ricchezza

  • Geoeconomia delle terre rare

    Le «terre rare» sono un gruppo di 17 elementi chimici fondamentali per la produzione dei microchip. La Cina – scriveva il giornalista del Corriere della Sera Danilo Taino già nel 2021 – possiede le maggiori riserve, pari a 44 milioni di tonnellate cubiche, ed è di gran lunga il primo produttore, con il 57,6% del mercato mondiale nel 2020 (secondo lo Us Geological Survey). Gli Usa sono il secondo produttore con il 15,5% del totale globale, e hanno provato a incrementare la loro quota con la proposta di Donald Trump di comprare la Groenlandia dal Regno di Danimarca: sotto i ghiacci groenlandesi vi è infatti un milione e mezzo di tonnellate cubiche di terre rare.

    Terre e metalli rari, riferiva ancora Taino, sono necessari in almeno 200 prodotti: microchip, cellulari, computer, televisori, schermi, veicoli elettrici e ibridi, turbine, magneti per pale eoliche, pannelli fotovoltaici, materiali composti avanzati. E sono indispensabili nell’industria della Difesa, per sistemi di guida, laser, sistemi radar e sonar, video elettronici. Nel 2020, l’Unione europea ha portato da 27 a 30 le materie prime, comprese le terre rare, dichiarate “vitali”. E si è ripromessa di aumentare la ricerca e la produzione. Ma le terre rare sono uno degli elementi che rende Taiwan particolarmente importante e appetita: sull’isola viene infatti forgiato il 60% dei semiconduttori usati nel mondo.

  • Gli oligarchi russi hanno perso 330 milioni al giorno dopo l’attacco all’Ucraina

    Le sanzioni occidentali, imposte per la guerra in Ucraina, colpiscono duro gli oligarchi russi: secondo il Bloomberg Billionaires Index, ripreso dal Guardian, i miliardari dello zar hanno perso quasi 95 miliardi di dollari quest’anno, pari a 330 milioni al giorno da quando il Cremlino ha invaso l’Ucraina. Il grande perdente è stato Roman Abramovich, l’ex proprietario del Chelsea FC, con la sua fortuna in calo del 57% a 7,8 miliardi di dollari.

    Secondo la statistica dell’agenzia finanziaria, Abramovich è stato uno dei primi oligarchi a essere sottoposto a sanzioni britanniche il 10 marzo dopo che la Gran Bretagna lo ha accusato di avere “chiari legami” con il regime di Vladimir Putin e di far parte di un gruppo di ricchi uomini d’affari russi che avevano “le mani sporche di sangue”.

    Anche il patrimonio di Gennady Timchenko, miliardario investitore energetico e amico intimo di Putin, si è ridotto del 48% a 11,8 miliardi di dollari, e Suleiman Kerimov, un altro alleato del presidente russo e attuale proprietario della compagnia mineraria Polyus, ha perso il 41%, scendendo a 9 miliardi di dollari, secondo l’indice.

    Solo nel Regno Unito sono stati congelati più di 18 miliardi di sterline di beni appartenenti a oligarchi e altri russi con sanzioni imposte a 1.271 persone.

    Non ha perso solo soldi a causa delle sanzioni ma è incappato anche in guai con la giustizia inglese un altro milionario russo di primo profilo: Mikhail Fridman, nato nell’ucraina e allora sovietica Leopoli dove ancora vivono i suoi genitori ma cresciuto in Russia, è stato fermato il 3 dicembre dalla National Crime Agency (Nca) con l’accusa di riciclaggio di denaro sporco e falsa testimonianza al ministero dell’Interno. Fridman, cofondatore del gigante russo di investimenti Alfa-Group, era, secondo Forbes, il settimo uomo più ricco di Russia nel 2017 e, stando al Bloomberg Billionaire Index, nell’agosto 2022, nonostante le sanzioni, aveva ancora un patrimonio netto teorico di circa 11 miliardi di euro.

  • Contro la colonizzazione globalizzata, per una globalizzazione della civiltà

    Riceviamo e pubblichiamo la prima dell’intervento che l’On. Vitaliano Gemelli, già deputato europeo, ha tenuto durante l’Assemblea Annuale dell’Associazione degli ex parlamentari europei (FMA) a Bruxelles lo scorso 6 dicembre.  Il prossimo capitolo sarà pubblicato dopo l’8 gennaio 2023.

    All’indomani della seconda guerra mondiale e con l’affermazione politica dei blocchi, da una parte il mondo comunista con le sue articolazioni (URSS (Stalin, Krusciov e successivi) – Maoismo – Titoismo – Hoxhaismo – Castrismo – Guevarismo – e le varianti asiatiche della Corea del Nord, Laos, Vietnam e quelle africane) e dall’altra il blocco occidentale, con l’inclusione del Giappone e con l’attenzione verso l’India come “la più grande democrazia del mondo” dopo l’indipendenza e, dopo il 1960, e l’inclusione di molti Paesi dell’Africa, il confronto non si misurava soltanto sulla politica o sull’economia o sulla ricerca scientifica o sulla potenza militare, ma anche sulla cultura della democrazia o sulle due culture della democrazia, che comunque esercitavano una influenza reciproca in un regime di competizione perenne.

    Sul piano della reciproca influenza culturale, l’attenzione si focalizzava sicuramente sull’esercizio delle libertà e della partecipazione democratica, con l’obiettivo di risollevare le condizioni sociali ed economiche dei popoli, che avevano tutti subìto la guerra mondiale.

    Tale attenzione si manifestava – prevalentemente nell’Europa Occidentale e negli altri Paesi a sistema democratico – nell’enfatizzare l’impegno con il principio di solidarietà verso le classi meno abbienti, per dimostrare che la condizione sociale ed economica, oltre che civile, di tali classi fosse migliore di quella delle classi popolari degli Stati a regime comunista.

    Il progresso dei popoli retti da sistemi democratici era evidente e il susseguirsi dei piani quinquennali degli Stati comunisti non sarebbe riuscito a raggiungere i livelli sociali ed economici dei primi.

    La motivazione ideologica del comunismo si infranse sulla mancanza di risultati rispetto ai livelli di benessere dei cittadini (benessere non solo economico, ma sociale, civile, diffusamente scientifico, culturale per evidente carenza di confronto a causa  dell’imposizione di una monocultura) e quindi il 1989 è la data storica del fallimento del comunismo con la caduta del Muro di Berlino e la successiva liquidazione dell’Unione Sovietica, per merito di uno dei più grandi politici della storia, Mikhail Gorbaciov.

    Mikhail Gorbaciov era insieme a Ronald Reagan quello che teneva in equilibrio il sistema mondiale dei blocchi e in quella fase la grande responsabilità dei due e dei rispettivi governi evitò che si innescasse uno sbilanciamento, che avrebbe messo in serio pericolo la pace e l’esistenza di milioni di cittadini nel mondo, nell’eventualità di una guerra atomica.

    La sconfitta ideologica del comunismo reale, nonostante il permanere in abbrivio in Cina e in qualche altro Paese, ma con modalità diverse, lascia al mondo l’altra ideologia, che aveva dimostrato di poter raggiungere risultati migliori e ne fa acriticamente un totem, dal quale prendeva il via la globalizzazione dei mercati (secondo la definizione economica) ma in effetti la globalizzazione dell’informazione, della cultura, della tecnologia, della ricerca, della “scienza ufficiale”, affermando di fatto una monocultura, all’inizio accettata trionfalisticamente, me che alla luce dei fatti rivela tutti suoi limiti economici, sociali, civili, umani.

    La cultura liberista

    A trent’anni dalla fine del comunismo e dall’inizio della globalizzazione i danni della monocultura liberista sono evidenti e anche i più grandi economisti non riescono a trovare una indicazione chiara per correggere tutto il disequilibrio creato e voluto.

    La soddisfazione dei bisogni (prima) e dei desideri dei cittadini diventa l’obiettivo di ogni manifestazione e di ogni attività intellettuale, economica, civile, sociale e la dimensione gradualmente si modifica da sociale ad individuale, incoraggiando la valorizzazione delle capacità dell’individuo, offrendo dei modelli che incitano alla conquista di posizioni sempre più evidenti nel contesto sociale di riferimento.

    Viene invertita la logica cristiana che gli ultimi saranno i primi; nel contesto terreno è sempre meglio essere primi, perché “il primo è primo, il secondo non è nessuno”, recita un adagio comune.

    Proprio in tale logica si costruisce un percorso sociale nel quale la competizione, che di per sé non è negativa, viene praticata a tutti i livelli e ad ogni costo, senza tenere in considerazione le condizioni di contesto e quindi la relativizzazione delle varie situazioni.

    In effetti si mutua la logica fisiocratica e liberista del “laissez faire, laissez passer”, anche nella società e quindi l’individualità prevale sulla socialità, annichilendo i rapporti interpersonali e piegandoli al conseguimento degli obiettivi personali in termini prioritari e alcune volte esclusivi.

    In tale contesto decadono quelle che vengono definite “sovrastrutture morali” e quindi si afferma la logica che è consentito tutto quello che può soddisfare i desideri dell’individuo, con la sola eccezione del rispetto dei “diritti umani” (e non sempre), sanciti dalle Carte ONU.

    Il modello di riferimento per costruire la società degli uomini è identico a quello economico liberista, per il quale si affermano le imprese più forti  sulle più deboli; nella società le classi meno abbienti, le persone affette da patologie congenite o croniche e con una ridotta capacità lavorativa, gli anziani, generano costi sociali, che la logica in voga subisce e tenta in ogni modo di ridurre – un esempio e la richiesta reiterata in tempi diversi della riduzione del “cuneo fiscale”, o la concentrazione di una categoria di cittadini nelle RSA per evitare l’assistenza domiciliare, che avrebbe effetti psicologicamente migliori – per affermare il principio che ognuno deve vivere del proprio lavoro secondo le proprie capacità; e se tali capacità sono insufficienti cosa fare ?

    Il principio della solidarietà e la dimensione sociale vengono quasi completamente estromessi dalla logica del vivere, senza che tale esclusione crei scandalo (l’Obamacare, che assicurava l’assistenza agli indigenti, in una parte non trascurabile del popolo statunitense ha suscitato scandalo e si è tentato di abrogarla).

    L’economia sociale di mercato di Wilhelm Ropke, fatta propria dai partiti ad ispirazione cristiana in Europa, invocata in Germania durante la Repubblica di Weimar, è stata applicata in Europa e in altri Paesi fino agli anni Novanta ed è stata soppiantata dalla pratica capitalistica dopo la caduta del Muro di Berlino, creando la situazione mondiale attuale.

    Negli USA si applicavano le teorie Keynesiane e John Kenneth Galbraith, dalla presidenza di Kennedy e successivamente per alcuni decenni, era uno degli economisti più ascoltati.

    Quando nella società cadono le protezioni sociali dei più deboli si compromette uno dei principi fondamentali della convivenza civile e democratica, perché si infrangono principi costituzionali non solo in Italia, ma anche in altri Paesi, nell’Unione Europea e si violano le Carte dell’ONU, che prevedono che in ogni Paese non è ammessa la discriminazione di cittadini, privi della capacità autonoma di provvedere a sé stessi.

    Quindi, sarebbe opportuno constatare che applicare il modello economico liberista nella società del mondo a sistema democratico ha creato disparità intollerabili e ha bloccato società in evoluzione, compromettendo il consolidato “ascensore sociale”, che portava i figli a creare condizioni migliori di quelle dei padri.

    Il blocco della dinamica sociale ha generato enormi sacche di inoccupazione e anche un grande impedimento all’adeguamento complessivo della società alla contemporaneità, perché ha lasciato senza sostegno coloro che avrebbero voluto e potuto contestualizzare la propria esistenza con i traguardi che costantemente vengono raggiunti.

    La pandemia ha evidenziato la situazione mondiale e anche le economie più forti o quelle che ritengono di avere le risorse per affrontare ogni problema si trovano in difficoltà, come effetto della politica liberista che gli Stati hanno lasciato che si realizzasse, espandesse e proliferasse senza alcun limite o condizione.

    La situazione attuale della società in ogni parte del mondo registra lo schiacciamento dei ceti medi e di quelli alto-borghesi verso il basso, allargando di fatto la fascia dei ceti poveri e incrementando, oltre la soglia fisiologica, la classe degli emarginati.

    Anche i sistemi fiscali sono condizionati dalla politica liberista, che lascia le grandi aziende multinazionali fuori dal sistema fiscale nazionale, consentendo di localizzare le sedi fiscali in Paesi a fiscalità favorevole o trattando di volta in volta la percentuale della contribuzione fiscale da corrispondere.

  • Le guerre per le terre rare minano anche il nostro futuro

    Mentre la nostra attenzione è, ovviamente, concentrata sui diversi problemi dovuti al rincaro del gas e alla sospensione di gran parte dei rifornimenti dalla Russia, si rischia che manchi all’analisi del nostro futuro quali saranno le conseguenze delle varie guerre di potere per accaparrarsi quelle materie prime senza le quali la società mondiale non può più vivere.

    Lo scontro tra i grandi della terra è sulle terre rare senza le quali le vecchie e nuove tecnologie non possono funzionare e in questo scontro ogni giorno si contano molte vittime.

    Il Congo è ricco di coltan, il minerale indispensabile per il funzionamento dei migliori microchip, quei microchip che regolano ogni tecnologia e presto saranno usati anche nell’industria pesante. Il coltan del Congo è particolare per la concentrazione di columbite-tantalite che porta ad un risparmio energetico, ad esempio prolunga la durata delle batterie e perciò è particolarmente richiesto anche per le macchine elettriche.

    La grande richiesta del coltan, in una paese poverissimo nonostante le tante risorse minerarie, cobalto in testa, aumenta le lotte intestine, i traffici internazionali, le guerre di potere, tutto a scapito della popolazione, che in gran parte lavora più di 12 ore al giorno, senza protezione e per una misera manciata di dollari.

    La Cina ha ovviamente un rapporto stretto con il governo congolese e ha usato tutti i mezzi per aggiudicarsi l’esclusiva del cobalto e si muove, anche sotto la copertura di varie società che tra loro si fondono con giochi ad incastro. Nel frattempo la situazione di donne e bambini resta drammatica mentre gli attacchi di bande armate, dei contrabbandieri e dell’Isis continuano contro la popolazione civile.

    Continua anche la corsa al litio, materiale essenziale per le moderne tecnologie e del quale la Bolivia detiene un quarto delle riserve mondiali conosciute ma non ne produce che pochissime quantità perché l’ex presidente Morales comanda ancora. Pur essendo nazionalizzata l’estrazione del litio, esiste solo un piccolo impianto che non riesce a produrre in modo industriale. Nel 2021 Morales ha deciso di mettere fine alla fallimentare nazionalizzazione ma solo nell’interesse di Pechino e Mosca.

    Le batterie al litio sono le più efficienti e riciclabili perciò è un grande affare produrlo, utilizzarlo, venderlo vista la necessità di arrivare all’autotrasporto elettrico così la metà delle compagnie che potranno avviare progetti di ricerca sul litio sono cinesi. Una di queste ha fatto una società mista con una società statale boliviana per l’industrializzazione delle saline. Il litio boliviano sarà anche a disposizione di una azienda statale russa che si occupa di energia nucleare, poiché è uno dei maggiori produttori mondiali di uranio, la Bolivia è ricca anche di questo materiale.

    Russia e Cina pur essendo apparentemente alleate su molte questioni, compreso il silenzio colpevole del presidente cinese sulla guerra di Putin contro l’Ucraina, in effetti hanno una forte rivalità per la conquista proprio delle terre rare. Queste terre sono molto presenti nel sottosuolo degli ex paesi satelliti dell’Unione Sovietica come il  Kazakistan, il Turkmenistan, il Kirghizistan.

    La concorrenza continua anche per appropriarsi dei grandi giacimenti, non solo di preziosissimo rame, in Afganistan. In effetti le concessioni di alcune miniere sono in mano cinese già dal 2007 ma le note vicende afgane hanno per ora impedito l’estrazione. I cinesi inoltre potrebbero godere di un enorme giacimento di litio nell’alto Tibet individuato recentemente.

    Guerre e guerriglie grandi e piccole, ufficiali od ufficiose, continuano e si espandono, in nome di finti ideali, per garantire terre rare e potere ai giganti del mondo mentre le popolazioni dei paesi, che nel  sottosuolo hanno tante ricchezze, restano sempre più povere.

    Quando i giganti avranno raggiunto la piena acquisizione dei metalli e delle terre rare saranno i padroni definitivi del mondo, forse si faranno guerra tra di loro, forse si divideranno il mondo ma certamente noi non saremo più liberi ed indipendenti come siamo ora, o come crediamo di essere.

    Anche per questo aiutare il popolo ucraino a salvare la sua indipendenza e le ricchezze del suo sottosuolo è necessario e giusto anche per il nostro futuro di libertà e benessere.

  • Ricchi senza pace neppure nella Land of opportunities: timori di guerra civile negli Usa

    C’è chi crede che i ricchi non possano starsene più in pace neppure negli Usa e ci sono testate che riprendono questo timore. Ray Dalio, fondatore e presidente di Bridgewater Associates, il più grande hedge fund del mondo, ha preconizzato che tasse e inflazione elevate combinate con una diffusa disuguaglianza di ricchezza e una partigianeria senza precedenti stanno spingendo gli Stati Uniti sull’orlo della guerra civile.

    «Un aumento del populismo e dell’estremismo, oltre alla litigiosità tra sinistra e destra, sono i classici indicatori di futuri conflitti» ha scritto Dalio in un post su LinkedIn, aggiungendo che gli le forze politiche estremiste vedono il rispetto della legge come secondario rispetto alla vittoria. Il riferimento è a quello che è successo il 6 gennaio 2021, quando i sostenitori del presidente Donald Trump hanno preso d’assalto il Campidoglio degli Stati Uniti nel tentativo di ribaltare l’esito delle presidenziali. Dalio, che sta promuovendo il suo nuovo libro sull’ascesa e la caduta delle nazioni (“Il mutevole ordine del mondo. Storia dei successi e dei fallimenti delle nazioni”) ha individuato sei fasi di disordine e ordine interni. Tutto inizia con la creazione di un nuovo governo seguito da periodi di pace e prosperità. Alla fine, la spesa in eccesso e l’accumulo di ricchezza e potere pesano sul sistema, portando a “cattive condizioni finanziarie e intensi conflitti”, ovvero la fase in cui ci troviamo ora, secondo Dalio. Il passo successivo, è la guerra civile e la rivoluzione, che riconduce dritti alla prima fase. “La storia mostra che aumentare le tasse e tagliare la spesa quando ci sono grandi divari di ricchezza e cattive condizioni economiche, più di ogni altra cosa, è un anticipatore di guerre civili o rivoluzioni di qualche tipo” ha spiegato.

    Nell’anno delle elezioni di medio termine del 2022, Dalio prevede che i moderati perderanno seggi mentre gli estremisti e i populisti di entrambi i partiti li guadagneranno. Non solo. Il finanziere Usa prevede anche che le sentenze della Corte Suprema diventeranno più controverse. Entro le elezioni presidenziali del 2024, ha detto, ci sarà una “battaglia tra i populisti di destra e i populisti di sinistra in cui nessuna delle due parti accetterà di perdere”. “Una tale sequenza di eventi sarà coerente con il tipico percorso che porta alla guerra civile”, ha concluso, spiegando che non è escluso se in questo conflitto ci saranno morti, come è successo il 6 gennaio dello scorso anno.

  • Anche i ricchi risparmiano, trimestrale deludente per Richemont

    Il mercato cinese è in ripresa, rialzata la testa dalla pandemia del coronavirus, ma se i bilanci si fanno a livello internazionale anche per i colossi del lusso può andare peggio del previsto. È il caso di Richemont, la holding di Ginevra dell’alta gioielleria e orologeria, che raggruppa marchi da Cartier a Baume & Mercier, Panerai e Montblanc. I conti del trimestre aprile-giugno, sono andati male oltre le attese degli analisti, con vendite in calo del 47% a 1,993 miliardi, a fronte dei 2,13 miliardi previsti. Ciononostante l’attesa e realizzata previsione che la Cina, peraltro già confermata con Swatch e Burberry, abbia tirato sui numeri, con un incremento quasi del 50%. Fatto è che altrove le perdite sono state a due cifre: in Europa -59% a 436 milioni, in Asia-Pacifico -29% a 1,013 miliardi, con un declino di tutti i mercati, tranne appunto la Cina, che ha visto crescite a tre cifre sull’on-line e ha concentrato tutti gli acquisti al dettaglio sul territorio, praticamente azzerandoli all’estero. Le Americhe hanno perso il 61% a 277 milioni, il Giappone il 64% a 112 milioni, coi negozi chiusi per la maggior parte del trimestre in questione. Medio Oriente e Africa il 38% a 155 milioni. Il titolo così a Zurigo ha perso il 4,6% a 61,3 franchi svizzeri, ben distante dai minimi di 49,4 franchi di marzo, ma anche dagli 80,9 di gennaio. Scontata la ragione di questa debacle, “un forte impatto del Covid-19”, con le chiusure temporanee dei canali di distribuzione, ora tutti riaperti, ad eccezione delle Americhe, il sostanziale stop del turismo e in un sentiment cauto dei consumatori in molti mercati. Il retail ha perso il 43% l’ingrosso il 65%, con una maggiore resilienza delle vendite al dettaglio on-line (-22%), scese comunque per le chiusure dei magazzini di distribuzione. Gli stessi distributori di e-commerce hanno registrato per questo e per i prezzi definiti competitivi, un calo del 42%.

    Il comparto che ha sofferto meno, come previsto, sono stati i gioielli (-41%), con Cartier a contare per il 40% delle vendite, rispetto agli orologi (-56%) e anche qui la Cina ha avuto il suo ruolo: i preziosi sono cresciuti del 68%, soprattutto nell’e-commerce, un mezzo meno utilizzato per comprare orologi, un comparto, questo, che ha un’esposizione relativamente bassa nel Paese asiatico. C’è d’altra parte tra gli analisti chi sostiene che la gestione dell’on-line non sia il forte di Richemont, che comunque non è certo in crisi di liquidità e mostra la sua solidità con gli 1,8 miliardi di posizione finanziaria netta.

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