profughi

  • Critiche della Corte dei conti europea ai fondi alla Turchia per fermare i flussi migratori

    Nonostante recenti miglioramenti, gli svariati miliardi messi a disposizione dall’Ue per i rifugiati in Turchia avrebbero potuto conseguire un migliore rapporto costi-benefici e dimostrare un maggiore impatto. E’ quanto si legge in una relazione della Corte dei conti europea. Benché lo strumento per i rifugiati in Turchia da 6 miliardi di euro abbia risposto ai bisogni delle comunità turche che li ospitano, i progetti finanziati sono in ritardo rispetto alle scadenze previste e, una volta terminato il sostegno Ue, non è certo che verranno continuati.

    Data la sua posizione geografica, la Turchia rappresenta un importante paese di accoglienza e di transito di rifugiati e migranti diretti verso l’Europa. Nell’ultimo decennio, il numero di rifugiati in questo Paese è aumentato, generando crescenti sfide alla coesione sociale. La Turchia ospita attualmente più di quattro milioni di rifugiati registrati, di cui oltre 3,2 milioni di origine siriana; meno del 5% di questi vive in campi. Nel 2015, l’Ue ha creato lo strumento per erogare e coordinare 6 miliardi di euro di aiuti umanitari e allo sviluppo per questo Paese. Gli aiuti sono stati gestiti dalla Commissione in un contesto di rallentamento economico della Turchia e di peggioramento delle sue relazioni con l’Ue, anche a causa dei passi indietro di questo paese nel campo dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.

    “In un contesto politico difficoltoso, lo strumento dell’Ue per i rifugiati in Turchia ha fornito un importante sostegno ai rifugiati e alle comunità ospitanti”, ha affermato Bettina Jakobsen, rappresentante della Corte responsabile dell’audit. “Potrebbe però esservi un migliore rapporto costi-benefici e un maggiore impatto, e non è per nulla sicuro quello che succederà ai progetti in Turchia quando verranno meno gli aiuti dell’Ue”. Partendo dalle raccomandazioni già formulate dalla Corte nel 2018, la Commissione europea ha migliorato le modalità di funzionamento dello Strumento. Per rispondere a precedenti critiche, ha notevolmente migliorato i progetti che forniscono assistenza in denaro ai rifugiati, conseguendo risparmi dell’ordine di 65 milioni di euro. In aggiunta, ha ridotto i costi amministrativi: in altre parole, più soldi sono potuti arrivare ai destinatari finali. La Commissione non ha però valutato in modo sistematico la ragionevolezza dei costi dei progetti, il che ne mette a rischio l’efficienza.

    Nel complesso, gli aiuti dell’Ue hanno garantito un celere finanziamento e notevoli investimenti per alleviare la pressione sulle infrastrutture sanitarie, scolastiche e comunali causata dall’elevato afflusso di rifugiati nel paese, nonché per evitare tensioni sul mercato del lavoro. Tuttavia, i progetti di sviluppo hanno subito gravi ritardi per ragioni diverse, quali ad esempio norme di costruzione più rigorose, la pandemia di Covid-19 e il tasso di inflazione in aumento. Anche i devastanti terremoti che hanno colpito il paese nel febbraio 2023 hanno avuto un impatto significativo sui progetti, sebbene la risposta della Commissione sia stata celere.

    I progetti pianificati, quali ad esempio quelli in materia di formazione professionale e di avviamento d’impresa per i rifugiati, sono stati in generale realizzati. Tuttavia, il monitoraggio è stato insufficiente, in quanto non è arrivato a misurarne l’impatto. A titolo di esempio, non è stato monitorato il successivo status occupazionale o imprenditoriale dei rifugiati. Analogamente, sono state costruite nuove scuole per rifugiati, ma gli auditor della Corte non sono riusciti ad ottenere dal ministero turco dati sufficienti per valutarne l’impatto sui beneficiari.

    La sostenibilità degli interventi dell’Ue e la co-titolarità della Turchia sono di fondamentale importanza; per questo motivo la Commissione lavora per affidare la gestione dei progetti alle autorità turche. Tuttavia, è riuscita ad assicurare la sostenibilità solo di progetti infrastrutturali come la costruzione di scuole e ospedali, ma non del sostegno socioeconomico (ossia occupazionale), e non si sa se i suoi progetti-faro nel campo dell’istruzione e della sanità continueranno senza il sostegno dell’Ue. L’esecutivo dell’Ue ha anche provato a migliorare l’ambiente operativo per le Ong internazionali, ma la mancanza di volontà politica delle autorità nazionali ridurrà l’impatto degli sforzi profusi.

  • Italiani in Africa, terrorismo, Cina, catena alimentare nella presentazione a Milano di ‘Safari’ di Cristiana Muscardini

    Si è svolta a Milano, alla Fabbrica del Vapore, la presentazione di Safari, l’ultimo libro di Cristiana Muscardini intervistata dal giornalista Andrea Vento.

    Molte le domande fatte dal numeroso pubblico interessato anche ad approfondire i ruoli che Onu ed Unione Europea hanno giocato o non giocato rispetto ai problemi dell’immigrazione ed alle situazioni drammatiche che vivono gli abitanti di alcuni paesi africani per le carestie, la mancanza di acqua e per le guerre ed il terrorismo. Proprio sul problema terrorismo sia l’autrice che Vento hanno parlato del Corno d’Africa e della sempre difficile situazione in Somalia per gli al Shabaab che hanno portato il terrorismo in Kenya con numerosi e sanguinosi attentati.

    Nel libro sono rappresentati alcuni italiani che, nel dopoguerra, si erano trasferiti in Africa, trovando qui le più diverse esperienze ed avventure, partendo dai Mao Mao e dalla guerra di indipendenza in Kenya, l’autrice affronta anche i temi della catena alimentare, del bracconaggio, dello sterminio di rinoceronti ed elefanti, della necessità di convivenza tra animali selvatici e agricoltura essendo, entrambi, fonte di lavoro e miglioramento di vita.

    La Muscardini, sollecitata dalle puntuali e incalzanti domande di Andrea Vento, ha ricordato che così come gli europei, con tante esperienze comuni, sono diversi, per molti aspetti, da uno Stato all’altro così non si può parlare del continente africano senza conoscere le differenze che esistono tra i suoi paesi dal punto religioso, delle esperienze coloniali, della diversità delle ricchezze naturali e per la presenza, sempre più forte e a volte fonte di problemi complessi, della Cina e della Russia, che in Africa ha schierato anche i miliziani della Wagner, differenze che dovrebbero portare valutazioni geopolitiche più ampie rispetto a quelle fatte fino ad ora dall’Europa.

    Tra gli intervenuti lo scultore Stefano Soddu, Claudio Benedetti direttore generale di Federchimica, gli On. Dario Rivolta e Gabriele Pagliuzzi e l’On. Paolo Pillitteri, già sindaco di Milano.

  • Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano

    L’abuso è il contrassegno del possesso e del potere.

    Paul Valéry, da “Quaderni”

    La scorsa settimana l’autore di queste righe informava il nostro lettore sull’accordo, tra l’Italia e l’Albania, sui migranti. Un accordo firmato a Roma, nel pomeriggio del 6 novembre scorso, dai due primi ministri dei rispettivi Paesi. I due, negli ultimi mesi, hanno affermato pubblicamente la loro “amicizia”, nonostante, politicamente parlando, appartengano a due schieramenti politici ed ideologici molto diversi. La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia appartiene ad un partito di destra ed è anche la Presidente del Partito europeo dei Conservatori e dei Riformisti. Invece, sulla carta, il primo ministro albanese è il dirigente del partito socialista albanese, costituito nel giugno 1991, dopo il crollo della dittatura comunista. Un partito discendente diretto del partito comunista albanese! La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, oltre ad essere stata dirigente di alcuni movimenti giovanili di centro destra e di destra, è anche una dei tre promotori del partito “Fratelli d’Italia”, costituito nel 2012 e del quale lei è presidente dal marzo 2014. Un partito nato più di un anno prima della scissione del raggruppamento politico “Popolo della Libertà”, nel quale svolgevano le loro attività politiche i tre fondatori del partito “Fratelli d’Italia”. Ragion per cui la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha fatto sua l’ideologia del conservatorismo, dell’identità e della cultura nazionale.

    Mentre il suo “amico”, il primo ministro albanese, nonostante diriga dal 2005 il partito socialista albanese, che è anche membro del gruppo dei socialdemocratici e progressisti del Parlamento europeo, ha dimostrato di non avere fatta sua, a fatti e non a parole, l’ideologia dei socialisti europei. Fatti accaduti alla mano, il primo ministro albanese risulta non avere però fatta sua l’ideologia della sinistra europea. Lui non ha una sua ideologia politica. Lui, quando gli serve si presenta come un socialista convinto. Ma, se ne ha bisogno, “coccola’ i comunisti nostalgici. E lo ha fatto non di rado. Come ha anche presentato delle “iniziative” centriste e anche oltre. Il primo ministro albanese aveva dichiarato, per motivi di propaganda elettorale, già circa quindici anni fa, di non essere né di sinistra e né di destra, bensì di essere “oltre la sinistra e la destra”. Una scelta con la quale voleva apparire come sostenitore delle tesi ideologiche del movimento noto come la “Terza via”. Un movimento che aveva fatto suo lo schieramento tra il neoliberalismo e la socialdemocrazia. E non a caso, dal 2013, e cioè da quando ha avuto il suo primo mandato alla guida del governo albanese, lui ha scelto come suo “amico e consigliere speciale” proprio l’ex premier britannico, uno tra i più noti sostenitori del movimento della “Terza via”. E non a caso, anche da prima, lui è stato tra i “beniamini” ed ha avuto sempre il supporto di un noto multimiliardario e speculatore di borsa di oltreoceano. Il primo ministro albanese è stato ispirato in quanto ha fatto, ma soprattutto in quello che sta facendo ultimamente, anche dal dittatore comunista albanese, scegliendolo come uno dei suoi “dirigenti spirituali”! Ma, fatti accaduti e documentati alla mano, il primo ministro albanese non ha altra ideologia che quella degli “interessi”, soprattutto quelli materiali. E lui fa di tutto per raggiungere i suoi interessi. Da sempre è, altresì, preda del suo narcisismo e/o del suo egotismo. Il primo ministro albanese può allearsi con tutti coloro che gli somigliano, dando così ragione alla saggezza secolare dell’essere umano, concentrata nel noto detto latino similes cum similibus congregantur (I simili si accompagnano con i propri simili; n.d.a.). Il primo ministro gestisce un clan occulto che non ha niente a che fare con un partito politico. Lui non dirige il partito socialista albanese e perciò, men che meno, rappresenta l’ideologia dei socialisti europei. Lui usa e beneficia politicamente di quello che ormai si chiama il partito socialista albanese. Lui sì, sempre fatti accaduti, documentati, testimoniati e denunciati alla mano, da anni ormai collabora strettamente con la criminalità organizzata e con determinati raggruppamenti occulti internazionali. Insieme a loro, il primo ministro albanese, gestisce la nuova dittatura sui generis restaurata da alcuni anni in Albania. Una dittatura in continuo consolidamento, di cui in nostro lettore è stato informato spesso e con la dovuta e richiesta oggettività.

    Ebbene, nonostante la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ed il suo “amico”, il primo ministro albanese sono ben distanti, come schieramento politico, loro però da alcuni mesi ormai si intendono a vicenda. Ma anche passano alcuni giorni di gioiose ed “utili” vacanze estive insieme. Il nostro lettore è stato informato del fatto che la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, insieme con la sua famiglia, è stata ospite del primo ministro albanese in riva al mare Ionio dal 14 al 17 agosto scorso. Hanno passato insieme anche il Ferragosto. L’autore di queste righe scriveva che “….All’inizio della scorsa settimana la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha interrotto le sue vacanze in Puglia per andare in “visita privata” in Albania, ospite del suo “amico” il primo ministro albanese. Insieme con la sua famiglia hanno lasciato la masseria di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, alla vigilia di Ferragosto, per andare ospiti dal nuovo “amico” albanese”. E poi egli aggiungeva : “…guarda caso, proprio nello stesso periodo, ospiti del primo ministro albanese erano anche l’ex primo ministro dell Regno Unito, Tony Blair, con sua moglie. Non si sa però se è stato un caso che due attuali primi ministri ed un ex primo ministro si trovassero nello stesso periodo e nello stesso posto, nella residenza governativa in riva alle coste ioniche dell’Albania”. Il nostro lettore è stato informato anche delle lusinghe dell’anfitrione nei confronti della sua illustre ospite. “Proprio il 12 agosto scorso, due giorni prima dell’arrivo della sua omologa italiana, la “tigre”, la sua “sorella Giorgia”, il primo ministro albanese ha dichiarato ad un media italiano che “nella scena internazionale Giorgia ha sorpreso tutti e alla grande, direi, perché si aspettavano un mostro fascista che avrebbe marciato sull’Europa e si sono trovati davanti una donna con una abilità mostruosa nel comunicare da grande europeista, senza sbagliarne una”. Il primo ministro albanese ha poi aggiunto, da buon leccapiedi qual è, che “Giorgia è incredibile. Possiamo dire che è nata un’amicizia. Ma soprattutto, che lei è una politica concreta, altro che pericolo fascista”. L’autore di queste righe informava, altresì, il nostro lettore che “…non è mancata neanche la risposta della sua illustre ospite che, dopo il ritorno in Italia, ha scritto: “Grazie per avermi ospitata nella vostra terra e per la calorosa accoglienza ricevuta Edi. Ti aspetto in Italia!” (Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata; 23 agosto 2023).

    Da quanto hanno poi dichiarato in seguito, la scorsa settimana, sia la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia che il primo ministro albanese, durante quei giorni di vacanze comuni, è stato concordato anche l’accordo sui migranti. Proprio quell’accordo che è stato firmato tra i due il 6 novembre scorso a Roma. L’autore di queste righe scriveva la scorsa settimana per il nostro lettore che: “…Secondo quell’accordo l’Italia potrà beneficiare dei territori in Albania per organizzare e gestire due campi dove arriveranno circa 36.000 profughi all’anno per almeno cinque anni! Profughi di quelli che l’Italia non vuole e/o può tenere. Si tratta di quei profughi che le massime autorità italiane, soprattutto il primo ministro, non sono state in grado di distribuire negli altri Paesi membri dell’Unione europea. Profughi che l’Italia non ha potuto, nonostante un accordo firmato recentemente con la Tunisia, fermare per arrivare sulle coste italiane”. Chissà perché? Ed in seguito aggiungeva che fortunatamente la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia “…ha un “caro amico” in Albania, il primo ministro albanese. Lui ha firmato subito il sopracitato accordo. Lui, un irresponsabile autocrate ha accettato la proposta. Mentre l’omologa italiana ha potuto, almeno sulla carta, curare gli interessi del suo Paese” (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi; 14 novembre 2023).

    L’accordo firmato il 6 novembre scorso dalla Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ed il suo omologo albanese è stato reso pubblico in seguito. Ci sono state subito delle forti reazioni, sia in Italia che in Albania. In più è risultato che di quell’accordo le istituzioni dell’Unione europea, di cui l’Italia è uno dei sei primi membri fondatori, sono state informate soltanto poche ore prima della sottoscrizione. Mentre in Albania nessuno, tranne qualche stretto collaboratore del primo ministro, era stato informato. Ovviamente il primo ministro albanese aveva violato la Costituzione della Repubblica d’Albania, con la sua totale mancanza di trasparenza e le mancate consultazioni istituzionali, prima che venisse firmato l’accordo come sancisce la Costituzione. Perché si tratta di un accordo che prevede anche la messa a disposizione dei territori albanesi all’Italia. Ma questo modo di agire del primo ministro albanese, da anni ormai, è diventato una “cosa normale”!

    L’accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti, sintetizzato in un Protocollo d’intesa di quattordici articoli, è valido per cinque anni, rinnovabili di altri cinque, se necessario. In base all’accordo, nel territorio albanese verranno allestiti due campi dove saranno sistemati i profughi. È stato previsto e sancito che il diritto di difesa verrà assicurato da avvocati, organizzazioni internazionali e strutture specializzate dell’Unione europea che avranno libero accesso nei campi e che potranno prestare la necessaria consulenza ed assistenza ai migranti che possano aver bisogno di chiedere protezione internazionale, nei limiti della legislazione italiana, europea ed albanese. L’accordo sancisce anche che i due campi verranno gestiti dall’Italia, in base alle leggi e le normative italiane ed europee. Mentre nel caso di controversie sarà valida solo la legislazione italiana in vigore. In quell’accordo si sanciscono anche altre prerogative particolari. Per la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, il sopracitato accordo sui migranti può diventare …un modello di collaborazione tra Paesi Ue e Paesi extra-Ue sul fronte della gestione dei flussi migratori”. Lei ha affermato, l’indomani della firma dell’accordo, che si tratta di un’intesa “…che rafforza il partenariato strategico tra Italia e Albania e si pone sostanzialmente tre obiettivi: contrastare il traffico di esseri umani, prevenire i flussi migratori irregolari e accogliere in Europa solo chi ha davvero diritto alla protezione internazionale”. Il primo ministro albanese, invece, ha considerato l’accordo come un atto dovuto, dopo quello che l’Italia ha fatto per i profughi albanesi nel 1991. Proprio lui che solo due anni fa, ed esattamente il 18 novembre 2021, dichiarava convinto e perentorio che “L’Albania non sarà mai un Paese dove paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”.

    Leggendo però il testo del Protocollo d’intesa, risulterebbe che ci sono diverse serie violazioni delle leggi in vigore nei due rispettivi Paesi firmatari, delle normative dell’Unione europea, nonché delle convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo e dei migranti. Si tratta di violazioni che vengono evidenziate da molti noti specialisti di giurisprudenza, sia in Italia che in Albania. Violazioni che sono state evidenziate, altresì, da specialisti di giurisprudenza di altri Paesi e da alcuni rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. Anche la decisione della scorsa settimana, presa dalla Corte Suprema del Regno Unito contro la decisione del governo britannico sul trasferimento dei profughi in Ruanda, ne è un’altra conferma di simili violazioni.

    Chi scrive queste righe è convinto che il comportamento del primo ministro albanese e le decisioni da lui prese senza la minima obbligatoria trasparenza, sono tipiche di un autocrate irresponsabile. Mentre altri ne approfittano per risolvere le loro problematiche, dopo aver fallito in precedenza con diversi Paesi, compresi alcuni dell’Unione europea. Aveva ragione Paul Valéry, l’abuso è il contrassegno del possesso e del potere. Ed il primo ministro albanese ne ha usurpato tanto di potere.

  • Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi

    Le virtù si perdono nell’interesse come i fiumi si perdono nel mare.

    François de La Rochefoucauld

    La fine degli anni ’50 del secolo passato è stato un periodo contrassegnato da duri scontri armati a Cuba. Un periodo noto anche come la rivoluzione cubana, durante il quale il movimento marxista, noto come il Movimento del 26 luglio e guidato dai fratelli Fidel e Raul Castro e da Ernesto Che Guevara, cominciò lo scontro armato con il regime di Fulgencio Batista. Un regime quello di Batista, fortemente appoggiato dagli Stati Uniti d’America, visto che a Cuba erano attive diverse loro compagnie multinazionali. Ma anche per contrastare le influenze e la presenza dell’Unione Sovietica nell’isola caraibica. Dopo circa sei anni, finalmente l’8 gennaio 1959, mentre il dittatore Batista nel frattempo era fuggito dall’isola, portando con se anche una grande ricchezza monetaria, i barbudos, i rivoluzionari con la barba, i castristi, entrarono ad Avana. Quello che accadeva in quel periodo a Cuba ha generato non poche preoccupazioni negli Stati Uniti d’America. Si, perché, oltre agli interessi economici e finanziari, dopo aver appoggiato prima Batista, gli Stati Uniti hanno cercato di stabilire buoni rapporti anche con i dirigenti del Movimento del 26 luglio. Anzi, gli statunitensi si stavano preparando ad organizzare un intervento proprio per rovesciare Batista, dopo dei colloqui anche con i castristi. Tutto però rimase solo un progetto non realizzato. Non solo ma, come si dice, oltre la beffa anche l’inganno. Si, perchè i castristi si misero subito sotto l’influenza degli avversari, a scala mondiale, degli Stati Uniti. L’Unione Sovietica allargò le sue aree d’influenza anche ai confini degli Stati Uniti, grazie alla nuova e stabile alleanza con il Movimento del 26 luglio guidato da Fidel Castro.

    Era il 2005 quando nelle sale, prima negli Stati Uniti d’America e poi in Europa, uscì il film The Lost City (Città perduta, citato anche come Avana, città perduta; n.d.a.). Era la prima volta che il noto attore di origine cubana, Andy Garcia, faceva anche il regista. Ed aveva scelto di trattare proprio il periodo dal 1958 e fino alla sostituzione della dittatura di Batista con un’altra dittatura, quella marxista di Fidel Castro. Il personaggio principale Fico Fellove, interpretato dallo stesso Andy Garcia, era il proprietario di un locale notturno molto frequentato ad Avana. Lui e i suoi due fratelli erano cresciuti in una nota e stimata famiglia. Ma mentre i due suoi fratelli erano diventati attivisti, uno del Movimento castrista del 26 luglio e l’altro del partito democratico, Fico si oppone alle varie frazioni comuniste dell’opposizione. The Lost City è un film che, con i suoi personaggi e con quello che essi affrontavano in quel periodo, cerca di portare allo spettatore quello che i cubani hanno vissuto sotto le due dittature. Fico Fellove era uno di loro. Nel film The Lost City si intrecciano anche i sentimenti dei personaggi. Il rapporto di Fico con Aurora, vedova di uno dei suoi fratelli, che aveva perso la vita durante la rivoluzione, rappresenta una colonna importante del film, in tutte le sue dimensioni. Si perché loro due si amavano veramente, ma si sentivano liberi di avere e difendere le proprie convinzioni. E Aurora, come il suo defunto marito, era una sostenitrice del Movimento castrista. Fico sente però il peso della nuova dittatura anche nella gestione del suo locale notturno, un’attività non ben vista dal regime castrista. Poi, in seguito alle statalizzazioni delle attività e delle proprietà private, Fico è stato costretto a chiudere il suo locale ed a decidere di emigrare negli Stati Uniti d’America. È stata una decisione dura e molto difficile, dovendo lasciare sia i suoi stimati genitori, la sua Avana e anche Aurora, la donna che amava. Ma non aveva altre scelte. Una volta negli Stati Uniti, Fico cominciò a lavorare in un locale dove faceva tutte le pulizie. E proprio in quel locale è andata a trovarlo Aurora, che era arrivata a New York con la delegazione cubana per partecipare ad un convegno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Loro due si incontrano e si vede la loro grande sofferenza causata dalla forzata separazione. Ma tutti e due avevano fatto le proprie scelte, che andavano oltre i sentimenti. E in una delle ultime scene del film, prima che Aurora andasse via, alla sua preghiera di ritornare ad Avana, Fico rispose, sofferente ma convinto: “Non posso essere fedele a una causa persa, ma posso esserlo a una città perduta”. Con la “causa persa” intendeva le aspettative deluse dai castristi, perché lui non poteva mai e poi mai appoggiare una nuova dittatura dopo quella di Batista. Mentre ne era convinto che sarebbe stato sempre fedele alla “città perduta”, ad Avana.

    Essere costretti a lasciare la propria famiglia, i propri cari e quel poco che si possiede, a lasciare la città, il paese dove sei nato e hai vissuto, dove hai amici e persone care, non è per niente facile. Anzi, è un dramma umano. Ma anche vivere sotto il giogo delle dittature è molto difficile e anche insopportabile. Ragion per cui milioni di persone, in diverse parti del mondo, sono stati, sono e saranno sempre costretti a lasciare tutto e scappare. Scappare spesso verso un paese del tutto sconosciuto, verso l’incognito. Scappare con la speranza, ma non con la certezza, anzi, di trovare quello che manca in patria. Partendo da quelle poche ma basilari cose, come il diritto di vivere libero, il diritto della libertà di espressione dei propri pensieri e delle proprie convinzioni, il diritto del lavoro, che dà alla persona, oltre ai mezzi di sostenimento, anche la dignità. Lasciare tutto perché si perde anche quel minimo di speranza di avere una vita migliore in patria.

    È proprio quello che spinge milioni di persone ad emigrare. Dalla notte dei tempi e in ogni parte del mondo. Ma in questi ultimi decenni, della sofferenza umana, dei profughi, ci sono anche coloro che ne approfittano. Ci sono varie organizzazioni della criminalità organizzata e dei clan occulti, che spesso si presentano come organizzazioni di beneficenza, che sfruttano quella sofferenza per guadagnare miliardi. Organizzazioni che collaborano e si coordinano tra loro e che in alcuni paesi godono anche delle coperture statali.

    Quanto sta accadendo da molti anni ormai con i profughi che scappano dalle guerre nei loro paesi natali, dagli sfruttamenti di vario genere, ne è una palese testimonianza. Quanto sta accadendo da anni ormai con i profughi provenienti da vari Paesi in Africa ed in Asia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan ed altri ancora dimostra la crudeltà e la spietatezza degli sfruttatori. Ma dimostra anche l’ipocrisia dei “grandi del mondo” che, come dice il proverbio, predicano bene ma razzolano male. Un’ipocrisia quella, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, dimostrata e verificata in diverse occasioni, che delude, offende  e deteriora la situazione. Quanto sta accadendo da molti anni ormai con  i grandi flussi dei profughi che scappano ne dimostra perciò anche la gravità e la pericolosità del comportamento indegno dei “grandi del mondo”. Ma purtroppo alcuni di loro hanno fatto dell’ipocrisia e della demagogia un ben esercitato mestiere. Chissà perché?!

    Da alcuni anni ormai, e soprattutto dopo il periodo noto come la primavera araba, i flussi migratori sono aumentati sensibilmente. E le ragioni sono ovvie. Guerre e conflitti armati. Sono stati non pochi i Paesi coinvolti, soprattutto tra il 2010 e 2011. Paesi del nord Africa, ma anche altri Paesi africani e del Golfo Persico. Un flusso che continua massiccio anche attualmente. Anzi adesso molto più intenso e ben provocato dagli sfruttatori. Si tratta di profughi disperati, uomini, donne e bambini, che dietro pagamenti che sono ormai stabiliti, sia come somme che come modi di attuazione, dietro garanzie che obbligano. Profughi che partono soprattutto dalle coste libiche, tunisine, siriane, ma non solo, con delle piccole e fatiscenti imbarcazioni. Profughi che non di rado partono ma purtroppo non riescono ad arrivare a destinazione. Sono migliaia coloro, compresi donne e bambini, spesso anche non accompagnati, che hanno perso la vita durante quei pericolosi attraversamenti. Basta fare riferimento a quanto è purtroppo accaduto ripetutamente sia nelle coste italiane di Lampedusa che in quelle calabresi e siciliane. Una vera e propria, una continua tragedia umana. Una tragedia, di fronte alla quale non si sta trovando ancora una soluzione istituzionale, accettabile, duratura, che rispetta le convenzioni internazionali dei diriti dell’uomo e degli emigrati. Una soluzione che impedisce lo sfruttamento delle persone e che garantisce la loro dignità. Purtroppo quanto sta accadendo da anni con il grave problema dei profughi e dei richiedenti asilo, testimonia ancora anche l’incapacità delle istituzioni internazionali comprese quelle dell’Unione europea, nonché dei massimi rappresentanti dei singoli Stati occidentali a coordirarsi, concordarsi e prendere finalmente le giuste e durature decisioni. Per poi anche rispettare le decisioni prese.

    Ma oltre ai Paesi del nord Africa, del medio e vicino Oriente, del Golfo Persico e dell’Asia, negli ultimi anni si sta verificando anche un vistoso e preoccupante aumento del numero di coloro che scappano dall’Albania. Un fenomeno quello, ripreso dopo molti anni, soprattutto dal 2015 in poi. Un fenomeno ripreso, purtroppo, in un modo veramente allarmante. Il nostro lettore è stato spesso informato di questa vera, vissuta e veramente sofferta realtà (Accade in Albania, 7 settembre 2015; Crescente spopolamento come sciagura nazionale, 10 febbraio 2020; Un nuovo e più preoccupante esodo, 16 marzo 2021; Similitudini tra l’Afghanistan e l’Albania, 30 agosto 2021; ecc…). Esattamente un anno fa, riferendosi proprio ai tanti albanesi che, con il pericolo di perdere la propria vita, cercavano di arrivare nel Regno Unito, l’autore di queste righe scriveva: “…dai dati risulta che durante i primi sei mesi di quest’anno nel Regno Unito sono arrivati 2165 albanesi, 2066 afghani, 1723 iraniani, 1573 iracheni, 1041 siriani, 850 eritrei, 460 sudanesi, 305 egiziani, 279 vietnamiti e 198 kuwaitiani. I numeri parlano da soli e meglio di qualsiasi commento!” (Scontri diplomatici e governativi sui migranti; 14 novembre 2022).

    Lunedì scorso, il 6 novembre, a Roma è stato firmato, dai rispettivi primi ministri, un accordo tra l’Italia e l’Albania. Secondo quell’accordo l’Italia potrà beneficiare dei territori in Albania per organizzare e gestire due campi dove arriveranno circa 36.000 profughi all’anno per almeno cinque anni! Profughi di quelli che l’Italia non vuole e/o può tenere. Si tratta di quei profughi che le massime autorità italiane, soprattutto il primo ministro, non sono state in grado di distribuire negli altri Paesi membri dell’Unione europea. Profughi che l’Italia non ha potuto, nonostante un accordo firmato recentemente con la Tunisia, fermare ad arrivare nelle coste italiane. Ma per fortuna il primo ministro italiano ha un “caro amico” in Albania, il primo ministro albanese. Lui ha firmato subito il sopracitato accordo. Lui, un irresponsabile autocrate ha accettato la proposta. Mentre l’omologa italiana ha potuto, almeno sulla carta, curare gli interessi del suo Paese. Durante tutta questa settimana ci sono state molte reazioni critiche all’accordo sia in Italia che in Albania. Si tratta di reazioni che si riferiscono alla violazione delle convenzioni internazionali e alle normative dell’Unione europea. Ma ci sono finalmente evidenziate anche l’irresponsabilità e l’inafidabilità del primo ministro albanese. Una tra tante altre, fatta venerdì scorso da un noto comico italiano, durante un suo programma televisivo, “Fratelli di Crozza”. Farebbe bene il primo ministro italiano a trovare e vedere quel programma. Potrebbe servire a lei per conoscere, se ancora non lo sa, chi è veramente il suo “caro amico”, il primo ministro albanese. Prima che se ne deludesse.

    Chi scrive queste righe continuerà a seguire questo argomento ed informare il nostro lettore già dalla prossima settimana. Egli, nel suo piccolo, rispetta ovviamente i diritti dei profughi, ma anche quanto è previsto dalle convenzioni internazionali. Ma egli pensa che gli interessi non devono mai costringere, chicchessia,  ad ignorare le proprie virtù, ovviamente se ne ha tali. Non si deve mai permettere che, come scriveva François de La Rochefoucauld, le virtù si perdono nell’interesse come i fiumi si perdono nel mare.

  • Metsola risponde a Muscardini: sì, la Ue deve impegnarsi ancora di più in Africa

    «Sono d’accordo con te che la situazione in alcuni campi profughi è spaventosa». Così la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola risponde il 23 marzo ad una lettera che Cristiana Muscardini le aveva indirizzato il 12 marzo, nella quale segnalava le condizioni spesso disumane dei centri per migranti gestiti in Africa da Unhcr, autorità locali o sorti al di fuori di qualsiasi aiuto istituzionale.

    «La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Lise) del Parlamento europeo ha inviato numerose missioni ad hoc nei campi profughi anche all’interno dell’Ue. Queste delegazioni hanno assistito in prima persona alle condizioni allarmanti in cui vivono, a volte per anni, i migranti e richiedenti asilo», conferma Roberta Metzola, assicurando che «il Sistema europeo comune di asilo e il Nuovo patto su migrazione e asilo rappresentano una priorità assoluta per il Parlamento europeo. In tale spirito, sono orgogliosa dell’impegno assunto, nei confronti dei nostri cittadini, dal Parlamento, insieme alle cinque Presidenze di turno del Consiglio, di portare a termine la riforma del quadro legislativo in materia di asilo e migrazione prima della fine dell’attuale ciclo politico. Sono fiduciosa che il nuovo Patto porterà soluzioni a molte delle questioni da te sollevate».

    Convenendo con la sollecitazione di Cristiana Muscardini di trovare un accordo tra la Ue e i Paesi africani «per costruire campi profughi organizzati come veri villaggi, con scuole, negozi, luoghi dove le persone possano vivere senza torture e vessazioni», la presidente dell’Eurocamera dichiara: «Dobbiamo fare la nostra parte nell’affrontare la migrazione e tutte le sue componenti, sia nell’Unione europea sia, come tu suggerisci, nei paesi di origine, dove risiedono le cause profonde del fenomeno».

  • Ucraina: al varo programma UE di accoglienza invernale e aiuti umanitari per 175 milioni di €

    La Commissione europea ha annunciato un nuovo programma di ricoveri di emergenza e strutture invernali per l’Ucraina, mentre la guerra della Russia continua a distruggere le infrastrutture civili. La Commissione ha inoltre stanziato ulteriori 175 milioni di € in assistenza umanitaria a sostegno dei più bisognosi in Ucraina e Moldova.

    L’annuncio è arrivato mentre il Commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, era proprio in visita in Ucraina per contribuire al coordinamento di una delle operazioni di risposta emergenziale tra le più vaste dell’UE.

    Durante la visita ha incontrato il Presidente Volodymyr Zelenskyy, la Vice Premier per l’Integrazione europea ed euro-atlantica Olga Stefanishyna, il Ministro degli Affari esteri Dmytro Kuleba, il Ministro dell’Interno Denys Monastyrsky e il Ministro delle Comunità e dei Territori Oleksiy Chernyshov.

  • REACT-EU: oltre 433 milioni di euro a Belgio, Italia e Lussemburgo per sostenere l’occupazione, la sanità e le persone in fuga dall’aggressione russa contro l’Ucraina

    Il Belgio, l’Italia e il Lussemburgo riceveranno ulteriori 433,79 milioni di € nell’ambito di REACT-EU per sostenere l’occupazione, la sanità e le persone in fuga dall’aggressione russa contro l’Ucraina. In Belgio, 33,4 milioni di € provenienti dal Fondo sociale europeo (FSE) miglioreranno l’orientamento, la consulenza e il sostegno all’occupazione. L’obiettivo è integrare nel mercato del lavoro i rifugiati ucraini e le persone vulnerabili in cerca di lavoro che hanno perso il lavoro dopo la pandemia di COVID-19 o si trovano in condizioni di lavoro precarie, con particolare accento sullo sviluppo delle competenze digitali. A Lussemburgo, il Fondo di aiuti agli indigenti riceverà 390 000 € per fornire più aiuti alimentari alle persone bisognose. Tali fondi consentiranno al Lussemburgo di continuare a rispondere non solo alle attuali esigenze delle famiglie in situazioni precarie, ma anche alle necessità più elevate e alle nuove esigenze di approvvigionamento alimentare causate dalle conseguenze sociali della pandemia. In Italia, 136 milioni di € saranno aggiunti al programma operativo “Governance e capacità istituzionale” per contribuire ad alleviare la pressione sul sistema sanitario nazionale, sostenere l’assunzione di nuovi operatori sanitari pubblici e coprire i costi delle ore lavorative supplementari prestate da 23 200 medici e da altro personale sanitario durante la pandemia. Inoltre, 264 milioni di € saranno utilizzati per l’acquisto di dosi di vaccini contro il COVID-19. A titolo della quota 2021 di REACT-EU erano già stati stanziati 40 miliardi di € per aiutare gli Stati membri a riprendersi dalla pandemia, investire nella transizione digitale e verde e, più recentemente, per integrare le persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Dal marzo 2022 la Commissione ha inoltre versato agli Stati membri prefinanziamenti per un importo di 3,5 miliardi di € a titolo di REACT-EU. La Commissione ha poi recentemente presentato la proposta FAST-CARE per garantire che i prefinanziamenti siano aumentati di altri 3.5 miliardi di €, da versare nel 2022 e nel 2023.

    Fonte: Commissione europea

  • La Commissione al fianco degli Stati membri per agevolare l’inserimento dei minori rifugiati nelle scuole

    La Commissione ha pubblicato un manuale pratico per aiutare i bambini e i giovani ucraini a proseguire il loro ciclo di istruzione nell’UE, dall’educazione e cura della prima infanzia fino all’istruzione secondaria superiore (0-18 anni). Il documento raccoglie principi e pratiche fondamentali in materia di istruzione per agevolare l’inserimento nella scuola dei bambini sfollati dall’Ucraina. Si rivolge a tutte le parti interessate, compresi gli insegnanti e le autorità nazionali. I consigli concreti si basano sugli insegnamenti tratti collettivamente dagli Stati membri dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio. Il documento di lavoro dei servizi della Commissione è stato elaborato in consultazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e con l’UNICEF, con i rappresentanti dei ministeri dell’Istruzione, con le organizzazioni partner riunitesi tra marzo e giugno 2022 in occasione di eventi di apprendimento tra pari e con i rappresentanti dell’NESET, la rete di esperti che lavorano sulla dimensione sociale dell’istruzione e della formazione.

  • L’Onu stima che ci siano oltre 100 milioni di sfollati nel mondo

    “Cento milioni è una cifra netta, che allarma e fa riflettere allo stesso tempo. È un record che non avrebbe mai dovuto essere stabilito”. Le parole sono di Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. La cifra cui fa riferimento sono i cento milioni di sfollati che le guerre hanno generato nel mondo. Una soglia raggiunta e superata con il conflitto nel cuore dell’Europa dopo l’invasione russa dell’Ucraina: tre mesi – un lasso di tempo tutto sommato limitato – per arrivare a un numero di persone in fuga che così alto fino ad ora non era mai stato calcolato. Una cifra record che “deve servire da campanello d’allarme per risolvere e prevenire conflitti, porre fine alla persecuzione e affrontare le cause che costringono persone innocenti a fuggire dalle loro case”, ha insistito Grandi.

    Dell’esodo innescato dall’invasione lanciata da Mosca 90 giorni fa si sono viste le immagini in tutto il mondo, si è assistito alla mobilitazioni dei paesi confinanti con l’Ucraina e all’accoglienza in Europa e non solo. Immagini che si traducono, dall’inizio del 2022, in otto milioni di persone sfollate sullo stesso territorio ucraino e sei milioni che hanno lasciato il Paese. E vanno ad aggiungersi ai 90 milioni di persone che l’Unhcr indicava già per la fine del 2021 costrette alla fuga in tutto il mondo, per nuove ondate di violenza o il perpetrarsi di conflitti in paesi come Etiopia, Burkina Faso, Birmania, Nigeria, Afghanistan e la Repubblica Democratica del Congo.

    La lettura dei numeri non è un mero esercizio, ma contribuisce a visualizzare una realtà e a spiegare l’urgenza nella ricerca di strumenti che invertano la tendenza. E’ questo in sostanza l’appello dell’Onu perché 100 milioni di persone vuol dire l’1% della popolazione globale. Oppure un intero Paese, nello specifico il 14esimo per popolazione al mondo. “La reazione a livello internazionale verso chi fugge dalla guerra in Ucraina è stata straordinariamente positiva – ha concluso Grandi – c’è bisogno di una simile mobilitazione per tutte le crisi nel mondo. Ma l’aiuto umanitario è solo un palliativo, non la cura. Per invertire la tendenza serve pace e stabilità”.

  • Ucraina: stanziati 9 milioni di euro per l’assistenza alla salute mentale dei profughi

    La Commissione europea ha mobilitato 9 milioni di euro a titolo del programma EU4Health per assistere le persone in fuga dall’Ucraina che hanno urgente bisogno di servizi di sostegno per la salute mentale e per i traumi. Questo ulteriore finanziamento dell’UE consentirà alla Federazione internazionale delle società della Croce Rossa e alle organizzazioni non governative di sostenere l’attività degli operatori sanitari e garantirà servizi di salute mentale sotto forma di primo soccorso psicologico, triage, sostegno psicologico per traumi e consulenza ai profughi nelle loro lingue.

    La Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, ha dichiarato: “La brutale aggressione russa in Ucraina ha messo a nudo gli orrori e gli sfregi della guerra. Ha costretto milioni di innocenti, molti dei quali bambini e persone vulnerabili, ad abbandonare l’unica casa, vita e modalità di sussistenza nota per un futuro di incertezze. Dobbiamo offrire il necessario sostegno psicologico a quanti ne hanno bisogno. Grazie a questo finanziamento aggiuntivo garantiremo una rapida assistenza sul campo con l’aiuto delle nostre organizzazioni partner. E daremo anche un esempio tangibile del nostro impegno a sostegno dei profughi ucraini che iniziano a ricostruirsi una vita.”

    Per rispondere alle esigenze sanitarie dei profughi e degli sfollati ucraini è stata anche istituita la rete “Sostenere l’Ucraina, gli Stati membri vicini e la Moldova” nell’ambito della piattaforma per la politica sanitaria. Il sito web del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie offre corsi di formazione e moduli di e-learning su migrazione e salute, disponibili nelle 24 lingue dell’UE.

    Fonte: Commissione europea

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