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  • Dubbi del ministero dell’Ambiente sul Ponte sullo Stretto

    Il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ha chiesto 239 integrazioni di documenti alla Società Stretto di Messina S.p.A, nell’ambito della valutazione del progetto del Ponte sullo Stretto: 155 riguardano la Valutazione di impatto ambientale (Via); 66 la Valutazione di incidenza (Vinca), che verifica le conseguenze di un’opera sui siti Natura 2000, protetti perché di interesse Ue; altre 16 riguardano l’insufficienza di documentazione sul Piano di utilizzo delle terre (Put), rispetto alla «verifica di ottemperanza 2».

    L’ad della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, in qualche modo sembrava aspettarselo: «Sono assolutamente congrue, per l’entità e complessità dell’opera. La società ha sempre investito sull’ambiente. E nei 30 giorni previsti dal procedimento, insieme al contraente generale Eurolink, predisporrà tutte le integrazioni e chiarimenti richiesti». Minimizza pure il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ritenendo che la richiesta di integrazioni del suo dicastero contrassegni «l’avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale relativa all’opera». Le opposizioni leggono invece le richieste del Mase come un altolà a Matteo Salvini.

    Alla società Stretto di Messina il Mase chiede di spiegare la compatibilità del progetto con gli aggiornamenti dei vincoli ambientali e paesaggistici e degli strumenti di pianificazione territoriale. Ancora, si richiedono un’analisi approfondita di costi e benefici dell’opera e un quadro di tutti gli interventi. In concreto, il Mase lamenta che Stretto di Messina «non descrive il sistema di cantierizzazione, limitandosi all’elenco delle aree» e non abbia fornito informazioni sufficienti su gestione e smaltimento di terre e rocce da scavo. Ancora, al committente viene richiesto «un quadro aggiornato» delle «condizioni di pericolosità da maremoto» e delle stime sulla qualità dell’aria nella fase di cantiere e in quella di esercizio. In più, il Mase vuole dati completi sull’impatto delle opere sull’ambiente marino, sui corsi d’acqua superficiali, sulle acque sotterranee (citando in particolare l’area siciliana dei Pantani di Ganzirri), sul consumo del suolo, sui rischi di subsidenza e di dissesto, sugli effetti sulle attività agricole, sul rumore a terra e sottacqua, su vibrazioni e i campi elettromagnetici, sui rischi per biodiversità, flora e fauna, paesaggio e salute pubblica. Una mole di richieste, dunque. E sarà interessante leggere, fra un mese, le risposte della società.

    Nell’attesa di capire se il Ponte sia compatibile con la tutela dell’ambiente sono partite le procedure per l’esproprio di 450 abitazioni tra Messina e Villa San Giovanni e di 3,7 milioni di metri quadri di terreni che coinvolgono 300 famiglie sulla costa siciliana e 150 su quella calabrese, minacciano azioni legali. I privati interessati hanno tempo 60 giorni a decorrere dall’8 aprile per avanzare osservazioni.

  • Riaprire dossier archiviati e fare le strade che mancano prima di parlare ancora del ponte sullo Stretto

    L’ennesimo incidente mortale sulle strade calabresi neppure questa volta convincerà il ministro Salvini, e quanti purtroppo la pensano come lui, ad occuparsi prima di tutto della sicurezza delle strade facendo partire quelle opere pubbliche da troppi anni promesse e mai realizzate.

    Le strade in Calabria ed in Sicilia o, per meglio dire, le non strade che hanno portato e portano a tanti incidenti e lutti, le reti ferroviarie, praticamente inesistenti, dovrebbero essere il primo pensiero del ministro e del governo che invece dedicano dichiarazioni ed investimenti al progetto del ponte sullo Stretto, cattedrale nel deserto e fonte di altri sprechi ed oscure possibili, probabili situazioni di collusione tra mafia, imprenditoria, politica.

    Forse il ministro Nordio dovrebbe provvisoriamente abbandonare l’idea di una riforma della magistratura e, dopo aver letto anche il libro La verità sul dossier mafia-appalti di Mario Mori e Giuseppe De Donno, riaprire quelle indagini che negli anni non sono state fatte o sono state insabbiate perché è difficile immaginare un Paese che possa crescere quando i lati oscuri di troppo vicende passate possono rendere più che sospette iniziative presenti e future.

    Molte attività lodevoli sono state portate a termine dal governo ma ora è arrivato il momento, per il Presidente del Consiglio, di cominciare a chiedere ad ogni ministro cosa ha fatto fino ad ora il suo dicastero rispetto a diverse urgenze e problemi reali che non sono stati affrontati, partendo proprio dalle strade e ferrovie non realizzate, dai ponti e cavalcavia non messi in sicurezza, dalle tante scuole che restano ancora pericolanti.

    Forse le opposizioni, sempre più scomposte, dovrebbero essere capaci di confrontarsi sulle realtà invece che ripetere tutti i giorni le stesse critiche smentite anche dai dati Istat, ma forse neppure loro sanno cosa serve all’Italia, Calabria e Sicilia in testa.

  • Il costo del Ponte sullo Stretto è arrivato a 13,5 miliardi

    “Il Sole 24 Ore“, ha stimato che tra il 1981 e il 1997 sono stati spesi 135 miliardi di lire per vari studi di fattibilità del Ponte sullo Stretto di Messina per collegare Sicilia e Calabria.

    Un primo cantiere aveva anche preso il via, quando nel 2009 a Cannitello lo spostamento di un tratto di ferrovia autorizzato nel 2006 deal Cipe, il Comitato interministeriale per la politica economica, era stato ricondotto nell’ambito dei lavori occorrenti per la realizzazione del ponte stesso, ma nel 2013 il governo Monti decretò l’alt al progetto stesso e mise in liquidazione la società Stretto di Messina, controllata all’81,84% da Anas (oggi parte di Ferrovie dello Stato) e partecipata da Rete ferroviaria italiana (Rfi), Regione Calabria e Sicilia, realizzata proprio per porre in essere il progetto del megaponte.

    Nel 2013 risultava che per liquidare quella società occorreva pagarle 342 milioni fra penali e indennizzi, e che a quella cifra, per valutare il costo complessivo sostenuto fino a quel momento per l’opera, andavano aggiunti oltre 130 milioni spesi fra studi e gestione degli anni ’80 e ’90. Il conto tuttavia era anche più salato, perché ci sono stati risarcimenti di parti terze poiché non sono stati fatti accantonamenti a garanzia, ovvero le cause legali fatte alla Stretto di Messina. Solo per fare un esempio: il consorzio che aveva vinto l’appalto Eurolink – capitanato da Salini Impregilo (oggi WeBuild, partecipata anche da Cassa depositi e prestiti e quindi dallo Stato) – ha in sospeso un appello con una richiesta di 657 milioni di euro per illegittimo recesso.

    Inoltre, ci sono altre cause legali da affrontare, come quella da 90 milioni intentata da Parsons, colosso dell’ingegneria civile Usa.

    Secondo il progetto originario, il costo era di circa 4,4 miliardi (valori al 2003, anno in cui il progetto preliminare venne approvato), ma il Consorzio Eurolink si aggiudicò nel 2005 la gara operando un ribasso che portò il valore del contratto (sottoscritto ad aprile 2006) a 3,9 miliardi (a valore 2003). In base alle previsioni contrattuali, il contratto nello stesso anno 2006 ebbe una aggiornamento del valore monetario e un incremento dell’oggetto, giungendo a circa 6 miliardi di euro. Negli anni questo costo è aumentato ancora, arrivando a 13,5 miliardi di euro, secondo quanto prevede oggi un allegato del Def (Documento di Economia e Finanza). Per quanto riguarda i raccordi stradali di competenza Anas il valore non è definito nel Def, dove si afferma solamente che saranno molto inferiori rispetto ai raccordi ferroviari di Rfi. A tale costo vanno aggiunti i costi delle opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi. Si stima un costo di 1,1 miliardi.

  • Risposte

    Alcuni organi di stampa hanno sottolineato l’interesse della Commissione europea a finanziare quanto necessario per poter partire con l’edificazione del famoso ponte sullo Stretto, opera sulla quale vi sono da anni pareri contrastanti.

    Il Ministro Salvini, appena entrato in carica, ha fatto del ponte sullo Stretto di Messina la bandiera del suo dicastero e ne rivendica l’assoluta priorità rispetto ad altre opere che sarebbero assolutamente urgenti per il sud Italia e per la Sicilia, dalle strade alle ferrovie.

    Fatta questa premessa chiediamo al Ministro, ora che la legge di bilancio è stata approvata, cosa intende fare per i troppi cantieri non finiti e le opere abbandonate che ci sono sul territorio italiano.

    Conosciamo i dati forniti nell’aggiornamento pubblicato dall’allora Ministro Giovannini: 410 opere incompiute costate 2,5 miliardi mentre ultimare dighe, ponti, scuole etc costerebbe ancora più di due miliardi ma non sappiamo cosa, e in che tempi, intenda fare il Ministro Salvini.

    Opere da finire, o da demolire se non sono più necessarie, ma l’Italia non può restare con centinaia di cantieri dismessi e di piccoli e grandi ecomostri.

    Anche i candidati presidenti per le prossime elezioni regionali dovrebbero assumersi impegni concreti, con il ministero ed i cittadini, per quanto è di loro competenza.

    Scandalo nello scandalo, delle opere iniziate e non finite, è il vertiginoso costo già fatto e quello che ancora andrebbe fatto per ultimarle.

    Sperare in qualche risposta è così velleitario o è velleitario, scorretto, dannoso, parlare di nuove opere  senza aver finito è neppure programmato di finire le vecchie?

  • Crolla un altro ponte

    In provincia di Pisa, sulla provinciale 329, la sera del primo dicembre è improvvisamente crollato un ponte sul quale scorre un traffico molto intenso, solo il caso ha impedito che ci fossero diverse vittime.

    In attesa di nuovi accertamenti, per definire se il crollo sia stato causato dal totale cedimento di un pilastro o da altri ammaloramenti, e in attesa delle opere di demolizione, che porteranno via qualche mese per poi posizionare un ponte Bailey che consentirà il ripristino della viabilità, i cittadini potranno ringraziare Dio per non essere stati sul ponte al momento del crollo e dovranno sopportare tutti i disagi che dureranno molto tempo.

    Forse non solo a me ma anche a tutti gli automobilisti sfuggiti all’ennesimo crollo di un ponte verranno alla mente tutti i ponti e i  cavalcavia che, dopo i controlli effettuati a seguito del crollo del ponte di Genova, sono stati dichiarati bisognosi di immediate opere per la messa in sicurezza.

    Sembra però, al momento, che al Ministro Salvini interessi più il ponte sullo Stretto che rimettere in sesto la rete stradale nazionale e rendere sicuri ponti e cavalcavia.

    Speriamo che questa ultima ennesima tragedia, evitata solo per pura fortuna, ricordi al Ministro che bisogna intervenire con urgenza sia con nuovi e approfonditi controlli che eseguendo le opere necessarie.

    I pochi o tanti soldi dei quali dispone il Governo devono prima di tutto servire per questi interventi e per tutti quelli necessari a garantire l’incolumità delle persone, basta pensare ai tanti edifici scolastici ed alle abitazioni pericolanti. Poi potremo parlare del ponte sullo Stretto per il quale si è già speso troppo rispetto a quanto non si è speso per strade e ferrovie in Calabria e in Sicilia.

  • Crolli di ponti e mancanza di competenze

    Tra le tante difficoltà, antiche e nuove, che l’Italia si trova ad affrontare, mentre il covid e la crisi sanitaria ed economica continuano, vi è il crollo di ponti o la loro chiusura per pericolosità.

    Ministri impreparati, incompetenti o indifferenti hanno lasciato incancrenire il problema e periodicamente, anche quando fortunatamente non ci sono morti o feriti, interi territori si trovano svantaggiati ed isolati per la mancanza di collegamenti diretti. Considerato che negli anni si sono susseguiti diversi governi possiamo tranquillamente ipotizzare o che c’è una volontà politica comune, a tutte le forze politiche, volta a far precipitare sempre più in basso l’Italia o che lo scadimento del personale politico è tale per cui chiunque vada a ricoprire l’incarico è un incapace.

    Per non citare i soliti più noti crolli vogliamo ricordare solo il ponte Lenzino la caduta del quale ha spaccato in due l’Alta Valtrebbia il 3 ottobre. Un ponte per il quale le proteste risalgono almeno al settembre 2010 e a seguito delle proteste nell’ottobre furono sbloccati 450.000 euro per risanare il ponte costruito a metà del 1800. Dopo quei lavori finalmente il ponte divenne percorribile anche dai camion e dalle corriere ma bisognava fare altri lavori urgenti per garantite la sicurezza, ma solo dopo diverse pressioni nel 2017 il ministro Del Rio promise 6 milioni di euro che però furono congelati per due anni. Quando furono finalmente sbloccati, tra un inghippo ed una pratica dopo l’altra, nel gennaio del 2020 si diede finalmente avvio al cantiere, purtroppo troppo tardi per salvare il ponte, in tutti questi anni l ‘ANAS avrebbe dovuto monitorare lo stato della struttura e monitorava così bene che il ponte è crollato tagliando in due la statale 45…

    Quanti ponti e viadotti in Italia stanno ancora aspettando quella manutenzione che andrebbe fatta di routine normalmente e che comunque era stata promessa dopo la tragedia di Genova? Quante persone devono rischiare la vita o soffrire per l’isolamento dei loro territori prima che i ministri ed i dirigenti ANAS facciano il loro dovere?

  • Astaldi recupera risorse per il concordato: terzo ponte sul Bosforo ceduto per 315 milioni di dollari

    Astaldi ha finalizzato la cessione a IC Ictas Sanayi ve Ticaret delle proprie quote nell’asset relativo alla concessione per la realizzazione e gestione della Northern Marmara Highway (il “Terzo Ponte”), in Turchia. Secondo quanto riferisce una nota della società, l’accordo sottoscritto con Ictas – già valutato e autorizzato dal Tribunale di Roma come rispondente alla migliore tutela dei creditori nell’ambito della procedura di concordato che Astaldi ha in corso – prevede termini e condizioni coerenti con la proposta concordataria depositata dalla società, vale a dire: la cessione ad Ictas dell’intera partecipazione detenuta da Astaldi nella Concessionaria del Terzo Ponte e dei crediti correlati, al prezzo di 315 milioni di dollari. Tale prezzo di acquisto sarà corrisposto al netto delle partite di compensazione con Ictas e del ripagamento degli altri creditori turchi (in virtù del mancato riconoscimento dell’istituto del concordato in Turchia), per circa 142 milioni di euro, in conformità a quanto previsto nel Piano concordatario, nonché dei relativi costi di transazione; la tacitazione di ogni pretesa di Ictas nei confronti di Astaldi in relazione alle commesse in partnership, in conseguenza dell’uscita dalle suddette commesse (sia in Turchia, che in Russia).

    Il Terzo Ponte è il primo asset ad essere venduto tra quelli che, secondo quanto previsto dal Piano concordatario, saranno oggetto di cessione per la soddisfazione dei creditori chirografari mediante l’attribuzione di Strumenti Finanziari Partecipativi.

  • Umbria e Marche attendono la ricostruzione post-terremoto e scatta la ‘guerra tra poveri’ con Genova

    Le aree di Umbria e Marche colpite dal terremoto dell’ottobre 2016 erano in attesa di veder ricostruito quando andato a pezzi già da un paio d’anni al momento in cui il collasso del Ponte Morandi a Genova ha catalizzato l’attenzione nazionale.

    Cinquecentoquarantanove milioni di euro la somma che Anas nelle Marche ha messo a disposizione per la ricostruzione  delle strade devastate, 45% la percentuale di edifici (10mila in tutto) seriamente danneggiati dal sisma in Umbria, gli abitanti delle due Regioni avevano già manifestato prima del crollo del viadotto genovese per ricordare di essere ‘in lista di attesa’ per il ripristino della normalità nel proprio territorio. I coltivatori hanno sfilato più volte a bordo dei loro trattori per chiedere la riapertura delle strade, ma la statale 685, principale via di collegamento tra le due Regioni, è aperta soltanto per alcune ore al giorno, mentre coloro che stanno operando per rimettere in sesto quanto andato distrutto si trovano a loro volta privi di strutture, se non ambulanti, dove consumare un pasto (qualche ristorante sta iniziando però a riaprire in strutture fisse).

    Mentre 80 persone su 1176 rimaste senza tetto sono tuttora domiciliate in container, a Castelluccio si sono appena conclusi i lavori di demolizione preliminare alla costruzione di nuovi edifici, le Regioni Marche e Umbria hanno deciso di portare davanti alla Corte costituzionale il decreto Genova varato dal governo Conte: al di là dei suoi tecnicismi, il ricorso esprime il timore di essere dimenticati o bypassati. Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli potrebbe essere destituito nel rimpasto di governo di cui si vocifera ormai da qualche tempo e atteso, in caso, dopo la manovra economica, la guerra tra ‘poveri’ è intanto già cominciata.

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