Più grande è la fetta presa dallo Stato, più piccola sarà la torta a disposizione di tutti.
Margaret Thatcher
Spesso si parla e si dibatte sul concetto dello ‘Stato di diritto’. E spesso questo concetto si confonde con quello dello ‘Stato legale’, nonostante ci sia una significativa differenza tra di loro. Si tratta di concetti che in comune hanno solo il rispetto delle leggi da parte delle istituzioni dello Stato. Cosa che accade però anche nei sistemi autocratici e dittatoriali. Invece in uno ‘Stato di diritto’ vengono rispettati e garantiti per legge tutti i diritti e le libertà dell’essere umano. E si tratta di diritti e libertà innate. Mentre molti diritti e libertà dell’essere umano non sono riconosciuti per legge dai regimi autocratici e dittatoriali. Ragion per cui non si rispettano e neanche si garantiscono.
Il concetto dello ‘Stato di diritto’ è stato trattato già nella Grecia antica. Aristotele, circa ventitre secoli fa affermava che “… È più opportuno che sia la legge a governare che uno qualsiasi dei cittadini; secondo lo stesso principio, se è vantaggioso porre il potere supremo in alcune persone particolari; queste dovrebbero essere nominate solo custodi e servitori delle leggi”. In seguito il concetto è stato ulteriormente elaborato, adattandolo alle realtà del periodo storico, sia nel Regno Unito che in altri Paesi europei. Il concetto dello ‘Stato di diritto’ ha molto in comune con quello che è noto come Rule of Law (Imperio del Diritto; n.d.a.), fino al punto che si identificano. Nell’Enciclopedia Britannica con Rule of Law si intende un “meccanismo, processo, istituzione, pratica o norma che sostiene l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, garantisce una forma di governo non arbitraria e, più in generale, impedisce l’uso arbitrario del potere”.
“Tutti sono attori dello Stato di diritto”. È una frase che esprime la convinzione dei dirigenti del World Justice Project (WJP – Progetto della Giustizia nel mondo; n.d.a.), fondato nel 2006 negli Stati Uniti d’America. Proprio nello stesso anno in cui un’altra organizzazione, Jeunes Européens Fédéralistes (JEF – Giovani Federalisti Europei; n.d.a.), nell’ambito delle attività denominate Democracy Under Pressure (Democrazia sotto Pressione; n.d.a.), cominciò a denunciare la violazione dei diritti dell’uomo in Bielorussia. Un Paese che allora veniva considerato come “l’ultima dittatura in Europa”.
World Justice Project è un’organizzazione che secondo molti specialisti ed opinionisti risulta essere una delle più note organizzazioni, a livello internazionale, nel campo degli studi dettagliati e dell’informazione sullo Stato di diritto e della sua promozione. World Justice Project prepara e pubblica ogni anno anche un rapporto, il Rule of Law Index (Indice sullo Stato di diritto; n.d.a.). Un rapporto che raccoglie, elabora ed analizza molti dati che riguardano il rispetto della legge, attualmente in 142 Paesi del mondo. Sono dati raccolti direttamente, intervistando i cittadini e che servono a evidenziare il rispetto delle leggi e dei diritti fondamentali dell’essere umano. Il rapporto annuale Rule of Law Index viene redatto come una classifica di tutti i Paesi sotto analisi e che si basa sul rispetto delle libertà e dei diritti dei cittadini, sanciti dalla legge. Vengono perciò analizzati le cosiddette otto macro dimensioni dello Stato di diritto. E cioè la limitazione dei poteri governativi, l’assenza di corruzione, l’open government, i diritti fondamentali, l’ordine e la sicurezza, l’applicazione della legge, la giustizia civile e la giustizia penale.
Mercoledì scorso, 23 ottobre, è stato pubblicato il rapporto Rule of Law Index per il 2024. In quel rapporto sono stati presentati i risultati delle analisi multidimensionali, fatte dagli specialisti del World Justice Project, per tutti i 142 Paesi presi in considerazione. L’Albania era uno di loro. Ebbene, per il settimo anno consecutivo l’Albania registra solo dei continui regressi. Soprattutto per quando riguarda la corruzione. Riferendosi all’indice “Assenza di corruzione” l’Albania si classifica alla 107a posizione tra i 142 Paesi analizzati. Dai dati elaborati risulta che l’Albania si percepisce come il Paese più corrotto dell’Europa. Ragion per cui entra nella “zona rosa” della corruzione, dova l’applicazione ed il rispetto delle leggi in vigore lasciano molto a desiderare.
La corruzione, partendo dai più alti livelli delle istituzioni pubbliche in Albania, è analizzata e trattata in questi ultimi mesi anche da molti media internazionali. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia; 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024 ecc…). In un articolo pubblicato il 24 ottobre scorso dal noto quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, riferendosi alla corruzione in Albania si sottolinea che molti funzionari delle istituzioni dell’Unione europea affermano privatamente che “…la corruzione esiste in tutti i campi ed è ben presente nella vita pubblica”. Nello stesso articolo si fa riferimento anche al rapporto per il 2023 del Dipartimento di Stato statunitense, in cui si afferma che “…la corruzione esiste in tutte le diramazioni e in tutti i livelli del governo”. Mentre un altro media statunitense, il Fox News Digital, parte integrante della ben nota catena televisiva Fox News, sempre il 24 ottobre scorso sottolineava che “…La corruzione, soprattutto nel sistema giudiziario, è molto diffusa in Albania e i tribunali sono spesso sotto pressione e influenza politica”.
Anche il noto settimanale francese Nouvel Obs, lo stesso giorno, il 24 ottobre scorso, affermava che dopo undici anni che il primo ministro è al potere “…l’Albania è ancora uno dei Paesi più corrotti dell’Europa […]. Un narcostato che si sta svuotando dei suoi abitanti”.
I media internazionali la scorsa settimana si riferivano anche al sistema “riformato” della giustizia.
Radio France Internationale, una ben nota emittente radiofonica pubblica francese, sottolineava che “…In Albania la riforma del sistema della giustizia si presenta come un successo dalla comunità internazionale, sembra che serve molto a rafforzare l’attuale potere [politico], invece di assicurare la vera trasparenza”. Un fatto questo che “…aumenta le preoccupazioni sull’indipendenza delle istituzioni del sistema della giustizia”. Il nostro lettore da anni ormai è stato informato, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, del controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania da parte del primo ministro e/o di chi per lui. Soprattutto della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata che ormai, fatti accaduti anche in questi giorni alla mano, è diventata un’arma nelle mani del primo ministro per eliminare gli avversari politici. Lo testimoniano gli arresti domiciliari da dieci mesi ormai e senza prove del capo dell’opposizione, ex presidente della Repubblica ed ex primo ministro. Così come lo testimonia l’arresto brutale lunedì scorso, 21 ottobre, di un altro ex presidente della Repubblica, ex presidente del Parlamento ed ex primo ministro. Quest’ultimo è stato precedentemente alleato con l’attuale primo ministro (2013-2017), per poi diventare un suo avversario politico. Anche di questi arresti hanno scritto i media internazionali la scorsa settimana.
Chi scrive queste righe è convinto che in Albania dal 2013 è stato restaurato un regime autocratico. Si tratta di una nuova dittatura sui generis, di un regime che cerca di apparire come uno Stato di diritto. Ma non lo è per niente. Spetta ai cittadini albanesi reagire, perché, come affermava Margaret Thatcher, più grande è la fetta presa dallo Stato, più piccola sarà la torta a disposizione di tutti. E lo Stato in Albania non è uno Stato di diritto ma, bensì, uno Stato corrotto e che abusa.