rifugiati

  • L’UE ribadisce il suo impegno a sostenere i rifugiati

    In occasione della Giornata mondiale dei rifugiati, è stata rilasciata una dichiarazione comune della Commissione e dell’Alto Rappresentate in cui l’UE ricorda il suo impegno a sostenere i rifugiati in tutto il mondo. “Oggi oltre 120 milioni di persone sono vittime di sfollamenti forzati in tutto il mondo. In occasione della Giornata mondiale dei rifugiati, ribadiamo il risoluto impegno dell’UE a essere uno dei principali donatori mondiali di aiuti ai rifugiati. Ci impegniamo a intensificare gli sforzi per garantire che l’Unione rimanga un luogo di protezione e sicurezza per i rifugiati.

    Nel concreto, l’UE sta attivamente dando seguito all’impegno assunto in occasione del Forum globale sui rifugiati del 2023 di migliorare la situazione di milioni di rifugiati e sfollati forzati coinvolti in conflitti e gravi crisi umanitarie in tutto il mondo, per esempio in luoghi come Gaza, l’Ucraina, la Siria, l’Afghanistan, il Myanmar, il Venezuela, lo Yemen, il Sudan, il Ciad e la Repubblica democratica del Congo. Aiutiamo inoltre i governi ad affrontare l’apolidia e a rafforzare i loro sistemi di asilo“.

  • Oltre 200mila migranti sbarcati in Italia nel 2023

    Oltre 200 mila migranti hanno cercato di raggiungere l’Italia via mare nel corso del 2023, un numero in netto aumento rispetto allo scorso anno. Il dato è stato elaborato da “Agenzia Nova” sommando gli arrivi accertati sul territorio italiano e le persone intercettate in mare e riportate in Libia e in Tunisia dalle rispettive Guardie costiere nordafricane.

    Sono complessivamente 153.647 i migranti arrivati in modo irregolare via mare e sbarcati nei porti italiani a decorrere dal primo gennaio al 20 dicembre, con un aumento del 55 per cento rispetto ai circa 99.191 arrivi registrati nello stesso periodo del 2022. Si tratta, a ben vedere, di numeri inferiori ai 181 mila arrivi del 2016 e ai 170 mila del 2014, indice di una situazione non emergenziale ma comunque preoccupante anche per i morti nel Mediterraneo centrale: oltre 2.220 da gennaio. Gli ultimi dati del Viminale visti da “Nova” confermano il picco di arrivi via mare dalla Tunisia, 96.156 da inizio anno al 20 dicembre, una media di quasi 272 migranti sbarcati al giorno: più che triplicato il dato di 30.135 arrivi complessivi dalla rotta tunisina in tutto il 2022. A questi numeri vanno aggiunti almeno altri 48.074 migranti che sono stati intercettati dal primo gennaio al 30 novembre, secondo gli ultimi dati disponibili pubblicati dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes). Complessivamente, inoltre, Ftdes ha conteggiato 1.300 morti e dispersi in mare, fino al 30 novembre, lungo la rotta tunisina.

    Più distaccata invece la rotta libica, al secondo posto con almeno 49.714 migranti illegali sbarcati al 20 dicembre, secondo i dati del Viminale visti da “Nova”. Più della metà dei migranti sbarcati in Italia dalle coste libiche, circa 33 mila, è partito dalla Tripolitania, regione occidentale del Paese nordafricano sotto il controllo del governo guidato del premier Abdulhamid Dabaiba. Dalla Cirenaica, regione orientale dominata dal generale Khalifa Haftar e colpita lo scorso settembre dal devastante ciclone “Daniel”, sono invece arrivati ad oggi oltre 16 mila migranti. Secondo le ultime stime dell’Oim, aggiornate al 9 dicembre, 15.383 migranti sono stati intercettati in mare e riportati in Libia, di cui 11.423 uomini, 1.066 donne, 556 minori e 2.443 persone i cui dati di genere non sono disponibili. Di 955 migranti è stata invece accertata la morte, mentre 1.255 risultano ancora dispersi nei tentativi di emigrazione verso le coste europee attraverso la rotta del Mediterraneo centrale (che include sia Libia che Tunisia), per un ammontare complessivo di 2.210 persone decedute. I numeri del ministero dell’Interno italiano visionati da “Nova” mostrano infine un sensibile calo di arrivi dalla rotta turca dalla tragedia di Cutro di febbraio, 7.017, a fronte degli oltre 15 mila dello stesso periodo dello scorso anno. Resta marginale, infine, la rotta che dall’Algeria ha portato in Italia almeno 535 migranti irregolari, a fronte di 1.273 arrivi dello scorso anno.

    “Tante persone provano una traversata più volte, quindi è difficile capire quanti respinti poi siano arrivati o meno. Potremmo effettivamente essere a 200 mila partenze, ma non possiamo consideriamo il 2023 un anno emergenziale. Sono comunque dati inferiori al 2016 e al 2014. L’emergenza numerica non c’è”, commenta a “Nova” Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) a Roma. “Anche qualora fossero 200 mila le persone partite, si tratta di un numero obiettivamente basso: non è paragonabile agli oltre 850 mila arrivati in Grecia nel 2015”, ha aggiunto Di Giacomo, sottolineando come i 153 mila sbarcati in Italia da inizio anno siano pari allo 0,26 del totale della popolazione italiana e allo 0,03 per cento del totale della popolazione europea. Il problema, secondo il portavoce, è soprattutto a Lampedusa, dove fino a due mesi fa si concentrava almeno il 70 per cento degli arrivi. “L’emergenza non è numerica per l’Italia, ma lo è sicuramente per Lampedusa, anche al livello operativo e logistico”, ha aggiunto l’esponente di Oim.

    Secondo i dati del cruscotto statistico giornaliero pubblicato nel sito web del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, al primo posto degli sbarchi in Italia al 20 dicembre 2023 c’è la Guinea con 18.204 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con circa 20.486 sbarcati dalla rotta libica, in particolare quella “orientale” che dalle coste della Cirenaica punta alla Sicilia. Segue poi un altro Paese dell’Africa, la Tunisia, con 17.203 arrivi al 20 dicembre, circa 500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Dalla Tunisia partono soprattutto subsahariani, meno di due su dieci è di nazionalità tunisina. I cittadini della Costa d’Avorio risultano al terzo posto degli sbarchi irregolari in Italia, con 16.004 arrivi via mare, mentre lo scorso anno erano i bengalesi (più di 14 mila) a occupare il gradino più basso del podio in questo periodo. Da segnalare poi l’arrivo quest’anno di 12.122 cittadini del Bangladesh che hanno molto probabilmente percorso la rotta libica per sbarcare in Italia.

    Secondo Di Giacomo, i flussi migratori del 2023 sono stati caratterizzati dalla partenza di persone che vivevano in Nord Africa (e non necessariamente nordafricani) e che sono state costrette a scappare. “Tendenzialmente molte persone arrivate quest’anno sono fuggite da contesti drammatici. Molte persone arrivate dalla Tunisia vivevano lì da anni e sono scappate a causa delle discriminazioni. Sappiamo che la Libia è sia un Paese di transito, ma anche di destinazione: molte persone che si trovano a vivere in Libia scappano, anche se in realtà volevano rimanere”, ha detto ancora Di Giacomo, sottolineando come a influire sul fenomeno sia soprattutto il contesto geopolitico. “L’instabilità economica e geopolitica del Nord Africa crea un flusso migratorio che, se ci fosse più stabilità politica in questi paesi, probabilmente sarebbe più basso”, ha puntualizzato il portavoce di Oim, evidenziando il drammatico dato di 2.271 morti nel Mediterraneo, in netto aumento rispetto ai 1.400 morti del 2022. “E’ un numero ancora per difetto. Ci sono tantissimi naufragi di cui nessuno sa niente. L’emergenza vera è che non si fa abbastanza per salvare le vite in mare”, conclude Di Giacomo.

  • La Commissione concede finanziamenti per nuovi progetti a sostegno dei sistemi di accoglienza, asilo e rimpatrio a Cipro, in Spagna, in Grecia, in Italia e in Polonia

    La Commissione europea ha concesso 171 milioni di € di finanziamenti per progetti a sostegno dei sistemi di accoglienza, asilo e rimpatrio a Cipro, in Spagna, in Grecia, in Italia e in Polonia. Questo è il risultato di un bando di gara lanciato all’inizio del 2022 nell’ambito del Fondo Asilo, migrazione e integrazione per finanziare progetti negli Stati membri sotto pressione.  Il sostegno a Cipro sarà destinato alla costruzione di un alloggio e di centri di pre-partenza nella zona di Menoyia, a Larnaka. In Spagna il sostegno andrà a rafforzare la capacità del sistema di accoglienza a Ceuta e nelle isole Canarie, contribuendo così ad attenuare il sovraccarico della capacità di accoglienza derivante dall’aumento della pressione migratoria. Il progetto dell’Italia si concentrerà sul rafforzamento della capacità del sistema di accoglienza dall’arrivo a tutte le fasi dell’accoglienza, al fine di proteggere e assistere i minori e le donne rifugiati più vulnerabili. Il sostegno finanziario alle organizzazioni internazionali in Grecia contribuirà a migliorare la qualità della protezione nei confronti dei richiedenti asilo ospitati nel sistema di accoglienza. Questo sostegno andrà in particolare alla gestione personalizzata dei rifugiati in situazione di vulnerabilità e al supporto all’istruzione per i bambini in età scolare rifugiati in Grecia. Infine, il finanziamento attribuito all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) in Polonia sarà destinato prevalentemente a rafforzare un approccio all’assistenza diretta basato sui diritti e sensibile alla protezione e a migliorare le procedure di rimpatrio. Nuovi bandi potrebbero essere programmati nell’ambito del bilancio  2023 del Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF).

    Fonte: Commissione europea

  • L’Onu stima che ci siano oltre 100 milioni di sfollati nel mondo

    “Cento milioni è una cifra netta, che allarma e fa riflettere allo stesso tempo. È un record che non avrebbe mai dovuto essere stabilito”. Le parole sono di Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. La cifra cui fa riferimento sono i cento milioni di sfollati che le guerre hanno generato nel mondo. Una soglia raggiunta e superata con il conflitto nel cuore dell’Europa dopo l’invasione russa dell’Ucraina: tre mesi – un lasso di tempo tutto sommato limitato – per arrivare a un numero di persone in fuga che così alto fino ad ora non era mai stato calcolato. Una cifra record che “deve servire da campanello d’allarme per risolvere e prevenire conflitti, porre fine alla persecuzione e affrontare le cause che costringono persone innocenti a fuggire dalle loro case”, ha insistito Grandi.

    Dell’esodo innescato dall’invasione lanciata da Mosca 90 giorni fa si sono viste le immagini in tutto il mondo, si è assistito alla mobilitazioni dei paesi confinanti con l’Ucraina e all’accoglienza in Europa e non solo. Immagini che si traducono, dall’inizio del 2022, in otto milioni di persone sfollate sullo stesso territorio ucraino e sei milioni che hanno lasciato il Paese. E vanno ad aggiungersi ai 90 milioni di persone che l’Unhcr indicava già per la fine del 2021 costrette alla fuga in tutto il mondo, per nuove ondate di violenza o il perpetrarsi di conflitti in paesi come Etiopia, Burkina Faso, Birmania, Nigeria, Afghanistan e la Repubblica Democratica del Congo.

    La lettura dei numeri non è un mero esercizio, ma contribuisce a visualizzare una realtà e a spiegare l’urgenza nella ricerca di strumenti che invertano la tendenza. E’ questo in sostanza l’appello dell’Onu perché 100 milioni di persone vuol dire l’1% della popolazione globale. Oppure un intero Paese, nello specifico il 14esimo per popolazione al mondo. “La reazione a livello internazionale verso chi fugge dalla guerra in Ucraina è stata straordinariamente positiva – ha concluso Grandi – c’è bisogno di una simile mobilitazione per tutte le crisi nel mondo. Ma l’aiuto umanitario è solo un palliativo, non la cura. Per invertire la tendenza serve pace e stabilità”.

  • Rifugiati con pets, le Regioni organizzano l’accoglienza

    Per la regolarizzazione dei pets le Regioni seguono le indicazioni generali del Ministero della Salute e si organizzano di conseguenza. La Regione Toscana ha diffuso una nota ai Servizi Veterinari regionali. Analoga operatività è stata adottata in Lombardia, dove le  ATS ( collaborano con la Federazione degli Ordini dei Veterinari.
    Dopo le priorità dell’accoglienza, la seconda linea di intervento in favore dei cittadini dall’Ucraina è l’assistenza sanitaria. Le Regioni sono già mobilitate con il Ministero della Salute, per sburocratizzare le procedure e facilitare le vaccinazioni anti Covid.  Il Presidente delle Regioni Massimiliano Fedriga ha chiesto di “dar vita ad un sistema organizzativo alle nostre frontiere anche con il coinvolgimento del Ministero della Difesa e l’ausilio delle forze armate”.
    Intanto le Regioni si sono dotate di procedure per l’assistenza sanitaria agli ucraini che raggiungono l’Italia. Le procedure prevedono anche la regolarizzazione dei pet eventualmente al seguito, dopo che il Ministero della Salute ha derogato alle norme di ingresso per gli animali da compagnia provenienti da un Paese Terzo quale è l’Ucraina.
    Per la regolarizzazione dei pets non ci sono procedure operative univoche, le Regioni seguono le indicazioni generali del Ministero della Salute che ha previsto misure di emergenza.
    La Regione Toscana ha diffuso una nota ai Servizi Veterinari regionali. Analoga operatività è stata adottata in Lombardia, dove le  ATS (qui le indicazioni della ATS Brianza) collaborano con la Federazione degli Ordini dei Veterinari.
    L’Unità Operativa Veterinaria della DG Welfare di Regione Lombardia si è rivolta agli Ordini per raccogliere la raccolta di disponibilità ad erogare prestazioni veterinarie pro bono in favore di animali da compagnia introdotti sul territorio regionale da profughi ucraini. In collaborazione con le Prefetture, saranno attivati di Dipartimenti di Prevenzione Veterinari delle ATS per l’erogazione di prestazioni relative alla “regolarizzazione” degli animali introdotti nel territorio nazionale (vaccinazioni, sorveglianza sanitaria, etc.). “Rimarrebbe il problema relativo alla eventuale necessità di prestazioni professionali più complesse, non erogabili dai colleghi ATS”

    “Non sapendo ancora come e dove saranno distribuiti questi profughi – si legge sul sito dell’Ordine dei Medici Veterinari di Milano –   si è individuata come soluzione più facilmente praticabile quella che ciascun Ordine provinciale raccolga in tempi più rapidi possibili le manifestazioni di disponibilità di colleghi e/o strutture operanti nel territorio di competenza e le trasferisca al Dipartimento di Prevenzione Veterinario della ATS di pertinenza che dovrebbe operare in raccordo con la locale Prefettura.
    Questo anche per evitare- precisa la nota –  la diffusione a terze parti di elenchi di nominativi che potrebbero essere utilizzati in maniera impropria.

    Fonte: AnmviOggi

  • La Danimarca esternalizza chi cerca asilo. Perplessità della Ue

    Il parlamento danese ha approvato una legge che dà il via libera al trasferimento dei richiedenti asilo in un Paese terzo, come proposto dal governo. La decisione apre un nuovo fronte di scontro nella gestione dei migranti nell’Unione europea, perché vi viene visto il “rischio di minare le fondamenta del sistema internazionale di protezione dei profughi”. Il provvedimento è stato voluto dal governo socialdemocratico di Mette Frederiksen, e l’opposizione di centrodestra ha appoggiato il testo. Da alcuni anni i socialdemocratici hanno proposto l’idea di basare i centri per richiedenti asilo all’estero e, a gennaio, la premier ha ribadito il programma di campagna elettorale su “zero richiedenti asilo”. L’approccio, secondo Copenhagen, sarebbe evitare che le persone tentino il pericoloso viaggio nel mar Mediterraneo, minando così i trafficanti di esseri umani che sfruttano la disperazione dei profughi. Ma, stando al piano danese, i migranti dovranno arrivare comunque in Danimarca: non potranno fare richiesta direttamente al centro allestito fuori dal Paese, ma solo al confine. Chi raggiungerà la frontiera danese sarà trasferito in un Paese terzo per il processamento della domanda d’asilo. Se ottenesse protezione, potrebbe potenzialmente restare in quel Paese. E’ molto probabile che si tratterà di un Paese africano, dopo che ad aprile Copenhagen ha detto di aver firmato un memorandum d’intesa con il Ruanda mentre, secondo il quotidiano Jyllands-Posten, colloqui sono in corso con Tunisia, Etiopia, Egitto.

    E’ una situazione anomala, si tratta di una parte del sistema di asilo non regolato dall’Ue, spiegano fonti della Commissione europea, al momento una cosa del genere non è vietata, ma di fatto così la Danimarca annulla l’asilo. Nel progetto danese, una persona che arriva dall’Afghanistan e fa richiesta di asilo in Danimarca potrebbe essere trasferita in un campo, potenzialmente in Ruanda, dove resterebbe in attesa che la sua richiesta sia analizzata. La vicenda è molto complessa dal punto di vista legale, spiegano fonti della Commissione europea: stando ai trattati europei la Danimarca non partecipa all’attuazione di alcune misure relative alla giustizia e agli affari interni. Tuttavia, fa parte di Schengen e ha aderito al Regolamento di Dublino. L’Ue ha già fatto sapere che, una volta analizzata con uno “sguardo approfondito” la situazione legale, potrebbe intraprendere sanzioni o aprire una procedura di infrazione. Al di là della questione legale è soprattutto una questione politica, fanno sapere dalla Commissione. Perché se passa il messaggio che la Danimarca, che ha solo 20mila rifugiati, sia sovraccarica di richiedenti asilo, ogni altro Paese europeo potrebbe rivendicare tale posizione e si potrebbero alimentare strumentalizzazioni politiche nel dibattito interno ai Paesi. Potrebbe innescarsi un pericoloso effetto domino. Intanto, sul fronte della solidarietà, Irlanda, Lituania e Lussemburgo si sono impegnati con ricollocamenti volontari ad accogliere ognuna dieci migranti arrivati in Italia. Numeri esigui, se si allarga l’orizzonte al di fuori dell’Europa.

    Solo qualche settimana fa, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati aveva fatto notare che “la stragrande maggioranza dei 26 milioni di rifugiati nel mondo, l’85%, è generosamente ospitata nelle regioni limitrofe e in via di sviluppo, spesso per molti anni, quando conflitti prolungati impediscono il ritorno”, e aveva esortato gli altri Stati a sostenere questi Paesi. La stessa organizzazione dell’Onu si è detta preoccupata per il provvedimento danese. Preoccupazione condivisa dalla Commissione europea, “sia sulla compatibilità di questi testi con gli obblighi internazionali della Danimarca, sia sul rischio di minare le fondamenta del sistema internazionale di protezione dei profughi”. Perché il diritto di asilo è un elemento essenziale nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’Europa, che faticosamente tenta di far approvare il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo e introdurre meccanismi di solidarietà tra Paesi, ha chiarito che non starà a guardare.

  • L’ONU afferma che il cambiamento climatico può essere causa di asilo

    Un comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha stabilito che le persone in fuga per gli effetti dei cambiamenti climatici possono chiedere asilo.Il gruppo di lavoro ha emesso il parere dopo che un uomo di Kiribati è stato rimandato nel suo paese perché gli è stato negato l’asilo dalla Nuova Zelanda. Anche se gli esperti del comitato hanno concluso che l’espulsione era legale, hanno comunque affermato che casi simili potrebbero in futuro giustificare le richieste di asilo.”Il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e lo sviluppo insostenibile costituiscono alcune delle minacce più urgenti e gravi per la possibilità delle generazioni presenti e future di godere del diritto alla vita”, ha spiegato il comitato, aggiungendo che le persone in cerca di asilo non sono tenute a dimostrare che subirebbero danni immediati, se rimandati nei loro paesi d’origine.Hanno anche spiegato che, in quanto eventi legati al clima, possono verificarsi all’improvviso, come nei casi di tempeste o alluvioni, o nel tempo, come l’innalzamento del livello del mare.

  • A ottobre record di richieste di protezione internazionale alla Ue

    Record ad ottobre di richieste di protezione internazionale presentate in Europa, secondo quanto rende noto l’agenzia europea di asilo Easo, spiegando che ad ottobre è arrivato il numero più alto di domande (60.500) del 2018, ma nonostante il picco, sull’anno sono più basse del 2017. Siria, Afghanistan, Iraq, Iran e Turchia sono, in quest’ordine, i Paesi di origine della maggior parte delle richieste di ottobre, seguendo un trend che va avanti da tre anni. Il numero di iraniani che chiede protezione ad ottobre è salito fino ai picchi del 2015-16, e anche quello dei turchi è aumentato significativamente.

    Il Parlamento europeo ha intanto dato via libera alla proposta di introduzione dei visti umanitari europei con l’obiettivo di diminuire le morti e migliorare la gestione dei flussi dei rifugiati. L’iniziativa legislativa è stata approvata con 429 sì, 194 no e 41 astensioni (maggioranza assoluta). Una simile proposta non aveva raggiunto la maggioranza assoluta necessaria al Parlamento europeo alla plenaria di novembre per un errore tecnico durante le votazioni.

Pulsante per tornare all'inizio