reato

  • In attesa di Giustizia: al lupo, al lupo!

    La settimana scorsa è iniziata nell’Aula del Senato la discussione sul pacchetto di riforme avanzate dal Ministro della Giustizia che – all’articolo 1 del disegno di legge – propone di abrogare il reato di abuso di ufficio.

    Il dibattito parlamentare si è subito animato vivacemente avversando, dai banchi posti a sinistra dell’emiciclo, l’eliminazione di questo illecito sebbene avesse ricevuto già il plauso unanime da parte degli amministratori locali, indipendentemente dalla appartenenza politica, e primo tra tutti da Antonio Decaro, Presidente dell’ANCI e Sindaco di Bari eletto nella lista del Partito Democratico.

    Tra i più accalorati nell’esprimere la propria contrarietà che mai nella foga si è distinto il Senatore Scarpinato del M5S, uno che quando svolgeva le funzioni di Pubblico Ministero aveva mostrato una visione delle indagini sociologicamente orientata nella convinzione che il male alligni tra i cosiddetti colletti bianchi e che scavando in quegli ambienti, alla fine qualcosa si trova. Di lui ricordiamo l’intuizione dell’indagine “Sistemi Criminali” secondo uno schema investigativo ripetuto più volte sino alla cosiddetta “Trattativa Stato – Mafia” con identico e ripetuto risultato: 0 al quoto. Al lupo, al lupo! per Scarmigliato, pardon, Scarpinato, l’avvocaticchio di Volturara Appula e l’armocromatica Schlein si tratta, ovviamente, di un ennesimo regalo delle destre ai loro amici corrotti.

    Tornando all’abuso di ufficio, si tratta, francamente, di un reato alla cui contestazione  è sempre corrisposto un riconoscimento di responsabilità assolutamente marginale: basti dire che, sulla scorta dei dati ministeriali disponibili, nel 2021, a fronte di migliaia di procedimenti avviati si sono conclusi con una condanna in Tribunale solo 18 casi cui se ne aggiungono altri 9 in sede di rito abbreviato (che sono, uno per l’altro, suscettibili di riforma in appello) mentre 35 sono state le sentenze di patteggiamento.

    Il problema è che si tratta di una condotta rimproverabile di problematico inquadramento nonostante che il legislatore abbia tentato in più occasione di porvi rimedio come dimostrano gli infruttuosi interventi intesi a darvi maggiore determinatezza (nel 1990, 1997, 2012 ed infine nel 2020) senza produrre risultati come dimostrano da un lato le elevate e stabili aperture di inchieste: 4.745 nel 2021 e 3.938 nel 2022 cui però, hanno fatto il paio ben 4.121 archiviazioni nel 2021 e 3.536 nel 2022.

    In realtà si tratta di un reato spesso utilizzato esclusivamente come leva per andare a ricercare l’eventuale commissione di altri più gravi come la corruzione: esattamente il contrario di ciò che vuole la legge, comportando come conseguenza quelle che sono state definite “burocrazia difensiva” e “paura della firma” da parte degli amministratori locali le cui determinazioni possono facilmente essere interpretate in termini che autorizzano l’apertura di un procedimento penale con quanto ne consegue in virtù della scellerata “Legge Severino” che ne prevede la sospensione dalla carica senza attendere neppure la conclusione del giudizio di primo grado…al quale nella stragrande maggioranza dei casi neppure si arriva poiché, come visto, la vicenda viene conclusa con archiviazione ma non prima di avere messo in difficoltà un’amministrazione e devastato una carriera politica.

    E’ stato proprio lo squilibrio tra notizie di reato e decisioni di merito a rivelarsi criterio indicativo di una insuperabile anomalia che ha suggerito la proposta di abrogazione che, tra l’altro, non determinerebbe conseguenze negative sull’arsenale dei reati posti a presidio del buon andamento della pubblica amministrazione che resta adeguatamente articolato.

    Non si dimentichi, inoltre, che il codice penale prevede che tutti i reati siano puniti più gravemente se commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio ferma restando, peraltro, la difficoltà di definire cosa sia “abuso” e salva la possibilità di una futura modulazione di specifici interventi per sanzionare, con formulazioni finalmente puntuali, condotte meritevoli di tutela penale.

    Se ne facciano una ragione il Senatore Scarpinato e le sue truppe cammellate ma l’attesa di giustizia non corrisponde a quella di poter mettere chiunque sotto processo anche senza averne gli strumenti e vedere “se ne esce qualcosa”: è una metodica da lasciare senza rimpianto al ricordo dei Tribunali dell’inquisizione affidati all’Ordine dei Frati Domenicani.

  • Restituita ai carabinieri la caserma della vergogna a Piacenza

    La caserma dei carabinieri Levante di Piacenza, dove a luglio sono stati arrestati i militari che ne facevano parte perché accusati di spacciare droga e di torturare le persone che fermavano, potrà presto tornare a svolgere il ruolo che le è assegnato.

    Dopo che la procura di Piacenza ne aveva disposto il sequestro, misura inedita per la giustizia italiana, ma necessaria, secondo i pm, per la gravità degli episodi di cui è stata teatro, con la notifica della guardia di finanza al custode del provvedimento di dissequestro, va finalmente verso la riapertura. Non si tratta però di una conseguenza immediata: ancora per alcuni giorni, infatti, continuerà a essere operativa la stazione mobile, allestita dall’Arma con due mezzi proprio davanti all’ingresso della stazione, per non far venire meno il ruolo di presidio del territorio e per reagire alle risultanze dell’inchiesta.
    Non sarebbe dunque stata accolta la richiesta di un difensore di uno degli indagati che aveva proposto di svolgere l’incidente probatorio, per poter fare cioè accertamenti nella caserma alla presenza dei consulenti delle parti. Evidentemente si è ritenuto che fossero sufficienti le verifiche documentali che erano state fatte subito dopo gli arresti. Inoltre non sembrano esserci particolari incertezze sulle violenze commesse, il che renderebbe superfluo l’utilizzo del luminol, la sostanza utilizzata per rilevare tracce invisibili di sangue. Se nella caserma Levante, fra pochi giorni, comincerà una  nuova era, non si ferma però l’inchiesta della procura piacentina, guidata da Grazia Pradella, per fare la massima chiarezza su quanto successo alla Levante nei mesi scorsi: comportamenti illeciti, secondo l’accusa, che si sono manifestati in maniera particolare durante il lockdown, quando la città, una delle più colpite dall’emergenza coronavirus, era in una situazione sanitaria gravissima. Nelle ultime settimane gli inquirenti hanno sentito decine di testimoni per acquisire ulteriori riscontri alle accuse sui militari, che rispondono tra l’altro di spaccio, tortura e estorsione, e in modo da verificare le denunce arrivate dopo l’esecuzione delle misure cautelari di fine luglio, quando la vicenda è diventata nota. Uno degli obiettivi delle indagini è quello di chiarire se, oltre ai carabinieri arrestati, ci sono altri profili di responsabilità nella vicenda di una caserma dove, come ha detto la procuratrice Pradella all’indomani degli arresti, “niente di quello che avveniva era lecito”.

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