposte serie per tutto il Paese, progetti che si occupino del presente guardando lontano, avendo una visione delle realtà economiche, scientifiche, geopolitiche e sociali. Le battute, gli slogan, le provocazioni e ancor di più la difesa degli interessi solo di alcune categorie, le promesse mai mantenute, gli interventi pubblici fumosi e tesi solo a colpevolizzare l’avversario, senza mai ammettere i propri errori, aumentano l’astensionismo e la ripulsa che i cittadini hanno ormai verso la politica.

    Tra i tanti gravi problemi di oggi, e di domani, alcuni, per essere risolti, necessitano di un comune senso di responsabilità:

    1. a) l’invasione dell’Ucraina ha smascherato le mire espansionistiche di Putin e la crudeltà di parte dei suoi eserciti, una guerra in Europa, con eccidi e stragi, non può essere accettata anche per la nostra stessa sicurezza perciò, ovviamente, mentre dovranno continuare tutte le iniziative per arrivare ad un tavolo di pace giusta dovremo continuare a dare all’Ucraina tutto il sostegno economico e militare necessario.
    2. b) L’aumento delle povertà ha bisogno di interventi che riportino il lavoro, e la sua equa retribuzione, al centro dell’attenzione senza pannicelli caldi o nuovi inutili bonus, per questo le opere pubbliche, dalle grandi alle piccole, non possono più attendere, pensiamo ai tanti cavalcavia e ponti da mettere in sicurezza, alle scuole fatiscenti, alle barriere architettoniche ancora presenti negli edifici pubblici, alla mancanza di una politica di edilizia popolare sia per nuove abitazioni che per ristrutturare quelle degradate che ci sono anche in grandi metropoli come Milano, Roma, Napoli. Pensiamo all’elefantiaca burocrazia che impedisce il decollo o la sopravvivenza di tante attività, dall’artigianato agli impianti per l’energia rinnovabile, alla mancanza di sufficiente preparazione di molti percorsi scolastici che, di conseguenza, non offrono sbocchi, o alle centinaia di migliaia di pratiche che giacciono nei tribunali per capire che non è il momento di proposte per catturare qualche consenso elettorale ma che la realtà ci impone di  ragionare su quanto si può effettivamente fare subito.
    3. c) La siccità, e le sue conseguenze economiche ed alimentari, mette in evidenza non solo i ritardi con i quali sono stati affrontati i cambiamenti climatici e la storica mancanza di attenzione all’ecosistema ma anche la colpevole indifferenza con i quali i tanti precedenti governi hanno ignorato la necessità di creare invasi, di mettere in funzione quelli esistenti, di rifare la rete idrica nazionale, che perde la metà dell’acqua potabile mentre ci sono ancora case che non hanno l’acqua corrente. Si è preferito ascoltare gli interessi di alcuni, enti, regioni, consorzi, si sono spesi molti soldi, sbagliando, per cementificare le sponde dei canali di irrigazione, non si sono puliti i letti di fiumi e torrenti e si è continuato a costruire a ridosso di corsi d’acqua torrentizi mentre il dissesto idrogeologico ha continuato ad essere solo raramente materia di dibattito senza che seguisse alcun intervento concreto. Forse qualcuno potrebbe cominciare a pensare ad un’azione comune contro i responsabili di quei governi che, ignorando il problema acqua, hanno, per agevolare interessi o per ignavia e incompetenza, portato all’attuale disastro idrico.

    È evidente che questi sono solo alcuni dei molti temi che dovrebbero vedere le forze politiche confrontarsi concretamente specie durante un governo che ha visto tutti i partiti, salvo Fratelli d’Italia, avere ministri, vari prestigiosi incarichi e voce in capitolo.

    In verità si sta assistendo a continue sceneggiate e proclami e veramente in pochi, solo Draghi e qualche  ministro e sottosegretario, sembrano aver compreso la gravità della situazione.

    Così mentre attendiamo i prossimi proclami e ricatti non abbiamo bisogno di qualche sondaggista né della palla di vetro per essere convinti che, se non si cambia prima la legge elettorale e la mentalità con la quale si  fa politica, anche alle prossime elezioni il partito di maggioranza sarà quello dell’astensione.

  • La politica del cupio dissolvi

    Un vecchio detto diceva “i buoni conti fan buoni gli amici” ma in politica sembra, purtroppo, che non ci siano amici e neppure alleati leali e, sopratutto, che in politica, per troppi,  il bene comune, l’interesse del proprio paese, che si governi o si sia all’opposizione, sia obiettivo secondario rispetto al proprio vero o presunto interesse elettorale.

    Lo straordinario successo elettorale raggiunto dai 5 Stelle, nelle ultime elezioni politiche, frutto del voto di spregio e contestazione verso alcune forze politiche e non della condivisione delle boutade di Grillo, è pari allo sfracello del movimento che ogni giorno diventa più significativo. Nonostante l’evidente fallimento dell’uno vale uno, di come sono stati impostati il reddito di cittadinanza e il 110%, costati miliardi allo Stato e perciò ai contribuenti, Conte continua nella sua perversa politica del cupio dissolvi.

    Nello stesso tempo fa un certo effetto leggere la dichiarazione di Salvini “d’ora in poi la Lega voterà solo le cose utili per l’Italia”.Questa dichiarazione sottende che fino ad ora la Lega ha votato provvedimenti non utili per il nostro Paese? Ogni commento è superfluo: se la Lega ha votato provvedimenti inutili per l’Italia meglio che si ritiri dalla politica, se invece, come appare avvio, è una delle solite battute infelici di Salvini speriamo che quei dirigenti della Lega, che hanno dimostrato di avere la testa sul collo, prendano i necessari provvedimenti.

    Certo è  che, mentre la pandemia incalza con rinnovata contagiosità, la guerra in Ucraina continua con massacro di vite e di beni, le famiglie italiane sono schiacciate dai tanti problemi, dal lavoro alla crisi energetica, dalla siccità all’inflazione, vedere che vi sono partiti e dirigenti di partito il cui scopo alterna il personale cupio dissolvi al fuoco amico contro il proprio Paese non rende molto sereni per il prossimo futuro.

  • La tempistica come forma di rispetto

    La scelta della forma e del momento rappresentano due fattori determinanti per il buon esito di una qualsiasi iniziativa tanto politico-economica quanto professionale. Senza dimenticare come questi due fattori possano esprimere anche la prima forma della consapevolezza degli stessi autori relativa alla situazione o al momento storico complessivo.

    In altre parole,  la complessa situazione economica, sintesi malefica degli effetti combinati della pandemia e della successiva guerra in Ucraina, dovrebbe indurre chiunque a  modificare le priorità anche politiche di un paese proprio  in relazione alle esigenze emergenziali dei cittadini.

    La consapevolezza di questa situazione, se manifestata attraverso una tempistica appropriata e con iniziative politiche consequenziali, rappresenterebbe anche una prima importante forma di rispetto nei confronti delle aspettative dei cittadini. Troppo spesso, infatti, il Parlamento dimentica come il nostro Paese dal 2020 stia pagando le conseguenze economiche e sociali di due  anni e mezzo di  pandemia ed ora si trovi immerso all’interno di un complesso scenario di guerra dagli esiti incerti, con l’effetto di accrescere non solo il fenomeno inflattivo ma soprattutto l’incertezza relativa al futuro prossimo e di medio periodo.

    La terribile sintesi di questi due eventi (pandemia e guerra) ha determinato fin dall’inizio del 2021 l’esplosione dell’inflazione legata all’aumento dei costi delle materie prime, effetto anche  legato alla scarsa reperibilità, e relativo ai cicli produttivi.

    Contemporaneamente, e ben prima dell’esplosione della guerra in Ucraina, abbiamo assistito ad un vertiginoso aumento dei costi energetici i quali, al 23 febbraio, cioè un giorno prima dell’esplosione della guerra, avevano segnato un aumento del +527% del gas.

    In questo contesto di una sempre maggiore difficoltà, tanto è vero che a maggio sono diminuiti di 49.000 unità i posti di lavoro, l’azione del governo e del  Parlamento dovrebbe essere indirizzate unicamente verso strategie politiche fiscali ed economiche finalizzate alla riduzione della crisi  economica cominciando da una politica di riduzione del carico fiscale (finanziato dal fiscal drag 21.06.2022  https://www.ilpattosociale.it/attualita/fiscal-drag/) e mirata ad un freno seppur parziale degli effetti  della spirale inflattiva.

    La priorità dovrebbe essere quella di combattere gli effetti, in ultima analisi, della crisi economica proprio per le fasce più deboli della popolazione. Parlare, invece, di Ius Scholae in questo  drammatico contesto rappresenta,  proprio per la  tempistica, la conferma di una totale sordità, non più colposa, ma assolutamente dolosa del mondo politico e parlamentare nei confronti del mondo economico e dei singoli cittadini, blanditi “per le loro legittime aspettative” fino a pochi  giorni fa in campagna elettorale ed ora ancora una volta abbandonati a se stessi.

    Dichiarandosi favorevoli all’approvazione dello Ius Scholae, a favore del quale si è espressa anche la Cei sebbene vadano apportate migliorie per evitare problemi in futuro, ora si  dimostra ancora una volta come il pensiero “progressista” sia certamente non più popolare (cioè consapevole e vicino  alle esigenze della maggioranza dei cittadini). In più, la medesima strategia politica si alimenta, o meglio, si autoalimenta proprio da quel distacco dalla realtà oggettiva dalla quale è circondato e viene percepito paradossalmente come una espressione elitaria e di superiorità culturale dagli stessi propositori di simili temi e soprattutto della tempistica in cui li si presenta.

    Mai come ora il nemico del nostro Paese è rappresentato non solo da quelle forze che intendono bloccare ogni sviluppo e tutela del nostro sistema  economico, industriale  e sociale, quindi salvaguardando la realtà industriale italiana (forze politiche ambientaliste prive di ogni consapevolezza economica), ma soprattutto da quelle che si considerano “progressiste” e che invece cercano di attuare il proprio obiettivo principale come massima espressione della propria superiorità, cioè lo scollamento con la realtà quotidiana e contemporaneamente  lo svuotamento delle prerogative democratiche del nostro Paese.

    In un momento di crisi così complessa nella quale si dovrebbe assistere ad un avvicinamento del mondo istituzionale alla realtà quotidiana questa distanza risulta assolutamente in crescita tanto da diventare incolmabile come effetto di una strategia dello stesso potere politico.

Pulsante per tornare all'inizio