professioni

  • Cresce richiesta laureati ma uno su due non si trova

    Non solo i ricercatissimi esperti di materie Stem, ingegneri, fisici, matematici e informatici: in generale in Italia continua a crescere la richiesta di laureati da parte delle imprese ma quasi uno su due non si trova. E tra i profili più ricercati ci sono economisti ed insegnanti. Secondo i dati di Unioncamere e Anpal infatti nel 2022 la domanda di personale laureato è cresciuta ancora superando le 780mila unità, il 15,1% del totale dei contratti e l’1,4% in più rispetto all’anno precedente ma il 47% di questi profili, è risultato difficile da trovare, richiedendo un ricerca che può impegnare anche 4-5 mesi. Tradotto in numeri, 2 milioni di assunzioni nel 2022 per le quali le imprese hanno riscontrato difficoltà, circa 600mila in più rispetto all’anno scorso e quasi il doppio di prima della pandemia.

    E se nell’anno appena trascorso i più difficili da trovare sono stati i laureati in indirizzo sanitario paramedico (con una difficoltà di reperimento del 65%), quelli in ingegneria elettronica e dell’informazione (61%) e scienze matematiche, fisiche e informatiche (60%) l’indirizzo economico si attesta saldamente in cima alla classifica tra le lauree maggiormente ricercate dalle imprese: sono quasi 207mila le entrate previste lo scorso anno. Non solo, al secondo posto l’indirizzo insegnamento e formazione con 116mila ingressi previsti, poi l’indirizzo sanitario e paramedico (oltre 76mila), quello di ingegneria civile ed architettura (57mila) scienze matematiche, fisiche e informatiche (54mila).

    «Il mancato incontro tra domanda e offerta è una delle grandi strozzature del mercato del lavoro italiano”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ricorda la piattaforma excelsiorienta per aiutare gli studenti a conoscere ed orientarsi meglio nel mondo del lavoro, “in modo da scegliere il percorso di studi più adeguato alle proprie attitudini e alle esigenze delle imprese».

  • Nella sanità circa 50mila precari da assumere

    Una nuova spinta alla stabilizzazione del personale sanitario precario assunto a tempo determinato durante la pandemia di Covid-19 è arrivata anche con la prima manovra economica del nuovo governo che prevede la proroga dei termini al 2024 per le stabilizzazioni. Già avviate con la precedente legge di bilancio approvata nel 2021, le assunzioni riguardano un totale di 48mila professionisti per l’anno passato.

    Lo scorso anno, al primo via libera alle stabilizzazioni, il personale sanitario interessato contava 47.994 professionisti secondo le stime della Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso). In particolare, il provvedimento riguardava 8.438 medici, 22.507 infermieri e 17.049 operatori sociosanitari e altro personale sanitario. In un anno, varie Regioni hanno avviato le stabilizzazioni, anche se non si ha ancora un quadro completo a livello nazionale. Al momento, secondo un monitoraggio di Fiaso, la Puglia ha annunciato 3.333 stabilizzazioni, la Campania 3.550, la Calabria 3.633, il Lazio 4.800 e il Piemonte 1.137.

    Sul fronte degli infermieri, invece, sarebbero circa 12mila quelli stabilizzati in un anno, sottolinea il segretario del sindacato Nursind, Andrea Bottega. Oltre 10mila dunque, precisa, “sono ancora da stabilizzare e non è detto che con questa proroga si riesca a stabilizzarli tutti. Forse potremmo arrivare a 7-8mila”. Fermo restando che “stabilizzare i precari non significa potenziare gli organici – conclude Bottega – accogliamo con favore la misura, ma chiediamo che si dia seguito alle assunzioni anche usando le graduatorie esistenti, perché la carenza di infermieri è drammatica”.

    La proroga – rispetto ai termini già indicati nella manovra 2022 – è stata prevista da un emendamento del Pd alla attuale legge di bilancio approvato in commissione. Gli enti del Sistema sanitario nazionale potranno dunque assumere a tempo indeterminato, entro il 31 dicembre 2024 anziché entro la fine del 2023, tutti i professionisti che abbiano maturato 18 mesi di servizio nella sanità pubblica entro il 31 dicembre 2023 (invece che entro fine 2022), di cui almeno 6 nella fase di emergenza per la pandemia da Covid-19.

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